Feb. 22nd, 2020

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Cow-t 10, settimana 3, M1 Prompt: - Luna nuova Fandom: MCU - The Defenders Numero Parole: 1990 ----


“Io non posso essere incinta.” Jessica Jones guardò il calendario appeso nella cucina dell’appartamento che da ormai un anno era diventato anche il suo.

Matt che fino a un secondo prima stava concentrato su un documento di un'udienza alzò la testa, ricettivo. 

“Jess, come te ne esci?”

“Sono tre mesi che non mi viene il ciclo Matt. E nonostante la mia salute di merda e il fatto che non posso avere figli, il cazzo di ciclo l’ho sempre avuto.

Matt si alzò, andando per abbracciare la sua fidanzata, sentiva chiaramente il suo battito impazzito..

“C’è qualche ragione particolare per cui non dovresti? Oppure non vorresti?” Le sussurrò piano all’orecchio, avvolgendola da dietro.
“Non farmi la morale cattolica o ti mando davvero affanculo stavolta. Non voglio dei cazzo di bambini” Jessica si era già chiusa a riccio senza appello e Matt sapeva di doverci andare molto cauto. 

“Sto solo..chiedendo. Non lasciarmi fuori Jess, non ti sto giudicando. Non sto facendo il cattolico.” Continuò a baciarle la nuca, ignaro del suo battito rabbioso. Voleva calmarla, farla sentire al sicuro, ma la possibilità di essere incinta la stava mandando ai matti, lo sentiva.

“Mi hanno esplicitamente detto che non sono fatta per spanciare ragazzini. Le mie ovaie fottute, l’alcool, la mia magrezza. Cose.” Sbottò lei lei dopo qualche secondo di silenzio.” 

Matt si concentrò, per un lunghissimo minuto. Non ci aveva fatto caso, non l’aveva nemmeno mai preso in considerazione ma se concentrandosi riuscì a sentire che qualcosa di diverso c’era in Jess. Non riusciva a percepire se fosse veramente una nuova vita che nasceva il lei, il quale pensiero lo atterriva, ma forse avevano bisogno di affrontare la realtà.

“Non iniziare a prendermi in giro Jess, ma effettivamente sento qualcosa di diverso in te.”

Ma la donna era stranamente troppo silenziosa, non riusciva nemmeno a scherzare.

“Ti prego. Facciamo il test.” Lei era morbida fra le sue braccia, istintivamente continuava ad accarezzargli l’avambraccio.
“Facciamo? Che fai ci pisci tu sul tampone?”
Lui rise, malgrado tutto. “Che cazzo ti ridi?”
“Niente, mi fai ridere quando pensi di essere un camionista per allontanarmi e io invece ti trovo ancora più attraente.”
Lei suo malgrado, sorrise. La capacità di sdrammatizzare a volte del suo ragazzo che veniva più spesso associato al diavolo che all’acquasanta, la rassicurava molto. Era nelle corde del suo cinismo, e lo apprezzava. Inoltre, sapeva che non doveva recitare con lui. “Jess, intendevo che sarò con te ad aspettare. Se è negativo, sarò solo il tuo vecchio fidanzato cieco pazzo e andrò a farmi controllare le orecchie mentre tu andrai da un ginecologo a capire perchè il tuo ciclo è sparito. Se sarà positivo… ci penseremo.”


“E’ fottutamente positivo” sbottò Jess girando d’istinto il classico test di gravidanza, due lineette ben visibili, non per Matt.

“Eh già” cercò di sdrammatizzare lui, perplesso. Quella che era solo un’idea lontana, una remota ipotesi che nemmeno lui aveva veramente contemplato, gli cadde addosso con la potenza di un edificio. E lui poteva dirlo letteralmente.

“No no tu non capisci. Io non posso essere madre! MA MI VEDI? MA CI VEDI essere genitori? La pazza alcolizzata e il Diavolo di Hell’s Kitchen? E se esce come me? Ma poi una cosa che mi cresce dentro ma che siamo impazziti...no no io...” stava per avere un serio attacco di panico. 

“Sh...sh…” Matt l’abbracciò con forza. “Jessie...Jess calma. Calma. Lo sappiamo chi siamo. E non pensare neanche per un minuto che io non sia terrorizzato. Siamo insieme in questo. E’ nostro e non ti lascerò da sola.”
“Il corpo è il mio!” scattò sulla difensiva lei.

“Lo so. Lo so. Ti chiedo solo di cercare di respirare.” Riuscì a farle fare qualche respiro rilassante, due tre manciate d’aria per non spiralizzare nel panico.
“Voglio bere un cazzo di whisky e NON POSSO.” Riuscì a boccheggiare lei, sconvolta.

“No, non puoi. E non sai quanto apprezzo sentirtelo dire. E so, so quanto è difficile. Lo vorrei, ma non me lo berrò neanche io. Siamo in questo insieme.” Le strinse la mano. Forte. 

“Posso dirti ciò che penso? Sarà un enorme flusso di coscienza quindi, mettiti comoda. E per favore, qualsiasi cosa io dica, non interrompermi. Potrei impicciarmi e dire cazzate, e ti giuro che potrai menarmi se vuoi , ma dopo.”

Lei annuì, troppo sconvolta per ribattere, mentre si accovacciava sul divano, il dannato test a terra dimenticato. Si concentrò sullo sguardo vacuo di Matt, sempre così bello con i capelli sconvolti e l’aria sperduta, come la sua.

“Jess, non abbiamo mai voluto definire cosa siamo, e a me è sempre andato bene così. Per me però tu sei la mia compagna di vita, colei a cui ho promesso fedeltà e voglia di costruire qualcosa. Non sapevo se per te fosse lo stesso e non ho mai voluto metterti limiti o restrizioni, ma io mi sono sempre fidato di te e non hai mai disatteso la mia fiducia. Che io fossi un rottame nel letto dopoessermi fatto crollare un edificio addosso, che io mi sia invischiato in cazzi più grandi di noi fra la Mano o addirittura quando abbiamo affrontato alieni, o quando ho perso momentaneamente l’udito per ben due volte lasciandomi letteralmente inerme...ho avuto te al mio fianco. Non ti ho mai chiesto nulla eppure ci sei stata. Con te ho imparato come si convive con l’ansia, ho realizzato di avere io in primis dei problemi di depressione che avevo sempre negato. Pensi di essere una tosta stronza senza cuore, e lo sei, oh se lo sei, ma mi hai regalato le più grandi risate che io abbia fatto nella mia vita. Mi hai regalato la serenità che io non pensavo che avrei mai potuto avere nè meritare. E sì, per me serenità è andare fuori a darle e prendere ogni notte ma poi sapere che il sabato pomeriggio ci andremo a prendere il gelato da Jade sulla terza. Non abbiamo mai parlato di queste cose perchè..siamo noi. Ma io ho tutto qui.” si indicò la testa. “Tutto ciò che abbiamo fatto in questi tre anni, gli sforzi, i sacrifici per venirci incontro, la strana e piacevole seppur inquietante domesticità che abbiamo ottenuto senza neanche stare a pensarlo.” sentiva Jessica piangere, e non sapeva se di gioia e di dispiacere, ma rimaneva zitta, stoica, e riuscì a continuare. “Questa novità..assolutamente inaspettata, mi spaventa. Mi terrorizza. E non per te. Non ti dirò cazzate tipo “saresti la madre dell’anno” o cose così, ma non è per te che sono preoccupato. Io sono Daredevil. E non voglio fare a mio figlio ciò che è successo a me. Non voglio lasciarlo senza padre, e allo stesso tempo sono così egoista da pensare che non so se sono pronto a non essere più Daredevil. E sono così egoista da pensare anche che io e te stiamo bene così. Ma davvero tanto. Eppure…” si passò le mani sul viso pronto a gettare la bomba. “Eppure Jess, non posso fare a meno di pensare che mi piacerebbe prendere fra le braccia nostro figlio. Non avendo assolutamente idea di come potrebbe essere perchè l’idea di normalità e di famiglia non mi hanno mai, mai, neanche lontanamente sfiorato il cervello.”

Jessica lo raggiunse con le dita sulle guance per poi baciarlo, a lungo. Un bacio che sapeva di lacrime, di liberazione. “Lo so che fra i due sei tu quello che fa i grandi discorsi. Per fortuna. Ma… hai ragione. Dobbiamo parlarne e stavolta non c’è scusa che tenga. Ho paura Matt. Vorrei sottoscrivere circa il 60% delle cose che hai detto. Io sono tranquilla, per la prima volta nella mia vita. E pensavo che avrei distrutto tutto, che sarei stata una pazza, e lo sono stata, eppure tu sei rimasto. Sei rimasto abbastanza a lungo e saldamente da farmi vedere che sì, sono rotta, ammaccata, ma che volevo ancora vivere. Non avrei mai creduto, mai, di poter apprezzare gesti gentili o galanti, e poi scopare lo stesso felicemente senza mai essere stanca. Stai arrossendo, smettila. Lo sai. Non mi hai mai rotto il cazzo perchè bevevo troppo, eppure sei riuscito a lo stesso a farmi non essere più una botte di un metro e settantacinque. Certo bevo, ma ora ho...meno motivazioni per farlo. Lo so che non funziona così, che ho rischiato tanto ma tu.. noi...mi hanno dato un motivo per sorridere. Io sorridere, capito. Non sei stato ammazzato, per ora almeno, ma questo è perchè credo così ciecamente al fatto che tu sia un eroe invincibile, anche quando mi torni a casa ricoperto di lividi, che non succederà. E io avevo trovato un equilibrio. Non sapevo neanche di volerlo un equilibrio. Pensavo di essere ormai rassegnata a sopravvivere e non vivere, io e una bottiglia di whisky. Adesso ho degli hobby Matt. Uno di questi è pistare la gente con te, e occasionalmente salvare la città, ma intendo anche hobby normali. Degli interessi. Non andavo a una mostra dal college. Mi ci hai portato tu. E ora? Sono pronta a rinunciare a tutto quel poco che sono riuscita a costruire dopo anni? Sono pronta ad avere paura di rimanere sola con un figlio? Di non metterlo in lavatrice dopo una crisi di depressione post partum? Come posso essere una madre se so essere a malapena un essere umano? Non sono pronte quelle che ce l’hanno in testa da quando hanno sei anni di volere figli, figuriamoci io! Non volevo riprodurmi. Non so com’è successo, ero contenta che mi avessero detto di essere sterile e COMUNQUE abbiamo usato sempre protezioni. Forse delle volte da sbronzi no. Il fatto è che mi sento già una madre di merda per questi pensieri.” 

Matt la baciò a lungo, trasmettendole tutto l’amore che provava in quel momento di forte vulnerabilità per entrambi. Le strinse le mani, forte, così forte per farle capire cosa voleva dire per lui ed era così felice di poter stringere liberamente quelle piccole mani d’acciaio per potersi esprimere.

“Qualsiasi cosa decideremo Jess, ti prometto che ci sarò. Che troveremo un modo. Che noi due sopravviveremo”

Jessica Jones annuì, fra le lacrime.


“Luna Jones-Murdok” 

“Luna? Che razza di nome è?”

“E’ italiano. E ti ricordo che ci siamo baciati sotto la luna la prima volta.”

“Oh cielo solo tu potevi pensare a una cosa così vomitevole. Mi piace.” Matt rise mentre guardava la sua piccola meraviglia fra le braccia della sua mamma. “E’ anche il primo nome che mi è venuto in mente al posto di John.” Era stato un parto assolutamente facile. Lui e Jess si erano preparati per ogni tipo di complicazione, data la loro perenne sfiga, ma il tempo era scaduto, le acque si erano rotte in casa in una tranquilla domenica pomeriggio e subito erano arrivati in clinica grazie a Dan, l’assistente di Matt. Per la prima volta nelle loro vite qualcosa era andato perfettamente liscio. Jess aveva sofferto, aveva maledetto ogni suo avo e quelli di Matt per un’oretta buona, ma la bimba era uscita in perfetta salute sebbene nessuno si aspettasse che fosse una femminuccia. Jess era stata irreprensibile. Niente alcool, niente caffè, niente sushi. Aveva seguito il manuale della perfetta donna incinta, a parte qualche rissa qua e là per legittima difesa. Ma il profilo basso che avevano mantenuto, anche grazie agli altri Difensori, l’avevano resa in grado di affrontare la maternità con calma. Era stato...terapuetico. Del resto, dopo Thanos e dopo tutto quello che avevano passato, pensava anche che se lo meritassero un po’. Guardò le dita di Matt sfiorare quel visino delicato per imparare a vederlo; la bocca identica a quella del padre, il naso e gli occhi già sembravano totalmente come i suoi, invece. “Certo ci ha fatto un bello scherzo...eravamo tutti convinti fosse maschio e invece è una femmina!” Matt intercettò subito il sottotesto. “Saremo perfettamente in grado di allevare una bambina Jess.”

“Mi odierà sicuramente e ti amerà tantissimo, tutte le femmine fanno così.” era ironica, per una volta.

Scoppiarono a ridere baciandosi, felici.



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 Cow-t 10, settimana 3, M2   Prompt: - Mitologia Cristiano-Ebraica  Fandom: Lucifer  Numero Parole: 1007


“Io ti amo…” queste le ultime parole che aveva sentito pronunciare da Chloe. E lui era lì, inchiodato su quel trono infernale che l’aveva reclamato con una potenza ancestrale.

Si era illuso di avere libero arbitrio, di poter voltare le spalle all’Inferno e invece no...era tutto pianficiato. La sua vacanza sulla Terra, Chloe...tutto un piano di suo padre.

Tocco il bracciolo ruvido e tagliente del trono, pinnacolo innalzato sulla landa infinita di desolazione che costituiva l’Inferno. Abbandonò la testa sulla mano, piangendo.

Ebbene il Diavolo poteva piangere...ora ne aveva la certezza. 

Il pensiero di quegli occhi peini di lacrime che imploravano il suo nome riuscivano a uscire dalla sua testa.

Lui, il Re degli Inferi, l’incubo di quasi ogni essere umano, credente o no, perchè tutti, tutti al mondo sapevano dell’esistenza di Satana, Apep, Fulí, Arawn, Azazel, Baal, Belfagor, Belzebù, Chernobog, Hades...tutti. Anche gli atei si ricredevano quando venivano estrapolati dal mondo dei vivi per venire giudicati da Lui. 

Eppure, il terrore dell’umanità riversava sconfitto e solo, il cuore trafitto da un Miracolo creato per farlo soffrire.


Perchè Padre? Perchè? Ho disubbidito alla ricerca del libero arbitrio e tu nonostante tutto questo tempo cerchi ancora di punirmi? La tua ira conosce confini?


Evidentemente no. Con un gesto si spogliò del suo costoso Armani, uno dei tanti vezzi umani che si era concesso in quegli anni fittizi in cui aveva indulto in ogni tipo di bassezza che la mitologia umana gli aveva affibbiato. Ed era vero, lui aveva una concezione dell’esistenza totalmente diversa dalla morale classica di quegli esseri con data di scadenza già prefissa alla nascita, ma aveva goduto dei vizi creati da loro stessi. La moda, il cibo, il sesso, l’alcool, la musica, i gatti, le belle donne, gli aitanti uomini, aveva vissuto finalmente la liberazione sessuale che incanalava l’essere umano in generi binari. Del resto si rifacevano inconsciamente alle forme di arte che non sapevano essere anche nella Città d’Argento, ma in fondo non sapevano neanche di essere stati veramente creati a immagine e somiglianza.


Tanti ci credevano e per anni li aveva trovati illusi stolti manipolati da tutto ciò che lui aveva rinnegato.

E invece era lì, schiavo della sua stessa ribellione.

Era pura essenza, libero da una forma umana, vagante in ogni angolo e centimetro del suo infinito regno infernale eppure sentiva ancora il suo cuore gonfio di dolore.

Per non ascoltare le sue stesse urla, più potenti dei suoi condannati, continuò implacabile la sua opera di ristorazione delle celle infernali, un solo pensiero in testa e gli occhi di Chloe l’unica cosa che realmente vedeva anche senza occhi.


Perchè Padre, perchè?


Per l’ennesima volta era lì. E per l’ennesima volta ringraziò il fatto di essere madre, di avere una figlia che aveva bisogno di lei, delle sue cure e delle sue attenzioni o non si sarebbe mai più mossa da quel luogo maledetto, quella terraza che l’aveva vista dire addio alla persona che amava.

Persona? Essere divino? Cosa?

Era veramente innamorata del Diavolo.

Lui gliel’aveva detto in ogni modo. 

Non aveva mai mentito no?

Le uniche volte che l’aveva fatto era stato per la sua stupidità. Ottusa, umana, limitata e non credente, non aveva mai davvero preso sul serio l’ipotesi di avere a che fare col Diavolo in persona.

Peggio, si era innamorata di lui. Aveva provato a combatterlo e si era ritrovata a sostenerlo.

E nel momento in cui aveva realizzato che nonostante tutto lo voleva davvero, era svanito.

Gremito dal suo stesso potere.

“Chloe, non dovresti essere qui.”
“Nemmeno tu Amenadiel. Hai un figlio da difendere no?”
L’angelo scosse la testa, sedendosi vicino a lei, le ali spiegate che non sentiva nemmeno il bisogno di riporre ormai.
“No, Lucy ha fatto qualcosa, lo sento. Charlie è al sicuro al momento. Capiremo come comportarci strada facendo ma ora, io e Linda siamo più preoccupati per te.”
Lo sguardo furioso di Chloe era più significativo di mille parole. L’aveva tradita del resto. E aveva tradito suo Padre confessandole di essere il Miracolo. Erano passate tre settimane e Chloe non l’aveva ancora perdonato. “Di cosa? Delle conseguenze del fatto di sapere che che sono un errore dell’Universo innamorata del Diavolo?”
“Chloe sei un Miracolo. Non un errore.”
“Non sarei dovuta essere qui. E invece sono. Esisto. Ho un lavoro. Un divorzio. Sono madre. E ho perso Lucifer perchè...perchè faceva tutto parte del piano.”

Amenadiel passò la mano sulla fronte, sconsolato. Non sapeva più quante volte ne avevano parlato, non aveva più parole sufficienti a lenire quel dolore.

“Chloe se potessi fare qualcosa, qualsiasi cos-”
“L’unica cosa che potresti fare è portarmi da lui!” si era alzata scattando, i capelli biondi sconvolti, le borse sotto agli occhi gonfie di giorni di pianto.

“Non posso Chloe, te l’ho spiegato. E anche volendo NON posso. Posso arrivare qui nel mondo terreno ma non superare i cancelli dell’Inferno, soprattutto ora che Lucifer siede sul suo Trono.”
C’era solo un modo di arrivare lì e lei lo sapeva. E l’avrebbe anche fatto, se non fosse stato per Trixie. La sua unica ragione di vita, non poteva privarla della sua mamma.

Chloe ricominciò a piangere, sentendo subito le braccia forti di Amenadiel intorno a lei.

Il profumo dell’angelo non poteva essere più diverso da quello del fratello.

“Lo so che ti manca Chloe, lo so. Lo capisco.”
“Vorrei solo che tornasse da me...vorrei solo potrerlo amare davvero...lo so che è assurdo…”
Amenadiel scosse la testa, mettendole poi le mani sulle spalle. Gli occhi di Chloe erano rossi e gonfi da giorni, l’azzurro dei suoi occhi ormai oscurato dal rossore.

“Non lo è. Tu sei un miracolo Chloe e non è un caso. Lucifer ce l’ha con nostro Padre ma lui non sa che è il più amato fra tutti sebbene la sua ribellione...e tu sei una persona vera, non sei una cosa inanimata, sei una reale e funzionante persona che soffre, per amore.”
Lei annuì, poco convinta. Era dilaniata da un senso di vuoto incredibile, come se le mancasse il cuore. 

Esausta si lasciò andare di nuovo all’abbraccio, piangendo.



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