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Draco Malfoy non era esattamente l'epitome del ragazzo "gentile" eppure, Hermione Granger aveva dovuto ricredersi quando, non si sa bene come, si erano trovati a essere in una relazione. Una relazione esclusiva.

Loro due.

Il loro ultimo anno era stato...dire strano sarebbe stato un eufemismo.

Eppure, loro erano lì, insieme, sotto l'occhio di tutti a solo un mese di distanza dai loro esami finali, gli occhi incollati sui libri.

Per lo meno quelli di Draco.

Che incrociò mentre era assorta nei suoi pensieri.

"Tutto bene?"

Ecco quando Draco Malfoy le chiedeva se stava bene, con quegli occhi di ghiaccio un velo preoccupati, Hermione si sentiva un brivido addosso che era sia di imbarazzo che di piacere.

Piacere perché, beh, aveva deciso di rischiare il tutto e per tutto andando allo scoperto con lui ci sarà stato un motivo, ma l'imbarazzo era perché non riusciva veramente a volte a credere che il ragazzino pallone gonfiato che la chiamava Sanguesporco si preoccupasse per lei.

E lo faceva, spesso.

"Sì sì, sto solo ripetendo tra me e me e mi sono incantata!" la bugia bianca le guadagnò il sorriso di Draco che la lasciò ai suoi pensieri, mentre con scrittura precisa riordinava i suoi appunti sempre molto accurati.

Non volendo si accorse di sorridere intenerita. Draco aveva una scrittura orribile, incomprensibile ai più se non ai professori quando si impegnava per i compiti, ma ultimamente cercava di scrivere in maniera più chiara, per confrontare i loro appunti  e capire se potevano integrarsi a vicenda. Era stata una gentilezza che non aveva nemmeno chiesto, semplicemente aveva notato lo sforzo.

Come aveva notato che le teneva sempre la cartella quando si preparava a lasciare l'aula e aspettava che gliela chiedesse indietro ma ammise a se stessa che ultimamente, quando era un po' stanca, gliela faceva portare a lui che si aggirava con due tracolle sulla spalla (come del resto aveva visto molti ragazzi fare per galanteria, quindi non era la sola, ecco).

Hermione non era turbata dalla galanteria, poiché stranamente, Draco aveva un passato razzista e non aveva certo il suo senso di giustizia nei confronti delle creature magiche, ma era estremamente paritario nei confronti delle donne.

Se n'era resa conto mentre lo aveva visto parlare con Daphne, una delle poche Serpeverde che aveva colpito la sua attenzione, delle sue future intenzioni di prendere in mano l'azienda di famiglia. "Il mio unico consiglio è non sposare il primo che capita. Avrai fin troppi pretendenti che punteranno solo ai tuoi galeoni"

"Questo è il consiglio di un ereditiero coi fiocchi!" aveva riso lei.

E aveva riso anche Hermione sotto i baffi poiché sapeva che lei poteva stare tranquilla e di certo di non figurare tra le arrampicatrici sociali grazie al suo Ordine di Merlino. Non che lei avesse intenzione di sposarsi con Malfoy.

Draco non aveva battuto ciglio, come del resto Theo e Blaise. Il mondo magico puro sangue era retrogrado, severo e antiquato ma aveva strane sfaccettature. Una donna poteva avere un'ascesa sociale, proprietà e possedimenti, ma si doveva sposare.

Solo l'idea del matrimonio la fece rabbrividire e stavolta lo sguardo di Draco ad aspettare ad occhi aperti era più intenso.

"Granger dimmi quello che ti pare ma tu non stai ripetendo." sorrideva sornione ed Hermione arrossì.

"Mi sono distratta" ammise mentre quel sorriso sornione arrivava anche agli occhi, affettuoso. 

"Auch!" Malfoy l'aveva colpita, blandamente, la sua reazione era esagerata ma rideva, con l'estremità della matita con cui stava scrivendo ed era diventato estremamente serio. "Forza, concentrati perchè domani non voglio sentirti lamentare di un qualsiasi voto che non sia il massimo"

Anche quello la sorprendeva di Draco (le volte che l'aveva chiamato col suo nome di battesimo si contavano sulla punta delle dita ma ormai nella sua mente era solo Draco): asseconda il suo lato over achiever cercando di incoraggiarlo,a non denigrando il fatto che volesse sempre il massimo, forse perché anche lui era così.

Bloccò l'estremità della matita e poi con un gesto fulmineo allungò la mano per mettergli indietro una ciocca di capelli caduta davanti agli occhi. Da quando stava lasciando crescere i capelli senza torturarli con le pozioni che nel mondo magico sostituivano il gel e stava decisamente meglio. Istintivamente, lui le prese la mano e la baciò sul dorso. "Non mi corromperai con le tue manine da strega. So che vorresti fare merenda ma non sono le cinque."

Lei rise, soffocando un po il suono, mentre tornava sui libri. Un'altra insospettabile qualità di Draco era come non si facesse nessun problema a toccarla e a dimostrare affetto.

Un bacio sul dorso della mano, uno buffetto sul naso, sfiorarle la spalla con un bacio prima di entrare in campo a Quidditch. Da quello che aveva capito non aveva ricevuto molto contatto fisico nella vita, eppure con lei non sembrava lesinare. A Hermione non dispiaceva affatto: non era una grande fan di plateali baci in pubblico (beh a parte quella volta quando aveva vinto la partita...) e sebbene ovviamente desiderasse, oddio l'aveva pensato davvero, il suo ragazzo apprezza quei piccoli contatti affettuosi scevri da ogni lussuria.

Inoltre nell'ultimo anno Draco era diventato davvero alto mentre lei era rimasta un'altezza media che scompariva fra le braccia del ragazzo che si divertiva ad appoggiarle il mento in testa, senza ritegno.

Sorrise fra sé, cercando di non farsi scoprire dall'ignaro oggetto delle sue attenzioni.

Lo guardò di sottecchi come spesso aveva fatto negli ultimi mesi, ancora incredula di trovarlo attraente. Com'era possibile che fosse passato da essere un noioso furetto isterico al suo ragazzo?

Certo i capelli biondi serici in combo con gli  occhi grigi avevano un certo fascino, ma nonostante l'adolescenza pareva aver lasciato il posto a una parvenza di età adulta continuava a essere spigoloso come un triangolo, con quel mento a punta e il naso all'insù.

Ok, il volto si era riempito e il naso non era così all'insù se lo guardava con gli occhi oggettivi e non con quelli di Hermione del quarto anno.

L'altezza e gli allenamenti di quidditch l'avevano reso più robusto e sicuramente più attraente, ma per il resto rimaneva un diciottenne snello, allampanato e anche vagamente incosciente del suo fascino.

Non era un divo Draco Malfoy, non era di certo famoso e non era di certo benvoluto, soprattutto dopo la guerra.

Però, si stava impegnando.

Soprattutto con lei.

E quello, quello la mandava in corto circuito perchè ogni volta che Draco Malfoy era dannatamente gentile con lei, Hermione Granger, che avrebbe dovuto urlare che ormai era troppo tardi, che non si poteva cancellare il passato, che era e rimaneva comunque un ricco viziato nonostante la voglia di redenzione...sorrideva come un'idiota e il cuore le scoppiava di gioia.

Le scoppiava quando Draco le portava i suoi biscotti preferiti per il tè, le martellava quando le sorrideva durante le lezioni passandole gli ingredienti e le rimbombava nelle orecchie quando arrossiva se gli diceva qualcosa di vagamente carino nei suoi confronti.

Arrossire e Draco Malfoy nella stessa frase sembravano un ossimoro troppo grande ma la prima volta che l'aveva visto senza maglietta prima di una partita aveva avuto una bella botta di calore, come una ragazza qualsiasi e non come una che aveva combattuto una guerra magica, e aveva esclamato "Accidenti!" come una paesana qualsiasi in uno strip club. Lui era arrossito, fino ai capelli, e si era passato una mano sul petto cercando di nascondere le cicatrici.

ci aveva messo un attimo a realizzare cosa avesse frainteso quell'idiota e aveva fermato quella mano guardandolo dritto negli occhi. "Non le ho proprio viste le cicatrici Malfoy, non pensavo che avessi sviluppato dei pettorali tali da non sembrare più un furetto oblungo."

E lì aveva veramente pensato di averlo rotto perché quegli occhi grigi che aveva inchiodato erano diventati due scodelle e lui era ormai diventato l'equivalente di una passata di pomodoro con una scopa da Quidditch in mano.

"Ah." era stato il suo unico commento laconico mentre con la scusa di appoggiare la camicia e mettersi l'uniforme da gioco cercava di nasconderle, senza risultati, il suo evidente imbarazzo.

E ora erano lì, entrambi nella biblioteca, vicini, come se nulla fosse. Non aveva più rivisto quei pettorali, e non avevano ancora avuto modo di esplorare i loro corpi a vicenda…ed Hermione non faceva altro che pensarci ultimamente, ecco perchè era distratta.
Stava trovando il coraggio di slanciarsi, dato che il suo ragazzo “gentile” non dava cenno di volersi interessare ad attività che non fossero casti baci.
Sospirò ancora, stavolta appositamente rumorosa.
“Granger?”
“Draco, non sei interessato a me…fisicamente?”
Il ragazzo non sapeva se essere più stranito dal suono del suo nome, sentito ancora troppe poche volte, o dalla domanda.
“Come scusa?”
Lei si sporse ancora, cercando di essere suadente. Non esattamente la sua abilità primaria. 

“E’ che…oltre ai baci…non…” niente, non riusciva ad articolare.
Oh. No, no, non è così è che…”  deglutire gli risultava difficile.
L’atmosfera rilassata di solo due secondi fa era diventata una tensione sessuale non indifferente.
Draco non riusciva ad articolare una parola, e nemmeno Hermione nonostante la spavalderia. Non poteva far altro che cercare di dimostrare ciò che provava…in ultimo fu in piedi vicino a lei e le prese il viso a coppa, guardandola con ardore…
“Hermione è solo che io…”

“SIGNOR MALFOY! SIGNORINA GRANGER! COSA STATE FACENDO IN BIBLIOTECA A QUEST’ORA? SO CHE SIETE VOI!”

La voce di madame Pince risuonò nelle loro orecchie come una strillettera, e Draco fece appena in tempo a risedersi prima che la bibliotecaria spuntò come un falco nella loro alcova.
“Allora? Quante volte devo dirvi che non dovete allungarvi fino a tardi qui? Su, su! Rimettete tutto a posto e andate nei vostri dormitori!”

In pochi brevi concitati attimi, i ragazzi si scusarono e con una velocità mai sperimentata  prima si ritrovarono fuori dalla biblioteca.
Imbarazzati come mai dopo tanti mesi e dopo le loro prime, tragicomiche interazioni, si guardarono di nuovo, entrambi rossi come palle di Natale.
“Hermione…”
“Draco…”
Il loro tempismo li fece sorridere, a vicenda.
“Posso avere l’onore di dimostrarti quanto mi piaci, Granger?”
“A patto di trovare un posto a prova di interruzioni.”
Malfoy allungò la mano, invitandola.
“Ti fidi di me?”
“Ebbene…sì.”
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The wizard moved the chair from her, always the gentlemen. “This restaurant is beautiful Draco…” she looked around feeling like a princess. 
“I hoped you liked it. It’s my favourite place in France.”
“We’re in France?” 
“Oui”
“I love it.”
The waiter promptly approached Draco and welcomed them in french. He asked for the wine and Draco spoke perfectly in French. He was about to start translating the list of the wine but Hermione has taken him by surprise by joining the conversation.
“J’amereis le Bordeaux”
Draco agreed and sent away the waiter, his face not showing any sign of surprise.
“Aren’t you resourceful Hermione? I wasn’t expecting you speaking perfectly French”
“Likewise Draco.” she smiled pleased.
“Well, my family routes are indeed from France.”
“Oh, I know”
“Of course you know, because you might be the one who actually read through History of the Wizarding World”
She laughed lightly. “Indeed.”
“Well, since I was a little bastard it happens I know nothing about your upbringing. Would you like to tell me why you speak french so fluently?”
He didn’t know much about Hermione Granger, indeed. He knows her coffee, her daily life, her present. So much less about her past, and despite that, he was so into her yet he was still missing a lot. But there they were, incredibly happy to be together in a French restaurant.
“My parents, they used to take me to France every summer before...everything.”
“They had particular business here?” asked him skipping thew war part.
“Dad & Mum are wine enthusiast...that’s maybe the reason that when I obliviated them they went to Australia and started a wine business.”
Draco smiled. At least he knew her parents were now safe & sounds.
“I can picture you reading summer all along…”
“Why, because you had better stuff to do?”
The wizard frown. “No, I don’t think I had interesting summers whatsoever. I’ve been in France, of course, many times during summer, the wizard one though, and it was very boring.”
“You didn’t have much fun do you?”
The man blushed violently. “Always so blunt Granger…”
“Well, sorry if I’m not a subtle Slytherin Princess…” she whispered while the waiter serve them the entrèes.
They enjoined the cheese selection and the wine they’ve chosen. “ahhhh I didn’t have this in years. It reminds me my dinner with my parents.”
“Sexy..”
“Shut up, it’s completely a wonderful thought. A warming one.”
“So I may assume you’re parentes raised you as a little princess?”
“Well, my parents are not the head of a noble family, but you knwo, they’re both dentist. This means they’re quite wealthy. Not royal-family rich but enough to spoil a little bit their only daughter.”
“am i not the only spoiled brat here then.”
“Pfff.. come on Draco, you were absolutley the most spoiled kid I’ve ever seen.”
“I was. I had eveything Father could afford to display his wealthy. I was a public advertising of his power. But fear not, I enjoyed it.”
Hermionedidn’t reply at all. She wasn’t so sure he enjoyed it. Now adult, and after everything he has passed though she dubt heavily that he did appreciate his childhood at fullest.
“Well, this silence confirm that you are not believing my words…”
“Drac-”
“And you are right. You know why I didnt’ want to come to your birthday party?”
She waited the story, of course she didn’t know,. it seemes that she was knowing Draco for the first time at that Dinner. And she was already in love with him.
“Well,when I was little I used to sing a lot with my mother. As you know her now, she’s far from the terrible witch she would appear outside the Manor.She cared about me and she always try to protect me from father. She always said to me to sing only with he and so I did. The I grew up, I started Hogwarts… and one summer day,in the garden, I started to sing a nice beat I’ve heard the night before at concert with Blaise and Theo. It was “Hyppogrif den” do you remeber?”
“Oh yes, it was the hit of our fourth year!”
“Indeed. I was helping mother and I was telling her about the night before so I started to sing. I st6ill remeber her eyes glowing with joy, it was a rare moment between the two of us, since Father always kept me along fo family business. I was always at the end of the song when my Father stopped me.”
“What?”
“He casted a silencing spell. I was shocked as my mother while he was looking at us...disgusted. I’ll never forget those words. 
 
“Draco Lucius Malfoy. Don’t you dare to embarass me anymore with this foolish and feminine acitvity. I’m disappointed at you Narcissa, this is how you raise our heir?”
 
I’ve never sang again. Until yesterday. Well, Blaise me hinted a couple of songs and I’ve picked that one, because I liked the challenge.”
“You were great. And I’m looking forward to other laraole with you...maybe as a date?” she hinted. Then she reached his hand on the table. “Thank you, for yesterday. I misjudged you in so many things and now I’m realising how much fucke upo your life was. I’m not pitying you, but may I be sorry because you had to conceal yourself fo a lifetime? You were just a boy.”
The wizard kissed lightly her fingers. “I feel sorry for myself as well Hermione. But after the war, after all that’s happened, ultimsately the bloody curse.. I don’t want to restrain myself anymore. It’s a long process going on since six bloody years, but I’m trying my best.”
“I’m really proud of you.”
His pale cheecks reddend a bit. “Thanks. I’m proud of you as well.”
“For what?”
Draco look at her straight. “For everythign you’ve done during the war. For being so brave where I was coward.”
“We already had this discussion, many months ago…”
“I know, but I don’t know if I will ever stop tpo apologize.”
“This is our first date and I don’t want you to apologize. I want to you to know me and viceversa.”
“Many of the thigns I’d might tell are gloomy as this last one.”
“And I’ll welcome them. but don’t apologize to me anymore.” He nodded silently while the main dish was served. Hermione lookd delighted at her plate. “I’m in love withmy dish I guess?”
Draco laughed shortly “Aren’t you a gluttony witch?”
“I am. I do love eating and I’d never apologize.”
“Please don’t. I had enough witches terrorized frkm their salads.”
“Exactly...how many witches?” 
“Is it necessary to answer during our first dte?”
“Why? It’s not a crime if you had a past. So did I. I’m just curious.”
“I tought exes debates are not first date conversation material..”
“It’s a stupid sthereotype. I have no matter in saying that after Rone left me I’ve got a couple of adventures but nothing serious. It seems like I wizards are usually afraid of me.”
“Wait: WEASEL left you?”
“Yes. Didn’t you know?”
“No! And so why he and Weaslette were so against you?”
“Well, I don’t know honestly. But now we all rekindled, so it’s fine. I guess Ginny has always been a little jelous of my bond with Harry, but she realized she could sleep at night.”
“It’s obvious enough that you and Potter have a siblings like relationship.”
I know right? But this is jelousy.”
“Are you not jelous Granger?” 
“It depends. I value trust more than anything, so usually I’m really relaxed. Ofcourse, I wouldn’t enjoy the view of you surrounded by tons of adorant blond witches.”
Draco smiled. “As flattered as I am I highly doubt that. Maybe in the past, but you’re probably the only witch enough out of her ind to want me, an ex- Death Eater in disgarce.”
“Your name has been cleared and you’re now working in the Ministery. I could bet that I will witness some scenew fo sort in the near future.” she grinned.
“Let’s bet then.” 
“Ok. I bet that I will catch you surrounded by witches in one of two of the newxt ministry dinners.”
“And I bet the contrary. Also because you’d be my date.”
“I...what?”
“Do you want to keep our relationship a secret?”
“No, of course not.”
“So I wouldn’t see reason why I can’t be your date.”
“I tought you were some...time, maybe? Rita Skeeter and half of the press will not leave us alone.”
“Indeed. The sooner the better, so the big news will be out and in a week they’ll be on something else.” Drco looked at her. “But only if you want it. I don’t want to push you.”
“I’m sure of what I want. And it’s a relationship with you and not a secret one.”
“See? Our bet is useless then.”
“I’m still sure its’ going to happen.”
“And I’m more worried about you.”
“I just told you that wizards are literally afraid of me. Too smart. Too powerful. Too...much? And mind me, I’m not even remotely sad about it. I’ve resolved that I can be really happy by myself. but I’ve been in a relationship with myself for enought ime to be ready to start something new.”
“I wish I had your confidence.”
“Said from you Draco?”
“You know far too well that I’m a mess. You, by the young age of 26 are a resolved woman. A powerful, smart and resolute witch.”
“I have nightmares. A lot. As uch as you. I am stratled at everything. I need to have always my wand with me or I go crazy. Sometimes I need to call my parents three times a day to be sure they’re ok...I’m a mess too. i’m just trying to heal.”
“That’s why I am produ of you Hermione.”
 
They appeard at the Manor. “Why would you apparate here Hermione?”
“Because we need to do this, or this”  she pointed at thermselves “ is not going too happen”
“We had a beautiful dinner, why ruin evrything now?”
“Because we’re not going to have a relationship if we don’t close with this.” She grabbed his arm exposing the dark mark and almost simultaneously she exposed her mudblood scar.
Draco paled, he was about to puke. “you are right. We can’t be together. I jsut can’t.”
“Haven’t you heard me? I’ve said that we need to close with the past, not that we can’tbe together. I am so revolting to you?”
“Absolutely NOT Hermione, I am revolted to me.” she grabbed his marked arm and dragged him to the place.
Draco was almost about to throw out. “I’ve never been in this room in six years…” he breathed heavily, rubbing his hand on his face.
“Neither I did. I was almost in your room or in your mother’s apartment.”
They were watching that damned fireplace. “I was there... I was there and I did nothing. I witnessed your torture and this is one of the many regrets that haunts me at night. I’d never be free of that. You can’t really love me Hermione…” he started to feel overwhelmed, the dinner was just a facade of a relationship that could not bloom. Hermione watched that place, she remebred that exact spot. “Come here Draco.” she instructed, bossy as ever.
“Why are you doing this?”
“Just come here.”
He did as instructed and Hermione took his hands. She looked at the mark again. “You’re not this mark Draco. I know you’re devoured from your regrets. I’m shaking right now” she lifted her hand, she was shaking hard. “because I’ve never tought I’d have the courage to face this room. But now I know I can. We were here six years ago, in a totally different situation. Now  the war is over, we’re not enemies. You didn’t sell Harry to Voldemort, your mother helped as much and you’ve spent the last six years trying to forgive yourself.”
“I’m not a good person. I’m a coward. And you don’t know how much I’d love to come back in time and change the past. Stand for you. Do something.” he breathed again “I can hear your screams in my head, I’m haunted by them.”
“And I can see your cold eyes staring at me.” she cupped his face with her hands. “But I want to go and replace my screams with my laughters as your eyes are not cold anymore in my head.”
“How is it possible that you love me Hermione?”
“Because I’ve seen a changed man. I’ve got fond of a person who tried to grew and be better, always hidden behind the cocky mask of perfection. I’ve got to know your weakness while you were dying and I’ve found them very similar to mine. Becasue you are the only person who wanted to face the past with me without coating it. And I don’t think I have  a valid explanation for loving you”
“I love you so much Hermione and I have no explanation either….But this.This is too much…”
“I know, but we need to move on or we can’t be together...”
“You’re so brave and I’m a mess…” his eyes were fulled with tears. “It’s not me that should be consoled Hermione, It’s you that has been tortured in this exact spot.”
“But I forgave. I had more time to heal and process. I had my friends, my family, therapy sessions. You were alone. But now you have me.”
She kissed him. “I want love to replace the memory of this damn spot. I want to remeber the salt of your tears on my lips and my heart racing in my chest because I’m afraid that I’ve pushed too much and I don’t want to lose you.”
Draco looked shocked, tears still filling his grey eyes. “I don’t want to loose you Hermione” he hugged her tights. “Let’s replace this memory with a new one.” They stayed like this for many minutes, loosing the sense of time.
She traced the mark, while he traced her scar. They felt tied together, the power of their feelings sealed in that place and in themselves.
“I know my mother want to redesign the Manor. She wants to erase this room as well.”Draco break the silence, after brushing her lips with affection.
“So I’m glad we had the time to do this before this spot will be gone. Because from now on Draco I want you to forgive yourself and move forward. With me.” her eyes were so full of love, his heart was shrinking.
He nodded. “With you.”
“And now, would you like to come to my place?” asked trying to be cheerful.
She expected a wit retort but Draco was still processing that intense moment. “I’d love to.” admitted.
Hermione could’t express how much she loved Draco in that moment, so vulnerable. The guy really needed to let everythign go. She wans’t a therapist, and she knew it was unlikely that he could ever go to an appointment, but could try to help.
They apparated to Hermione’s place and she immediately welcomed him kissing Draco as soon as they exited her floo place. Draco didn’t say a word since they exited the salon, but kissed her with a urgency she knew was given from that important moment. 
“I-i...I dont’t want to disaippont you Granger, but I should go…” he said lightly, hand still clapsed on her hips. “What?”
“I don’t think I’d be of ever utility in your bed chamber tonight.”
She hit on his left arm. “And that’s why you want to leave? Couldn’t we just stay here? Together?”
“This date really confused me… I wanted to take you to dinner, and see what would have happend later but you dragged me, bossy as ever, in one of my, and yours!, living nightmares...and you’re here, kissing me as if nothign happened.”
“If you want some me time of course you are free to leave Draco. But nothing was planned for me tonight. I just felt the urge to close once and for all with that place and that scene in my head. I am content now but I can get if you need more time.”
He shooked his head. “It’s just humiliating because I wanted you so much, and I’m a sissy crying in your arms.”
“Don’t you dare! How many timess have you see me crying? Crying is good and it’s not a sissy thing. Nothins is “sissy”. You should try to cry a little more, as if. Let it go., because if youll keep your guards so up you’d never forgive yourself.”
He hugged her tighter. “Thsi is the weirdest date of my life.”
“Draco, we fell for each other while you were dying. Nothing in our relationship would ever be normal. We’re weird and we’re together.”
“I like that.”
“Would you like to come in my room and sleep together? As we did when you miracoulously survived the curse?” she asked hesitantly.
He nodded and she led him to her room. She knew she was bossy but someone had to be in charge and Draco was emotionally drained. “Make yourself comfortable, I’m going to make some tea. You want some?”
“Yes please.”
When she came back Draco was on her bed, on the cover, with black joggers and a black tshirt. She indeed has changed into her old gryffindor pyjama and looked at him smirking “Why do you look as a Calvin klein model and I feel like cinderella after midgnight?” asked quitely to herself. 
“I didn’t get a word of what you said.”
“Muggle stuff. Let me explain.” she passed his tea and while drinking she explained what that words meant and the metaphor. Draco laughed, finally. “You don’t look like a pumpkin tough. You’re still a beautiful princess. I think I like this petname for you. I know you would hate it, so it’s perfect.” Hermione laughed. “It’s indeed obnoxious and cheesy, so yes I hate it.” That was partially true, the nickname was cheesy but she loved it if said by Draco.
“I still need to find new ways to annoy you, you know? And since I started to use your name I find that Granger has lost his ring”
“But i’m attached to it, don’t drop it!” Draco smirked while sipping his tea. “I think I might need to think about something for you as well…” she vanished the empty cups with her wand, then opened the duvet and invited Draco to do the same. She put herself into his arms, and she kissed lightly the small amount of skin bare on the collar of the tshirt. 
“I feel safe here in your arms Draco.”
He snuggled her hair before asnwer. “I hope that we will never have the chance to be in danger again, but I promis Hermione, I will defend you at the cost of my life if neded.They can take everything from me. My hope, my legacy, my life. But God help them the day they come for you.” 
“I know, and that’s scares me. I dont want to lose you again Draco, one time has been suffiecient. I think I might have white hair for the scare you gave me.”
He examined her head. “Indeed you have a bunch of white hair now that I look closesly…”
“h fuck…”
He laughed and then squeezed her to his heart. “I’m joking pumpkin princess. You have just one.”

Monster

Mar. 29th, 2021 09:48 pm
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 M7 - Prompt 
 

It’s a fitting punishment for a monster. To want something so much, to hold it in your arms, and know beyond a doubt you will never deserve it.

Fandom: Harry Potter
Numero Parole: 1331
 
"No."
 
"Cosa no?"
 
"Non posso rischiare Hermione! Non posso." le prese il viso fra le mani, incorniciandolo, la pelle così bianca delle sue mani contro quella morbida delle sue guance accaldate di rabbia.
 
"Del resto è una punizione adeguata per un mostro come me." la vide sgranare gli occhi e ribellarsi ma non mollò il colpo. "Volere così tanto qualcosa...averti fra le mie braccia... e sapere senza ombra di dubbio che non ti meriterò mai."
 
La lasciò andare di colpo girandosi per andarsene ma il colpò alla schiena che sentì era una cragnuola di pugni. "Cos-?"
"Non fare l'idiota Draco Abraxas Malfoy!"
 
Basito cercò di fermarla ma era inarrestabile. "Non puoi! E dico non puoi!" continuava a colpirlo, l'intento non era certo fargli male, erano dei pugni che in un altro momento sarebbero stati scherzosi. "Non puoi..." lo prese per il colletto dell'uniforme non finendo la frase e baciandolo ardentemente.
 
Draco non poteva resistere. Semplicemente aveva bramato quel momento per troppi anni per rinunciare. Si lasciò cogliere da quel momento totalmente inatteso quasi come fosse un passivo spettatore, all'inizio. Le mani di Hermione lo avevano avvolto impedendogli di muovere le braccia e non voleva altro che bere quelle labbra che lo stavano divorando. 
"Non puoi fare così dannazione!"
 
Il suo sguardo infuriato lo sorprese quanto il bacio che aveva appena smesso.
 
Riprese, e di nuovo si sentì affogare nella beatitutidine.
 
"Non esiste che tu prima quasi mi muori fra le braccia..." un altro bacio, stavolta sul collo e lui sgranò gli occhi colto da un'eccitazione senza precendenti.
 
"Poi IO quasi ti muoio fra le braccia..." e a quel pensiero non potè far altro che metterle le mani ancora semi imprigionate dal suo abbraccio in vita, stringedola forte sui fianchi. Era ancora lì con lui.
 
"Quasi dieci anni Draco ci abbiamo messo per arrivare a questo." Di punto in bianco lei si stacco, la voce quasi rotta. "Non buttiamo tutto perchè siamo due idioti." Lui voleva solo inginocchiarsi e chiederle perdono, per tutto ciò che aveva fatto da che era tornato.
 
"Non sono un idiota Hermione, sono un mostro. Come potrei mai guardarti dormire la notte accanto a me sapendo di cosa sono stato testimone durante la guerra?" 
 
La strega voleva colpirlo, baciarlo e poi ricolpirlo. 
 
Idiota.
 
Ma lo amo questo idiota.
 
"Ti amo."
 
Draco indietreggiò di colpo, scosandosi da lei nemmeno l'avesse picchiato, gli occhi sgranati come se avesse visto il fantasma di Voldemort in persona.
 
"Malfoy sembra quasi che ti abbia cruciato, mi sono confusa? Er convinta di averti detto di amarti" lo sguardo corrucciato e le braccia incrociate come se fosse incazzata, ma l'aveva ridetto di nuovo.
 
"Mi...ami?"
 
Si indicò come se nell'area fosse presente qualcun altro e non solo loro due nel raggio di chilometri.
 
"Si Draco, come fai a esserne stupito?" era ormai arrabbiatissima, i capelli sparati in ogni direzione, lo sguardo furioso e l'uniforme tutta sgualcita che la infagottava tutta. Era sfatta, distrutta, con la terra in faccia, senza trucco, con le occhiaie scure secondo solo alle sue e Draco non l'aveva mai vista così bella. 
 
Si portò la mano sul cuore, come fosse stato colpito a morte. "Hermione, certo che sono stupito. Tu, amare me? Come posso credere a una cosa del genere e non pensare che ti sia bevuta il cervello o sia stata improvvisamente colta da un Imperio?"
 
Hermone alzò gli occhi al cielo. Davvero, Draco non ci arrivava? Perchè era così BRAVO a tessere startegie, manipolare le situaizoni e le persone e poi quando si trattava di lui era  un completo idiota?
 
"Gli ultimi mesi sono stati quindi una mia invenzione?"
 
Draco si passò la mano fra i capelli. "Gli ultimi mesi sono stato il frutto del tuo rinnovato spirito da medimaga nei miei confronti per non so quale debito TU hai deciso di avere nei miei confronti, che non esiste fra l'altro!" Hermione non poteva amarlo. Lui. Ok, si si erano avvicinati. Aveano parlato. Avevano quasi fatto ben altro che parlare.
 
Ma amare?
 
"Ti giuro Draco se non fosse che penso che sia forse un po' troppo presto per fare battute, ti minaccerei di qualcosa di cui potrei pentirmi."
 
Lui si guardò e poi indicò con il dito, sorridendo.
 
"L'occhio o il braccio?" 
 
"Entrambi." si sorrisero per un attimo ma di quei sorrisini strafottenti che si facevano da ragazzini a scuola quando volevano screziarsi ma il sorriso di Draco tornò a essere quello che era solito riservarle negli ultimi tempi. 
 
"Ti amo."
 
Fu il turno di Hermione di sembrare confusa. "Non mi stavi rifiutando?"
 
"Non ho mai detto di non amarti. Ti ho detto che non ti merito, cosa che continuo a pensare."
 
Lei stava per assalirlo di nuovo ma lui la fermò, una mano davanti per proteggersi dallo  scattò. "Ma, ma" le intimò con un dito davanti agli occhi. "Se per farmi smettere di assalire devo smettere di dirlo, chi sono io per impedirlo?"  e d'impeto la prese fra le braccia, baciandola.
 
"Ti amo Hermione Granger, ma penso che dovrai fare una convincente presentazione sul perchè tu ami me."
 
Lei lo abbracciò forte, cosa che Draco non si aspettava. Rimase per un attimo così, impalato come uno stoccafisso, a contemplare il vuoto lasciato dalla figura di Hermione che più bassa di lui si era rifugiata sotto il suo mento.
 
"Non lo so." lo stava dicendo alla camicia della sua uniforme e per un attimò gli balenò il pensiero che doveva far schifo lì sotto, tutto sudato dalla missione, ma rimuoverla non gli sembrava il momento. "So solo che siamo andati in missione, abbiamo fatto sesso e poi...tutto è andato sempre peggio. Quando ho iniziato a pensare di poter finalmente accettare che il motivo per cui ti ho tenuto sempre a distanza era perchè non mi eri indifferente...è successo...tutto."
Lo guardò di nuovo negli occhi, aggrappata a lui. "Non sei un mostro. Sei un sacco di cose che non definirei complimenti. Ma non sei un mostro."
 
La dolcezza con cui la guardò fece rimanere Hermione senza parole e con il cuore in gola. Draco Malfoy non l'aveva mai guardata così. L'aveva provocata, desiderata, sfidata, addolorata...ma mai le aveva dedicato quello sguardo così...caldo. Assurdo, dato che i suoi occhi sembravano sempre un ghiacciaio dell'eterno inverno. Appoggiò il volto sull amano che di nuovo, nel giro di pochi minuti, era sulla sua guancia.
 
"Non provare mai più a fare quell'uscita di scena drammatica." lui suo malgrado rise.
 
"Sono seria. Sei veramente un pavone del cazzo Malfoy."
 
"Certo che per essere una che dice di provare dei sentimenti per me non ti stai sprecando molto a convincermi eh Granger?" le accarezzò la nuca con colpetti delicati. Aveva visto tante volte farlo fare da Harry a Ginny e ora capiva la tenerezza racchiusa in quel gesto. 
 
"Pensavo mi avresti sgridato per aver detto una parolaccia, come fai con Harry!"
 
"Lungi la me l'idea di redarguirti, sono estremamente spaventato da te. E lo sai." la sensazione di sopresa provocata dal bacio rapido sulla punta del naso fu gradita.
 
"Da quando di ho dato quel cazzotto?" 
 
Ah ecco perchè.
"Da molto prima"
 
Lei si staccò, per poi prenderlo per mano. Si tolse di fretta il guanto per e lo sfilò anche a lui prima di intrecciarsi le dita.
 
"Avremo modo di convicerci a vicenda. L'importante è non scappare più da..." con il dito indicò la distanza fra loro. "..questo."
 
Draco si sentiva il cuore scoppiare in petto dalla gioia ma non sapeva come esprimerlo.
 
La baciò impulsivamente sulla fronte.
 
"Devo recuperare svariati anni. Andiamo Granger, ho bisogno di una doccia."
 
La vide arrossire violentemente.
 
"O-ok. Da me o da te?"
 
Non era esttamente quello che aveva in mente ma non aveva intenzione di dirglielo.
 
Sperando che il rossore sulle guance non lo tradissse, si sentiva uno stupido scolaretto vergine, cercò di rimanere impassibile.
 
"Da te. Non ho mai visto casa tua, e sarebbe anche ora."
 
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 Cow-t 11, settimana 7, 
M8 - Prompt  La storia deve iniziare dal suo finale e poi ripercorrere gli eventi fino al finale stesso.
Fandom: Harry Potter
Numero Parole: 
 

La sensazione di un centauro imbizzarrito appena passato sul suo petto. Ecco cosa provava Draco Malfoy in quel momento mentre guardava il cielo terso sdraiato sul prato adiacente La Tana.

Lo sapeva che non sarebbe dovuto venire.

 

Quella stessa mattina....

 

 

Draco Malfoy non aveva capito bene perché alla fine stava andando a quel pranzo domenicale.

Faceva colazione con sua madre perfettamente vestita come sempre, mentre guardava il suo caffè abbastanza turbato.

"Cosa ti provoca guardare il tuo caffè come fosse fatto da bacche di mandargora, Draco?" sua madre capiva perfettamente quando qualcosa lo scalfiva e lui non c'era niente da fare, era proprio un mammone. Ogni volta che vedeva sua madre sorridergli pensava che tutto ne era valso la pena. Non proprio tutto, ma lei era ancora lì.

Allontanando la tazza sul tavolo si stiracchiò le braccia e le gambe. Una parte di lui quasi ancora poteva sentire la voce di suo padre dire che non erano maniere per stare a tavola, ma poi si ricordò che suo padre era ad Azkaban e che lui aveva ventidue anni, non tredici.

"Che senso ha questo invito dai Weasley?"

Narcissa lo guardò sorridendo. "Non sono tuoi amici?" l'accento su amici la diceva lunga su cosa ne pensasse Narcissa. Se non contraria, era almeno interdetta.

Comunque, l'espressione di Draco come se avesse suggerito di sposarsi con Molly Weasley la fece ridere di gusto. "Mi sbagliavo allora..." nascose il sorriso sarcastico nella tazza di te, mentre il suo unico biondissimo figlio scosse la testa in un'espressione talmente compunta che gli ricordò suo marito, facendola un po' soffrire.

"Non è che siamo proprio...amici. Sono colleghi. Non vogliamo... Più metterci le mani addosso." ci pensò un attimo.

 

E non provo particolare piacere nell'umiliarli, ecco."

Narcissa alzò un sopracciglio. "Quello non avresti dovuto farlo nemmeno da ragazzini."

Draco la guardò come se avesse tre teste. "Scusa madre, non sapevo di essere stato cresciuto ina famiglia ricca di rispetto per il prossimo! Che figlio degenere!"

 

Narcissa alzò gli occhi al cielo. "Essere nobili quantomeno se non di cuore, di apparenza. E da rozzi umiliare chi ha meno di noi e so bene quanto fossi particolarmente metodico nel ricordare a tutti i Weasley le tue fortune. "

"Esatto mamma! Esatto!" alzandosi, il ragazzo mise le mani nelle tasche della bella giacca di velluto di fattura evidentemente sartoriale. "So di essere stato un ragazzino particolarmente viziato."

"Non è stata solo colpa tua…" sussurrò Narcissa. Del resto aveva viziato il suo unico figlio in maniera indecorosa, per cercare di smussare un po' le estreme pretese e aspettative di Lucius nei confronti del figlio. Ma lui non l'aveva sentita continuando a ragionare a voce alta con sua madre mentre si sistemava una ciocca sulla fronte.

"Non sono fiero di ciò che ho fatto nella mia adolescenza. Ok. E di certo non mi metterei mai a insultare un Weasley alla Tana, non sono certo così idiota da rischiare di essere linciato da tutti quei rosci contemporaneamente, più Potter. E la Granger, che Morgana me ne scampi e liberi, ho ancora dolore al naso se ripenso a quel gancio che mi ha tirato."

"Hermione Granger ti ha dato un pugno? Sembra sempre così una brava ragazza..." la donne sorrise sotto i baffi. Non aveva mai provato l'ebbrezza di prendere a cazzotti a qualcuno, non era certo stata cresciuta così, ma si chiese cosa potesse significare essere una ragazzina con un bel gancio.

Suo figlio si fermò un attimo, l'espressione contrita ma non sembrava intenzionato a dare dettagli.

"Te l'eri meritato?"

Lui girò il sguardò il bel nasino appuntito all'insù sdegnato. "Col senno di poi, posso concludere che abbia meritato quel gancio. Ma non sei autorizzata ad ammettere con nessuno questa cosa, sia chiaro." la indicò intimorito, come se lei avesse modo di parlare con qualcuno dei suoi colleghi o conoscenti. "Non fare l'indisponente con me Draco Malfoy! Se è in parte colpa mia che tu sia venuto su così viziato è pur vero che certe maniere te le ho insegnate!"

Lui la guardò cupo. "Non era una questione di maniere. Ma di sangue."

"Oh." Narcissa non era una Mangiamorte, ma sarebbe stata ipocrita a dire che per anni non aveva condiviso gli ideali e l'ideologia di suo marito e di Voldemort e che per anni aveva dovuto scevrarsene e depurarsene.

"Forse l'avrei meritato anche io allora."

Draco le si avvicinò baciandola rapidamente sulla fronte. "Non ti farei mai sfiorare da nessuno, madre"

Lei sorrise, emozionata. Era solo da dopo la guerra che riceveva quei gesti di affetto e non poteva che esserne grata. I postumi della guerra erano stati difficili, sia per lei che per Draco.

Erano rimasti soli, con Lucius ad Azkaban che non aveva voluto abiurare nessuna delle ideologie di Voldemort. Ma lei sì. E Draco, sapeva cosa aveva passato. Non voleva diventare come suo padre eppure, era stato costretto a prendere quel maledetto marchio.

Nonostante la perdita di suo marito, che aveva amato ma che non riconosceva più da tempo, il tempo con suo figlio aveva migliorato entrambi. Aver ricominciato a vedere Andromeda e Teddy aveva aiutato, parecchio. Andy li aveva accolti a braccia aperte, nonostante tutto, e aveva mostrato loro che cosa volesse dire essere un mago che non odiava i babbani.
Dopo quattro anni, Draco ora era libero di poter esprimerle affetto e di provare a essere un essere umano migliore. Cosa che del resto stava provando a fare lei, anche se dopo i quarant'anni cambiare certe cose era più difficile che a diciotto. Non era stata felice quando aveva saputo del programma di recupero del ministero, ma alla fine era stata d'accordo sul fatto che il campus di addestramento Auror sarebbe stata la scelta migliore per Draco. E così era stato. Lo scontro con la dura realtà della vita militare l'aveva fatto scendere da quel terribile piedistallo su cui Lucius aveva da sempre messo il loro unico figlio.

Metterlo in contatto continuo con la sua nemesi, Harry Potter, l'aveva fatto crescere e l'aveva fatto riflettere. E ora era lì, in procinto di passare una domenica a pranzo dai Weasley.

"Cosa non capisci Draco di quell'invito?" Io sono fiera di te. Avrebbe voluto aggiungere, ma era ancora troppo pudica coi suoi sentimenti.

 

"C'entro a casa dei Weasley come un pavone bianco in mezzo a un pollaio."

"Draco..."

 

"Cosa? E' vero! Loro sono...scatenati è dir poco. Non sono assolutamente pronto." "Molly Weasley è una fantastica padrona di casa." "Certo mamma, ti vedo andare da lei ogni sabato per il tè." "Non mi ha mai invitato, per ovvi motivi, ma se estendesse l'invito anche a me accetterei. Penso troverei interessante il cambio di scenario"

Draco sembrava colpito. "Il cambio di scenario? Mamma usiamo l'argenteria di Nonna Callista per bere il tè delle cinque…"

"Cosa ti spaventa Draco, veramente?"

Lui si risedette, sbuffando. "Trovarmi bene?"

Narcissa strinse la mano di suo figlio. "Ci saranno anche Blaise e Theo no? Non sarai solo. E si, potresti trovarti bene. Sarebbe una catastrofe?"

Draco alzò gli occhi al cielo. "Se mio padre fosse qui avrebbe uno scompenso." "Ma tuo padre non è qui, e tu non sei lui." "Vorrei che lo specchio la pensasse come te." Sua madre si alzò e lo tirò in piedi, trascinandolo dalle mani che ciondolava. Gli aggiustò la cravatta grigia, ma poi decise di scioglierla.

"Oggi non credo che ti servirà la cravatta." "Sei sicura di non essere zia Andromeda con la pozione polisucco?"

Narcissa rise, evanescendo la cravatta.

"Si sa che i Serpeverde sono sempre adeguati a ogni contesto sociale. Quindi oggi vai e fai tutto quello che farebbe un ragazzo di ventidue anni. Divertiti Draco.

E mi raccomando, sii educato come il tuo rango richiede."

Il figlio alzò gli occhi cielo e si congedò con un rapido bacio sulla guancia appena Theo e Blaise apparvero alla loro floo domestica. I ragazzi la salutarono, Blaise con un baciamano e Theo con un abbraccio affettuoso e lei tornò al suo libro, pensando che un giorno non le sarebbe dispiaciuto chiedere scusa a Molly Weasley a quattr'occhi.

D'istinto, acciò penna e calamaio.

 

"Guardate che non vi mangio. Entrate!" Ginny fece cenno ai tre colleghi del suo fidanzato che sembravano cognitivi come tre pesci rossi.

Non aveva ancora capito perché Ron aveva voluto invitarli, ma c'entrava il fatto che recentemente avevano avuto una specie di promozione e volevano festeggiare.

Il piano sembrava essere pranzare tutti insieme, giocare a Quidditch - e ok lei era sempre d'accordo per una bella partita- e poi andarsi a sbronzare al pub.

Theo si abbassò a guardare la roscia, le braccia incrociate. "Sempre accogliente Ginny cara." "Sei così combattiva sempre o è un'accoglienza speciale?" Blaise la squadrò con le sopracciglia alzate.

Ginny aspettò il commento di Draco che però non disse niente. Strano. Lo vide guardarsi intorno come se stesse giudicando l'ambiente e si indispettì. "C'è qualcosa che non ti aggrada?" Lui la fulminò "Il tuo atteggiamento?"

Lei gli mostrò la lingua e se ne andò urlando la loro venuta. Subito Molly Weasley si affacciò. "Oh finalmente siete qui ragazzi, benvenuti!" la signora Weasley li fece accomodare fuori, nel giardino esterno dove aveva messo su con il marito un bel gazebo bianco e una lunga tavolata di legno, pronta per essere imbandita.

Draco si sentiva estremamente a disagio. Che diavolo ci faceva lì?

Ok ,Theo.

Ok ,Blaise..ma lui?

Dannazione, sua zia aveva quasi ammazzato uno dei suoi figli. E lui...beh li aveva maltrattati tutti dai gemelli in giù?
Aveva fatto una canzone su Ron Weasley. Rabbrividì d'imbarazzo. Era veramente stato una ragazzino odioso.

Scosse la testa cercando di darsi un tono e forzando un sorriso di cortesia come se fosse a un gala di sua madre.
Con studiata gentilezza fece passare prima Molly nell'uscio posteriore.

Sembrava un cretino e stava morendo di vergogna.

"Avete sete?" subito un vassoio di limonata si materializzò sul tavolo mentre i ragazzi si presentavano garbatamente.

"Grazie signora Weasley, questa limonata è buonissima"

Theo, perfetto gentiluomo puro sangue, le porse una mano per salutarla appropriatamente e Molly rise, divertita. "Non c'è bisogno cari di questa formalità. Siamo una famiglia alla buona, lo sapete."

 

 

Blaise, cresciuto da una matriarca sebbene molto diversa da Molly aveva idee chiare su come come prenderla. "Una famiglia dove ci si diverte, sembrerebbe dai racconti di Ron, Hermione ed Harry." Draco rimaneva impalato, incapace di dire una cosa che avesse un senso compiuto. Tanto, qualsiasi cosa avesse detto, avrebbe peggiorato la situazione.

Che diavolo ci faccio qui? No, seriamente.

 

"E'- è un bel giardino signora Weasley." cercò di commentare la cosa più neutra possibile, ma si rese conto che qualsiasi cosa avesse detto potrebbe essere stata fraintesa come denigrativa o ipocrita.

Molly Weasley non aveva cresciuto tutti quei figli per niente e sebbene Draco Malfoy fosse stato un ragazzino odioso che aveva molestato quasi tutta la sua prole, anche quella acquisita, notava l'estremo sforzo che stava facendo per non commettere passi falsi. Peccato che sembrasse anche avere una lunga scopa infilata in posti dove non batteva il sole e la sua espressione gentile sembrava estremamente falsa dallo sforzo. Rise, suo malgrado. Il loro giardino posteriore era semplicemente una piana sconfinata dove aveva piazzato un gazebo e una tavola e i suoi figli ci giocavano a quidditch liberi di spaccarcisi le ossa.

 

"Grazie caro, forse dovrei metterci qualche fiore ma non sono molto portata." Lui deglutì, maledicendo Theo e Blaise per non venirgli minimamente incontro. "Ehm, mia madre ha un bellissimo giardino di rose. Magari tramite Ron potrei farle avere qualche seme adatto al terreno. Sono sicuro che madre sarebbe contenta."

Cosa accidenti dici Draco tua madre se vedesse questa casa le prenderebbe un infarto.

 

 

 

Molly ebbe pietà del ragazzo, anche se si stava divertendo troppo non aveva cuore per continuare a farlo stare sulla graticola.

"Certo Draco, sembra un'ottima idea. Ora però l'unica cosa a cui dovete pensare voi giovanotti e rimpinzarvi come si deve. Il mio Ron mi ha detto che dovete festeggiare una bella soddisfazione e quindi potrei aver cucinato un po' troppo."

Sentì una voce alle sue spalle. "Vi conviene sapere che se mia madre giudica il suo operato "un po' troppo" sarebbe il caso che voi vi facciate crescere un secondo stomaco." Fred Weasley, appoggiato a suo fratello George, li guardava come un gatto che si era appena leccato una ciotola di panna.

Draco, Blaise e Theo si irrigidirono un po'.

Da quei due si potevano aspettare di tutto.

"Tranquilli, Harry ha detto che vi dobbiamo lasciare stare o potremmo rischiare di infrangere non ho capito quale tregua che vi siete dati." il sorriso felino di George però contraddiceva la frase che aveva appena pronunciato.

Fred si girò "Ohi! Ci sono i vostri colleghi!"

"Ti stai divertendo vero?" sibilò Draco già sul punto di perdere la pazienza e andarsene.

"Oh non hai nemmeno idea di quanto Malfoy." Fred si avvicinò. "Si da il caso però che mi sia giunta voce che effettivamente sei diventato meno un furetto fastidioso e più un furetto domestico."

Theo e Blaise si misero sulla difensiva ma una voce li richiamò all'ordine. "Fred ti ho detto che devi fare il bravo."

La voce di Molly Weasley risuonò chiara nelle loro orecchie. "Mamma non ho dodici anni!" "Se continui a provocarli così sì!" la voce veniva da dentro la cucina ma poi la donna uscì asciugandosi le mani sul grembiule, l'espressione bellicosa diretto ai figli.

"Oggi voglio che questi tre ragazzi si divertano, è chiaro?" Li indicò apertamente. "Quindi niente scherzi, niente soprannomi e niente prese in giro. Comportatevi come gli adulti che dite di essere!"

"Abbiamo un negozio di scherzi magici mamma." George sottolineò il concetto per ribadire che non potevano farci molto, ma la donna alzò gli occhi cielo.
"Ne sono ben cosciente, che Merlino me ne scampi."

 

I gemelli si strinsero le spalle. "Non possiamo vincere contro nostra madre. Sappiate però che la cosa dello stomaco doppio è vera. Abbiamo un incantesimo apposta."

 

Ron, Harry ed Hermione giunsero al gazebo trafelati. "Scusate ragazzi, stavamo cercando di far salire Hermione su una scopa..."

"...Per l'ennesima volta!" sbuffò Harry "Ron non si arrende al fatto che non ci voglia andare."

Hermione scosse la testa, la miriade di capelli cresposi e ribelli sparati in tutte le direzioni. "Grazie Ron eh? Mi ero pettinata stamattina." Blaise si avvicinò alla sua compagna di squadra torreggiandola e squadrandola quasi severamente. "Ci riproviamo dopo pranzo, quindi ti conviene non contare troppo sulla tua acconciatura signorina."

Lei lo fulminò "Cosa? Ragazzi è domenica, possiamo pensare ad altro? Tipo che so, mangiare? E poi lasciarmi in pace a leggere mentre voi" e indicò tutto il gruppetto. "giocate a quel gioco mostruoso e mi lasciate in pace?"

Un sonoro suono di protesta salì dalla piccola folla, compresa Ginny che era appena arrivata. "Hermione! Mi ferisci il cuore!" mimò drammaticamente mentre si appoggiava a Harry, ridendo.

"Scusa Gin, è più forte di me. Non posso farcela. Ma voi divertitevi eh, io come sempre vi guarderò e farò finta di tifare mentre leggo." Draco non poté non notare quanto Granger fosse rilassata e nel suo elemento. Appoggiata a Blaise a cui arrivava poco sotto la spalla si vedeva quanto i due fossero a loro agio. Del resto dopo tre anni di lavoro insieme avevano una certa confidenza. Draco provò un fulmineo senso di gelosia che lo fece sgranare gli occhi. "Malfoy sei con noi? Hai sgranato gli occhi manco avessi visto un fantasma!"

Grazie Potter, sempre sul pezzo e delicato come un Erumpent in un negozio di cristalli.

 

Fra le risate alzò le spalle cercando di darsi un tono. "Ho ricordato che martedì ho doppio turno con te e voglio già morire." scacciando ogni pensiero riguardante Granger che lo stava guardando come sempre come se fosse un pezzo di sterco di ippogrifo, cercò di darsi un tono appoggiandosi alla staccionata.

Che era fatta di legno grezzo e che sicuramente gli avrebbe strappato i fili di lana dai pantaloni. Urgh.

 

Ron scosse la testa. "Non si parla di lavoro la domenica a casa Weasley." le rimostranze fra Draco e Harry erano ormai una pantomima, piuttosto fulminò i fratelli " E questo vale anche per voi due."

 

"Ma certo Ronniekin" squittirono in coro tenendosi le mani.

Theo guardò i tre passando la testa dall'uno all'altro. "Quindi è questo quello che intendi quando mi racconti che avere fratelli è assolutamente una palla al piede?" disse indicando i due rossi più grandi.

"Ehi ehi ehi" Fred provò a protestare ma Ron confermò "Si si è proprio questo! Gemelli poi, che te lo dico a fare, non si reggono."

 

La più piccola dei Weasley abbracciò i suoi fratelli più grandi che fingevano una faccia contrita. "Ma poverini i miei fratelloni"

"Ginny sei l'unica femmina dopo tutti maschi, sei viziata schifosamente da tutti, non fai testo." "Tranne da te Ron!" cominciò una litigata, mentre Hermione alzò gli occhi al cielo prese un libro e si mise a leggere in un angolo quieto del giardino. Theo incuriosito dall'atmosfera casalinga andò a chiedere alla signora Weasley se le serviva una mano ma fu rispedito gentilmente fuori e Blaise in realtà affascinato dalle dinamiche familiari seguiva con interesse la diatriba fra fratelli.

Draco si avvicinò a Harry che sorrideva sotto i baffi guardano la sua fidanzata e i suoi cognati che litigavano con Ron. "Sono sempre così?" chiese sibilando. Lui ci stava provando davvero a non fare la merda, ma quella situazione lo metteva a disagio. Come potevano quelle persone mettersi a litigare davanti a degli estranei per di più ospiti?
Fosse successo a un gala Malfoy a sua madre sarebbe scoppiata un'arteria. Non c'era posto per risate troppo scellerate, figuriamoci per litigate da paesani!

"Si stanno solo scaldando" confermò Harry sedendosi sulla staccionata e appoggiando i gomiti alle ginocchia.

"Sono fortunati. E lo sanno. Solo si divertono così." "Fortunati? Per Merlino Potter, io non voglio essere il solito ma questa è una fortuna?" indicò la scena davanti a loro come se stesse assistendo a una lotta fra ghoul. Harry alzò gli occhi al cielo. "Malfoy il giorno che imparerai che non tutto si misura coi soldi…"

 

"Non sto parlando della casa!" lo azzittì subito. Che comunque è brutta come un cazzotto nell'occhio. "Ma tutto questo casino? Persino Granger si è ritirata col suo libro." "Ahahha Hermione sa che si sfogano così. Dice che il suono delle litigate fa da ottimo rumore bianco per concentrarsi a leggere. E devi vedere quando ci sono Charlie e Bill. E Percy." ci pensò un attimo e rise fra sé e sé. "Certo che quando c'è Percy è esilarante." Draco pensò al più spocchioso dei Weasley che conosceva bene in quanto impiegato al Ministero. "Che succede?" Harry lo guardò, stupito del fatto che fosse realmente interessato ma Malfoy lo invitò col mento a spiegarsi. "E' che di base tutti bullizzano Percy." Malfoy continuava a guardarlo come se gli stesse spiegando l'utilizzo dei dispositivi babbani. "Diciamo che i Weasley sono un branco e a seconda di chi c'è cambiano gli equilibri. Ovviamente quando ci sono i più grandi i più piccoli si coalizzano." e indicò Ron, Ginny e i gemelli. "Ma quando c'è Percy, tutti sono contro Percy." "Che gli ha fatto Percy?" Malfoy non riusciva a capire le dinamiche familiari. "Diciamo che Percy è simpatico quanto te Malfoy."

 

 

 

Lui si indicò "Quindi è esilarante. E intelligente." "Non dire mai davanti a Hermione che Percy è intelligente o potrebbe mangiarti la faccia." "Ah beh starò attento, Granger aspetta solo la scusa giusta per rovinarmi la faccia." Harry rise di gusto. "Dalle tempo. Si abituerà al fatto che sei stronzo solo part time." Draco alzò il naso orgogliosamente. "Non devo dimostrarle niente, inoltre sono molto fiero di essere ciò che dici a tempo pieno, grazie." Harry era sempre molto stupito dal fatto che Draco raramente imprecasse, un damerino compunto in tutto e per tutto. Scosse la testa battendo la mano sulla spalla del compagno, pensando come spesso accadeva che tre anni vissuti forzatamente ogni giorno fianco a fianco avevano fatto più di un miracolo. "Draco, so che odi quando ti do consigli ma dammi retta per una volta: oggi cerca di divertirti. Fra l'altro lo spettacolo lo offrono loro, gratis!" indico bonariamente i Weasley che nel mentre avevano smesso di litigare e al momento stavano cercando di capire quando sarebbe stato pronto. Draco si scostò, incazzato. "Guarda che ci sto provando" lo sguardo accigliato la diceva lunga ma Harry cercò di avere pazienza. Aveva capito che con Draco era tutta questione di tempi e di non metterlo con le spalle al muro. "Senti, posso capire che non ti senti a tuo agio, ma non è rimanendo in disparte come uno che ha una Firebolt infilata in culo che ne uscirai, no?"

La smorfia di Malfoy ogni volta che usava una parolaccia lo piegava in due dal ridere, lo faceva apposta.

"Harry sei proprio un turpiloquio con le gambe certe volte." Malfoy non sospettava che quella frase l'avrebbe detta spesso negli avvenire, dando adito a diversi scherzi su quanto i due sembrassero una coppia divorziata.

Harry alzò le spalle col suo sguardo più innocente e Malfoy sospirò. "Senti l'hai detto anche tu no? Non sono esattamente simpatico. E poi come può volermi a casa sua Molly Weasley? Sa benissimo cosa ho fatto."
Senza scordarci di cosa ha fatto lei. Non che mi lamenti di come abbia mandato all'altro mondo la pazza, ma lo aggiunse solo a mente.

Harry scosse la testa. "Molly e Arthur Weasley sono fra le persone più buone sulla faccia della terra. E' semplicemente un'altra dimensione qui. Una a cui non siamo abituati, fidati nemmeno io dopo tutti questi anni, perché veniamo da mondi completamente diversi. Però per Ron è importante. Per lui la sua famiglia è tutto e se ha voluto te, Theo e Blaise qui è perché si è finalmente arreso all'idea che volenti o nolenti cominciamo a uscirne."

Non c'era bisogno che dicesse da cosa. Uscire dalle conseguenze della guerra. Dai traumi e dal passato scomodo che avevano in comune. Dai conflitti, dalle prese in giro.

Se lui e Harry del resto potevano parlare come persone normali non era certo stato perché un giorno si erano svegliati e si erano trovati magnanimi a vicenda.

Erano stati promossi di grado perché erano riusciti a portare a termine una missione importante e portare a casa un altro Mangiamorte sfuggito alla guerra. Dopo quattro anni ancora giravano diversi rimasugli di Voldemort e sapeva che ce ne sarebbero stati altri. Proprio durante quella missione lui e Ron si erano quasi scannati, per poi parlare apertamente del cattivo sangue fra di loro.

"Almeno vedrò coi miei occhi se è vero che Molly Weasley cucina bene tanto quanto ne parlate voi tre." raddrizzò la schiena indicando Harry, Ron e Hermione, concentratissima sul suo libro. Draco la trovò estremamente buffa in quel contesto, quasi avulsa dal caos. Era anche carina, ma scosse immediatamente quel pensiero dalla testa.

"Draco sembra un'altra volta che hai visto un fantasma" Harry cercò indizi sul motivo ma grazie a Merlino il suo compagno di squadra era inetto a capire le sotto trame per poi Harry si rimettersi in piedi, battendosi la mano sulla pancia. "Mamma mia non vedo l'ora sia pronto! Vedrai che altro che partita di Quidditch dopo pranzo per smaltire ..." Draco accennò un sorriso.

 

E così fu. Il pranzo era stato un momento di assoluto caos, un momento familiare a cui Theo, Blaise e Draco non erano preparati né pronti. Draco voleva cercare di rimanere il più invisibile possibile, ma non c'era stato verso. Arthur Weasley aveva un modo di fare che metteva tutti a proprio agio, cercando di fare sentire tutti parte della conversazione. Si vedeva che dirigeva come un maestro bande scalmanate di ragazzi da ormai trent'anni. "Quindi Draco tu e Harry siete specializzati in missioni più di fronte? Come pensi che sia la posizione strategica del dipartimento?"

"Papà oggi niente lavoro ti prego!" Ron ricordò la regola parlando a bocca piena e beccandosi un'occhiataccia dalla madre. "Hai ragione! Scusa Draco, oggi è domenica e non dovrei parlarne!"

Lui strinse le spalle. "No, no a me piace parlare di lavoro. Al contrario di qualcun altro." e fulminò Ron che gli mostrò la lingua. "Del resto siamo ancora reclute, ma credo che la linea strategica del dipartimento abbia delle falle."

Blaise e Hermione sbuffarono simultaneamente. "Cosa? che c'è?" "Malfoy sei uno sbruffone. Vorrei vederti fare le strategie del dipartimento!" Lui alzò un sopracciglio. "E mi ci vedrai Granger perché è esattamente ciò a cui punto." passò con un tocco di bacchetta il piatto con da cui si era servito per la seconda volta. Per la barba di Merlino non aveva mai mangiato un arrosto così buono, nemmeno nei ristoranti stellati che aveva avuto più e più modo di frequentare. "E poi tu che sbuffi Blaise? So bene quanto ti piacerebbe essere più spesso nelle missioni di ricognizione e invece ti ritrovi kamikaze Granger alle calcagna sempre pronta a fare esplodere le cose." Harry rise della grossa e anche Ron. Draco si era riscoperto un grande appassionato di storia bellica babbana durante la formazione da Auror e aveva trovato il termine perfetto per descrivere Hermione, cosa che la mandava in bestia.

"Cosa ridete! Guarda Malfoy che io sono una a cui piace stare in prima linea ma so benissimo come organizzare una strategia infatti penso che mi specializzerò in intelligence per gli incantesimo di alto livello. Puoi mangiare la mia polvere, grazie!" "Ma non avevate una tregua?" chiese George al fratello sottovoce.

Ron scosse la testa con un sorriso che la diceva lunga "Non loro due, da quelle parti Hogwarts non è mai passata in prescrizione"

"Ahh ecco"

"Beh mi sa anche qualcos'altro" aggiunse Fred un po' più serio.

Non c'era bisogno di specificare cosa.

La risata benevola di Arthur riportò tutti con l'attenzione su di lui. "E' bello vedere che dei ragazzi cosi giovani siano già cosi impegnati nella loro realizzazione. Sono sicuro che entrambi riuscirete nelle vostre ambizioni." Draco voleva quasi piangere. Come faceva Harry a non sentirsi schiacciato da tutta quella positività? Lui aveva avuto suo padre spingerlo solo verso le sue di ambizioni. Essere un capofamiglia Malfoy, un Mangiamorte, un razzista.

Faceva quasi male guardare Arthur Weasley e rendersi conto, ancora una volta, di che piccolo coglione era stato. "G-grazie." sussurrò appena abbassando lo sguardo. Tutti quasi smisero di mangiare a parte Molly.

"Malfoy hai detto grazie?" chiese Ron stupito.

Draco arrossì come un peperone maturo. "Oddio ma è stata predetta una calamità naturale?" incalzò Nott. Grazie Theo, bastardo.

 

Lui cercò di coprirsi gli occhi coi capelli e cercare di reprimere l'impulso di andare via e mandarli tutti a quel paese. Ringrazio il training militare che gli aveva insegnato a controllare il suo temperamento capriccioso, ma era davvero difficile in quel momento cercare di non fare una strage.

"Non pensavo che Malfoy potesse avere una sfumatura di colore sulla pelle che non fosse bianco latte." Ginny se la stava godendo della grossa, ma Molly mise fine alla cosa.

"Beh, sicuro se c'è qualcuno che può fare lo stratega a questo tavolo è Draco. Di certo non uno dei miei meravigliosi figli, acquisiti e non, che amano rompersi l'osso del collo" sentenziò la matrona, dolcemente.

"Ehm scusate, vorrei ricordarvi che io sono quella più intelligente, non Malfoy!" Hermione alzò il dito piccata.

"Certo cara, ma sei anche una scavezzacollo da quando avevi undici anni" Molly le mandò un bacio affettuoso dal capotavola.

Hermione annuì suo malgrado, "Beh in effetti…"
"E comunque Granger sono arrivato dopo di te ai Newt e per pochissimo" sottolineò Draco piccato mentre a mente ringraziava gli dei per Molly Weasley, giurando che le avrebbe chiesto scusa in ginocchio.

Si sentì battere la mano sul braccio, mentre l'attenzione veniva portata su altro.

"Prego Draco."

 

 

Il pranzo era effettivamente durato tantissimo e Theo Blaise e Draco erano tentati davvero di chiedere ai gemelli l'incantesimo per il secondo stomaco. I tre Serpeverde avevano raggiunto il limite del riempimento, ma Molly aveva continuato a rimpinzarli dicendo che erano troppo magri. La cosa poteva valere per Draco e Theo, che sembravano ancora due spilungoni secchi nonostante l'allenamento da Auror, ma non certo per Blaise che sfoderava un metro e novanta di muscoli. I gemelli giacevano in coma post prandiale su un divano sgangherato appoggiato nel giardino a mo' di salotto esterno, Hermione era raggomitolata con un nuovo libro sulla sua poltrona preferita sotto a un albero, Ginny e Harry erano spariti e probabilmente stavano pomiciando di nascosto mentre Ron era con suo padre a sistemare un aggeggio babbano nello studio.

"Beh, pensavo peggio dai." sentenziò Theo mentre cercava di finire il caffè per svegliarsi dal torpore che il cibo gli aveva provocato.

"Peggio?" Blaise si guardò intorno. "Per Merlino non stavo cosi bene da...parecchio. Abbiamo mangiato come idrovore, siamo in mezzo alla natura e non abbiamo un problema al mondo. Direi che stiamo alla grande per essere tre reietti del programma di recupero del Ministero, no?"

Draco strinse le spalle. "Sei un campagnolo Zabini." e lui per tutta risposta gli mostrò il dito medio.

Ma era vero. Stava effettivamente rilassandosi, incredibilmente, in quel momento sospeso nel nulla cosmico che era la Tana. Guardò la casa. Era brutta, veramente tanto brutta, tutta storta e accroccata e senza un minimo dell'eleganza architettonica che una comune casa magica e non dovrebbe avere.

Però aveva cominciato a comprendere quello che intendeva Harry sulla staccionata. Lui aveva un maniero, un intero gigantesco maniero, e dentro c'erano successe le cose più orribili degli ultimi decenni. Con uno sguardo rubato si concentrò su Hermione, che era presissima dal suo libro nuovo. Si accarezzò il braccio col marchio, come sempre quando ripensava a quei momenti.
Lì invece, c'erano una madre amorevole che comunicava il suo affetto senza problemi., lui aveva dovuto aspettare vent'anni per abbracciare liberamente sua madre.

E Arthur Weasley era tutto ciò che Lucius Malfoy non sarebbe mai stato. Un padre attento. Certo, ingenuo, a volte un po' svampito, e non predominante e leader come suo padre, ma avrebbe fatto di tutto per i suoi figli. Li aveva cresciuti e incoraggiati a seguire i loro sogni e li aveva amati. Vedeva come abbracciava Ron e baciava Ginny senza remore.

Quella casa aveva tutto ciò che il maniero non aveva mai avuto. Risate, libertà, giardini in rovina pieni di amici e limonata. Lui aveva avuto Theo, poi Blaise, che comunque aveva allontanato per parecchio a Hogwarts per rimanere impelagato con due minion come Goyle e Crabb. Rabbrividì pensare a quanto era stato pavido.

Abituato da suo padre a sentirsi più di tutti.

Draco Malfoy. Certo.

Come no.

Si guardò l'anello con lo stemma. e scosse la testa.

Almeno al casa aveva un bellissima visuale sul bosco e, cercando di non pensare più al suo misero passato, provò a bere il suo tè e rilassarsi un po'.

 

Alle cinque, tutti sembravano tornati attivi e Draco si ritrovò non aveva ben capito come a giocare con Harry a quidditch in squadra.

"Scusa ma perché siamo in squadra insieme? Ok che ero in coma da cibo , ma mi sembra eccessivo."

"Dai dai non rompere. Ti lascio fare il cercatore!" Harry sembrava ansioso di dargli quel ruolo.

"Ma non ho dodici anni, posso benissimo fare il cacciatore." Draco girò la testa, spazientito. Chissenefregava dei ruoli a Quidditch, non gliene importava più da secoli.

"Ti sei infilato in un nido di serpi Potter?" Blaise si ritrovò a girare intorno al suo collega, mentre Theo cercava di rimanere sveglio. "Sono abbastanza certo che vomiterò dalla scopa" commentò laconico scuotendo i boccoli neri.

Harry ignorò il suo collega gigante e insistette " Dai Draco fai il cercatore. L'altra squadra ha deciso che Ginny farà la cercatrice sennò poi sarebbe troppo forte se giocasse nel suo ruolo. E se poi vinco Ginny non mi parlerà mai più"
Un momento di silenzio, poi la realizzazione che fulminò i tre Serpeverde che risero della grossa. "Ah ma quindi Potter hai una paura fottuta di farti battere dalla tua ragazza!" Draco continuava a ridere, seguito da Blaise e Theo.

Le spalle di Harry sembravano stringersi più del solito, lo sguardo corrucciato. "Vabbè non è che la dovete mettere proprio così..."

"Ma è proprio così!" ribadì Theo.

Draco si cambiò posto con Harry in aria.

"Va bene Potter, difenderò il tuo onore dai" concesse con fare magnanimo mentre Harry gli mostrava il dito medio.

 

Ginny aspettava il fischio di inizio, che avrebbe come sempre dato Hermione prima di rimettersi a leggere indisturbata dalle loro urla.

Era ormai difficile farsi una partita informale a quidditch da quando erano adulti e lei era felice anche se per permettersi due squadre da quattro avevano dovuto adottare tre serpentelli.

Le faceva ancora strano vedere Harry in mezzo a Blaise , Draco e Theo. Non l'aveva visto spesso perché del resto era stato un processo lento ed era la prima volta che venivano alla Tana, ma capiva che ormai il suo fidanzato si era acclimatato. Blaise, quel ragazzo era enorme!, gli aveva passato un braccio intorno alle spalle, mentre Theo lo indicava dicendogli chissà cosa. Draco guardava la scena sempre con la sua aria sprezzante e il sopracciglio alzato ma si vedeva che stava ridendo sotto i baffi.

Era stupita da Draco. Quando Ron le aveva detto che voleva invitarli alla Tana Ginny aveva inizialmente pensato a uno scherzo.

“Ron ma ti sei fumato l’erba medica di Fred?”

“A parte che quella è tutta tranne che medica, e comunque no. Era da un po' che pensavo che avrei voluto che Theo vedesse casa, gliene parlo sempre. E magari con Blaise sarebbe stato più a suo agio. Draco...beh è stata una decisione recente.”

“Guarda che Harry mi ha detto che ve le siete date di santa ragione.”

Il fratello scosse le spalle, come se la questione era stata risolta. “Senti, Draco è sempre una piccola merda ma è meno merda. Ha salvato Harry e mi ha chiesto scusa.”

Lo sbuffo di Ginny era evidente ma si stese sul letto, arresa. “Fai come ti pare.”

“Certo che faccio come mi pare. E pensa, almeno potremo fare una partitella. E’ un po’ che non ti diverti a umiliare Harry no?”

Ginny rise al pensiero di battere il suo fidanzato. “Beh sì, è un po'. Siete sempre presissimi col lavoro, uffa.”

Ron le scompigliò i capelli, fraternamente. “E tu sicuramente fra un po’ passerai a una squadra di seria A e noi ti vedremo una volta ogni morte di fenice.”

“Ma figuriamoci!”

Rimasero sul letto un po’ in silenzio. “Davvero pensi che ci si possa fidare di Malfoy e compagnia?”

“Theo? Garantisco io. Andrete d’accordo. E Blaise è un gigante minaccioso ma in realtà è simpatico. E Draco è...Draco, ma vedrai che capirai tutto vedendolo con Harry. E se lui si fida, noi ci fidiamo no?”

Le annuì convinta.

Certo che si fidava di Harry, più di chiunque altro al mondo.

 

E ora era lì a divertirsi con i suoi fratelli. Che codardo, Harry aveva lasciato fare il cercatore a Draco per non farsi battere.

"Sei veramente un furetto eh Malfoy! Vieni qui!"

"Se io sono un furetto tu sei una gatta roscia bisbetica!"

Ah sì? Gliel'avrebbe fatto vedere lei se era bisbetica. Certo, quello non era il suo ruolo ma era sempre una candidata alle Holiday Harpies!

Però si stava veramente divertendo. Si, si erano insultati con Malfoy ma sportivamente.

Non era così male.

Del resto aveva detto lei stessa a Harry di provare sopportare Malfoy, ma mica se lo aspettava piazzato dentro casa!

 

Intravide il boccino, e si punto precisa verso il guizzo dorato.

Non poteva certo perdere!

Come sempre quando si metteva in testa una cosa era quella e non poteva essere altro.

Avrebbe vinto a ogni costo!

 

Per lei non c'erano partite informali o partite professionali.

C'erano solo le partite.

Ecco, ecco il boccino!

Si fiondò a tutto spiano per poi rendersi conto troppo tardi del tonfo incredibile
Aveva tirato sotto Malfoy, centrandolo in pieno petto con la scopa!

Vide Harry urlare scagliando un engorgio su un materasso malconcio abbandonato nel giardino dei Weasley per far sì che Draco di cascasse sopra, senza schiantarsi al suolo.

 

Ginny stava morendo dentro.

Malfoy avrebbe pensato che l'avrebbe fatto apposta.

E lei non l'aveva fatto apposta.

Voleva veramente che le cose fra lui ed Harry andassero bene,

L'aveva visto a pranzo con suo padre sembrare quasi una persona normale.

Per Merlino perché era così stupida, perché non riusciva mai a scrollarsi quella competitività di dosso?

Harry subito venne a controllare che stava bene ma lei stava benissimo, era abituata a ben altro.

Le vennero le lacrime agli occhi pensando che aveva rovinato l'unica occasione di Harry e Ron e Hermione di avere una parvenza di normalità nel loro lavoro.

 

"Oddio Malfoy stai bene?" subito una, due, tre facce si accalcarono intorno a lui, spaesato.

"Non farlo sforzare Ginny dai!"

"Certo che ti sei impegnata eh Gin?"

"Ginny tu stai bene?" Quello era Potter, sicuro.

"Malfoy sei vivo? Vorrei non morissi nel giardino di casa di mia madre…"

C'erano troppi Weasley tutti insieme e si mise una mano sulla fronte.

Auch.

Il dolore al petto era forte, e tossì, cercando di riprendere aria.

"Ragazzi spostatevi!"

Sentì una mano sulla fronte fresca e morbida che lo tranquillizzò per un attimo.

"Forza, evaporate! Harry anche tu! Ginny, tu rimani qui!" controllò velocemente che la figlia stesse bene prima di concentrarsi su Draco, steso a terra sul suo prato.

 

 

 

La sensazione di un centauro imbizzarrito appena passato sul suo petto. Ecco cosa provava Draco Malfoy in quel momento mentre guardava il cielo terso sdraiato sul prato adiacente La Tana.

Lo sapevo che non sarei dovuto venire.

"Draco riesci a sentirmi?" lui annuì cercando di prendere fiato e indicandosi lo sterno.

"Penso di.." voleva dire qualcosa ma sentiva che l'ossigeno nei polmoni non voleva collaborare. "Si penso che tu ti sia fratturato lo sterno povero caro. Ginny come hai fatto stavolta?"

"Stavolta?" provò a sussurrare lui producendo un suono stridulo.

Molly Weasley lo fece stendere mentre con grazia preparava l'incantesimo per riformare le ossa. "No Malfoy, te lo giuro, sarai anche uno stronzo ma non volevo certo spaccarti le ossa. Cioè almeno non oggi"

"Ginny, non dire parolacce!" mentre continuava a castare l'incantesimo su di lui continuava a tastare la figlia con l'altra mano "Tu sei apposto, hai solo qualche graffio, forza vai a farti medicare da papà" la mandò via con un bacio e una pacca sulla coscia, sollevata mentre con gentilezza incantava il petto di Draco.

Lui suo malgrado rise, tossicchiando un paio di volte. Le mamme erano del resto un po' tutte uguali.

"Tranquillo Draco, non è la prima volta, né l'ultima credo purtroppo, che qualcuno si rompe qualcosa a casa mia giocando a Quidditch. Mi dispiace che tu ti sia fatto male, proprio oggi poi. Non l'ha fatto apposta Ginny, davvero." sembrava sinceramente preoccupata che potesse pensarlo. Lui fece cenno di stare tranquilla alzando le dita in segno di ok e cercando di sorridere, per quanto lui che sorrideva sinceramente era l'equivalente di vedere l'espressione di qualcuno preso a farsi un clistere. Maternamente, gli accarezzò i capelli. "Tranquillo, fra poco starai bene. Sono un'esperta in questi incantesimi, e non è una frattura profonda. Ho controllato." sapeva che sarebbe rimasta qualche minuto così quindi continuò a parlare. "Sai sono molto contenta che oggi tu e gli altri ragazzi siate qui. So Che Ron non permette a molti di avvicinarsi e su alcune cose è ancora un po'…stretto di vedute. Ma io sono contenta che lavoriate insieme. Solo così potremo veramente sperare che la vostra generazione potrà costruire un futuro migliore." il dolore stava diminuendo e si sentì in grado di spicciare qualche parola. "Anche io...sono...contento. Di essere qui dico. Grazie signora Weasley. " provò ad alzarsi ma lei lo fece rimanere giù. "Stai buono, che manca ancora un po'… Mica posso rimandarti a casa da tua madre conciato così, cosa penserebbe?" "Che suo figlio si è divertito, oggi." lei rise.

"Oggi ho ricevuto una lettera da tua madre, mentre vi aspettavo." Draco ebbe paura per un attimo che sua madre potesse averlo messo in imbarazzo ma Molly sorrise contenta. "Mi ha chiesto che vorrebbe prendere un tè. Per parlare da madre a madre. Pensi che potrebbe essere un problema Draco?"

Lui scosse la testa. "Si si ero serio prima quando dicevo che che le potrebbe dare dei consigli per il giardino, ha rose bellissime." arrossì. "Cioè detta così suona male, intendevo…" Molly rise della grossa. "Certo ragazzo che si vede proprio quanto ti impegni a non essere antipatico. Sta tranquillo. Sono una mamma, non Hermione."

"Cioè?" si mise sulla difensiva, pensando di aver fatto trapelare qualcosa, ma non sapeva neanche bene lui cosa dato che era confuso sulla Granger.

"Non sono più una ventenne, so bene quello che stai provando a fare. Non è facile cambiare Draco. Per nessuno di voi" fece cenno di aver finito e controllò tastandolo che fosse tutto ok prima di dargli una bonaria pacca sulla spalla.

"Senti male?"

"No no grazie." sedette e si tastò il petto, tornato come nuovo in pochissimi minuti. Non sentiva dolore , c'era rimasta solo la camicia sgualcita a testimonianza dell'impatto." Wow, nemmeno Madame Pomfrey era così rapida…" Si alzò e aiutò la donna ad alzarsi, galantemente, e le tenne la mano mentre aspettava che si sistemasse il grembiule sul vestito. "Eh, ho avuto modo di fare degli incantesimi un po' particolari!" alzò le spalle come se niente fosse.

"Signora Weasley...grazie. Io...vorrei comunque...chiederle scusa. Per tutto." lo sguardo era basso, l'ennesima scusa, l'ennesima ammenda, ma faceva sempre male ammettere di avere avuto torto marcio per la maggior parte della sua vita.

"Scusa accettate. Benvenuto nella mia famiglia, Draco."

 

Quando tornò dai suoi compagni sembravano tutti abbastanza preoccupati, Ginny aveva una bevanda in mano e sembrava sconvolta.

"Ehi roscia, spero proprio che ti prendano alle Holiday Harpies. Il piglio c'è tutto." le fece l'occhiolino e sembrava più o meno che avesse un tic all'occhio ma tutti apprezzarono lo sforzo, tirando un sospiro di sollievo. Harry era già pronto a prendere e battersi con Draco, con o senza tregua, ma aveva dato l'impressione di essere tranquillo. Theo e Blaise erano tesissimi, pronti a dover scegliere come placare gli animi e Ron era già innervosito. Hermione non si era sforzata di provare pena per Malfoy, già dando per scontato che avrebbe dato prova della sua tipica espressione da "Mio padre lo verrà a sapere."

Tutti avevano evidentemente pensato il peggio, ma Draco se lo aspettava. Tre anni fa, sarebbe rimasto ferito e avrebbe fatto una scenata. Ma non voleva essere più un ragazzino. Voleva essere un uomo. Cambiare.

"Certo che la Signora Weasley ve ne deve aver ricucite di ossa per essere così brava in certi incantesimi…" guardò con aria sardonica i gemelli, Ron e Ginny che scoppiò a piangere aggrappandosi alla sua giacca.

"Ehi ehi roscia, che ho fatto?" guardò attonito Ron e Harry con un'espressione che gridava silenziosamente "Io ce l'ho messa tutta eh." ma i due erano tranquillissimi.

Harry carezzò con qualche colpetto la testa della sua fidanzata piangente aggrappata al suo . "Era preoccupata, è un po' emotiva!" aggiunse Fred ridendo mentre George annuiva. "Aveva paura di aver fatto scappare il suo nuovo furetto domestico"

"Ho detto che solo tu potevi dirlo, non tutto il clan" protestò Draco a Ron con un sibilo che prometteva una ripicca. Si pentì quasi di avergli permesso di poterlo insultare così dopo la loro ridicola rissa.

"Smettetela di parlare come se non ci fossi!" si asciugò inelegantemente le lacrime col braccio mentre tornava a guardare Malfoy. "Però hanno ragione. Avevo paura di aver rovinato tutto."

Draco si appoggiò a Blaise e poi guardò Theo che annuì come se avessero parlato e per un attimo sembrò di vederli tornati a essere i tre Serpeverde odiosi che avevano conosciuto. "Roscia, guarda che vogliamo la rivincita."

Hermione guardava la scena un po' sconcertata. Perché tutti si facevano fregare da Malfoy? Era palese che fosse falso come una banconota da tre galeoni. Quantomeno Ginny non piangeva più, quindi contenti loro, contenti tutti. E lei? Figuriamoci, era solo sollevata che Malfoy non si fosse spaccato seriamente, sennò Harry si sarebbe lamentato tutta la settimana e loro sarebbero stati costretti a coprire anche il turno di Malfoy. Certo vedere Malfoy sforzarsi di essere un essere umano e addirittura fare l'occhiolino era qualcosa che avrebbe infestato i suoi incubi.



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Cow-t 11, settimana 7, 
Prompt: - M1 - Prompt  “Shut up! Just… Shut up!” 
Fandom: Harry Potter
Numero Parole: 10000+


 
"Zitto! Semplicemente...stai zitto!"
“Ti ho detto Granger che ESIGO una spiegazione!”

“Non c’è una spiegazione Malfoy” poi si avvicinò sibilando “Soprattutto non in ufficio dannazione!”

Nonostante i buoni propositi, aveva effettivamente perso tutto ciò che aveva ottenuto quella notte insieme.

Hermione il giorno dopo la loro missione l’aveva ignorato del tutto, inutile provare a cercarla, era sempre stata sfuggente e figuriamoci, la Floo di casa sua non era certo aperta per lui.

Non poteva chiedere aiuto a nessuno, non aveva detto nemmeno a Blaise o a Theo cosa era successo, quindi per tutti gli altri tutto era nella norma. Hermione e Draco non interagivano se non costretti, di base.

Alla fine era riuscito a intortare Ron, di solito l’anello debole della catena che beveva tutto senza problemi. Voleva bene a modo suo a Weasley, ma era pure sempre un Serpeverde e doveva triangolare la presenza di Hermione che ora lo squadrava da capo a dodici.

“Granger non puoi dirmi che non è successo NIENTE.”

“Eravamo sbronzi!”

“Veramente no al massimo inebriati da un po’ di whiskey, ti ho visto sbronza svariate volte e non lo eri di certo!” la sua voce fredda e distaccata, quasi sprezzante non coincideva con ciò che il ragazzo provava.

Hermione invece si vergognava, ecco la verità.

No che non era sbronza, certo. Ma non riusciva a capire come fosse finita a letto con Draco Malfoy e a farselo anche piacere. Parecchio pure.

E non voleva saperne più niente. Hermione Granger era una persona abitudinaria e a lei piaceva la sua vita così com’era: Draco Malfoy non poteva uscirsene un giorno con una fantomatica lettera, bello come il sole vestito come un idolo del kpop e dirle che le aveva chiesto scusa. Era un falso, sicuro, l’aveva portata a credere di averle chiesto scusa e guarda caso quella lettera era andata perduta. Idiota e idiota anche lei per essersi fatta fregare.

Però, ora, quello sguardo ferito la stava facendo sentire quasi in colpa.

“Di cosa hai paura Granger? Che abbia spifferato la nostra torbida notte ai quattro venti? Molte delle cose che pensi di me sono vere, ma non ho certo bisogno di vantarmi con chicchessia di una notte di sesso."

Si passò le mani fra i capelli mentre cercava di riprendere fiato e ingiunse le mani davanti a quelle labbra che avevano fatto tremare Hermione come una foglia quando le aveva passato sul suo collo. L’inizio della fine.

“Senti Malfoy, ho ceduto per un attimo ok? Dopotutto sei sempre il dannato Serpeverde che riesce a manipolare tutto e tutti no?”

Lui rise della grossa, quasi offeso per lei, una risata sguaiata non in linea con i brevi, freddi sorrisi tesi che Malofy era solito sfoderare “Certo Hermione come se io potessi mai manipolarti, come se qualcuno potesse veramente mettersi a domare la leonessa del trio d'Oro.” la guardò sprezzante. “Ti prego almeno di avere il coraggio che tanto vanti per ammettere che ti sei tolta uno sfizio. Non è un problema, capita.”
Hermionenon ci vide più, i capelli spirzzavano magia repressa da tutti i pori, la rabbia evidente sul suo viso che gli anni avevano reso più femminile.

“Certo perché tutti hanno voglia di andare a letto con il bullo della scuola che si è divertito a vederla torturata dentro casa sua, no?” rincarò la dose lei mettendosi le mani sui fianchi e pronta all’attacco. Di certo non era pronta a vedere quello sguardo, di nuovo quel maledetto sguardo velato quasi di pianto. Draco Malfoy e i suoi dannati occhi d’argento illegali che diventavano rossi al primo accenno di emozione.

Capì di aver detto qualcosa che teneva dentro da troppi anni, ma capì anche che se avesse cruciato Draco probabilmente avrebbe fatto meno male. Tornò immediatamente l'argento freddo freddo nei suoi occhi, nessun tipo di emozione. Probabilmente, stava occludendo e parecchio.

Alzò le mani, quasi... arreso. Il sorriso era sarcastico mentre con un'alzata di spalle si diresse verso la porta.

“Hai ragione. Me lo merito.”

E senza dirle altro uscì dalla stanza.

 

E fu così che la data del secondo appuntamento con Jugson Jr ora conosciuto come Jasper Ravensberg si avvicinava ed Hermione e Draco continuavano la loro vita come sempre.

 

Apparentemente. Hermione non l'aveva più visto e se dapprima era rimasta sollevata, nessuno era venuto a dirle niente, tantomeno Blaise che le aveva mostrato la foto, dalla sua macchina foto grafica digitale - regalo di Hermione di cui andava molto fiera, tipo mamma chioccia - del diamante con cui si era proposto.

 

"Ovviamente il testimone sarà Draco, se riesco a vederlo"

 

Zabini non si aspettava quella velo di...malcelata preoccupazione?, nell'espressione di Granger mentre con nonchalance chiedeva "Cos'è è troppo impegnato a piantare i semi della sua carriera politica mentre gioca a gobbiglie col ministero?"

 

Il mago alzò lo sguardò al cielo. "No, veramente è chiuso in ufficio da tre settimane a sistemare tutte le piste per il caso di Norton Norbert...non ti ricordi?"

Norton Norbert era probabilmente il caso più lungo che si portavano fin da quando erano reclute. Era stato il loro primo vero caso e al momento anche il loro più grande fallimento.

 

Si erano susseguiti due vertici di Auror, e anche ora con Harry in carica e Draco come secondo riuscire a rintracciare quel bastardo serial killer era ancora impossibile.

 

"No, non sono aggiornata su tutti i casi di Harry e Draco. E anche noi mi pare che non abbiamo perso tempo, Nott ed io abbiamo stanato una sagra del vampiro selvaggio giusto due giorni fa."

 

Si divertiva sempre con Nott, anche quando rischiava la vita. Era probabilmente, dopo Blaise, e malauguratamente dopo Malfoy, la persona con cui lavorava meglio. Ma se con Blaise era per la loro fraterna complicità, con Malfoy era perché sinceramente non lo sapeva, con Nott era proprio che lui era totalmente pazzo. Theo era fuori di testa come i gemelli Weasley ma come se li avessero fusi insieme, con un tocco della sua intelligenza. Nulla era serio per lui, e non l'aveva mai visto piegarsi di fronte a nessun caso, nemmeno il più drammatico, nemmeno quando avevano scovato cose terribili che l'avevano fatta quasi vomitare. Quasi perché era rinomatamente una dallo stomaco di ferro.
Odiava essere così empatica emotivamente ma compensava almeno con quella capacità di non farsi venire un conato per un po' di sangue.. Aveva la sensazione che per Theo fosse lo stesso, in un certo senso. Theo era anche l'unica persona che cercava in tutti i modi di farle fare pace con Malfoy, ma stranamente, non in quella missione. Forse perché era davvero tosta, ma aveva il dubbio che sospettasse qualcosa. Blaise, Theo e Malfoy erano come lei Ron e Harry, ma come il suo legame fraterno con Harry era qualcosa in più, anche per Draco era lo stesso con Theo, e lui sapeva SEMPRE se qualcosa non andava con quello che considerava suo fratello adottivo. Per giorni per fortuna erano stati troppo presi a dare la caccia a quella setta di vampiri che stavano devastando una campagna nel Wiltshire per dare spazio a Theo di indagare. O almeno sperava.

 

"Quando è previsto l'incontro con Jugson?" la domanda di Blaise la riportò bruscamente a terra, realizzando che mancava poco e loro non avevano più nemmeno parlato. Sapeva che nonostante tutto era meglio così, ma quel lavoro richiedeva una parte che lei non sapeva come replicare. Si consolò pensando che sarebbe durata poco. Sarebbero arrivati, avrebbero fatto lo scambio dopodiché Harry e tutta la cavalleria di Auror avrebbero acciuffato il trafficante, per poi stare a casa in tempo per la cena.

 

"Prossima settimana. Speriamo che sua signoria abbia dispiegato per bene l'intelligence prima di tornare su Jugson"

 

Blaise per un attimo sembrò dire qualcosa. Poi si trattenne e uscì, con dei documenti in mano mentre scuoteva la testa, non visto da Hermione. Non sapeva veramente perché quei due erano così...testardi. Hermione, soprattutto. Sapeva benissimo cosa passava per la testa di Draco sotto quella coltre di capelli bianchi.

 

Entrò nell'ufficio di Harry e trovò l'oggetto dei suoi pensieri con il suo capo. Se a sedici anni gli avessero detto che un giorno sarebbe stato un auror e che Harry Potter sarebbe stato il suo capo avrebbe riso. Forte. Lui era un rinomato pigro, un donnaiolo molto intelligente ma edonista che non voleva certo mettersi a fare il militare a diciottanni. Quel lavoro invece, aveva fatto emergere il meglio di sé e il motivo per cui non aveva mollato tutto era stata Hermione Granger che l'aveva spronato a dare sempre il massimo andando oltre la sua apparenza superficiale. Ecco perché non l'aveva mai mandata a quel paese mentre distruggeva perennemente Draco sotto ai suoi occhi. Guardò l'amico mentre aspettava che finisse di parlare. Era visibilmente stremato. Occhiaie che la dicevano lunga su quanto era rimasto in ufficio nelle ultime settimane, la giacca abbandonata sulla sedia dello studio di Potter, il marchio oscuro in bella vista sulla camicia tirata su e i capelli in condizioni tremende. Riconobbe dal minuscolo codino che spuntava ridicolmente dietro la nuca che era al limite dello stress. Potter vicino a lui non era da meno. Vederli insieme a lavorare, dopo che si erano quasi ammazzati da ragazzini, era ormai la norma eppure era in quei rari momenti di pausa della monotonia che uno attento e percettivo come lui realizzasse, anche dopo tutti quegli anni, che quello era un miracolo. Un miracolo che fossero tutti vivi e un lavoro durato anni per far si che quello accadesse.

 

"No Potter, così non va. Non ne stiamo cavando un ragno dal buco."

Solitamente era Draco quello compassato che cercava di tenere in riga il suo capodipartimento, non il contrario. Blaise capì che c'era davvero qualcosa che non andava. Draco non era solo stanco dal lavoro. Anche Harry sembrava sorpreso, nonostante fosse uno straccio anche lui. "Draco, mi chiami Potter solo quando sei incazzato ma stavolta sono abbastanza certo di non aver fatto niente." lo disse con uno sguardo benevolo mentre aggiunse con un sorriso più velato dalla preoccupazione "Che succede?"

 Il sorriso di Harry, negli anni, era solo che migliorato. Forse la nascita del primo figlio, forse l'esperienza che l'aveva portato lì, ma Harry era semplicemente la figura di riferimento per tutti lì dentro. Meno ottuso che da ragazzino, più incline alle sfumature, ma sempre pronto a indossare il suo cuore grifondoro appuntato sul petto come una spilla. Coraggioso e benevolo, anche se era loro coetaneo era già a capo del dipartimento Auror. Con Draco, dopo quasi 8 anni, avevano formato questo impensabile duo che però funzionava, come del resto lui funzionava con Hermione e Ron con Theo. Harry l'aveva voluto a capo delle operazioni di strategia come suo braccio destro e nessuno si era opposto. Litigavano, ora meno che in passato, ma si fidavano l'uno del'altra. 

Né Blaise né Theo si sentivano defraudati da quel legame particolare, consci anche loro di aver allargato i loro orizzonti. Persino Ron Weasley era riuscito a perdonare Draco e superare le sue diffidenze verso i suoi ex compagni di scuola (e gran merito andava dato a Theo). Solo Hermione adamantina rimaneva sulla sua posizione e Blaise pensava che sotto sotto quello fosse il motivo della frustrazione del suo amico. Da che Draco era tornato da Las Vegas era totalmente stravolto e dopo qualche giorno l'aveva di nuovo visto occludersi in maniera violenta. Lo vide scuotere la testa mentre si lasciava andare drammaticamente sulla poltrona del capo auror, svaccato a gambe aperte mentre si copriva gli occhi con l'incavo del gomito. "Ah, lascia stare Harry. Sono nervoso."

L'altro sorrise guardando Blaise. "Ce ne siamo accorti. Blaise scusaci, dimmi pure." 

"No figurati, ecco il report che mi avevi chiesto" con uno scatto felino si avvicinò alla scrivania di Harry, decorata con foto di sua moglie e di suo figlio e poco altro se non mappe, documenti e un casino generico. Draco doveva stare proprio male per non aver rimesso in ordine tutto in maniera maniacale come suo solito fare, mentre urlava a Harry che non era la sua segretaria e che doveva mettere in ordine.

 

"Hai notato anche tu come la scrivania sia in disordine? Pare che la mia segretaria sia in sciopero"

Draco nemmeno si degnò di alzare la testa e mandarlo a quel paese come faceva di solito.

Andassero tutti a quel paese, Potter, Zabini e compagnia bella. Voleva essere lasciato in pace e invece tutti parevano preoccuparsi per lui, la scusa del caso Herbert non reggeva per chi lo conosceva davvero. Persino Ron si era degnato di chiedergli se andava tutto bene.

Ma niente andava bene dal giorno che Hermione l'aveva tagliato fuori così. Non aveva più nemmeno voluto indagare cosa fosse successo alla sua lettera. Era stato un idiota. Se invece di avere avuto due noccioline al posto delle gonadi sette anni prima, forse ora Hermione non lo odierebbe così tanto. Se si fosse scusato a voce, trovando il coraggio che gli mancava per affrontare ogni sua bega personale, forse non sarebbero arrivati a quel punto.

Si era immerso nel caso al cento per cento ma la data della missione con Hermione si avvicinava inesorabilmente.

La sua unica consolazione è che sarebbe stata una cosa breve. Poteva resistere.

 

 

Harry Potter aveva dei difetti: un hero complex da caso di studio, una capacità di fraintendere praticamente tutto - con gli anni era migliorato - e l'incredibile talento di non saper cogliere l'aria che tirava in una qualsiasi situazione. Ginny, la santa donna che amava da quando era un ragazzino, l'aveva un po' viziato in tal senso: non aveva mai preteso niente da lui e accettandolo per com'era, totalmente inabile con le relazioni interpersonali che non fossero quelle che aveva da sempre: Hermione, Ron, i Weasley. Era per questo che quando gli avevano affibbiato Draco Malfoy, facendolo quasi passare come un premio, si sentiva veramente un pesce fuor d'acqua. Malfoy era esattamente il suo opposto, il negativo della sua esistenza: prepotente, aggressivo, codardo sì, ma anche estremamente bravo con quella lingua d'argento a manipolare le situazioni a suo piacimento. Certo aveva l'empatia di una mandragola sotto spirito, ma riusciva a capire tutto e tutti e sapere come prenderli. Era un talento che Harry invidiava. All'inizio era stata dura. Del resto, lui stesso aveva testimoniato a favore dei Malfoy, ma solo perché sotto sotto sapeva che Draco aveva avuto le sue ragioni. L'aveva fatto per Narcissa, soprattutto. Senza di lei non sarebbe stato lì a raccontarlo e lui prendeva seriamente i suoi debiti. Ed era per quello che alla fine aveva accettato la proposta di prendersi Draco Malfoy come compagno recluta, invece che Ron. C' erano stati momenti difficili, fatti di silenzi, litigate, e passivo aggressività da parte di Malfoy che sapeva di dovergli tutto ma non voleva dargli la soddisfazione. Alla fine, avevano risolto. Certo, complice una missione mortale, l'ardore dei vent'anni, una serie di notte passate a chiedersi scusa e vomitare veleno avevano aiutato. E Draco Malfoy non era più il ragazzino viziato e razzista che aveva conosciuto. Era un uomo che aveva avuto le sue lotte interiori, molto lontano dall'essere perfetto, ma diventato quasi una brava persona. Era stata sua moglie a rendersene conto per prima. Lei, la stessa che era stata vittima di Malfoy a Hogwarts, aveva capito che qualcosa era cambiato. Nelle varie e reiterate ricadute nel loro complicato rapporto in quegli otto anni, gli aveva detto di non mollare.
Come sempre, Ginny la sapeva lunga. E ora lui e Draco erano a capo di un dipartimento che salvava vite e situazioni impossibili ogni giorno. Nominalmente era lui il capo ma Harry non sentiva quel peso da solo. Sapeva che senza le competenze di Draco sarebbe stato solo la metà performante di quello che era quando erano insieme. Stratega invidiabile, freddo dove lui era impulsivo, impassibile laddove lui era irruento, Draco aveva dimostrato di tenere veramente al suo lavoro di Auror. Voleva davvero salvare delle vite e riscattarsi dal suo passato.
Solo un persona non l'aveva mai voluto capire.

 

"Hermione, sei pronta per domani?"

La sua migliore amica, quanto di più vicino avesse a una sorella, lo saluto calorosamente. "Ciao Harry! Certo, certo pronta a sfoderare il mio francese in attesa del mio Capo Auror preferito."

Harry rise, mentre le porgeva il suo tè con latte e due zollette. Amava Hermione, era diventata una donna meravigliosa: coraggiosa, leale, forte. Aveva lavorato duramente su sé stessa e aveva perso tanto di quella sua tipica adolescenziale saccenza. Era ancora la persona più intelligente che conoscesse, ma era anche la più testarda. Sapeva che voleva fare del bene al mondo e incoraggiava chiunque a dare il meglio di sé.

C'era solo una persona che proprio non riusciva a sopportare.

"Tutto ok con Draco? non vi ho visti discutere i dettagli dell'operazione"

La maga si irrigidì, perplessa.

"Ma certo, sta arrivando proprio per gli ultimi dettagli."

Harry sembrava perplesso ma effettivamente vide Draco fare capolino nella porta, non particolarmente attento a dove andasse la testa negli appunti. "Allora Granger, sarò molto rapido: domani ci troviamo a- ah Harry ecco dov'eri finito"

Hermione guardò quasi con tenerezza quella scena. Sebbene i suoi risentimenti per Malofy fossero ben conosciuti, in realtà apprezzava il rapporto che si era instaurato negli anni tra quei due. Con Ginny spesso si divertiva a prenderli in giro dicendo che erano come una vecchia coppia sposata e Ginny era contenta di dire che almeno lei era la moglie più giovane e fresca. Effettivamente, il tono con cui aveva appena detto ad Harry della sua presenza lì indicava che c'era qualche problema in casa Drarry. Tecnicamente era il capo, ma Harry si ritrovò a stringere le spalle. "Sto lavorando, sto lavorando al caso te lo giuro Draco, tempo di risolvere con Jugson domani e poi torneremo full force a Norbert. volevo solo prendermi un caffè con Hermione ed assicurarmi che fosse tutto ok fra voi per domani."

"Ovviamente!" dissero i due all'unisono, sfigurandosi immediatamente agli occhi di Harry che con sguardò di chi la sapeva lunga preferì abbandonare il campo.

"Ok, ora che so che avete in programma un brief posso stare sicuramente più tranquillo." batté la spalla a Draco passando. "Non vedo l'ora di recuperarti domani vestito come l'incrocio fra un pappone e un cantante coreano." Il biondo alzò gli occhi al cielo esasperato. "Ginny, perché non ti fai mai gli affari tuoi?" chiese più all'aria che ad Harry, ormai svanito.

 

Hermione strinse i denti, pronta alla lotta ma Draco non sembrava essere sul piede di guerra; con molta professionalità le illustrò i spostamenti che avrebbero compiuto, ribadire le cose da dire, i punti di appostamento del gruppo di Harry e Blaise. Ron e Theo erano impiegati con altri colleghi su un altro caso, ma prevedevano che Jugson sarebbe stato un caso facile.

Lei si ritrovò a guardarlo, quasi imbambolata da quegli occhi occlusi dal mondo, da lei. Quella sera aveva ceduto. Del resto, lei sapeva la verità. Le era piaciuto eccome fare l'amore con Draco Malfoy. Con l'uomo che era diventato, non con il bullo del liceo. C'era sempre stata quella tensione sessuale fra loro ed ecco perché ne aveva sempre mantenuto le distanze. Hermione non aveva bisogno della passione e della tensione nata dai litigi, dell'attrazione di quegli occhi d'argento che avrebbe voluto domare e che aveva visto guardarla come fosse l'unica cosa esistente sulla faccia della Terra. No, lei voleva la sua vita calma e confortevole. Lei voleva quello che aveva Harry e Gin: passione, amore e soprattutto amicizia. Aveva visto Draco diventare amico o quantomeno conoscente di chiunque avesse avuto l'occasione di averlo come aguzzino da ragazzino. Razionalmente, sapeva che Draco Malfoy era una persona decente. L'aveva visto diventare amico di Harry. Scusarsi con Ron. Ridere spontaneamente con Theo e Blaise. Pianificare scherzi tremendi con Ginny. Prendere in braccio in maniera goffa e assolutamente inadeguata James Sirius. L'aveva visto giocare a Quidditch con Teddy e convincerlo che sarebbe stato un perfetto Serpeverde. Era come se lei fosse rimasta ferma in quel punto di Malfoy Manor mentre il mondo andava avanti. Il fatto che fossero comunque ben assortiti nel lavoro non rendeva le cose più facili.

La verità era che quella notte aveva accarezzato un frutto proibito che aveva morso senza sapere che le conseguenze sarebbero state maggiori del previsto. E lei, per quanto intelligente, non era mai stata una fan dell'aritmanzia.

 

Draco invece ad aritmanzia era sempre stato bravo eppure i suoi calcoli erano sballati come un boccino. Vedere Hermione e pensare che aveva avuto potuto avvicinarsi cosi tanto per poi ritrovarsi sbattuto così indietro, lo lasciava senza fiato. Per quello si occludeva come un pazzo da settimane, cercando di fare quello che gli riusciva meglio: evitare di pensare. Avrebbe voluto urlare come un folle a Hermione di dargli almeno una chance e parlare di tutti gli incubi che aveva di notte solo a ripensare a quella notte nel Manor e di come non aver ottenuto il suo perdono continuasse a tormentarlo. Ma non l'avrebbe fatto. Meritava quel dolore. Non tutti erano disposti al perdono come Harry o Weasley.

Voleva solo chiudere quella dannata missione e tornare alla loro vita di sempre, due completi estranei ai limiti di una vita in comune che condividevano, come due strisce sulle autostrade babbane che tanto aveva ammirato. Avrebbe scommesso che Hermione nemmeno sapeva che lui aveva preso la patente e che aveva trovato la cosa che preferiva di più di creazione babbana: le macchine costose e veloci. Lei avrebbe solo scosso le spalle e giudicato senza ripensamenti che era il solito figlio di papà. Il che fra l'altro, era vero. Ma al contrario di suo padre voleva godersi la sua fortuna e condividerla. Porse a Hermione il documento stando bene attento a non sfiorarla nemmeno con un dito.

Eppure lei, non altrettanto attenta, ci cascò in pieno. Bastò il solo contatto con quelle dita fredde per sentire la stessa scossa che aveva provato quando le aveva sfiorato il collo.

 

Si guardarono per un attimo infinito e lei era divisa fra dargli un cazzotto in faccia, una delle sue fantasie più ricorrenti quando lo vedeva in giro, o se saltargli addosso.

Invece sorrise come se fosse fatta di zucchero e indifferenza.

"A domani Malfoy."

"A domani... Hermione" e con un ultimo sguardo foderato di buone maniere uscì, con eleganza.

 

Draco era tranquillo, mentre con molta calma si avvicinava al luogo dell'incontro. Era arrivato prima, come da programma per una casuale perlustrazione e non aveva addosso nessun glamour, né travestimento, anche se il cappotto lungo nero col bavero alzato e il il cappello di lana servivano per mantenere un basso profilo. Era un angolo babbano industriale poco frequentato e lui doveva solo entrare nell'hotel, cambiarsi e aspettare Granger. Da lì si sarebbero spostati nel capannone dove sarebbe avvenuto lo scambio. Facile e indolore, ma aveva una brutta sensazione addosso. Sentiva di essere seguito, e questo non andava secondo i piani cosa che Draco non accettava. Tutto doveva andare secondo i suoi piani, sempre. Se la prepotenza nei confronti del prossimo poteva essersi smussata, di certo non lo era la mania del controllo né la ferocia con cui eseguiva le sue strategie. Aveva detto a Harry che quella sarebbe stata la sua ultima missione sotto copertura. Sul campo si, ma si era stufato dei ridicoli scenari in cui si ritrovava ogni volta. Voleva prendere Norbert e sbatterlo ad Azkaban per poi finalmente considerare quella parte della sua carriera chiusa per dedicarsi solo ed esclusivamente alla parte strategica. Aveva quasi trent'anni e se da ragazzino appena uscito da Hogwarts voleva solo vendetta e riscatto nei confronti del mondo ora voleva provare ad avere un momento di pace.

 

La sensazione però aumentava a ogni passo. Provò a dirottare la sua meta, dando intanto un colpo di bacchetta deciso con un patronus diretto ad Harry in un momento in cui si era ritrovato riparato da tutti i lati. Il suo minuscolo furetto bianco, già, bello scherzo del destino, schizzò via velocissimo mentre con apparente calma lui prendeva il viale più affollato. Ma appena prima di svoltare per immergersi nella folla si trovo davanti Jugson Jr.

"Ti credevi furbo Malfoy?" lo sguardo saccente di quello scarto di Mangiamorte faceva venire voglia a Draco di cruciarlo lì, senza neanche chiedergli perché. Era Harry l'auror buono, dopotutto.

"Ci conosciamo?"

"Ci conosciamo? Tsk! Sono stato un'idiota a farmi fregare dal travestimento e dal glamour, ma le mie fonti erano fidate." Draco alzò la bacchetta, quando vide una banda di scagnozzi circondarli.

"Sono uscito indenne da battaglie più numerose" sfidò con il naso appuntito all'insù, totalmente avulso al pericolo incombente.

Jugson rise, maleficamente. "Certo, so bene cosa Auror Malfoy ha fatto nella sua lunga carriera...persecutore di Mangiamorte...traditore del sangue." Draco scosse la testa, sempre più indifferente. "Storia vecchia Jugson" - inutile negare - "qualcosa che io non abbia già sentito, magari?"

Era veramente non particolarmente preoccupato. Era un Auror addestrato che aveva passato di peggio. Inoltre, si fidava di Harry.

"Certo, ce l'ho una storia nuova" Jugson si aggiustò i baffetti che teneva come suo padre, un memorandum della sua eredità. Non era riuscito a prendere il marchio per un soffio e non se lo sarebbe mai perdonato. "Per me, un Mangiamorte che avrebbe voluto il marchio sarebbe così...soddisfacente prendermi una bella rivincita." indicò il suo braccio. "Poterti strappare quel marchio dal braccio e indossarlo io, fieramente." Draco fu lievemente disturbato, ma non lo diede a vedere. Jugson non corrispondeva al profilo psicologico che ne aveva ricavato Blaise. In teoria Ravensberg era un uomo passato allo stile di vita americano ed era un'evanescente rimasuglio di un Mangiamorte minore.

"So cosa pensi Malfoy ma vedi...avevo promesso di metterci una pietra sopra e poi ho scoperto di essere stato ingannato non solo da te ma dalla sporca Sanguemarcio in persona."

A quel punto Draco sentì un brivido lungo la schiena. Tutto, ma non Hermione. Non poteva farla cadere in trappola. Non poteva stare a guardare. Di nuovo.

Incrociò le braccia, deliberatamente mostrandosi vulnerabile agli attacchi con la bacchetta in tasca e non in mano. "E allora dimmi, cosa vuoi? E veramente, Sanguemarcio? Ancora? Non pensavo che fossero ancora gli anni 90."

"Voglio prendere tu e la tua piccola sporca collega e farvi quello che avete fatto a tutti noi"

"Non c'è nessun noi Jugson Jr. Sei solo, ormai"

"Già, e lo sarai anche tu. Ora, vieni con le buone o aspettiamo l'arrivo della strega più sporca del suo tempo?"

"Pensi davvero che questi" e indicò con lo sguardo la manica di maghi che lo circondava. "possano rappresentare un problema per me?"

"Oh no. Certo che no, loro sono la tua scorta. Il problema è che so dove abita Hermione Granger. 16 di Kensington Street giusto?" Draco rise.

"Hermione è un Auror molto più feroce più di me. Ti farebbe mangiare la bacchetta."

"Ahhh hai ragione. L'indirizzo poi non è il suo in effetti…" Draco non aveva idea del suo indirizzo, non c'era mai stato, ma la voce stridula dalla soddisfazione lo riportò alla realtà "...è quello dei suoi genitori. Non li aveva ritrovati da poco Sarebbero felici di salutare degli amici della loro piccola strega?"

No. Non i genitori di Hermione.

Studiatamente sostenne lo sguardo porcino di Jugson, sformato da una smorfia maniacale.

"E dove vuoi andare caro Jugson Jr a festeggiare i bei vecchi tempi?"

Jugson si avvicinò facendo cenno ai suoi e lo prese sottobraccio come fossero vecchi amici.

"Vedrai Malfoy, un bel viaggio nel viale dei ricordi non potrà farti che bene"

Con un salto, trascinò Draco nella passaporta illegale che era il suo cilindro.

 

"Hermione!"

"Cosa succede?"
"Draco, è sparito."

"Cosa?"

Hermione era in procinto di uscire dalla camera dell'albergo babbano che era la loro base per quell'operazione quando Harry era piombato nella sua camera, sconvolto.

"Ho ricevuto il suo patronus. Qualcuno lo stava seguendo nell'area dell'incontro e lui stava lo depistando."

Hermione sentì immediatamente il cuore in gola. "Non è possibile"

Subito dopo entrò Theo, pallido come la luna dell'alba e mortalmente serio. Serio come mai l'aveva visto in 8 anni. "La copertura è saltata. Hanno trovato una cosa sul luogo dell'incontro."

"Una cosa...cosa?" la frustrazione di Harry era palpabile.

Theo sbiancò ulteriormente. "Una lettera di riscatto. E una ciocca di capelli biondo platino."

Hermione ed Harry si portarono simultaneamente la mano alla bocca.

 

 

Le ultime ventiquattro ore Hermione non aveva dormito. I capelli ormai totalmente impazziti, un cespuglio di ricci crespi sfuggiti allo chignon e un colorito vicino al verdognolo continuava come una pazza a dare un senso a tutto quello che era successo, senza trovarlo.

Si guardò intorno mentre una tazza di caffè puntò davanti ai suoi occhi, ormai non contava più quanto ne aveva bevuto.

Ron le porgeva la tazza col suo sorriso migliore, nonostante la situazione. "Guarda che non state dando credito a Malfoy. C'è sicuramente un motivo per cui è sparito così dandola vinta a quel rimasuglio di Mangiamorte." lei scosse la testa, riguardando per l'ennesima volta la lettera sul tavolo.

L'avevano incantata, sviscerata, analizzata. Non c'era una traccia, niente.

Solo le laconiche parole:

"Avete settantadue ore per garantirmi la libertà e rivedere il resto di Malfoy vivo."

Nessuno si spiegava come potesse essere possibile che Draco si era fatto sopraffare da uno come Jugson. Non c'erano segni di colluttazione in tutta l'area perlustrata, ma Blaise aveva trovato una traccia sicura. Draco era stato rapito qualche chilometro più fuori del perimetro dell'incontro, probabilmente con una passaporta illegale. Avevano trovato il suo anello a terra.

"Draco non si separerebbe dallo stemma dei Malfoy nemmeno in una bara" aveva provato a scherzare Blaise ma Theo l'aveva quasi preso a pugni. "Non dire stronzate Blaise!" "Theo che cazzo fai!?"

"Non abbiamo tempo per queste cazzate." la voce mortalmente serie di Harry aveva riportato tutti alla realtà e da quel momento erano trascorse ventiquattro ore di veglia frenetica.

Hermione prese in mano la ciocca di capelli bianchi di Draco, gli stessi che aveva accarezzato solo un mese prima e quasi aveva voglia di urlare.

Affogò la faccia sfinita nella tazza che le aveva porto Ron. "Non pensavo che finalmente il nostro furetto domestico avesse fatto breccia nel tuo cuore 'Mione? Dovevamo rapirlo per fartelo stare simpatico? Accidenti io e Theo l'avremmo fatto molto prima!"

Fulminò Ron con lo sguardo. "Ron, so che è il tuo modo di affrontare la situazione ma non è il momento ok? Malfoy è una spina nel mio fianco ma non voglio certo che venga rapito" Soprattutto non in una missione dove dovevo esserci anche io. Si sentiva responsabile anche se non ne aveva motivo. Lei era esattamente dove doveva essere secondo il piano. E anche lui.

Conosceva Draco e sapeva quanto fosse maniacale nei dettagli, non c'era modo che fosse stato distratto da altro.

Sentì la carezza sulla schiena, affettuosa e si distese un attimo. "Lo so Hermione, scusami. E' che trovo assurda questa storia." si lasciò coccolare da Ron, godendo del suo confortevole calore. Un momento di pace. "Lo so. E il tempo stringe."

Il momento di pace durò poco dal momento che un frullio di ali violento irruppe nella loro sala centrale dove il fulcro delle operazioni stava avvenendo. Un gufo piccolo e rapidissimo piombò al centro della stanza dalla grande finestra aperta sulla stanza antica del ministero e prima che chiunque riuscisse a fermare la bestiola rapidissima quella era già fuggita via non prima di depositare una strillettera.

Dopo l'inziale scompiglio un silenzio glaciale piombò nella piccola folla, gli occhi puntati su quella strillettera nera. Harry non perse tempo e con un rapido tocco della bacchetta l aprì senza indugi.

 

Urla. Urla di dolore atavico e senza dubbio provenienti da Draco Malfoy.

 

Lo sguardo terrorizzato di Hermione incontrò quello di Theo e di Blaise ma prima di formulare un pensiero coerente le urla continuarono, non un parola, non una supplica. Solo urla.

 

Un lunghissimo minuto di urla di dolore.


 

Un silenzio di tomba regnava alla fine di quelle urla disumane, che la voce quasi zuccherosa di Jugson era una nota stonata.

 

"Allora Potter, visto che bella riunione fra Mangiamorte? Io e Draco ci stiamo divertendo tantissimo, ma vi assicuro che non ve lo ridarò troppo stanco! Preparate tutto per bene eh, vi farò sapere presto dove incontrarci!"

Con uno scoppio, la strillettera si disintegrò prima che qualcuno potesse analizzarla.

Harry toccò i resti bollenti, incurante della temperatura.

"Tu non hai idea contro chi ti sei messo Jugson." mormorò quasi a sè stesso.

Guardò i suoi compagni, uno a uno nel momento di attonito stupore che li aveva colti.

Ron aveva finalmente capito che sì, Draco era veramente stato rapito. Theo si teneva la fronte con le lacrime agli occhi. Blaise imperscrutabile come sempre stava sanguinando dal pungo chiuso. Hermione aveva negli occhi l'orrore delle urla di Draco che ora nella sua mente sarebbero state per sempre sovrapposte alle sue. Ma Harry scorse anche quell'istinto fra il protettivo e lo scellerato che aveva salvato la vita a Harry per anni durante la guerra.

Con un colpo di bacchetta sospese i resti della strillettera ricomponendoli.

"Non abbiamo tempo da perdere" sentenziò con la morte nel cuore.

Non chiusero occhio per ore, un silenzio teso, critico, ma urla di Draco risuonavano fra tutti loro. Non avevano una pista, non riuscivano a capire dove andare.

"Ragazzi. E' ora di andare a casa."

Kingsley entrò nella stanza, pacato. Si avvicinò a Harry mettendogli una mano sulla spalla.

"Lo so che lo volete trovare ma non è così che potete andare avanti."

Si girò verso tutti. "Sapete che Draco vi direbbe così no?"

Annuirono, attoniti.

"Cerchiamo di recuperare le forze, il tempo di riposare un paio d'ore e ci riuniamo qui ok? Mangiate qualcosa. Vi servono energie." Harry cercava di dissimulare il fatto che le sue di budella erano attorcigliate e non avrebbe mangiato forse per settimane, disgustato.

Annuirono tutti, più per l'ordine dato che per altro, e si dispersero ognuno assordato dalle urla.

 

Hermione era tornata a casa sua, il tempo di una doccia e un cambio pulito. Lo scurgify non era più sufficiente, il sudore generato dalla sua ansia incontrollabile doveva levarlo con acqua corrente che avrebbe portato via anche le sue lacrime. Aveva solo le urla di Draco nelle orecchie. Cosa diavolo gli stavano facendo? Era vero? O era finto?

 Per un solo attimo, aveva sospettato che Draco avesse finalmente dato vita al suo terrore peggiore e avesse assestato il suo miglior colpo di stato tradendo tutto e tutti e mostrando finalmente il suo lato Mangiamorte. Aveva sperato di sentire "Ciao Potter, sorpreso? Ora dacci una bella lettera di grazia e facci tornare a far scorrere sangue di Sanguemarcio in pace!"

Ma non era così, ovviamente.

Non lo era perché Draco Malfoy era un Auror.

Ci aveva sperato, perché così quelle urla non sarebbero rimaste con lei per sempre.

Ma anche sotto la doccia non riusciva a smettere di sentire quel dolore. Si guardò la cicatrice sul braccio ormai sbiadita. Per anni l'aveva vista rossa e incazzata sulla sua pelle, il dolore come fosse stata incisa ieri. Era stato grazie a Severus Snape e al suo particolare modo di mostrare gratitudine che aveva avuto pace. La pozione aveva bruciato tantissimo ma poi la cicatrice era diventata solo...una cicatrice. Anche Draco stava patendo quello che aveva patito lei?

Quello che a volte aveva sperato nei suoi pensieri si stava avverando. Draco avrebbe provato quello aveva provato lei. Eppure non provava soddisfazione, anzi si faceva schifo anche solo per averlo pensato e continuava a passarsi la spugna ruvida sulla pelle quasi a voler togliere il ricordo di aver solo per alcuni momenti pensato a una cosa del genere.

Non odiava Draco.

Tutt'altro. Draco la attraeva come una luce attraeva una falena e lei non voleva essere bruciata.

Era stato più facile odiarlo per tutta l'adolescenza per poi imparare a mantenere le distanze nel momento in cui aveva capito che non le era indifferente, nel bene e nel male. Il bene era quello che l'aveva sempre spaventata, vedere e accettare che Draco Malfoy poteva essere cambiato in meglio e rischiare di poter provare qualcosa per lui.

Quando uscì dalla doccia puzzava nuovamente di sudore, l'ansia non era passata neanche per un attimo. Con uno sguardo laconico si guardò intorno nella sua bella casa da single e prese svogliatamente la posta. Una lettera dei suoi genitori la stupì piacevolmente in quel momento difficile. Era grata per aver riavuto i suoi genitori indietro e in quel momento avrebbe solo voluto correre da sua madre come una ragazzina sebbene fosse un'adulta addestrata ad uccidere in caso di necessità estrema.

 

"Ciao tesoro,

 

eri nei paraggi di casa l'altro giorno? Ci sono passati a trovare dei tuoi colleghi ma non sembravano uno di quei giovanotti con cui ti vediamo spesso. Sono stati il tempo di un tè ma papà dice che erano un po' sospetti e di avvertirti subito, ho provato a chiamarti ma il cellulare come sempre è spento!

Speriamo che questo gufo sia rapido!

Baci,

 

Mamy"

 

Hermione strinse la lettera la petto che quasi non riusciva più a respirare dal panico.

I suoi genitori.

No, non di nuovo i suoi genitori.

 

Di colpo, capì come avevano fatto a prendere Draco.

 

"Hermione, Hermione non è colpa tua!" Ginny continuava ad abbracciarla, in camicia da notte, mentre Harry finiva di prepararsi. Era passato a casa solo per un cambio e per un bacio a sua moglie e suo figlio, ma non era durato molto. Hermione in stato di shock era piombata nella floo, consegnando la lettera fra le mani ancora bagnate di Harry, mentre Ginny correva a prendere qualcosa di forte con cui far riprendere la sua amica.

"Certo che è colpa mia! Immagina la scena: Jugson confronta Draco, ricattandolo ma con cosa? L'avrebbe potuto ridurre a un pizzico in un attimo. E chi è l'anello debole? Io, sempre io."

Ginny sospirò fra le lacrime. Si era affezionata a Draco Malfoy dopo una partita di Quidditch a casa Weasley in cui gli aveva spaccato lo sterno e lui, invece di insultarla le aveva detto che sperava proprio che le Holiday Harpies la prendessero in squadra; dopo che sua madre gli aveva fatto ricrescere le ossa. Col tempo, Ginny e quello che lei chiamava il suo furetto domestico avevano avuto modo di chiarirsi. Draco Malfoy non poteva entrare nelle loro vite e poi farsi rapire come un magonò qualunque. L'avrebbe ucciso quando l'avrebbe rivisto.

"Dobbiamo allertare tutti, ma soprattutto manderò subito Ron e Theo dai tuoi. Theo al momento è fuori di testa per Draco ed è inutile, mentre Ron è quello più affidabile per proteggerli."

Hermione annuì cercando di ricomporsi. Era un Auror dannazione non una donzella in pericolo! Ma il pensiero di aver rischiato anche solo per un attimo l'incolumità dei suoi la devastava oltre che il peso della colpa che provava nei confronti di Draco era ormai un macigno enorme.

 

"Ha perfettamente senso. Non c'erano segni di duello magico in giro, né colluttazione. Draco lo ha seguito di sua sponte, probabilmente gli avrà detto di avere dei suoi uomini dai Granger, non avrebbe mai permesso che gli facessero del male." Blaise rilesse la lettera della madre di Hermione mentre passeggiava nervoso nella sala centrale. "Potrebbero essere ovunque"

"Perché?" la domanda di Hermione dopo un minuto di silenzio sorprese Harry e Blaise, piegati sul tavolo. "Perché dovrebbe averlo fatto?"

Harry perse la pazienza. "Perché è un Auror? Perché sa bene quanto i tuoi siano indifesi? Hermione, non puoi davvero pensare che Draco sia il piccolo mostro viziato di dieci anni fa. Capisco non sopportarlo ma...non credergli?" il suo sguardo adirato e macchiato di rosso dei capillari scoppiati dal sonno e dallo stress la fece sentire un verme.

Blaise la guardava deluso come se gli avesse sputato in faccia. "Vado a vedere se nell'archivio trovo altro sulle proprietà dei Jugson. Deve essere da qualche parte il bastardo." ma parlò guardando solo Harry, come se Hermione fosse un'estranea.

"Harry sono stata io a suggerire cosa è successo, certo che gli credo. Mi chiedo solo perché. Sappiamo tutti che Malfoy non è la mia persona preferita."

"Ma i tuoi genitori sarebbero comunque delle vittime collaterali. E Draco è un vanesio prepotente che ha la stessa puzza sotto quel naso appuntito di quando avevamo quindici anni ma non è più un codardo, né un bastardo. " Hermione ripensò per un attimo a quei baci scambiati, a quegli occhi quasi velati di lacrime di quell'unica notte sovrapposti alle urla che rimbombavano nel suo cervello da ore.

"Lo so Harry. Troviamolo, ti prego."


 

Theo aveva mollato Ron con i genitori di Hermione dopo un'ora e un buon tè. Non gliene fregava un cazzo di cosa diceva Harry Capo Auror Potter, Draco Malfoy era la sua famiglia e lui non sarebbe rimasto lì un secondo di più. Aveva provato svignarsela ma Ron l'aveva aspettato appoggiato all'uscio. Theo si stava già preparando a caricarlo ma il roscio lo guardò con quello che sapeva essere il suo sguardo di supporto.

"Vai."

"Cosa?"

"Fosse Harry pensi che starei qui a fare la guardia?"

Theo sbatté la mano sulla spalla del suo vecchio compagno di squadra, sorridendo grato. "Theo" la stretta di Ron sul suo braccio lo bloccò per un attimo. "So che hai in mente qualcosa. Se lo trovi avvertimi immediatamente, ok?"

"Certo. Dovete venire a salvarci in culo"

E così aveva fatto. Tutti si ricordavano di Malfoy il Mangiamorte, così pochi ricordavano che Theo Nott era figlio di uno dei più bastardi della corte di Voldemort. Non aveva preso il marchio, per un pelo. Draco era il prescelto e lui aveva evitato il peggio solo per quello. Ma lui conosceva bene tutte le famiglie dei Mangiamorte, anche quelle minori. Nemmeno Blaise era così esperto perché sua madre l'aveva protetto da tutto mentre lui una madre non ce l'aveva più. Ma aveva avuto Narcissa Malfoy, che sconvolta dal dolore le aveva dato la lista che teneva in mano.

"Theo, riportalo a casa ..." non aveva mai visto Narcissa piangere. Nemmeno nei momenti peggiori della guerra.

Era successo tutto così in fretta che avevano solo scritto a Narcissa non pensando immediatamente di contattarla per le indagini, ma Theo sapeva che la donna era la memoria storica della setta che per anni aveva terrorizzato l'Inghilterra magica.

Theo aveva scorso quella lista di nascondigli scritta in maniera rapida ma dalla calligrafia perfetta che solo una nobildonna poteva avere. Un nome fra tutti gli aveva detto qualcosa, confermato anche grazie all'intuizione di Narcissa.

"Harbour Cove è un paesino nel Cotswold dove Jugson e Dolohov avevano un sotterraneo dedito.. Alle torture dei babbani." la donna aveva distolto lo sguardo schifata.

"Narcissa, avverti Harry. Io vado."

 

Il nascondiglio c'era ed era anche ben protetto da un nutrito gruppo di scagnozzi. Theo non era un grande negli scontri di gruppo, lui preferiva i duelli e dare fuoco con la sua bacchetta alle cose, ma sapeva che ogni mossa avrebbe potuto compromettere la vita di Draco.

Erano passate 36 ore. Contando i tempi di un mago, Jugson avrebbe aspettato fino all'ultimo per avvertire gli Auror di una località per lo scambio affinché non potessero trovarlo prima. Draco doveva essere per forza in grado di essere cosciente per un eventuale passaporta quindi non poteva essere ridotto troppo male, no?

Aveva lasciato a Narcissa il compito di avvisare Harry mentre lui mandò il suo patronus a Ron per sicurezza. Accarezzò con gentilezza la sua poiana d'argento prima di vederla librarsi in aria, il suo momento felice il ricordo delle estati spensierate a Malfoy Manor prima della guerra.

 

Blaise aveva trovato qualcosa. Avrebbe avuto volere una conferma da Theo ma Harry aveva deciso intanto di non perdere tempo e tirare su una squadra di recupero mentre avvisava Ron della loro mossa ma senza richiedere intervento. Sperava solo che il patronus arrivasse senza problemi, mentre si affacciarono al cottage sperduto in una spiaggia della Cornovaglia. Erano apparati in un punto vicino ma avevano dovuto volare sulle scope fino a una distanza di sicurezza e proseguire a piedi. Cercavano di fare il più veloce possibile, senza quasi parlare. Solo mentre Hermione si aggrappava a Blaise, l'unico di cui si fidasse per montare su una scopa, sussurrò quasi in lacrime "B...sono davvero in ansia per Draco. Sono sconvolta che lui stia rischiando la vita per i miei genitori, tutto qui." Lui non si girò e per un attimo sembrò finire lì. "Lo farebbe per chiunque, è un auror. Ma a maggior ragione perché sei tu Hermione." la voce era quasi tagliata dal vento ma la maga lo sentì chiaramente. Con una lacrima solitaria si strinse di più al suo collega cercando di non pensare al peggio.

 

I tre colleghi avevano circondato il perimetro mentre Harry Blaise ed Hermione cercavano di capire se ci fosse qualcuno. Gli incantesimi di riconoscimento non davano nessun segno di vita ma di contro esistevano incantesimi oscuri per azzerare i valori vitali a quel tipo di incantesimo. Non era facile essere maghi, non c'era un reale beneficio l'equilibrio fra le forze era esattamente come quello babbano. Coltelli contro pistole o incantesimi contro maledizioni, era uguale. Era tutto estremamente difficile e Harry quasi non vedeva niente, il sudore gli aveva appiccicato i capelli alla fronte mentre Blaise teso come una corda di violino indicava la strada libera.

Il cottage era vuoto. Immobile, forse mai toccato per anni.

Ma Hermione sentiva qualcosa di strano, una distorsione magica recente. Con un incantesimo rilevò la traccia di magia che aveva sospettato.

"Harry, qualcuno ci aspettava."

"Però non c'è nessuno."

"Potrebbero averlo saputo?" Blaise stava perlustrando l'area del minuscolo cottage abbandonato, una cucina con salotto, un bagnetto e una stanza.

Tutto deserto.

Di colpo, dal tavolo del soggiorno, un pesante tavolo massiccio impolverato un urlo lacerante.

Urla di Draco.
Per un momento sperarono dii averlo trovato  ma poi, la delusione.

Ci misero un attimo a realizzare.

Era una strillettera.

Un'altra.

Anche stavolta nemmeno un parola, non un no. Solo un urla di dolore estreme, ma erano differenti dalle prime. Le ricordavano tutti bene.

"Certo che è proprio vero che i Serpeverde sono orgogliosi. Il mio buon Malfoy non mi ha mai nemmeno implorato di fermarmi. Che peccato, non da soddisfazione così." le parole di Jugson erano agghiaccianti ma non aveva finito. "Avete provato a cercare una pista eh. Eppure non ci siete riusciti. Ora, dato che proprio volete le prove che il nostro caro amico sia vivo e vegeto, vi ho lasciato un regalino. Magari la Sanguesporco ci si può fare un pendente. Aspettatevi mie notizie e non fate scherzi o la prossima volta non sarò così clemente."

La strillettera, prima di disintegrarsi si rovesciò in aria e per un attimo i tre non capirono.

Dopo un secondo videro qualcosa di bianco rotolare sul vecchio tavolo che ospitava un centrino bianco. Che ora era rosso. Lentamente, quella cosa rotolò fino al bordo, dove Hermione era la più vicina. D'istinto, per evitare di perdere una potenziale prova lo bloccò con la bacchetta. "Arresto Momentum!" e si avvicinò l'oggetto per scrutarlo meglio.

Ma non era un oggetto.

L'espressione di Hermione era pietrificata mentre una singola lacrima le sgorgava dallo shock.

Solo il suo addestramento da Auror le aveva impedito di urlare e scagliare via la bacchetta.

Harry e Blaise si erano avvicinati mentre Hermione cercava di parlare.

Il globo bianco, incantato evidentemente per mantenerne la configurazione, era un occhio.

Il bulbo oculare, enucleato dal suo proprietario, faceva ribrezzo, ma non avevano dubbi.

Quello era l'occhio argenteo di Draco Malfoy.

 

"Magari la Sanguesporco ci si può fare un pendente. " quello aveva urlato Jugson, nella sua comunicazione. Peccato che lui non conoscesse Hermione Granger. Aveva sentito quell'insulto cosi tante volte che ormai non la toccava.

E tecnicamente, ci si era veramente fatta un pendente. Blaise aveva vomitato, senza remore. Harry ed Hermione erano meno delicati di stomaco, ma di certo non capitava tutti i giorni di realizzare che qualcuno di importante nella tua vita stava essendo torturato con violenza indicibile. Hermione voleva piangere, urlare e anche maledire Jugson, non esattamente in quell'ordine. Avrebbe pianto. Avrebbe spaccato cose e avrebbe sicuramente mandato un avada kevadra a Jugson, sempre che Harry o qualcun altro non fosse arrivato prima.

Sarebbe andata in terapia, perché non capitava certo tutti i giorni di prendere l'occhio di qualcuno che ti aveva guardato con lussuria un mese prima in mano. Ma Hermione si era fatta forza e aveva avvolto l'occhio incantato in un piccolo globo di vetro, trasmutato da un vaso li accanto e protetto da una gabbia di ferro.
Aveva appeso la catena al collo fra gli occhi increduli di Harry e Blaise.

"Glielo dovremo rimettere no?" disse cercando di mantenere la calma. Non era una battuta, era seria. "Fosse stato un dito babbano l'avremmo preso e messo nel ghiaccio, giusto Harry?"
"Si, si certo hai ragione ma..."
"Si mi fa abbastanza schifo. Lo vuoi tu?"

"No grazie sto per vomitare peggio di Blaise." Harry indietreggiò per un attimo. Ne aveva viste di cose schifose in otto anni, ma nessuno era qualcuno a cui teneva, dannazione.

Non voleva e non poteva concedersi il lusso di immaginare cosa stesse passando Draco. Dovevano trovarlo.

La spedizione non era durata a lungo, anche se il tempo sembrava infinito, e mentre stavano uscendo da quel cottage maledetto, il pendente di Hermione ben nascosto sotto il cappotto da Auror, uno degli altri al perimetro lo raggiunse.

"Auror Potter, abbiamo una comunicazione da Narcissa Malfoy!" Harry prese la lettera, come se en andasse della sua stessa vita.

 

"Harry,

 

Theo sa. So che avrebbe avvertito anche Ron.

Non voglio rischiare che questa lettera passi per mani inaffidabili, per cui riunitevi con Ron e saprete dove andare.

 

Harry ti prego.

Riportalo a casa.

 

N."

 

Harry non ebbe tempo di arrabbiarsi con Theo anche perché poco dopo riconobbe il Jack Russell di Ron venirgli incontro.

Si avvicinò al piccolo spirito che sussurrò solamente: "Harbour Cove, Cotswold"

Non avevano tempo da perdere.

 

 

Ron raggiunse Theo al punto che gli aveva indicato. Si sedette vicino a lui appiattendosi al muro come il suo compagno.

La cosa che gli piaceva di Theo Nott è che era considerato da tutti un casinista incurante delle regole e pronto ad attaccare briga molto facilmente. Come lui.

In realtà, Theo e Ron erano diversi a un occhio superficiale esattamente come Draco e Harry. Theo era slanciato dove Ron era più piazzato e tarchiato, l'uno bruno come la pece con i riccioli e gli occhi neri, l'altro coi capelli capaci di essere visti a sei chilometri di distanza. Per questo Ron portava sempre il berretto dell'uniforme, un semplice basco nero con lo stemma cucito internamente, come gli avevano consigliato all'inizio dell'addestramento. "Certo, potete anche cambiarvi i connotati, ma dovete riuscire a mimetizzarvi con o senza bacchetta." aveva detto il capo addestramento guardando i suoi capelli fiammanti.

Theo aveva preso il berretto con nonchalance. "Sarà utile pure per tutti questi? Chissà..." e si era infilato il basco risultando ridicolo come poche cose al mondo. Ron aveva riso, suo malgrado. non voleva ridere col nemico ma con Theo era impossibile rimanere serio. L'aveva conquistato così, una battuta alla volta. Era stato abituato tutta la vita a essere il "comico" del trio, quello "impulsivo" e testa calda. Beh, con Nott aveva trovato pane per i suoi denti. Funzionavano perché entrambi capivano bene il loro istinto con cui avevano imparato a fare i conti dopo otto anni. E Ron non sapeva come dirgli che Draco aveva perso un occhio. Harry gli aveva rimandato il Patronus dicendo che sarebbero arrivati subito e "preparare Theo".

perché era quello che probabilmente stava soffrendo più di tutti.

L'aveva visto intervenire ridendo in situazioni pericolose, contro vampiri, maghi psicopatici, rapitori e piante velenose alte due metri rimanendo serio solo i momenti necessari per capire che Theo Nott era veramente un bravo Auror.

Quel giorno però era distrutto. "Come l'hai trovato?"

"Una volta figlio di Mangiamorte, sempre figlio di Mangiamorte. Ci ho pensato mentre eravamo dai Granger ma non avevo il tempo di mettermi a combattere con Harry." Ron annuì. Avrebbe fatto lo stesso, non poteva proprio biasimarlo.

Harry l'aveva messo in una posizione scomoda. Non era lui quello dei grandi discorsi. Non era paterno come Harry né manipolatore come Draco né tantomeno schietto come Hermione.

"Theo."
"Lo so."
"Cosa?" Theo si mise una mano in faccia, passandola poi sui ricci ribelli.

"Ho fatto un incantesimo di analisi. Ho castato un revelio a basso raggio per capire che tipo di incantesimi sono su. Silencio, classico no? Ho fatto il grave errore di intrufolarmi."

Theo lo guardò e Ron quasi ebbe paura. Era pallido con una sfumatura verde. "Ron, io non so cosa è rimasto di Draco." Il mago si portò le mani alla bocca.

"Ho sentito urla disumane. Non ho...idea di chi...cosa.. troveremo. Ma dobbiamo intervenire. Subito."

Ron passò un braccio intorno alle spalle di quello che ormai considerava un amico. "Dobbiamo resistere un altro po' Theo. Lo porteremo in salvo."

 

 

Hermione teneva la mano sul globo incantato al collo come fosse la cosa più preziosa del mondo.

Avrebbe riportato a casa Draco Malfoy e l'avrebbe fatto rimettere in sesto, ne andasse della sua stessa vita.

L'ansia di perderlo le aveva fatto capire troppo tardi quello che aveva sempre voluto negare. Lei lo voleva nella sua vita, il prezzo di averlo realizzato fin troppo alto.

Si chiese se lui l'avrebbe mai perdonata. Era colpa sua del resto no? I suoi genitori come merce di scambio per la sua vita era molto più di andare in paro con il suo debito del Manor.

Ma a Hermione questo non interessava, voleva che tornasse a casa da sua madre, dai suoi amici, da...lei. Anche se lontana, anche se non l'avesse mai perdonata. Lo voleva vivo e preferibilmente … felice.

Al momento però non poteva più distogliere la concentrazione sul piano. Era così difficile , per tutti loro, riuscire a rimanere concentrati. Erano tutti troppo coinvolti, da Harry a Ron ma erano anche i più forti del dipartimento. Gli altri potevano acciuffare gli scagnozzi minori ma Jugson aveva due tre maghi dalla sua da non sottovalutare.

Erano arrivati in silenzio, riuniti appiattiti contro quel muro, i migliori incantesimi di mimetizzazione castati da Blaise, il più portato alle operazioni di stealth.

Non c'era tempo per parlare, per fare domande solo per agire.

"Blaise, l'unico che può andare dentro sei tu. Dovrai trasformarti, ovviamente, mentre Hermione eliminerà tutti gli incantesimi di rilevazione che potrebbero comprometterti. Ron, tu ed io apriremo la pista. Theo." lo guardò intensamente. "Non perdere la testa. Dove pensi che sia?"

"E' sicuramente nel sotterraneo, ho passato ore a ripercorrere la planimetria."

Purtroppo sentendo anche le urla di Draco.

Blaise prese la forma del corvo, l'unico animagus utile fra loro in quel momento mentre Hermione lanciava una serie di incantesimi protettivi per Blaise e disinnescava quelli messi da Jugson. Ron controllava il perimetro silenziando e confondendo il loro piccolo raggio d'azione. Harry e Theo aspettarono di vedere Blaise introdursi nel comignolo, i maghi intorno al nascondiglio ignari grazie agli incantesimi di Hermione. Ron si mise in posizione con Harry mentre Hermione e Theo si misero dietro.

Blaise tornò immediatamente, mettendosi sulla spalla di Hermione.

"Quattro maghi dentro che giocano a carte, sbronzi. Dovrei farcela senza problemi. Sistemate quelli fuori e raggiungetemi."

 

Hermione ringraziò ancora una volta Snape per averle insegnato la legilimensis.

Blaise tornò dentro e loro avanzarono.

Hermione castava Redirectio a tutto spiano mentre Theo cominciò a cecchinare i maghi con i suoi coltelli magici. Caddero uno dopo l'altro, in silenzio. Il mago era fuori dalla grazia di Merlino e non avrebbe preso ostaggi. In otto anni, non sarebbe stata la prima volta.

Harry e Ron spalancarono la porta, dopo aver castato Silencio, giusto il tempo di vedere Blaise finire l'ultimo dei quattro al tavolo. Hermione confermò che nessuna barriera di allarme era scattata.

Harry indicò la botola, prima di scandagliarla: la trappola era innescata ma Hermione non ebbe problemi a disfare l'incantesimo mentre Harry e Ron piombarono giù. C'erano altri due maghi di guardia, che Ron mise fuori combattimento con due Crucio ben assestati. Blaise tornò nella sua forma di corvo, cercando di capire dove fossero Jugson e Draco. Il corridoio era lungo e angusto, buio perlopiù ma si sentiva chiaramente una voce.

"Grazie Malfoy, questo è stato il più bel regalo che tu potessi farmi. Kristin, non farlo dissanguare, o non potrò dare questo scarto come esca per Potter e i suoi amici."

A tutti mancò un battito mentre sentirono chiaramente il rumore di un incantesimo ma di urla, nessuna traccia. Forse era stato addormentato?

Blaise tornò da Hermione "Solo Jugson e un'altra maga, ma non vedo Draco dalla fessura."

Fece cenno ad Harry di continuare mimando il numero due, mentre in silenzio si avvicinavano alla porta.

Harry aspettò solo qualche secondo prima di sentire il flebile lamento di Draco e non perdere altro tempo.

Hermione aveva disinnescato la porta ma Harry la calciò prendendo il mago di sorpresa.

"EXPELLIARMUS!" castò diretto a Jugson mentre Theo disarmava quella che sembrava una medimaga.

"Ma guarda chi c'è...Potter! Mi avete trovato alla fine eh? Ma che bravi!"

Il pazzo si teneva il braccio dove la bacchetta era stata disarmata ed Hermione notò un particolare terribile. Il marchio era così bianco a confronto con la pelle olivastra del resto del braccio.

"Jugson, tu non hai mai preso il marchio."

 

L'uomo rise come un pazzo, mentre Blaise e Theo tenevano sotto scacco la donna che piangeva disperata eppure non sembrava una vittima. "Mi-mi ha fatto fare cose..."

Il mago continuava a ridere mentre Harry e Ron lo tenevano sotto mira, Hermione con lo sguardo cercava Draco ma si resero tutti conto di essere dentro un anticamera di una cella.

"Come non vi piace il mio nuovo gioiellino?" L'uomo mostrò il braccio con il marchio, una linea rossa quasi invisibile sui contorni di quel pezzo di pelle molto più chiaro.

Hermione notò la quantità di sangue che portava verso la cella interna.

"Cosa diavolo hai fatto?" urlò prima di fiondarsi nella cella.

 

"Jugson sei totalmente pazzo!"

"Non sono pazzo, diglielo Kristin! Ti piaceva l'idea...no?"

La donna scosse la testa. "Quest'uomo è fuori di testa..io non credevo...aveva detto solo che voleva aiuto per un lavoro…"

Theo era tentato di azzittirla per sempre ma Blaise lo sorvegliava a vista.

"Perché? Perché lo difendete? E' uno sporco traditore!!" ormai Jugson aveva capito di avere perso e cominciò a fare l'unica cosa che poteva cercare di salvarlo.

"Avada Ked-" "Expelliarmus!"

La bacchetta di Jugson saltò e si ritrovò Harry alla gola, che gli diede un cazzotto in faccia prima di puntargli la bacchetta sempre sostenuto da Ron. "Lo sai chi ci ho ammazzato con l'Expelliarmus?"

Jugson rideva, come un pazzo. "Ammazzami, dai"

"Vorrei, vorrei Jugson ma non lo farò. Prima ti porterò davanti alla Wizengamot e poi ci assicureremo che tu venga torturato ad Azkaban almeno quanto hai torturato Draco."

"Sarà difficile!"

"Crucio!" l'incantesimo era partito da Theo. "E ringrazia Merlino che ti ho ammazzato."

Ron lo incantò con Stupeficium, rendendolo catatonico, mentre mandava un segnale ai rinforzi.

Tutto era successo in pochissimi attimi e Harry raggiunse Hermione alcuni istanti dopo nella cella in cui era probabilmente Draco.

 

 

"Draco!" urlò la maga disperata, mentre entrava. "Lumos!"

Si pentì quasi di aver fatto luce. La scena era raccapricciante. Draco era legato al muro appeso per un braccio, l'unico che gli...rimaneva. Dal polso a poco sopra l'incavo del gomito compariva la scritta "blood traitor" che grondava ancora sangue rappreso e pareva essere stata incisa con lo stesso tipo di daga che aveva usato Bellatrix su di lei. Poco distante, giaceva il braccio destro di Draco, quello che aveva il marchio. Solo che il marchio che non c'era più, solo un rimasuglio di tessuti e muscoli. Jugson si era fatto impiantare il suo marchio.

La palpebra dell'occhio inoculato era incrostata di sangue secco che era colato sul collo, sul petto, ovunque. Il sangue del braccio era stato fermato dal dissanguamento ma il moncone poco sotto il gomito era ancora aperto. Hermione corse al suo capezzale, cercando segni vitali. "Draco, Draco ti prego dimmi che sei ancora qui con noi…" lanciò l'incantesimo diagnostico d'emergenza per rilevare i segni vitali. Era allo stremo. Aveva perso troppo sangue e troppo dolore.

Incurante del sangue, delle ferite e del moncone lo abbracciò. "Draco siamo qui."

Incredibilmente, lui aprì a malapena l'occhio rimasto. Stavolta quel profumo non era un sogno. Era vero.
Non sentiva quasi più nulla, era troppo debole, stordito dal dolore e dalle allucinazioni.

"Non...avevo...dubbi." disse prima di perdere del tutto conoscenza e abbandonare la testa fra le braccia di Hermione.

Harry li trovò così.

"No! Draco!"

"E' vivo, è vivo! Dobbiamo sbrigarci!"

Theo sfuggendo al controllo di Blaise entrò nella cella e si accasciò al suolo, sconvolto.

 

 

"La situazione è..." Dennis li guardò cercando le parole giuste. non capitava tutti i giorni di dare notizie simili a Harry Potter. "...disperata. Non c'è altro modo per dirlo."

Harry si accasciò sulla sedia ringraziando di aver fatto venire Ginny, mentre Theo cercava di mantenere la calma per Narcissa, abbracciata a lui in lacrime. Blaise se la prese col muro mentre Hermione si appoggiava a Ron, che riviveva l'incubo di Fred. Nell'angolo, Severus Snape che era stato chiamato d'urgenza nel caso ci fosse bisogno di antidoti particolari, metteva una mano sulla schiena di Narcissa piegata su Theo.

"Ha subito un'innumerevole serie di maledizioni che ci rendono difficile curarlo. Dovreste interrogare la medimaga che era lì con il pazzo che ha fatto questo."

Dennis incrociò le bracci scuotendo la testa, disperato. "Penso uno dei casi con più accanimento che io abbia mai visto. Draco ha diverse emorragie interne, ed esterne, polmoni collassati… ha perso tantissimo sangue...per non dimenticare l'amputazione del braccio e dell'occhio. Potremo recuperarli, anche grazie al fatto che siete riusciti a recuperare il bulbo oculare...ma al momento possiamo solo sperare che sopravviva ai primi incantesimi di cure. Lo shock che ha subito il suo corpo è...semplicemente troppo. Dobbiamo aspettare che passi la notte, dopodiché forse potremmo sperare."

I singhiozzi di Narcissa irrompevano il corridoio del St Mungo, mentre Harry si toglieva gli occhiali e Ginny lo prendeva fra le braccia esausto. La rossa piangeva, senza ritegno.

Hermione allungò il braccio verso Blaise, che stava continuando a premersi i palmi di nuovo fino a sanguinare e se lo avvicinò mentre piangeva senza ritegno tra lui e Ron. Aveva consegnato il globo contenente l'occhio di Draco a Dennis in lacrime e non aveva più smesso.

Theo abbracciò più forte Narcissa mentre Severus continuava a passarle la mano sulla schiena.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


nickforhere: (Default)
Cow-t 11, settimana 6, 
Prompt: - M6 - Prompt 006. Relazione forzata fra due protagonistə che si odiano, ma poi l’amore troverà la via
Fandom: Harry Potter
Numero Parole: 3212

 
 
“No, in missione con Malfoy non ci vado nemmeno se mi legate davanti a un ippogrifo incazzato.”
 
“Sai Hermione, ti preferivo quando eri una ragazzina timorata dalle istituzioni che non diceva neanche una parola fuori posto.” Blaise giocherellava distrattamente con un cubo di Rubik, gradito regalo della sua collega mentre la guardava con occhio torvo.
 
“Hermione capiscimi, se do buca a Daphne il giorno del nostro anniversario io sono un uomo morto.” 
 
“Mi stai chiedendo di passare due giorni con Malfoy su un caso che non è nemmeno nelle mie competenze”
 
“Senti non giocare la carta “nelle mie competenze” con me perchè veramente mi sento preso per il culo”
 
Lei alzò gli occhi al cielo, sconfitta. Certo che era nelle sue competenze, tutto era di sua competenza, ma ma era quel caso era davvero..noioso. Tutto ciò che aveva Malfoy era noioso: nessun tipo di azione, solo intrighi politici, riciclaggio di denaro, e rarissimi tentativi di contatti mafiosi tra babbani e umani ma mai sparatorie, duelli, creature strane...solo politica e scartoffie. 
 
“Draco ha già detto di sì. Lui mi vuole veramente bene almeno” aggiunse Blaise con drammaticità tutta sua.
 
“Zabini non fare lo stronzo lo sai che ti voglio bene nonostante tutto.” ed era vero: avevano fatto amicizia all’inizio delle loro carriere da Auror, un incredibile accoppiata formata dal ministero per cercare di riformare i figli rinnegati della guerra. Ne erano uscite fuori tre coppie assurde, ma stranamente funzionali: Harry e Draco, che dopo qualche mese di tentativi di farsi fuori l’un l’altro nelle missioni si erano trovati a combattere contro un mostro più grosso delle loro cazzate suggellando una partnership letale, Ron Weasley e Theo Nott che avevano trovato subito una strana complicità che li aveva portati a superare le diffidenze tra trio Grifondoro e trio Serpeverde, e Blaise ed Hermione, i quali entrambi pacati ed intelligenti avevano accettato con rassegnazione la loro accoppiata per poi scoprire l’uno nell’altra un leale ed affidabile compagno di squadra.
 
Ormai avevano fatto carriera e non erano più divisi in squadre fisse come all’inizio ma le amicizie erano rimaste e, come nel caso di Hermione e Draco, anche qualche rimostranza. Inutile che Draco fosse ormai l’inseparabile braccio destro di Harry per tutte le operazioni strategiche del dipartimento di cui era a capo, nè che giocasse a Quidditch la domenica in squadra con Ron: Hermione lo detestava ancora ardentemente. 
 
“Perchè diavolo non può andarci Ron con Draco?”
 
“Ron in un’operazione sotto copertura? Hermione, dai.”
 
“Certo che Malfoy si procaccia sempre le missioni più facili eh” mormorò lei ma a Zabini non sfuggì il commento velenoso.
 
“Hermione, solo perchè a te piace andare a caccia di guai e metterti in prima linea in ogni casino esistente non vuol dire che le missioni di Draco siano di minore importanza.”
 
“Dico solo che rispecchiano perfettamente la sua indole codarda.” 
 
Blaise sbuffà “Incredibile come siano passati ormai otto anni e per te Draco sia sempre lo stesso di Hogwarts.”
 
Lei scosse la testa. “Non mi sembra che io lo insulti, per lo meno non in faccia, né che gli abbia impedito di farsi strada fra le vite dei miei migliori amici.” si azlò raggiungendo Blaisee strappandoigli di mano il cubo per poi finirlo in 30 secondi, ina lunga pausa “Ma Malfoy non avrà mai il mio rispetto. PErò tu hai il mio affetto” picchiettò la sua camicia perfettamente sitrata con lo spigolo del cubo, piano, ma Blaise fece finta di accasciarsi dal dolore “Quindi ti sostituirò per la missione a Las Vegas Ma veramente Zabini, devi promettermi che il brillocco di famiglia che hai preparato per Daphne sia gigantesco.” 
 
“Come hai fatto a capire che voglio farle la proposta?”
 
Lei si girò compiaciuta “Non me l’avresti mai chiesto se non fosse davvero importante, sapendo quanto non reggo Draco.” 
 
 
 
 
 
Draco Malfoy stava sorseggiando con calma il suo firewhisky sulla poltrona della camera del lussuoso hotel babbano in cui soggiornava in incognito quando rischiò di strozzarsi e peggio ancora, macchiarsi la camicia grigio perla che aveva appena ritirato dal sarto.
 
Granger sbattè senza grazia la pochette sul tavolo della loro suite comunicante prima di sedersi e accavallare le gambe lasciando le cosce scoperte dallo spacco del vestito bordeaux di velluto che la fasciava come una seconda pelle. 
 
“Dannazione Granger, sei uscita da un bordello di alta classe stasera”
 
“Grazie Malfoy, anche tu sei credibile come pappone”
 
Lui si guardò il completo damascato verde con ancora il bicchiere sospeso a mezz’aria. “Veramente devo ancora cambiarmi per la missione” ringhiò fra i denti.
 
“Non è colpa mia se sembri sempre un mafioso uscito da un film.”
 
Draco sbattè le palpebre un paio di volte e Hermione sogghignò internamente. Certo aveva deciso di aiutare Blaise e durante la missione sarebbe stata impeccabile, ma niente poteva toglierle il divertimento PRIMA.
 
Lui si alzò sistemandosi e le porse elegantemente la mano per farla alzare. Nel mentre, con una passata della sua bacchetta, cambiò magicamente apparenza, i capelli biondi quasi bianchi diligentemente indietro invece lasciati liberi e un po lunghi dietro come li portava ultimamente, una giacca pesante viola borgogna quasi dello stesso colore del vestito di Hermione, pantaloni aderenti neri e una sequela di amenità fra anelli, cinturone e, tocco di classe, un orecchino pendente al lobo destro.
 
“Fidati Granger, è così che sembro un pappone”
 
Lei suo malgrado rise. Erano soli da qualche ora e nonostante tutte le sue provocazioni, il mago non sembrava assolutamente colpito dai suoi attacchi. 
 
Era abituato a vederlo, e ignorarlo, in compagnia di altri e nonostante tutto aveva sempre il timore nascosto che fosse tutta una farsa. Non riusciva a fidarsi. Non poteva.
 
In otto anni, non gli aveva mai nemmeno chiesto scusa. 
 
Mai.
 
Certo, si era scusato con Harry e Ron e lei una sera a un pub mentre erano sbronzi ubriachi e pieni di adrenalina dopo quella famosa battaglia in cui quasi ci erano rimasti secchi lui e Harry.
 
Ma se per i due ragazzi era abbastanza, lei non riusciva a dimenticare quello sguardo che la vedeva torturata a Malfoy Manor.
 
Prese la mano scuotendo la testa, ora doveva concentrarsi sul serio.
 
 
 
 
 
“Malfoy, sono in posizione”
 
Era bello fare coppia con un altro Legilimens di talento, nonostante tutto. Sapeva che Draco aveva portato le sue abilità a un altro livello ma non le sfruttava quasi mai , dato che in pochi riuscivano a stare al passo. Ovviamente Hermione era fra quei pochi ad aver elevato le sue doti della lettura della mente portandoli al livello di telepatia, per un corto raggio.
 
Draco sapeva che la strega aveva letteralmente implorato il suo padrino per insegnarle la Legilimensis e che per un periodo avevano avuto lo stesso insegnante, ancora una volta. Severus Snape che sopravvissuto alla guerra era un uomo più tollerante, ma di certo non un santo, aveva mai proposto di farli allenare insieme, per fortuna, conoscendo i tipi. Non avrebbe avuto TUTTA quella tolleranza. Tutti all’epoca sapevano che i due nella stessa stanza erano più esplosivi di una carica di nitroglicerina, pronti ad azzannarsi senza remore. Il tempo e le amicizie in comune avevano smorzato quella miccia, per il bene comune, ma l’esplosivo era ancora lì, sopito.
 
“Bene. Arrivo."
Hermione con molta classe spostò i capelli tatticamente, lasciando il collo scoperto. Sentì le labbra lievi Draco sul collo e rimase quasi tramortita per il brivido inaspettato. Non aveva battuto ciglio quando aveva saputo che la loro copertura era spacciarsi per una coppia di mafiosi, figuriamoci una volta aveva finto di essere la fidanzata di Harry e dopo quello aveva scordato ogni concetto di imbarazzo, ma non si era aspettata di non provare il ribrezzo a cui si era preparata. Cercando di mantenere la sua compostezza e non tradire la copertura si calmò immediatamente per non far trapelare il rossore dalle sue guance.
 
"Fa caldo qui non trovi  любовь моя?"
 
Certo che Draco come russo funzionava perfettamente. Sapeva che parlava correttamente russo e francese, ma non si aspettava l'accento inglese storpiato. Lei per fortuna se la cavava egregiamente col francese. "Oui, mon coeur. Un po' di champagne? Stavo per versarne un po' al nostro mon ami"
Davanti a loro, nel privè del casinò di Las Vegas magica, uno dei più grossi esportatori di bacchette contraffate di magia nera americana. 
 
"Se siamo amici dobbiamo ancora  vederlo" rispose Jasper Ravensberg accettando il bicchiere con un sorriso mefistofelico. Hermione era totalmente indifferente, sapendo che in quella gara di sorrisi Draco Malfoy era il re incontrastato. Sembrava davvero un pazzo, con la camicia leopardata grigia aperta sul petto e lo sguardo grigio asettico che non lasciava trapelare nulla se non un'estrema confidenza in sè stesso e il sorriso diabolico che gli aveva visto il giorno che aveva saputo che quasi tutti i mangiamorte rimasti fedeli a Voldemort erano stati sterminati. Ne rimaneva solo uno.
 
"So che siete puliti, e questo è importante per l'inizio di ogni buona amicizia."  il trafficante alzò il calice alla loro salute, non consapevole che la legilimanzia non passava per i controlli magici del casinò, e che i due Auror erano immuni al veritaserum che avevano bevuto all'ingresso, come anche Harry e da poco anche Blaise.
 
"Ma certo, a noi piace essere puliti , мой друг" Draco si passò un mano sulla cavezza con il drago che adornava il suo collo diafano, che esibizionista in quei piccoli dettagli, mentre si piegava verso Ravensberg. "Ci piace anche andare dritto al sodo. Io e la mia adorata" allungò la mano che lei prese senza esitazioni, sbattendo le ciglia voluttuosamente. "siamo molto interessati a ciò che offri. Sai, abbiamo diverse aree sotto il nostro controllo fra Parigi e Mosca ...ma ci manca ancora...qualche pezzo sulla cartina." fece una risatina quasi disturbante mentre lei si intromise rincarando. "Oui, siamo molto...interessati a queste nuove...tecnologie."
Jasper annuì, e si lanciò in una spiegazione dettagliata del funzionamento delle bacchette oscure, che andavano a rimpiazzare quelle classiche senza troppi problemi di scelta fra cuore, legno, ma dando a tutti la possibilità di sfruttare il potenziale oscuro senza troppi problemi. Granativa un aumento dell'efficacia delle maledizioni imperdonabili e dei loro danni oltre che a eliminare quell'annoso problema del possesso della bacchetta. Tutti potevano fare tutto, senza incappare in brutali errori. "Un po' come quel mago pazzoide che c'era in Inghilterra, si è fatto fregare così."
 
Se Draco avesse provato qualcosa Hermione non lo poteva sapere perchè la sua espressione era rimasta immutata. Scrollò anzi le spalle, con il suo miglior russo. " Inglesi, tutte regole e poca azione. A noi non interessano quelle stronzate da megalomane."
 
Hermione annuì "A noi interessa il potere non la supremazia. Vogliamo solo arrivare a fine mese come tutti no?" rise mentre anche Jasper si univa all'ilarità, mentre pensava con dolore alla cicatrice che il glamour nascondeva. 
 
"Già, stanno fuori in quell'isola di pazzi. Ecco perchè me ne sono andato."
 
Bridarono e bevvero ancora.
 
"Confermiamo i sospetti, è decisamente Jugson Jr."
 
"E' sicuramente lui sotto copertura, solo lui poteva avere l'informazione delle bacchette che stava ideando Voldemort"
Lo scambio mentale passò inosservato mentre Hermione poggiando il bicchiere.
 
"Parliamo di quanto ci costerebbe questo oculato investimento. Il concetto è perfetto, ma serve qualcosa di concreto."
Jugson Jr. annuì. Hermione contava sul fatto che lei e Draco avessero cambiato il loro aspetto in maniera convincente, e che nessuno vedendoli avrebbe potuto immaginare chi fossero. I glamour che avevano usato erano lievi abbastanza da non essere riconosciuti abbastanza dalle barriere contro gli incantesimi, e ritenuti nel "lecito" .Del resto anche i maghi criminali avevano le loro cicatrici da nascondere. Malfoy aveva mantenuto gli occhi grigi e i colori da nordico ma aveva ingrossato il naso e spessito le labbra, laddove lei aveva cambiato colore degli occhi rendendoli blu e assottigliendo le labbra e le guance smebrando una tipica e altera bellezza francese.
 
Sebbene Jugson jr avesse solo racolto l'eredità paterna e non aveva ricevuto il marchio di Mangiamorte si era comunque dedito alla malavita cercando di ricominciare in America.
 
Non aveva fatto i conti con Draco Malfoy e la sua voglia di riscatto. Non sarebbe stato in pace finchè non avesse messo fine alle malefatte di ogni cosa che riguardava Voldemort, comprese le sue idee pazzoidi messe in pratica post mortem.
 
La loro missione era quasi finita. Avrebbero chiesto il prezzo, avrebbero contrattato, avrebbero portato a casa il prezzo. Si sarebbero accordati per la consegna e lì allora sarebbe intervewnuta l'artiglieria pesante con Harry Potter e tutti gli altri pronti ad acciuffare il bastardo.
 
Hermione era stat aperfetta. Non che non lo sapesse ma guardarla mentre con abilità contrattava per il prezzo come una consumata malavitosa. Era per questo che aveva pregato Blaise di far si che fosse lei la sua compagna. Aveva bisogno di tutte le sue capacità ma sapeva che la ragazza lo odiava. E, accidenti, la odiava anche lui. L'aveva odiata per anni, l'aveva maledetta mentre ogni volta che cercava di far vedere che non era più il ragazzino bastardo e razzista di Hogwarts. Era cresciuto dannazione, per tutti ma non per lei. Non era bastato rigare dritto per anni, diventare suo malgrado amico di Potter e addirittura di quel rosc io maledetto che alla fine della fiera aveva risolto tutto con una bella scazzotata dopo una missione. Le aveva prese volentieri quella volta e ricordava solo lo sguardo di Hermione che li squadrava come fossero sterco in terra. "Siete due ragazzini."
Non importava che luii fosse diventato uno dei più abili strateghi del dipartimento Auror. Certo, lui non aveva le missioni kamikaze di Potter e nemmeno quelle misteriose di Hermione a cui piaceva usare il cervello E menare la bacchetta. Avrebbe fatto di tutto per guadagnare l'approvazione di Hermione Grnger ma ora sapeva che non l'avrebbe mai ottenuta. 
 
L'odio si era trasformato in rispetto e il rispetto era diventato qualcosa di più, qualcosa che Draco non voleva ammettere nemmeno a sè stesso. Era impossibile e sarebbe dovuto rimanere per sempre solo un pensiero seppellito in lui.
 
"Allora siamo d'accordo? Il 25 a Roma. Mi raccomando, puntuali. Sono rimasto molto inglese su questo." 
 
Hermione sbattè le palpebre. "Mais oui. Sono francese, non maleducata." con garbo il mago le baciò la mano guardando Draco negli occhi come chiedendo un permesso.
 
Lui scosse la testa sorridendo. "Non sono geloso Jugson. Francine gode della mia totale fiducia."
 
"Bugiardo."
 
"Non mento mai sui miei colleghi"
 
 
 
 
 
 
 
Hermione e Draco erano nella loro suite, troppo stanchi per apparare direttamente in Inghilterra ma anche per non destare sospetti.
 
Entrambi in abiti comodi e coi capelli umidi dalla doccia erano stravaccati sulle poltrone mentre sorseggiavano firewhisky in silenzio. 
 
"Devo dirlo Malfoy. E' stata una missione noiosa, ma interessante. non penso che dimenticherò la tua faccia da pazzo mentre eri conciato come un membro dei Big Bang?"
"Non penso di avere lo stile di G-Dragon però ci ho provato."
Hermione quasi fece cadere il bicchiere. "Malofy, or ami spieghi perchè conosci il k-pop"
 
"Ginny." disse come se quello potesse spiegare qualcosa.
 
"Cosa vuol dire Ginny?" 
 
Lui strinse le spalle bevendo ancora. "Ginny, la stessa Ginny figlia di quel fissato coi babbani di Arthur Weasly, che ha portaot a sua figlia un cd trafugato con questi tipi coreani, la stessa Ginny che frequentiamo da anni nella sua stessa casa con la musica a palla.
"Lo so benissimo cosa acolta Ginny, ma sapere chi sono i membri mi sembra un po' oltre no?"
Draco scosse la stessa e accavallò le gambe come nel video della canzone.
 
"Wow, fantastic baby!" sibilò convintissimo ed Hermionenon resse più il colpo.
 
Rise, come una pazza.
 
"No, non voglio saperlo!"
"Che c'è non possono piacermi i gruppi kpop? Sono il mio guilty pleasure babbano insieme a quei cioccolatini ripieni di riso soffiato" alzò le mani come avesse confessato di aver ucciso un cucciolo di ippogrifo.
 
"Non avevo nemmeno idea che avessi dei guilty pleasure babbani"
 
"Certo che ce li ho." si alzò, di scatto e d'improvviso quella tregua finì. "Lo so che per te sono rimasto questo" e senza remore si scoprì il marchio. 
 
"E non so, probabilmente per te è tutto finto e io sono ancora un mangiamorte. Ma non è così. Sono un codardo, come ti piace chiamarmi alle mie spalle, uno snob e potenzialmente un testa di cazzo con chiunque non sia fra le dieci persone che sopporto nella mia vita, ma non ho nessun'agenda segreta Granger."
 
Lei non aveva capito come fossero passati da parlare di k-pop a quello ma non perse l'occasione per riversare un po' di adrenalina post missione. Seppur facile, era comunque stata intensa.
 
"Non mi hai mai chiesto scusa Draco. Mai."
 
Lui rimase quasi stordito dal sentire il suo nome pronunciato per la prima volta in quasi vent'anni che si conoscevano ma più ferito.
 
"Hermione non è vero. Ti ho chiesto scusa, anni fa. Sei impazzita?"
"E quelle al pub erano scuse Draco? Eravamo sbronzi e tu e Harry avevate apena scampato la morte insieme, era un gran casino."
Lui le prese le mani, sfidando la morte ancora una volta. "Granger, Granger cosa diavolo stai dicendo. Cosa. Nob dirmi... non dirmi che non l'hai mai letta."
 
"Cosa?"
"La lettera. Certo che quelle non erano scuse per merlino. Erano per Harry e per Ron, al massimo ma loro non li ho visti certo torturati sotto i miei occhi!"
 
 lui lascò le mani e cominciò a passeggiar efrenticamente nella usite.
 
"Mi stai dicendo Granger che non hai mai letto la mia lettera?"
"Lettera?"
"Il giorno dopo quella sbronza sapevo di non aver finito con te ma EHi ho già detto chje sono un codardo vero? Ti scrissi una lettera. Una lunghissima lettera dove ti chiedevo scusa. Ti proponevo anche di parlarne. Ma la ripsosta non è mai arrivata nè tu mi hai mai chiesto nulla quindi avevo dato per assodato che non avevi accettato le mie scuse.
 
"Quale dannata lettera? Ti stai inventando tutto!" Hermione trermava di rabbia e di traidmento.
 
"Sei un bugioardo Malfoy!"
"Si è vero ma non su questo! Giuro su mia madre, sto dicendo la verità"
Hermione lo guardò a due centimetri dalla sua faccia. Lui era cosi alto e lei non poteva far altro che subire la sua impojnenza. Draco era dannatamente bello conm gli occhi stravolti e quasi in lacrime dalla scoperta. Le labbra, tornate normali, tremavano di rabbia e di frustrazione.
 
Non pensò a nient'altro. Dvoeva fermare quel tremore.
 
Ora.
 
E lo baciò.
 
 
 
 
 
Draco Malfioy si sarebbe aspettato uno schiaffo, una maledizione imperdonabile, tutto, ma non quello che era successo quella notte.
 
Hermione fra le sue braccia e la migliore notte di sesso mai avuita in vita sua.
 
Quando la strega aprì gli occhi si aspettava rimorso, livore e odio ma trovò un sorriso sarcastico e una carezza CHE LO PIEGò QUASI DAL dolore.
 
"Cosa abbiamo fatto?"  chiese lui quasi a sè stesso.
 
Lei lo avvicinò e lo baciò, suadente. 
 
"Direi pace. Se trovi quella lettera. Sennò, ti darò in pasto agli Ippogrifi di Hagrid. Sai mangiano tutto, come i maiali. Perfetti per occulatre i cadaveri"
 
Malfoy sorrise. suo malgrado. Avrebbero scoperto cosa diamine era successo a quella lettera, e dopo le avrebbe recitato il contenuto. 
 
Aveva ottenuto non sapeva come tutto ciò che aveva desiderato per anni e non aveva intenzione di perderlo, mai più.
nickforhere: (Default)
Cow-t 11, settimana 4, 
Prompt: - M4 - Prompt  "Una canzone per te"  
Fandom: Harry Potter
Numero Parole: 5348

Dedicata a Marcie, che è la cosa più bella trovata in 3 anni di Cow-T.
Grazie per avermi spronato e ispirata con la tua idea, da allora non me ne sono più staccata ed è diventata questo:

 

 “Cara Hermione, 


so che probabilmente mi sto giocando la mia labile amicizia con Severus ma non mi importa: penso che quel disgraziato stia male e non abbia nessuna intenzione di fare qualcosa a riguardo. È giorni che non mangia, è pallido e sfuggente. Sospetto abbia la febbre. Anche Minerva è preoccupata. So che sei impegnata altrove, ma potresti venire qui quando puoi? Credo che la sua intenzione sia esattamente quella di non farti tornare a causa sua. A una superficiale analisi, quel testone è così fiero di te e della tua missione che non vuole essere un peso. 

Baci, 


Ella. 


“Mia cara, 


temo che Severus non stia bene. Non lo vedevo più così da… Tanto. Penso che abbia la febbre alta ma non si fa avvicinare. Ha insegnato questa settimana, nella sua migliore interpretazione di sé stesso fino a qualche anno fa, e non ha voluto ascoltare ragioni sul riposarsi. Non voglio farti gravare la situazione, so che sei impegnata in una missione e Severus è adulto ma… forse a te ascolterà? Non mi interessa che si arrabbi con me se ho fatto la spia, ma la situazione sembra essere preoccupante. 


Minerva 




“Hermione!” 

“Ella!”

Le due donne si abbracciarono di fretta, preoccupazione e ansia in entrambe gli sguardi. 

Ella non perse tempo mentre le due donne entravano nella scuola deserta dal coprifuoco.

“Severus è chiuso in camera. Ho provato a parlargli ma ovviamente mi ha risposto che non sono affari miei e… Un altro paio di cose che penso che gli rinfaccerò appena si riprende. 

“Mi spiace Ella, Severus tende a essere molto più… Intollerante quando si mette sulla difensiva.”
La rossa chioma della professoressa rifletteva delle fiamme delle candele nel corridoio mentre scuoteva la testa, l’espressione sarcastica. “Non sono arrabbiata, lo so che è… Un tipo particolare. Sono preoccupata per lui e anche Minerva. Solo tu sei in grado di farlo ragionare.”

La ragazza più giovane strinse le spalle, insicura. “Sempre che non cacci anche me…”

Del resto è la prima volta che sta veramente male da che sono tornata e che...le cose sono cambiate.

Con un ultimo laconico sguardo all’insegnante di pozioni, scappando verso gli appartamenti dell’Insegnante di Difesa contro le Arti Oscure.


Era riuscita a entrare grazie al permesso magico che aveva ottenuto la settimana prima, quanto poteva cambiare in una sola settimana?, e nel breve lasso che le occorse per arrivare in camera da letto notà che tutto l’appartamento segnava segni di incuria non tipiche dell’uomo che sapeva essere ossessionato dall’ordine. 

Severus era nel letto, la stanza totalmente al buio. Sentendolo ansimare pesantemente, la difficoltà respiratoria evidente la riportò indietro di due anni facendole venire le lacrime agli occhi e il groppo in gola. Appena i suoi occhi si abituarono al buio riuscì a vedere che si teneva il collo, le lunghe dita artigliate intorno alla ferita mai rimarginata del tutto. In un attimo, fu al suo capezzale e allungando la mano sentì subito la fronte sudata.
Stava bruciando. 

“Severus… Sono qui…” gli disse stringendogli la mano. 

Sebbene sembrasse non essere cosciente, fu sollevata dal vedere i suoi occhi d’ossidiana aprirsi quasi terrorizzati.

“Hermione che diavolo ci fai qui?” la voce era roca, sferzante e per un attimo gli sembrò di essere tornati indietro nel tempo. 

Sembrava una vita fa eppure sentì per un attimo la distanza che li aveva accomunati per tutto il tempo prima della loro relazione.

“Amore mio, che ci faccio io qui non è la domanda giusta. Dimmi tu cosa sta succedendo qui.” con delicatezza iniziò ad accarezzargli la testa delicatamente, baciandolo sulla fronte che le sembrò subito bollente. 

“No-non toccarmi, faccio schifo.” la voce era rauca, mentre cercava di divincolarsi dal suo tocco amorevole.

Per fortuna Hermione era già temprata da mesi di rifiuti, insulti più o meno velati e quello non era niente, contando l’orgoglio di Severus Snape. 

Sorrise, baciando ancora la fronte bollente come a ribadire il concetto. “Non è così. Severus dimmi cos’hai ti prego, prima che io ti porti d'urgenza al St. Mungo.”

Gli occhi sbarrati e l’agitazione fecero capire ad Hermione che forse non aveva scelto le parole giuste. “No, non voglio più mettere piede in quel posto.” 

Sembrava terrorizzato e la vista le faceva stringere il cuore ancora di più.
“Va bene, ma devi dirmi cosa ti senti affinché io possa fare qualcosa.”

Lui scosse la testa e Hermione fu spiazzata nel sentire un singhiozzo soffocato. 

“Non devi essere qui. Il lavoro… Non dovevi saperlo. Ho rovinato tutto un'altra volta…” provò a scansarla ma Hermione lo abbracciò con forza, sedendosi sul letto e circondandogli le spalle mentre cercava di calmarlo.
“Shhhh cosa dici… Va tutto bene e non hai rovinato nulla.” cominciava a non avere più la forza per trattenere le lacrime, la preoccupazione ormai fuori controllo.

“Smettila immediatamente, non sono un invalido né un bambino!” se la situazione non fosse stata grave avrebbe riso alla scena già vista, più e più volte, ma era la prima volta che poteva stargli accanto rompendo la barriera fisica che non aveva mai osato invadere quando era ancora solo una sua ex studentessa.

“Non devi essere solo Severus. Ci sono io con te. Lo sai. Ti prego dimmi cosa succede…”

“Io… Non lo so. La ferita… Mi sembra di bruciare…” cedette per un attimo aggrappandosi con la mano al suo fianco, lasciandosi andare solo per un attimo sul petto di Hermione. Sembrava così esausto che non sapeva se giudicare positivamente quel momento di vulnerabilità.

“Poppy almeno ti ha visto?”

Scosse la testa e lei sospirò. 

“La chiamo immediatamente”

“No!”

Hermione ispirò profondamente mentre dolcemente continuava a baciargli la fronte. stretto tra le sue braccia. Aspettò un attimo prima di riprovare, sapendo quanto fosse testardo.

“So che non è facile ma Severus non respiri bene. Hai la febbre alta. Ti prego. Fallo per me.”

L’uomo si alzò di scatto sul letto, abbandonando il conforto delle sue braccia mentre con una rabbia che non vedeva da tanto nei suoi occhi la squadrava come fosse tornato il vecchio Severus Snape. I capelli neri intrisi di sudore, lo sguardo tetro, la pelle giallastra e tesa e il tono di voce gelido che scandì la frase che più temeva avrebbe potuto sentire pronunciata da lui.
“Sai chi mi diceva così? Lily. Fallo per me, fallo per me… E lo facevo, come un animale addestrato. Ma non sono più così” e si scansò da lei con le ultime forze. 

Se a Hermione avesse scagliato contro un cruciatus avrebbe fatto meno male. 

Assorbì il colpo sostenendo il suo sguardo con orgoglio. Non trapelava nessuna emozione da quegli occhi vitrei, ma non ancora del tutto deliranti. Il mondo sembrò fermarsi prima di trovare il coraggio di riuscire a parlare di nuovo.

“Chiamo Poppy.” disse solamente prima di alzarsi dal letto e uscire quasi di corsa da quell’appartamento che li aveva visti felici solo qualche giorno prima. Per la prima volta dopo due anni, era stata colpita e affondata da una frase di Severus Snape. 



Mi sono perso nel silenzio delle mie paure
L’atteggiamento di uno stronzo, invece era terrore
Non riuscivo a dirti che mi ricordavi di lei



L'uomo giaceva miserabile nel suo letto e per la prima volta dopo tanto tempo desiderava solo morire. Aveva distrutto il suo rapporto con Hermione con una sola frase. L'aveva fatto di nuovo. Ma era così che doveva andare. Hermione non poteva stare con un infermo, uno dal destino incerto e la salute labile. Non sapeva cosa avesse e se dapprima aveva creduto in qualcosa di banale ora sapeva che non era così. Era inutile illudersi di essere un uomo normale. Era un invalido, uno storpio che giocava a essere un potente mago con una bella donna che era accanto a lui, probabilmente solo per pietà. La ferita lo stava uccidendo e forse non voleva altro che quello… Aveva fatto del male anche a Hermione, ancora una volta, ed era imperdonabile. Perse conoscenza soccombendo alla febbre, pensando che era davvero solo esausto di combattere così contro sè stesso e il suo passato.


“Un'infezione alle vie respiratorie. Probabilmente si è trascurato un raffreddore o qualche cosa di più e si è fatto strada, complice il fatto che raramente Severus si prende la briga di curarsi.” Poppy guardò le tre donne riunite fuori l’appartamento di Snape mentre con garbo faceva svanire la sua borsa con gli strumenti e le pozioni. 

“E la ferita? Lamentava dolore e si teneva il collo… “ Hermione era tesa e preoccupata, il pallore sul suo viso evidente.

“Si certo, essendo molto sensibile in quel punto il dolore è aumentato subito. Dubito che sia  qualcosa legato al trauma ma Severus non mi ha mai voluto graziare con i suoi dettagli clinici quindi non ho idea di cosa diamine abbia.“
La ragazza si morse le labbra mentre con le dita tormentava il suo maglione. “Non lo sappiamo. Non l’abbiamo mai saputo nemmeno quando eravamo a Spinner's End. Lui pensa che il veleno di Nagini sia rimasto nella ferita ma non c’è verso di farlo parlare con altri esperti di pozioni né medimaghi. E credimi Poppy, io e Draco ci abbiamo provato.”
Madame Pomfrey scosse la testa mentre Ella e Minerva rimanevano silenziose, immagazzinando l’informazione ognuna a suo modo. Per Ella sembrava incredibile che quell’uomo dall'apparenza così forte nascondesse una tale vulnerabilità mentre Minerva si interrogava su quanto per lui rifiutare il confronto fosse inconsciamente un modo per continuare a punirsi. Conoscendo il tipo, era probabile.

“Comunque, ora deve prendere una serie di pozioni e riposare. Non è un’infezione grave ma se non si fosse lasciato vedere sarebbe potuto succedere di molto peggio.”

Hermione sospirò seguita da Minerva e Elladora. La ragazza guardò le due maghe, quasi con le lacrime agli occhi.
“Grazie per avermi avvisato.” guardò la medistrega, grata. “E grazie Poppy, scusami per averti svegliato nel cuore della notte.”

La strega scosse la testa, impassibile. Ella e Minerva erano accorse subito appena avevano ricevuto il suo patronus. Era intenerita dall’immagine di Minerva e Ella in camicia da notte, la strega più giovane con una lunga treccia fino in vita e quella più anziana con uno chignon. Poppy invece era vestita perfettamente, con la sua uniforme. “Non scusarti..ero preoccupata da giorni, e stavo solo aspettando che tu venissi a chiamarmi. Era ormai qualche giorno che vedevo Severus strano...era..da quando è tornato che non lo vedevo così.” lo sguardo cercò Minerva che annuì solenne. “ E quando sta male...sparisce. E’ sempre stato così, per anni.” Le quattro donne sospiravano.

“Ce ne da di problemi quel ragazzo ...quanto è testardo?” Minerva guardo Poppy ed Hermione sorrise pensando che per le due donne anziane Severus era un “ragazzo”. Lo immaginava protestare rumorosamente all’appellativo, ma l’ultima immagina che aveva era di lui che le scaricava addosso la peggiore delle accuse.

Poppy la distrasse con la sua risata sommessa. “Già, ci ha fatto dannare da che era uno scricciolo tutto naso e capelli neri.” scosse la testa, ma Hermione e Elladora ridevano, sollevate e divertite dall’immagine di Severus ragazzino, sebbene una parte di Hermione, quella sepolta sotto un mare di rispetto per la Preside, pensava che non l’avesse protetto granchè da ragazzino.
Come se avesse sentito i suoi pensieri Minerva la guardò, intensamente ed Hermione quasi pensò che avesse letto il suo subconscio. 

Ma la donna le sorrise come sempre iniziando a parlare. “Hermione, ti sei presa già cura di Severus e sai quanto sia..beh, difficile. Perciò è inutile che ti dica che ora è tutto in mano tua. Fagli prendere quelle dannate pozioni o chiama me o Poppy se hai bisogno di rinforzi.”

la ragazza annuì con la morte nel cuore. “Stavolta non gliela leva nessuno una lavata di capo. Digli che è dispensato dalle lezioni finché non si riprende.” il dito alzato non lasciava adito a scuse.

“Sarà difficile….” Hermione si passò la mano sulla faccia. “ Non sento scuse! Ci penserò io a coprire le sue lezioni se necessario! Penso che posso ancora dare una lezione o due ai nostri studenti.”

“Di DADA Minerva?” Poppy guardò di traverso la Preside che distolse lo sguardo, consapevole della sua età prima di rivolgersi ad Hermione porgendole un sacchetto contenente varie pozioni.

“Dovrebbe esserci tutto. Lo so che protesterà perché non sono fatte da lui ma solitamente almeno le mie le accetta. Se nel caso ti servisse qualsiasi ingrediente non esitare a chiamarmi, ok?” Hermione apprezzò tutto quello che stava accadendo. Non aveva ancora avuto modo di scoprire i dettagli di quell’anno passati lontani ma era evidente che Severus non era più solo, come non lo era sola neanche lei. Si sentiva accettata e...amata, di ritorno. E soprattutto non si sentiva giudicata.
“Grazie, a tutte voi....Fate un paio di incantesimi di energia positiva per me…” disse rientrando nell’anticamera degli appartamenti vegliata dagli sguardi affettuosi delle donne che l’avevano aiutata.

Ora ora ora ora
Mi parli come allora
Quando ancora non mi conoscevi
Pensavi le cose peggiori


La prima cosa che sentì Severus era calore. Era nel suo letto ma non era quello che lo scaldava. Erano due braccia esili e calde che lo tenevano stretto. Percepì il profumo di pesca e una voce gentile lo raggiunse nel baratro della sua mente febbricitante.

“Come ti senti?” la voce era così delicata che Severus ebbe quasi paura di avere le allucinazioni. Solitamente Hermione non si faceva scoraggiare dai suoi umori, dai suoi malesseri e non gliene faceva passare liscia una. Poi ricordò cosa aveva fatto e l’ansia gli chiuse lo stomaco portandolo a mettersi una mano sulla pancia coperta da quello che sembrava un pigiama diverso dall’ultimo che aveva indossato.

“Cosa ci fai tu qui?” incapace di muoversi, troppo esausto, rimase lì, inerme ma incapace di alzare il suo scudo di freddezza.

“Perché non dovrei essere qui?” le dita fresche della ragazza erano come un sorso d’acqua per un assetato nel deserto e lui non si sentiva troppo lontano da quel paragone. 

“Perchè ti ho detto una cosa orribile”

“Vero. Ma non per questo ti lascerei da solo a morire di dolore nel letto Severus” la voce di Hermione era sempre così dolce, quasi trattenuta. Lui non poteva credere che fosse onesta. C’era sicuramente qualcosa dietro. Lo sapeva, era sempre stato così.

Eppure quell’affermazione lo scosse nel profondo. Ma forse chissà era una nuova forma di tortura. 

“Perché?” non voleva arrendersi all’idea di essere al sicuro. Non lo era. Non poteva esserlo. 

“Perché è così che funziona. Non ti abbandonerò al primo momento di difficoltà.” gli disse stringendogli la mano libera forte. Il mago era stato male, aveva sofferto molto di più...ma non era mai stato così….si sentiva debole, smarrito e confuso a condividere il suo dolore con un altro essere umano. Sebbene fosse stata lì per lui in condizioni ancora peggiori era la prima volta che poteva pensare di condividere il suo dolore.
Con Hermione.
Eppure, non riusciva a capacitarsi di come potesse essere ancora lì. L'aveva allontanata in in quel modo orribile, sfruttando beceramente uno di quei lati sospesi della loro relazione nascente… Intimamente, conosceva così bene Hermione da sapere che probabilmente il paragone con quello che era stato il suo unico amore e ossessione era qualcosa la impensieriva, sentendosi almeno una volta che non sarebbe mai stata all’altezza di Lily….

e lui l’aveva colpita lì proprio dove faceva più male. Ma lei era lì, bella come il sole e fresca come una rosa a tenerlo fra le braccia, le dita dolce ristoro dal suo calore malevolo.
Cedette quasi alla tentazione di lasciarsi andare a quella frescura, a quel contatto… Mai, mai avrebbe pensato di ritrovarla accanto a sé. Non aveva le forze neanche per alzare un dito e accarezzarla. Rimase così per un tempo che sembrava infinito, aspirando il profumo di pesca fra le braccia di quella giovane donna che non meritava  mentre sentiva la testa girare e il bruciore avvolgerlo.

“Non è certo la prima volta che abbiamo questo tipo di scontro Hermione. Quante volte ho provato ad allontanarti da me? E quante ancora succederà?” gli sembrava che fosse passato almeno un secolo da che fosse riuscito a pronunciare faticosamente quella lunga frase e non sapeva nemmeno se fosse rimasta nel turbine del suo delirio o meno.

Ma la voce di Hermione, stavolta quella di sempre, dolce ma decisa, arrivò alle sue orecchie. “Severus, le persone non cambiano da un momento all’altro. E non è vero ciò che dici. Era da tanto tempo che non succedeva qualcosa del genere. E noi stiamo ancora...adattandoci e capendo. Non eri mai stato male da che le cose fra noi sono cambiate...Se mi arrendessi così, non avrebbe senso.”

Lui provò a rispondere, ma lei gli mise un dito sulle labbra.

“Non sforzarti. Perché non provi a dormire un altro paio di ore? E’ ancora notte fonda, ti sveglierò io per prendere le pozioni”

Lui scosse la testa, ma non disse nulla, lasciandosi andare al suo abbraccio. Non riusciva a esprimere ciò che provava. Era inebriato dalla sensazione di calore non dovuta alla febbre ma dalle parole di Hermione. Nonostante tutto non voleva abbandonarlo. 

Voleva implorarla di dormire accanto a lui, codardo com’era non riuscì a dire nulla. Lasciò andare la testa indietro, fra le sua braccia, sperando di trovarla ancora al suo risveglio. Sempre che fosse riuscito a dormire.


Avevo il cuore malato
Ma tu non lo vedevi
Mi tenevo le pezze gelide dietro al petto
Ci tenevo a mostrarmi come un drago nel letto


Hermione era… ferita, ma sincera. Non avrebbe certo ignorato cosa gli aveva urlato in faccia con tanta cattiveria, ma cosa avrebbe ottenuto arrabbiandosi e lasciandolo solo?

Niente, avrebbe solo confermato a lui che essere orribile e cattivo era la giusta via per rimanere solo. Perchè non meritava amore né perdono. E lei non voleva più che lui pensasse solo il peggio di se stesso.

 Checché ne dicesse, era da quando era tornata che non avevano un alterco e anzi, sembrava che stessero ancora esplorando quella situazione inaspettata con lentezza, camminando quasi sulle uova. E sebbene avesse passato mesi a prendersi cura di lui, quella era la prima volta che succedeva da che erano una… coppia . E la differenza c'era, la sentiva. 

Se al tempo aveva provato preoccupazione, compassione… a volte pena… ora provava qualcosa di molto diverso. Voleva tenerlo fra le braccia e fargli sentire che era lì per lui, perché era quello che voleva fare.
Prendersi cura di lui perché… Lo amava. Peccato averlo realizzato nel momento in cui lui le aveva gettato in faccia la sua più grande paura.
Poteva lasciarlo alla prima occasione che aveva per dimostrargli la sua fiducia? No, non lo avrebbe fatto. Era dilaniata da quell’affermazione, certo, ma non per questo avrebbe dimostrato di essere come tutti gli altri che si erano fatti allontanare da parole sgradevoli dal suo caratteraccio. La differenza era che  se prima le sue parole non la toccavano quando la insultava fra un medicamento e l'altro non impedendole di prendersi cura di lui ora era molto più che vulnerabile a ciò che le diceva.
Sebbene sapesse sapesse che era stato solo un altro tentativo di allontanarla...faceva male.

“Sono un bastardo. Non merito nulla di tutto questo.” La frase sussurrata nel silenzio la destabilizzò e lo strinse più forte, quasi spaventata.

“Smettila...devi dormire.” 

“È così. Non userò la febbre come scusa. So cosa ti ho detto e non mi aspettavo di ritrovarti qui.” parlava ancora affaticato, non stava riposando come aveva raccomandato Poppy e lei pensò a come convincerlo a prendere un’altra dose di Distillato Soporifero.

“Severus io non smetterò mai di dirti che voglio starti accanto. Ti ho sempre detto che non ti lascerò mai solo, anche quando proverai ad allontanarmi da te perché pensi di meritarlo.” la sua voce era ferma, ma tradì per un momento il suo dolore ne era consapevole.

Lui scosse ancora la testa, strusciando gentilmente il suo viso contro la spalla. “Hermione scusami. Ti prego. Non ho mai avuto nessuno che volesse starmi accanto. Non penso assolutamente ciò che ho detto. Io… sono un vigliacco.” lei stava per protestare, sebbene sconvolta da quelle scuse, ma continuò con le poche forze che aveva “Ho paura di lasciarmi andare Hermione. Paura di chiedere aiuto. Paura di non poter più fare a meno di te dopo aver provato ciò che significa avere accanto qualcuno che prova affetto sincero. E… non voglio mai più essere un peso per te, per il tuo futuro. Non voglio fermarti.” lei continuava a baciargli la fronte accarezzandogli il petto. “Severus non hai rovinato nulla. Non sei un peso. Sei un testardo e so che sei indipendente ma ti prego… Non farti del male. Permettimi di starti accanto. E non solo io ero preoccupata… Ella, Minerva... Persino Poppy. Non sei più solo.”

Lui fece l'unica cosa che poteva fare di fronte a quella frase semplice ma dal peso biblico.. 

Pianse. Per la prima volta da che era iniziata la guerra, per la prima volta in venti anni, per la prima volta dopo la morte di Lily. Pianse per se stesso, per tutto ciò che aveva subito. Sfogò fra le braccia calde di Hermione tutto il dolore e la frustrazione di una vita dura e traumatica che l'avevano portato ad essere la persona che era. 

Ma per la prima volta in vita sua da che era morta sua madre… Si sentiva amato. Protetto. Non era più solo. Non erano le lacrime di  commozione di quando aveva ricevuto il foulard da Hermione, ma un copioso pianto liberatorio. 

Hermione non disse nulla. Continuò a baciare la fronte bagnata di sudore mentre lo lasciava sfogare. L'aveva visto singhiozzare, l'aveva visto resistere storicamente al dolore delle ferite gravi, l'aveva visto con durezza riprendersi da incubi orribili e urlare do frustrazione quando non riusciva nemmeno ad alzarsi in piedi… Eppure fu sollevata nel vedere che finalmente si stava sfogando. Con lei. Non serviva una laurea per capire quanto ne avesse bisogno, non avendo mai lasciato trapelare una sola traccia di debolezza. Aveva visto piangere Harry, tante, troppe volte. Aveva visto Ron devastato dalle lacrime del lutto. Ricordava Draco che  implorava di perdonarlo piangendo fra le sue braccia.
E non c'era niente di male in quel pianto umano, lecito e… terapeutico. 

Continuò a non dire nulla mentre l'uomo fra le sue braccia esauriva ogni lacrima in corpo. Non era un pianto sconnesso o disperato ma un continuo pianto liberatorio che faceva sentire quell’ultima parte senziente di Severus un idiota ma che paradossalmente l'aveva liberato di un grande peso. 

Si addormentò senza accorgersene sotto il tocco delle carezze leggiadre di Hermione. 


“Ehi… buongiorno… Non vorrei svegliarti ma devi prendere questo” 

Severus aprì gli occhi di scatto al suono della voce di Hermione, cosa ci faceva lì?, e si sentì strano. Sbatte le palpebre e sentì gli occhi gonfi, quasi incollati. Ci mise un po’ a realizzare dov'era e cosa stava succedendo. Poi ricordò. 

La febbre alta. Hermione. La frase orribile che le aveva detto. Lei ancora lì con lui nonostante tutto e il suo… pianto.
Arrossí mentre beveva la pozione che la ragazza gli porgeva sorridendo, non chiedendo neanche cosa fosse. Hermione si era poi seduta accanto a lui, bellissima e profumata mentre lui era disgustoso. 

“Faccio schifo… Devo assolutamente cambiarmi” fu la prima cosa che sentenziò invece di chiederle cosa stesse prendendo, il che stranì la strega. “Incredibile che tu non mi chieda cosa ti ho dato, hai ancora la febbre alta?” ma la mano sulla fronte restituì la sensazione di una fronte fresca.

L’uomo strinse le spalle, quasi disinteressato a ciò che aveva ingerito. “Immagino che sia la Potus Purgas di Poppy”

“Non solo, è specifica per le infezioni gravi respiratore.”

Lo sguardo stupito di Severus, innocente come quello di un bambino a volte, la fece sorridere.

“Un'infezione alle vie respiratorie? Come diavolo l'ho presa? disse più a se stesso che a lei.

“Non lo so, anche se tutte protendiamo per credere che probabilmente hai preso freddo e come sempre ti sei trascurato. Il peggio è passato ma ora devi riposare e aspettare che ti passi la febbre”

“Tutte?” 

“Poppy, Ella, Minerva...io, soprattutto io.”

Lui annuì silenziosamente, ma ecco si stava allontanando di nuovo. Hermione provò a scostargli una ciocca di capelli ma lui si ritrasse. “N-non toccarmi… scusami, sono disgustoso…”

Lei continuò imperterrita zittendolo con un dito sulle labbra. “Smettila, non sei niente di tutto ciò. Ma se te la senti di stare in piedi e vuoi sciacquarti poi possiamo medicare la ferita.”

Lo sguardo di Severus aveva già perso quell’attimo di  innocenza, trasformandosi ancora in quello di uno che nella vita ne aveva viste davvero troppe. Quasi le fece male vedere quello sguardo penetrante e patetico nello stesso tempo mentre le prese le dita che erano sulle sue labbra nella sua mano fredda.

“Non sei stanca di tutto questo? Non sei stanca di farmi da infermiera? 

L’abbraccio che arrivò, indifferente alla sua condizione poco invitante, era la risposta che ricevette anche se non quella che meritava.

“Severus non sto sempre a farti da infermiera. Sono mesi che non lo faccio, anzi, hai passato un anno intero senza di me e te la sei cavata benissimo no? Hai solo avuto una brutta febbre, potrebbe capitare anche a me. E comunque non sono stanca, no. E poi, è più facile farti da infermiera se posso dormire con te.” approfittando di quel momento di debolezza, mentre arrossiva e distoglieva lo sguardo, lei allungò le mani.

 “Non protestare e fatti aiutare.” lo esortò sorridendo, quasi allegra. Anche se con riluttanza Severus si arrese, afferrando quelle mani piccole ma energiche, facendosi aiutare a stare dritto mentre andavano verso il bagno. Arrivati alla porta lei lo baciò nonostante tutto e lui non si tirò indietro, troppo confuso da tutta quella situazione e troppo grato di averla accanto per allontanarla.
Hermione gli accarezzò una guancia, guardandolo con affetto.
“Grazie” le sussurrò prima di sparire per darsi una sistemata. 

“Sarò qui ad aspettarti”. 


E così fu. Riuscì a lavarsi e levarsi addosso il sudore con una bella doccia calda e già sentendosi meglio con un pigiama pulito la trovo così, sul suo letto, un libro in mano. Hermione scoperchiò il letto dalle coperto e lo invito a entrarci battendo la mano sul materasso, a mo’ di invito. “Come ti senti? Vieni al caldo, su.”

Lui si arrese e si sdraiò accanto a lei, ancora sulle coperte.
“Meglio… Ancora uno straccio ma meglio” sentì le sue dita fresche sulla fronte come un balsamo e sorrise flebilmente, suo malgrado.

“Hai ancora un po’ di febbre… Da quanto ti stavi trascinando così?” senza pensarci quasi le carezze erano scese sul viso, e lui non fece nulla per allontanarla, sebbene si sentisse indegno della sua vicinanza affettuosa. Fece quello che gli veniva meglio: ignorò i suoi sentimenti.

“Non ne ho idea. Probabilmente dalla settimana scorsa” Severus ripensò alla sua ultima volta sul balcone della Torre di Hogwarts. Era da solo, Ella non c’era e non aveva fatto nessun incantesimo di riscaldamento, sovrappensiero. Idiota.

“Minerva ha detto di non farti vedere a lezione finché non starai meglio.” Hermione pensava che era meglio dirglielo subito, nel caso non si fosse ripreso del tutto, piuttosto che lunedì mattina, ma la reazione fu quella aspettata.

“Non esiste proprio! Non ho mai saltato una lezione in anni di spionaggio, in qualsiasi condizione. Ho insegnato coi postumi dei Cruciatus, non sarà una banale febbre a tenermi lontano dall’insegnamento.” lei lo spinse nuovamente giù, mentre si sporgeva verso di lui, i lunghi ricci sparsi ovunque intorno a Severus, che rimase pietrificato da quella posizione. 

Scuotendo la testa, continuò in silenzio per un attimo ad accarezzare i capelli ancora un po’ umidi dalla doccia, nonostante l’incantesimo per asciugarli. Prese fiato prima di parlare pericolosamente vicino alla sua bocca. 

“Severus...non sono più quei tempi. Per favore. Permetti a te stesso di guarire. Non devi più dimostrare niente a nessuno. Sei un essere umano anche tu...ti prego.” 

Lui chiuse gli occhi, buttando ancora più indietro la testa sul cuscino cercando di evitare il suo sguardo. “Non riesco a stare fermo Hermione. Non ci riesco. Se rimango fermo..penso.”

“E se ci fossi io con te?”

Lui tornò a guardarla, quasi arrabbiato da quella proposta. “Devi tornare a lavoro!”

“E’ solo sabato mattina e lunedì posso prenderlo di ferie”

“A causa mia ti sei allontanata dalla missione.” ricordò lui spingendola via e sedendo sul letto, incazzato di nuovo con se stesso. Ma Hermione ridusse di nuovo la distanza fra loro, abbracciandolo.

“Era ormai agli sgoccioli Sev, veramente. Avevo fatto tutto il necessario. Ho anche già fatto recapitare il rapporto. Fino a lunedì sono una semplice impiegata col weekend libero e ho tantissimi giorni di ferie accumulati. Ho detto che avevo avuto un’emergenza familiare e nessuno ha detto niente.” visto il silenzio ostinato provò a convincerlo ancora “Sai come sono sempre super diligente e tutti erano solo preoccupati che non fosse nulla di grave. Veramente, non è successo niente.”

Lui non era convinto, le braccia conserte mentre si appoggiava alla testiera del letto, spazientito.

“Quando l’hai scritto il rapporto? So che ci tenevi particolarmente a chiuderlo tu.”

Era tutta colpa sua. Perchè diamine lei era lì con lui a rischiare il lavoro a causa sua?

“S-stanotte?” ammise Hermione non in grado del tutto di mentire.

“Non hai dormito neanche un’ora?”

“Ehm…”

“Hermione questo mi fa sentire ancora peggio...” ruppe finalmente quella posizione chiusa, accarezzandola per la prima volta. Ancora indegno, ma non riuscì a trattenersi.

Lei si abbandonò a quella carezza, quasi facendo le fusa. Realizzò in quel momento quanto gli era mancato.

“Che ne pensi allora di questo mio piano diabolico? Io mi riposerò, qui, accanto a te, e non faremo assolutamente nulla per 48 ore che non sia stare in questo letto.” Indicò il letto, mentre in un momento di assoluta follia alzo le coperte per mettersi vicino a lui.

In fondo non avevano mai condiviso il letto dopo quell'innocente volta insieme e quella notte l’aveva passata fra lo scrittoio che aveva occupato abusivamente e sulla sponda del letto a controllare Severus delirante.C’era ancora imbarazzo, palese.

Se lui fosse infastidito dalla sua presenza, non lo dava a vedere. Incrociando di nuovo le braccia però le chiese imperterrito: “E i tuoi piani per il weekend?”

“Severus devi smetterla di pensare che tu sia un piano secondario. Io voglio stare con te. La mia vita è veramente quella di una ragazza della mia età che vuole stare col suo ragazzo.” Usò appositamente quella parola che lui aveva definito per “giovani” per cercare di smorzare l'atmosfera. 

“Un “ragazzo” che non fa altro che ferirla.” riuscì anche a virgolettare in aria con le dita la frase, cosa che Hermione trovò abbastanza divertente, anche data la situazione.

“Questo non è vero.”

“Mi hai perdonato Hermione?”

La domanda cruda e diretta era perfettamente da lui.

Hermione lo guardò intenerita, per poi avvicinarsi e baciargli la guancia. Era la prima volta che gli vedeva un po’ di ricrescita della barba, notando che l'aveva molto rada. 

“Perché mi hai detto quella cosa?” gli chiese appoggiando la sua testa sulla sua spalla. Gli diede il beneficio del vantaggio di non guardarla negli occhi ma lui le prese il mento e la fece voltare verso di lui. Gli occhi neri in tempesta raccontavano del suo passato fatto di solitudine e tristezza.

“Perchè...mi sono sentito davvero così. Facevo tutto per Lily. Per farla contenta. Ma...questo non c’entra niente con te. Con noi. Non sono più un quindicenne. E probabilmente se avessi dato retta a Lily non sarei stato l’animale addestrato di due padroni per vent’anni.” si passò una mano sul viso, coprendolo, quasi sconvolto dalla sua stessa ammissione. Trovò il coraggio di guardarla di nuovo. “Questo comunque, non mi giustifica. Volevo allontanarti. E come sempre, sono sempre bravo a colpire laddove fa più male. Ma tu sei qui, e io mi sento un verme.”

Fu la volta di Hermione di non avere il coraggio di sostenere il suo sguardo, per una volta. Lei, sempre fiera e coraggiosa non riusciva a guardarlo.

“Ho davvero paura di non essere abbastanza…” esordì dopo un lungo momento di silenzio.

“No Hermione, non è così! Tu...tu sei tutto.” si passò le mani sul viso e sui capelli, cercando di trovare le parole giuste ma lei lo abbracciò, di sorpresa. “Ti ho perdonato. Voglio solo sapere...ora sei convinto che voglio davvero starti accanto? Ora sai che non me ne andrò nemmeno se vorrai usare cattiverie nei miei confronti, anche ora che il nostro rapporto è cambiato?”

Lui ricambiò l’abbraccio, lasciandosi andare sulla sua spalla. “Non so cosa ho fatto per meritarmi te. 

“Penso che tu abbia scontato già fin troppi anni di sofferenza. Devi promettermi che non penserai più che io possa lasciarti. Non lo farò mai.”
Lui la guardò e dopo quello che le era sembrato un tempo infinito ma non erano nemmeno ventiquattro ore, lui le sembrava tornato il suo Severus.

“Mai? E’ una promessa impegnativa Hermione.”
“Mai.”

Il suo sguardo deciso sembrò convincere Severus che le sussurrò “prometto” sulle labbra.

Sentì il suo cuore perdere diversi battiti 

“Allora, accetti la mia proposta diabolica?”


Non riuscivo a dirti che mi ricordavi di lei
Mi ricordavi di lui, ero fuori da poco
Ho visto foto di te
Il tuo compagno, una bambina
Poi quella casa l’hai finita


Accettò e per le prime quarantotto ore della sua vita si riposò e oziò, due anni dopo quella volta a Spinner's End. Dormì, tantissimo all’inizio, fra le braccia di Hermione. Non aveva mai sperimentato niente del genere e forse si stava a malincuore abituando a quel calore e quei baci leggeri. Si sentiva stranamente e vergognosamente al sicuro, mentre lei lo aveva avvolto fra le sue braccia e continuava a baciargli la testa e strusciare le guancia di tanto in tanto, mentre leggeva o sonnecchiava. Si era arreso alla beatitudine e aveva semplicemente ceduto al sonno. Una di queste volte, sentì la testa di Hermione fare capolino fra le sue braccia. Con più naturalezza rispetto alla prima volta la prese a sé e cominciò ad accarezzarle i capelli mentre le baciava la fronte, come aveva visto fare da lei? Poteva farlo anche lui? Era capace di dare affetto a qualcuno? Era così bella e le era mancata così tanto fra le sue braccia da che avevano dormito insieme quell’unica notte. La sua mente più chiara lo fece vagare in silenzio fra i suoi pensieri ingarbugliati. 

Cosa provava per quella ragazza che teneva stretta a sé come fosse un tesoro prezioso? Quanto ancora avrebbe mentito a se stesso? Era innamorato di Hermione. Non sapeva quando fosse accaduto. Eppure era successo e ora aveva bisogno di accettarlo. Doveva concedersi la possibilità di amare qualcun altro. Hermione gli aveva dimostrato che l’amore era ben altro che essere legati a un ricordo di qualcuno che non ti aveva mai accettato. Lily non l’aveva mai perdonato. Era stato orribile per lui e le conseguenze di quel suo unico gesto lo avevano portato ad azioni irreparabili che avevano causato un senso di colpa con   cui aveva convissuto per più di vent’anni. 

E poi era arrivata Hermione a decidere che lui doveva ancora vivere e aveva smontato mattone per mattone quei muri che aveva eretto per difendersi da tutto. 

l ricordo di Lily era ormai..solo un ricordo.  

La strinse a sè aspirando il suo profumo, ricadendo tra le braccia di Morfeo in pace, per una volta. 


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Cow-t 11, settimana 3, 
Prompt: - M1 - Prompt  "Age difference"  
Fandom: Harry Potter
Numero Parole: 3836
 



 Era una mattina come molte altre, negli assolati appartamenti del Professore di Arti Oscure. Hermione non si era ancora abituata, nonostante le innumerevoli volte che era rimasta a dormire lì, al sole che le lambiva dolcemente le guance la mattina presto.
 
Contrariamente a ciò che si poteva pensare, Severus non era mattiniero. Soprattutto ora che poteva finalmente dormire e non più essere schiavo degli orari della sua vita da spia. Ogni mattina che si risvegliava nel letto con lui, la giovane maga adorava rubare quei momenti in cui l'uomo dormiva, soprattutto da quando riusciva a dormire più serenamente.
 
Hermione si girò, cercando di approfittare di quel momento di estrema fiducia - sapeva che per anni il mago non aveva mai dormito del tutto, sempre con un briciolo di coscienza in allerta - per vedere le linee del suo volto addolcirsi, dalla pelle chiara distesa dal sonno, e contemplare tutte le cicatrici del- DOV'ERANO LE CICATRICI? Hermione portò una mano alla bocca silenziosamente. "Ma cos..." il sussurro strozzato dalla voce appena sveglia misto a shock nel trovarsi con qualcuno che non era Severus. 
 
Mille pensieri orribili le attraversarono la mente mentre posava gli occhi sul giovane con i capelli lunghi che le dormiva accanto, la pelle diafana perfettamente integra.
Era stata drogata? Aveva avuto uno scontro? Era stata rapita? 
Scosse la testa, il milione di pensieri che l'aveva inondata nel giro di un nanosecondo che cerco di fermare con una mano in aria. 
 
"Ragioniamo" disse sottovoce ricomponendosi e sporgendosi al lato del letto sollevando con due dita delicatamente una lunga - molto più lunga di quanto avesse i capelli Severus - ciocca di capelli perfettamente corvini, l'unica cosa che condivideva col suo compagno, finora.
 
Eppure, appena sollevò la ciocca non poté far altro che strozzare un espressione sbalordita nuovamente: il naso inconfondibile del suo compagno era lì, sproporzionatamente grande, adunco, storto e...giovane. 
 
Nel senso...non una ruga intorno al lato delle labbra. La pelle diafana, quasi trasparente delle guance era priva di segni del tempo e il ragazzo, l'uomo?, appoggiato sul cuscino respirava lentamente, ancora addormentato.
 
“Severus..sei..veramente...tu?” sussurrò incredula mentre cercava di capire cosa fosse successo, una sensazione di smarrimento che la pervase subito.
 
Ma un weekend normale, loro, mai?
 
“H-hermione?” il tono della voce, basso ma strano, troppo strano,  la fece allontanare di scatto, quasi inorridita, mentre con uno scattò il ragazzo si sollevava verso di lei, allarmato dal suo atteggiamento sospetto.
 
"Oh per la barba di Merlino" esclamò a voce alta, vedendo un ragazzo della sua età. Severus della sua età. Era innegabilmente lui: i lunghi capelli neri, che scendevano però più di oltre le spalle, quasi mossi. Gli occhi neri privi delle sottili rughe intorno agli occhi erano comunque segnati da occhiaie che in fondo, non erano così viola. Aveva visto ben di peggio. Il naso adunco era comunque storto, ma su quel viso così giovane sembrava davvero fuori posto.
La prima reazione inconscia fu comunque di pensare che fosse stranamente...bello?
Per quanto poco mattiniero, Severus era comunque una di quelle persone che era immediatamente sveglia nel secondo in cui aprivano gli occhi. Spesso era scocciato o infastidito ma era sempre e comunque del tutto cognitivo. Guardò la sua compagna con preoccupazione, mettendola a fuoco vagamente - stava invecchiando e aveva bisogno degli occhiali, perchè la vedeva così? - ma mentre si sporse verso di lei notò le rughe intorno ai suoi occhi. Erano sottili, ma non se l'era immaginato, erano lì. 
 
“Severus?” chiese lei tentennando, quasi come conferma. "S-sei tu...più giovane?"
 
L'uomo si guardò le braccia dopo aver spalancato gli occhi nerissimi quasi scioccato. Era incredibile vedere quelle espressioni sul suo volto così...innocente, in un senso inspiegabile. Il mago scrutò le sue braccia prive di cicatrici, il marchio oscuro presente e sbiadito, ma nessun segno di lotte e maledizioni e anni di pozioni schizzate da calderoni. Erano comequando aveva iniziato... a insegnare? 
 
"Che Morgana mi assista..."  trovò la forza di commentare prima di intrecciare lo sguardo con Hermione. Senza nemmeno aspettare di vestirsi, lui indossava solo i pantaloni e lei solo una camicia larga a quadri, si fiondarono davanti allo specchio, spaventati loro malgrado.
 
"Severus tu sei...un ventenne!" talmente assorta dall'aspetto del suo compagno aveva ignorato talmente se stessa. Con uno sguardo sornione, mentre con un braccio si abbracciava la vita snella, ancora più snella di quanto già non lo fosse a 40 anni, e con l'altro appoggiato sopra si sfiorava il mento, la squadrò dalla testa ai piedi. 
 
“E tu..beh, mia cara, non so come comunicarti questa grave notizia ma sei invecchiata" le disse con malagrazia. "Ma non so se mi lamenterei…” aggiunse quasi subito ma l'urlo di Hermione coprì il suo commento, portandolo a coprirsi le orecchie.
 
“Ahhhhhhhhhhhhhhh!” la ragazza si spiaccicò quasi contro il vetro riflettente, indugiando sulla sua figura. Era ancora esile, ma sicuramente meno tonica. Toccò il viso, non particolarmente toccato dalle rughe ma la pelle era più secca e meno lucida. Non sembrava avere più di trent'anni ma lei sapeva la realtà tradotta nella realtà magica. Era...una bella donna di oltre quarant'anni.
 
“Voglio morire…” sussurrò guardandosi le braccia magre ma velate dal passaggio dell'età. I suoi capelli erano ancora un disastro appena sveglia, la sua unica certezza in quel momento.
 
“Ah ecco ora capisci come ci si sente?” Disse Severus avvicinandosi allo specchio e sovrastandola, mentre lei lo guardava atterrita. Lui sembrava pienamente a suo agio e questa cosa la imbestialiva al quanto.
 
“Come puoi essere così calmo! Ci siamo praticamente scambiati le età!” 
 
Lui annuì, guardando il suo viso riflesso nello specchio, passandosi una mano sulle guance ancora più glabre del solito. Era stranamente...poco preoccupato da quella situazione, forse perché ne aveva passate già fin troppe, o forse perchè... “Come puoi biasimarmi se mi diverto un po’? Non capita tutti i giorni di tornare ventenni.” disse sghignazzando. Quella smorfia sul volto di  un Severus giovane fu la botta definitiva al suo debole cuore. L'idea di avere per un po' il suo compagno suo coetaneo la divertiva. Meno il fatto che lei fosse invecchiata, ma al momento era troppo sopraffatta da quel sorriso storto. Hermione lo guardò meglio. “Certo che vederti così...dal vivo...altro che la foto che avevo trovato degli anni 80...” disse avvicinandosi un po’ e guardandolo più da vicino. Severus era...beh era decisamente diverso. Il naso, sì, vero, sempre lo stesso ma gli occhi meno cerchiati e la mancanza rughe e borse si notava. La pelle era pallida, quasi trasparente e liscia, liscissima al tatto. 
“Accidenti..anche la cicatrice è sparita!” esclamò mentre gli passava una mano sul volto e la realizzazione la colpì come un fulmine a ciel sereno.
 
“Se è per questo, tutte le ciccatrici sono sparite. E' una situazione interessante questa…non pensavo avrei potuto peccare di vanità, ma non sono affatto dispiaciuto”
 
Lei lo allontanò guardandolo stralunata e infastidita “Severus sii serio per favore!” e poi comprese. “Ah no. Sei serio...è solo la tua voce, più giovane!” Il tono era sempre profondo e la dizione impeccabile, ma era meno roca e le corde vocali non erano state mai toccate dal morso di Nagini.
 
“Ebbene.” disse guardandola con un sorriso. I denti almeno erano sempre quelli storti, e tirò un sospiro di sollievo nel riconoscere i tratti da lei così amati e conosciuti. 
Sorrise, suo malgrado. “Severus Snape com’è possibile che qualcuno a vent’anni ti trovasse veramente così brutto?”
 
Lui la squadrò e poi si guardò allo specchio. “In effetti Hermione, non ne ho proprio idea. A riguardarmi ora non ero certo così inguardabile, naso e denti storti a parte..ma sarebbe bastato non parlare...e per la cronaca, contando che ho il marchio, credo che ci siamo scambiati le età. Ho tecnicamente 23 anni e tu 42.” 
 
Hermione si guardò, perplessa. “Quarant'un anni...certo non capita tutti i giorni avere un anticipazione del futuro...E io? Sono ancora...attraente?” chiese titubante, rivolgendogli lo sguardo. Severus, che strana sensazione sentirsi guardata così da lui in quel momento, la osservò attentamente. L'uomo non aveva ancora realizzato il perché o il percome di cosa fosse accaduto, e questo gli suonava come un terribile campanello di allarme, ma di una cosa era certo. Hermione sarebbe rimasta una bella donna anche a quaranta, sessanta, cento anni. Cercò di vederla il più oggettivamente possibile: non poteva dire che la sua bellezza fosse devastante, ma era innegabile che avesse dei bei lineamenti, il sorriso era ancora solare e caldo, e la sua maturità lo faceva sentire...molto più a suo agio. Non era un mistero che la loro differenza di età lo facesse sentire a disagio a volte e vederla così lo faceva sentire molto più...sicuro di sè. Non sapeva veramente se Hermione sarebbe rimasta con lui tutto quel tempo. lui lo voleva, certo che lo voleva, ma non avrebbe mai dato per scontato il contrario. Scosse la testa cercando di non pensare a quell'eventualità Rivedersi così giovane...seppure col marchio, lo aveva scosso. Si sentiva come in vacanza da se stesso, e sebbene destabilizzato era una sensazione elettrizzante. Probabilmente anche i suoi ormoni erano regrediti e senza il peso delle responsabilità che aveva avuto vent'anni prima si sentiva. Le si avvicinò suadente, chinandosi a baciarle il collo.
 
“Oh strega, sei decisamente una bella donna della mia età…e non vorrei deluderti dicendo che forse ti preferisco così...”
 
"Ma come!? E i vantaggi di avere una fidanzata giovane?"
 
Lui la squadrò, quasi sconvolto. "Quali vantaggi? Sai benissimo che la nostra differenza di età mi ha sempre perplesso!" E non so nemmeno se avremo mai veramente l'occasione di vedere il tempo appianare questa differenza...
 
Hermione avvertì qualcosa di non detto nell'aria e decise di lasciar perdere. non aveva ancora realizzato cosa gli stava accadendo, ma le piaceva vedere Severus per una volta quasi...spensierato? Sapeva bene che quel periodo della sua vita non lo era stato affatto, quindi poteva capire perché trovava la situazione quantomeno intrigante. “Bene, almeno sai che cosa ti aspetta in futuro…” decise di rispondere quasi flirtando, suo malgrado, buttandogli le braccia sulle spalle e chiudendo gli occhi per un momento, rimasero così, fronte a fronte.
 
“Mi dispiace che io non possa fare indietro nel tempo.” la voce di Severus, così strana, ruppe il breve silenzio. Di solito, sentirlo parlare e dire cose di quel tipo la faceva rimanere spiazzata. Ma ora, vedendolo così giovane fra le sue braccia sentirlo dire qualcosa del genera la spezzava. Avrebbe voluto fare qualcosa per potergli evitare quei lunghi venti anni davanti a lui, ma nell'81 aveva solo due anni.
 
Scosse la testa, accarezzandolo e meravigliandosi ancora una volta della morbidezza della sua pelle pelle, senza neanche quell’accenno di barba che sapeva lui avere sparuta sulle guance e sempre rasata. “Sei molto esotico così. Ma mi mancano già tutte le tue rughe.” sorrise prima di baciarlo.
 
“Se non fossi tu non ti crederei. Strega.” si baciarono con passione, ed Hermione non si trattenne a passare le mani sulle spalle e sul petto nudo. Severus solitamente era in forma, un fascio di muscoli tesi e asciutti, niente di esagerato ma di certo erano muscoli che erano stati letteralmente sudati soprattutto dopo che si era ripreso dal coma. Ricordava ancora com'era secco e svuotato, il tono muscolare inesistente. Ora invece, sebbene la vita era ancora più snella di prima,  i muscoli e il tono erano derivati solo ed esclusivamente dal fatto che era...giovane. Si ritrovò ad accarezzargli avidamente i fianchi, prima di fermarsi , scioccata.
 
 “Oddio….ho realizzato di avere quarant'anni da meno di un quarto d'ora e già mi sento in colpa a baciarti e toccarti?” si portò la mano alla bocca, sconvolta.
 
Lui incredibilmente, rise buttando indietro la testa, i capelli leggermente più lunghi un manto nero che lo seguiva nei movimenti. "Ora capisci come mi sento, quindi?" 
 
La maga annuì, notando, quando si ricompose, che i capelli neri e folti arrivavano poco sotto il petto invece che appena sotto le spalle e che erano solo leggermente unti sulle radici. Probabilmente perché nonostante ora avesse la situazione più sotto controllo a poco più di vent'anni i suoi ormoni erano più...sballati. Oddio, e quindi i suoi? Si rilassò solo pensando che le maghe avevano la meno pausa molto, molto dopo le babbane. 
 
"Sai che mi piacciono molto i capelli così lunghi?"  commentò attorcigliando affascinata una ciocca intorno alle sue dita. "Sono anche più...mossi?" lui si riguardò allo specchio, sbuffando e riavviandoseli con una mano. "Qualsiasi cosa sia successa, ti posso assicurare che non mi ha riportato esattamente com'ero. A 22 anni ero così magro, ma non avevo questa aria...salubre. E i miei capelli erano decisamente in condizioni orribili. Vivevo con la testa nel calderone e avevo rinunciato del tutto a curarmene. Diciamo che è come se...questo fossi io, ora, in "salute" nel 2001, ma ringiovanito cellularmente. Ritornando a ritroso probabilmente i miei ormoni sono un po' cambiati, ma è rimasto comunque il fatto che al momento non sono sottopeso e ho il tempo e la voglia di lavarmi. Quindi un'indizio utile è che non è un qualcosa legato a momento nel tempo esatto, ma qualcosa di diverso."
 
Hermione si rispecchiò, portandosi pensierosa le mani congiunte sulla bocca, riflessiva. Non era dispiaciuta dal suo aspetto. "Quindi per me vale il fatto che solo le mie cellule sono invecchiate ma ho i capelli ad esempio come ora, quando magari a quarant'anni deciderò di tagliarli, chissà." 
"Esatto."
 
Si lasciò cadere a terra la camicia che indossava, e nuda si mostrò allo specchio, scoprendo che i tatuaggi sul suo collo erano anch'essi più invecchiati. 
 
"Beh almeno posso dire di essere convinta di non essere pentita dei miei tatuaggi."
Notò lo sguardo famelico del suo compagno che esprimeva tutto senza nemmeno aver bisogno di parlare. "E io posso dire che anche da quarantenne avrai un fisico invidiabile..."
 
Lei lo lasciò vagare deliberatamente sul suo corpo, piroettando lentamente su se stessa. "Sono contenta Severus, perché ti assicuro che fra vent'anni sarò ancora qui e questo è quello che ti aspetta."
Lui sorrise, impercettibilmente, ripensando a quanto si era detto poco prima. Lo slancio sessuale archiviato al momento, troppo sopraffatto dalla sensazione sicurezza che gli aveva inconsapevolmente donato, la baciò con innocenza sulla fronte, prima di riprenderla fra le braccia.
 
"Cosa diavolo è successo? E perché ora?" sentì la sua strega rimuginare poco dopo, quasi come se non avesse mai smesso di pensarci da che si era specchiata.
 
"Non lo so, e al momento non mi interessa..." le sussurrò all'orecchio prima di prenderla fra le braccia e portarla a letto.
 
"Severus cosa stai facendo?"
"Un test prettamente scientifico sulla mia stamina dei vent'anni. E' per la scienza."
Lei rise mentre sopraffatta dal desiderio si lasciava adagiare sulle lenzuola.
 
 
 
"Assodato che la tua stamina è perfettamente in linea sia a quaranta che a vent'anni, ora, possiamo concentrarci su cosa fare per capire come tornare normali?"
 
Lui le baciò le dita, mentre rifletteva sul da farsi, ma per la prima volta in moltissimo tempo si sentiva...totalmente irresponsabile.
 
"Assodato che anche la tua di stamina Hermione non è assolutamente un pericolo nel tuo immediato futuro da qui a vent'anni...sinceramente, non ho idea."
 
La maga lo guardò stralunata, era la prima volta che sentiva Severus Snape, re delle responsabilità e persona che odiava qualsiasi minimo cambiamento nella sua vita, reagire così. Si chiese se qualsiasi cosa fosse successa avesse avuto un impatto anche...mentale, ma su di lei non sembrava avere  avuto questo effetto. 
 
"Mi sembra assurdo che tu mi dica una cosa simile!" esclamò più sorpresa che piccata. 
 
“Non so se sia così assurdo...prima vorrei divertirmi un po’. Direi che è perfettamente comprensibile” Il sorriso mefistofelico che le mostrò era troppo affascinante. Non aveva un dente che fosse dritto eppure lei lo trovava estremamente pericoloso e sexy.
 
“Dimmi qual è il tuo piano…ti prego”
 
Lui la baciò rapidamente, poi con un elegante movimento, anche quello non era cambiato, si diresse in bagno intenzionato a farsi una doccia ma prima di entrare nella stanza si girò a guardarla.
 
"Per una volta in vita mia Hermione...non ho piani."
 
Lei scioccata rimase a guardare la porta chiudersi mentre cominciava a realizzare in che diamine di casino si era ritrovata suo malgrado.
 
 
 
 
 
"Ma in che senso...vi siete scambiati le età?"
 
"Non fare il finto tonto George Weasley perchè sono sicura che tu lo sappia benissimo. Sembra proprio uno degli scherzi che faresti tu!" 
Hermione era infervoratissima, mentre si scagliava contro quello che riteneva il suo Weasley preferito, persino di Ron. Questo però non gli dava certo il diritto di incasinargli la vita. Tollerava i suoi scherzi e le faceva ridere come George cercasse sempre, con scarso successo, di ingraziarsi il suo ex professore. Si sarebbe quantomeno aspettata uno dei sguardi gelidi del suo compagno, seppure in forma più giovane, e invece solo lei si era subito spinta a cercare il proprietario del negozio nel retrobottega, non dandogli nemmeno il tempo di fiatare. Severus sembrava totalmente disinteressato mentre sembrava guardare per la prima volta il negozio e ciò che conteneva, con la sua usuale posa con le braccia incrociate dietro. George ignorò l'ultima frase pronunciata dalla maga per fiondarsi davanti a Snape, incantato. "Per Merlino, che darei affinchè Fred fosse qui!" l'espressione, detta spesso ridendo, non era rara sulla bocca del gemello superstite. Soprattutto quando c'era qualcosa di particolarmente bello che avrebbe voluto condividere con lui. Severus continuò a guardarlo in silenzio, l'espressione imperscrutabile. "No Snape, non riuscirai proprio a intimidirmi. Santo dio, per chiunque potresti avere l'aspetto di un cantante metal babbano! Chi accidenti ti riconscerebbe?"
"Ecco, è arrivato il giorno in cui invece di slabbrargli l'orecchio lo ammazza davvero." pensò inorridita Hermione mentre già pensava a disarmare Severus in qualche modo per evitare il peggio.
 
Incredibilmente, l'uomo alzò solo un sopracciglio indicandosi il volto. "Per quanto abbia segretamente sempre voluto essere un membro dei Black Sabbath, difficilmente qualcuno non riconoscerebbe questo naso."
George si girò verso Hermione in estasi. "Oggi è Natale vero? Oggi è il giorno in cui voi due cervelloni finalmente avete unito le forze per vendicarvi di tutti i miei scherzi emi state mettendo alla prova vero? Non c'è nessuna magia possibile che possa far citare a Snape i Black Sabbath mentre non mi uccide per ciò che ho appena detto."
"Ah allora lo sai che stai rischiando la vita, brutto scemo??" Hermione era sconvolta quanto il suo ex-quasi-cognato, ma almeno era sollevata di non aver dovuto interrompere quantomeno un Cruciatus.
 
Severus sembrava totalmente indifferente al dialogo fra i due, tecnicamente, più giovani e continuò il suo giro nel negozio, incuriosito.
 
Hermione e George lo guardavano come fosse un marziano.
 
"George, perchè non sei nemmeno la metà sconvolto di vedermi invecchiata?"
"Scusa Hermione, con tutto il rispetto, ma chi se ne frega!"
"Come scusa?"
Eccitatissimo l'uomo indico il mago a poca distanza. "Ma tu hai capito che quello è Severus Snape a 20 anni? Io e Fred avremmo pagato per aver fatto avvenire una cosa del genere."
Stai veramente dicendo che tu non hai nulla a che fare con tutto questo?" Hermione incrociò le braccia, irritata. 
Dopo aver perso metà della mattina a esplorare for science il sesso a età invertite ad un tratto la sua ansia aveva preso il sopravvento e aveva proposto di andare dall'unica persona che poteva essere in grado anche solo di pesnare una cosa del genere.
 
Severus l'aveva seguita pigramente dopo aver tirato fuori una maglietta nera a maniche corte dall'armadio, senza nemmeno preoccuparsi di coprire il marchio oscuro e ovviamente senza indossare il foulard che gli aveva regalato poichè non c'era nessuno squarcio sul collo da coprire..
 
"Ho dovuto pregarti per metterti una maglietta nera in passato." aveva fatto notare prima di pensare di apparire a Diagon Alley, ma lui le aveva sorriso malizioso. "Mi sto solo adeguando alla mia giovane età. Peccato non avere una di quelle felpe che ora vanno di moda fra i giovani babbani."
E ora era lì,che vagava come fosse un semplice avventore, quasi passabile per uno studente dell'università.  
"Severus perchè questo rinnovato interesse per il negozio? Non mi pare che tu abbia mai avuto interesse al riguardo."
"Perchè non mi ero mai preso il tempo di girare. Dato che è inutile stare qui almeno metto a frutto la visita."
George era sempre più sorridente. "Santo Merlino questo è il più bel giorno della mia vita." tutta quella situazione assurda e surreale lo elettrizzava e non riusciva a contenere quasi l'entusiasmo di mostrare tutti i suoi più grandi best seller.
"Ti ricordo che hai avuto un figlio di recente..." Hermione lo incenerì prima di avvicinarsi a braccia conserte al suo nuovo toy-boy. "Posso sapere perchè questa visita è inutile?"
"Perchè è evidente che George Weasley non ha nulla a che fare con questa cosa."
"E perchè mi hai seguito allora?"
"Avrei avuto altro di meglio da fare?"
"Ma allora dillo che non ti interessa capire che cosa sta succedendo."
Lui era serissimo mentre le rispondeva semplicemente "Esatto."
George mise le mani alla bocca, mentre quella versione giovane del suo professore si chinava verso Hermione , non li aveva MAI mai visti così vicini in tre anni nemmeno a Natale.
 
"Perdonami, ma penso che mi godrò i miei vent'anni, mentre la mia ancora più saggia strega più brillante della sua era troverà sicuramente la soluzione a questo." sottolineò l'ultimo parola sventolando un impertinente dito fra loro due. 
"Cosa??" Ma sei impazzito?"
"No, al contrario, sono serissimo."
"Severus tu hai lezione fra una settimana." 
 
"Ci metterai molto meno a trovare la soluzione Hermione, lo sappiamo."
"Ma come? Come faccio senza di te a venirne a capo?"
"Ma puoi tranquillamente scomodare quei due impiastri che reputi i tuoi migliori amici e fare una riunione come ai vecchi tempi. Poi non ho detto che mi negherò, ho solo detto che voglio godermi la situazione" Severus scosse le spalle mentre si rivolse a Wealsey, guardandolo negli occhi.
 
"George, quanti anni hai? Ho insegnato a cosi tanti di voi che ho perso il conto."
 
La verità è che in realtà anche Severus ventitreenne faceva paura. 
"24, signore. Alla fine ho solo un anno più di Hermione."
"Signore? Non avevi detto che non ti intimorivo?"
"Eh, le vecchie abitudini."
Nel mentre l'altro mago aveva accorciato le distanze. "Quindi, che si fa solitamente a 24 anni, George?"
Il mago dai capelli rossi guardò il cielo per un attimo. "Fred io lo so che questo è un tuo regalo", esclamò mentre con molta casualità metteva una mano sulla schiena di Severus fucking Snape. Con entusiasmo lo invitò a seguirlo, mentre l'altro non dimsotrava nessun problema nel vedere il suo spazio personale violato più che abbondantemente.
 
Hermione li guardava totalmente basita, mentre cercava di capire se oltre a ringiovanire Severus avesse subito qualche danno cerebrale che nemmeno un minuto senza ossigeno, dissanguamento e battito piatto erano riusciti a causargli.
 
 
 
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Cow-t 11, settimana 2, 
Prompt: - M2 - Prompt  "Avere e non avere"  
Fandom: Dragon ball
Numero Parole: 1392


Lo specchio però le rimandava un’immagine differente. Bulma si risistemò il tubino nero aderente. “Sono una stronza eh Vegeta? Chissene frega di cosa pensi.” Si infilò i tacchi più alti che possedeva arrivando a sfiorare un’altezza per lei vertiginosa. Fece qualche passo, sfilando per se stessa davanti allo specchio. I suoi movimenti erano fluidi ed eleganti nonostante il tacco e il plateau. 
“Alla faccia tua, disgraziato.” prese la borsetta e si avventurò fuori dalla sua stanza, guardinga.
Ma certo, tanto non l’avrebbe mai incontrato, chiuso in quella dannata gravity room, la sua auto prigione.
Trunks dormiva da ore nella sua cameretta e lei doveva uscire. Aveva bisogno di sentirsi bella, bere dei drink e far finta che era ancora Bulma Brief, la più ricca ereditiera del mondo, genio e ambita da tantissimi uomini.
E invece, brutta cretina, si era impelagata con un uomo che non era nemmeno un essere umano, un alieno per di più!, che nonostante i progressi, e una proposta di matrimonio imbarazzata continuava a farla dannare. 
Ci aveva sperato di incontrarlo e sbattergli in faccia la sua bellezza sfavillante soprattutto dopo quelle parole così crude che le aveva rivolto poco prima. “Pensi davvero che qualcun’altro oltre me sopporterebbe una stronza come te? Non sei neanche più neanche l’ombra di una femmina ormai.”
 
 
E cosa aveva fatto per meritarsi quell’astio? Non ne aveva assolutamente idea. 
Ovviamente non incontrò Vegeta, si mise in macchina incazzata e decisa a bersi tutto il locale. Sola, perchè non aveva amiche con cui sfogarsi, Chichi non era esattamente una con cui parlare di certe cose, e 18 per quanto grata per l’aiuto con la sua gravidanza era ancora sulle sue.
Arrivò al Diamond Dust e si diresse direttamente all’entrata riservata ai vip. Aveva bisogno di sentirsi di nuovo giovane e bella. Per un attimo pensò di chiamare Yamcha ma non poteva essere una soluzione perchè Yamcha era ancora palesemente innamorato di lei nonostante la relazione ormai stabile con Vegeta. Stabile...cosa era stabile nella sua vita? Aveva ottenuto Vegeta coinvolto nella sua vita quotidiana, ogni giorno conquistandosi un pezzetto della sua terribile maschera di superbia, e aveva ottenuto un padre per suo figlio. Ma delle volte...delle volte litigavano e basta, e non il  loro solito battibeccare.
Non sapeva neanche lei il perchè stavolta. 
 
Entrò nel privè con un cameriere che portava una bottiglia di champagne che valeva quanto la sua macchina. Voleva scolarsela e poi scendere e farsi avvolgere dalla musica e tornare a casa felicemente brilla e riposata. Avrebbe risolto con Vegeta il giorno dopo, nella sua tuta da laboratorio.
Non valeva nemmeno lo spreco del suo vestito nero. 
A volte le sembrava di sfiorare il cielo con un dito: quei rari momenti in cui lei e Vegeta riuscivano a entrare veramente in sintonia, oltre che a letto, erano per lei preziosi. L’aveva sentito ridere se non spesso almeno abbastanza da poter essere contate sulle dita di una mano.  E lei stupida che aveva confuso quei momenti di intimità come amore. Che illusa...ma perchè dirle di amarla, sebbene solo una volta, per poi trattarla così? Era migliorato? Sì, certamente, ormai erano in una fase della loro relazione doveva avevano effettivamente ammesso i loro sentimenti e sembrava davvero che il principe dei saiyan fosse intenzionato a mettersi d’impegno per capire come funzionava un rapporto…
E invece quella sera non riusciva a capire nemmeno perché avessero litigato e perchè si fossero insultati così.
Bevve un ricco sorso di champagne, illusa nel ripercorrere la breve ma furiosa litigata. Vegeta con lo sguardo assassino che le dava della stronza mentre lei lo aspettava a braccia aperte fuori dalla gravity room. Lei che non capiva e chiedeva perchè. E poi loro due, infuriati, che non riuscivano a parlare ma solo a insultarsi malamente.
Non era il momento di pensarci, era inutile ripercorrere quella sequela ridicola di parole senza senso. Le scale che dal corridoio dei privè portavano alla pista da ballo sembravano già molto meno sicure di prima con quei tacchi vertiginosi. 
Voleva spogliarsi scendere da quei trampoli e andare a mettersi nel loro letto. Erano riusciti anche in quello, dannazione! Scosse la testa, mentre si concentrava a fingere di essere una ventenne senza pensieri e non una madre di famiglia con una relazione a dir poco assurda con un alieno dai capelli sparati.
La musica non era nemmeno granchè, era davvero vecchia ormai, ma si lasciò cullare dai suoi ritmici mentre ondeggiava i capelli lunghi al vento.
Era così facile lasciarsi andare alla musica, ma una parte di sè sapeva che era solo una bugia che raccontava a se stessa. Non riusciva a smettere di pensare a Trunks, agli occhi di Vegeta colmi di collera. Di lui non aveva mai avuto paura, neanche nei momenti peggiori, ma quella sera aveva scorso in lui qualcosa di diverso.
Era forse dolore quello celato nel suo sguardo?
Perché quell’uomo era così incapace di spiegarsi? Era colpa sua. Avrebbe dovuto insistere nel capire cosa fosse successo piuttosto di dargli contro. Aveva perso la pazienza senza motivo. Non si era mai sentita così demotivata, del resto durante le loro litigate era sempre stata convinta di essere nella parte della ragione e solitamente lo era. Non sapere perché era stata trattata a pesci in faccia, quasi peggio dell’inizio della loro relazione o quasi peggio di non essere salvata da un aereo in fiamme con in braccio suo figlio. Si fermò di colpo, in mezzo alla pista. Li aveva sentiti gli sguardi degli uomini intorno a lei ma nessuno si era avvicinato. Non aveva più vent’anni davvero, era circondata da ragazzini. Le sembrava di vedere Vegeta ovunque, per un attimo davvero l’aveva intravisto nella sua mente. Ferma, mentre tutto il mondo andava avanti pensavba a tutto ciò che aveva conquistato nella sua vita.
Aveva tutto.
E non aveva niente.,
Avere e non avere, il binomio dell asua esistenza.
Aveva ricchezza, potere, prestigio.
Ma nonostante gli anni, la fatica e i litigi evidentemente non aveva il cuore di quell’uomo bastardo che la faceva fremere la notte come una cagna in calore e le spezzava il cuore la mattina dopo.
Stupida, stupida Bulma.
Aveva il cervello più intelligente del mondo e non aveva il coraggio di chiudere quella situazione.
Era solo scappata.
 
Tornò a casa, distrutta. Svuotata.
Era solo un’idiota, essersi illusa e drogata di potere per qualche ora per tornare in quel letto che sapvea essere vuoto.
Eppure, nulla poteva prepararla a vedere Vegeta nel loro letto.
“Dov’eri.” Non un’inflessione di domanda, sebbene lo sembrasse.
“Non sono affari t-”
Le parole rimasero in gola quando si sentì stretta nella morsa delle sue braccia, appiattita contro il muro.
“Direi che dato che sei mia, sono proprio affari miei.”
“Ah si? Non mi sembrava così stamattina quando te ne sei sbattuto il cazzo di cosa stava succedendo e mi hai lasciato a gridare da sola.”
“E’ quello che succede sempre donna o sbaglio?" il suo profumo la stava facendo impazzire di desiderio, voleva solo ribellarsi e schiantarlo sul letto.
Che stupida.
“Forse mi sono STUFATA Vegeta? Non sono la tua schiava. Ho capito, ho capito che non ti avrò mai. Fai quello che vuoi, lo farò anche io.” cercò di liberarsi, inutilmente.
Lo vide cambiare espressione, una che la impauriva più della rabbia. 
LA delusione.
“Sei andata...con qualcun’altro?”
Era asssurda come domanda, e lei quasi volle schiaffeggiarlo. 
“Certo che no! Idiota!”
“E allora cosa diamine sta succedendo?” la sua maschera era tornata, l’insicurezza di poco prima coperta dai toni di nuovo accesi.
“E’ successo che nonostante tutto riesci a ferirmi, ecco cosa.”
“Bulma” era serissimo. “Era un litigio. Stupido. Come sempre.” non si erano mossi di un centimetro ma almeno lei aveva il vantaggio dell’altezza.
“Voglio che il sempre cambi Vegeta. Voglio litigare e voglio scopare dopo averlo fatto. Non voglio più litigare da sola dopo che mi hai detto di essere una stronza. Se verazmente siamo qualcosa, devi starci dentro fino alla fine.”
Lo senti sosprirare, profondamente, rialzare lo sguardo ed all’imrpovvso fu fra le sue braccia.
“Che diavolo stai facendo?”
“Dimostrarti che tu hai tutto di me, stupida.”
Da quel girono, Bulma potè dire di avere finalmente tutto. Nel bene e nel male.
 

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 Cow-t 11, settimana 2, 
Prompt: - M2 - Prompt  "una semplice domanda"  
Fandom: Genshin impact
Numero Parole: 495
 

“Vuoi venire a vedere il festival delle lanterne?”
 
La prima volte che quell’assurda viaggiatrice gli aveva posto quella semplice domanda, con quegli occhi grandi e sinceri, l’aveva lasciato del tutto spaesato, sebbene la sua espressione fosse rimasta neutra.
Perché volerlo coinvolgere? Non era mortale, non capiva i mortali, né voleva esserci associato. Inoltre, odiava i luoghi affollati. Luoghi pieni di vita e spensieratezza, concetti che lui ormai conosceva solo come inutili vocaboli.
Lumine lo guardò, con quel mite sorriso che nascondeva quella che lui sospettava una volontà di ferro.  La sua risposta negativa non si era fatta attendere, ma lo sguardo enigmatico della ragazza presagiva che non avrebbe lasciato perdere molto facilmente.
Perché non aveva paura di lui, come tutti? 
Perché non lo disprezzava per la sua maledizione?
La vide allontanarsi con quella specie di elfo che al seguiva ovunque, che pure l’aveva tempestato di richieste ma come se potesse sentire il suo sguardo si girò un attimo: il sorriso mite era ora qualcosa di più. quasi...irriverente.
Non sarebbe finita lì, immaginava, ma a lui non importava. Era pure sempre Xiao il Conquistatore di Demoni senza emozioni.
E allora perché quel sorriso gli aveva fatto sentire un calore inaspettato?
 
Avevano portato il festival da lui. Così aveva detto quel piccolo essere volante, e il sorriso di Lumine, stavolta sarcastico, era sempre appena accennato. Aveva ceduto a mangiare il tofu con le mandorle, del resto glielo avevano preparato con tanta dovizia, e aveva osservato in silenzio Paimon e Lumine divorare tutto ciò che il Sorridente Yanxiao gli aveva messo davanti. La viaggiatrice, così opposta da lui. Rideva, scherzava, insultava velatamente Paimon. Non era elegante come Ningguang né sboccata come Beidou, tantomeno scalmanata come Hu Tau o timida come Ganyu. Lumine era sfaccettata come un diamante e persino lui era incuriosito da quella che sembrava essere una ragazzina, ma che come lui, non lo era affatto. Non che lo avesse mai detto, pensò mentre la accompagnava - guarda caso una che senza visione poteva invocare Terra e Vento era diventata improvvisamente una creatura indifesa - vero Liyue. 
 
Ancora l’altro sorriso, quello mite.
“Sei sicuro che non vuoi venire?” 
Ancora, una semplice domanda, con un’implicazione tutt’altro che semplice.
Scosse la testa, di nuovo. Per nessun motivo al mondo avrebbe presenziato quell’odiato festival. Non gli importava a chi fosse dedicato, aveva passato innumerevoli festival a danzare per i demoni nelle notti in cui Liyue festeggiava.
 
Eppure, quando le lanterne si librarono nell’aria, di Lumine solo il profumo rimasto nell’aria mite della notte, Xiao avvertì per la prima volta un vago senso di pace, per la prima volta in centinaia di anni inquinati dal dolore e dal senso di colpa. 
 
Per un momento si sedette, concedendosi il lusso di guardare quelle luci nel cielo che si riflettevano sulla terra che proteggeva ormai da tempo immemore. Inconsciamente, si chiese di che colore sarebbero stati gli occhi di Lumine con i riflessi delle lanterne. 


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Cow-t 10, settimana 7, 
Prompt: - M3 - Prompt  "Hurt/Comfort"  
Fandom: Voltron  
Numero Parole: 10000


“Quanto siete stati sposati?” Allura chiese senza perdere contegno.
“Poco...circa 50 deca-phoebes.” ragionò la donna.
“S-sono un’infinità” Allura non avrebbe voluto farlo quel commento, ma non riuscì a frenarsi.
“Non quando vivi per millenni”
“Beh...”
“ Comunque, io e Lotor non siamo mai stati innamorati. Lui poi era ancora in lutto per Vent’ar.” la donna si alzò e tornò a guardare la vetrata.
“Chi era Ven’tar?”
Merla la guardò, per la prima volta stupita nel guardarla.
“Allura, ma tu, quanto conosci Lotor?”
 La principessa ebbe la decenza di arrossire. “In realtà...beh non so ancora molte cose di lui.”
“Ecco, forse potresti avere l’occasione di conoscerlo meglio...quando si risvegliererà.”
“Non penso che lui vorrà più guardarmi in faccia Merla…”
“Cosa ha scatenato la vostra battaglia? Tutto l’Impero sa che voi siete alleati.”
La principessa rimase in silenzio per un lungo istante, appoggiando i gomiti alle ginocchia e spostandosi in avanti col peso. “Lotor ci aveva solo omesso di aver “coltivato” delle colonie di ex-Alteani per farne la sua personale risorsa di energia…”
Si sentì afferrare per il polso e trovò Merla a un centimetro dalla sua faccia.
“Chi ti ha detto una cosa del genere?”
“R-romelle, una degli abitanti sfuggita alle colonie…”
“Allura, la questione delle colonie è molto più compleassa di ciò che sembra.” Merla le aveva lasciato il polso e si era seduta di fronte a lei, guardandola ora con una diffidenza che prima non c’era.
“Ma Romelle…”
“Tu ti fidi di questa Romelle? E’ un’alleata di Voltron?”
La verità la colpì come un pugno in faccia. Del resto, chi diavolo era Romelle?
“In realtà non ho elementi a parte il fatto che sia alteana…”
Merla scosse la testa. “La colonia Alteana è stata fondata da Lotor ed è vero anche che aveva iniziato a condurre delle ricerche. Erano tempi disperati Allura, ma ti assicuro che le ricerche vennero sospese quando Haggar volle prendere il sopravvento”
“Tu eri coinvolta in tutto ciò?” Allura era basita.
“In parte.” la donna si alzò per uscire. “Ma del resto non sono io a doverti raccontare la sua versione dei fatti. Lo farà Lotor. Hai appena conosciuto anche me, che senso avrebbe fidarti di ciò che ti potrei raccontare? Non sono neanche alteana.” 
Allura si sentì insultata e stava per ribattere che non era certo una stupida ma si fermò. Era stata davvero stupida.
“Ti faccio vedere la tua cabina, ok?” Merla era tornata di nuovo amichevole, il guizzo malizioso con cui l’aveva accolta era lì.
La principessa era troppo stanca, doveva riposare.
Senza aggiungere altro seguì la sua misteriosa salvatrice.
 
 
Allura aveva dormito come un sasso  per un tempo che non riusciva a quantificare. Sapeva solo che la realtà l’aveva colpita come una trave in faccia appena aveva realizzato che si trovava su una nave sconosciuta, sola, lontana dai suoi Paladini e Coran. E che l’unica persona che conosceva era un traditore moribondo nell’infemeria. 
Merla le aveva dato un’accoglienza da principessa, doveva ammetterlo. Una sua ancella, le aveva detto di chiamarsi Rhea con un sorriso dai canini appuntiti e una carnagione di un blu più pallido di quella della sua regina, era venuta a portarle degli abiti di ricambio. Allura sollevò il morbido vestito di fattura pregiata, dal design semplice come il suo vestito azzurro ma più aggressivo nei colori. Il rosso non era il suo tono solitamente, ma era pulito e probabilmente mai utilizzato e ciò le bastava. Notò che era molto più scollato dei suoi standard, ma rimediò con lo scialle nero che le aveva portato Rhea.
Vestita e pettinata, dopo una lunga doccia, si sentiva quasi un alteano normale. Aveva dovuto sfregare a lungo ieri per levare ogni traccia di sangue di Lotor dal suo corpo, ma era finalmente pulita. Fuori. 
Mentre era assorta nei pensieri non aveva realizzato di essere arrivata alla sala dove Merla l’aspettava davanti una tavola imbandita.
“Dormito bene principessa?”
“S-sì. Ma...ti prego di chiamarmi Allura.” non le sembrava il caso di formalizzarsi con una regina.
Merla sorrise. “Anche tu puoi chiamarmi Merla. Del resto i titoli al momento hanno poca importanza.”
La ragazza annuì mentre si avvicinava alla bocca una tazza di qualcosa che aveva un odore familiare e buonissimo…”Ma è menta di Altea?” 
“Sì.”
“Ma come…?”
“Ero una grande amante della menta alteana che ho fatto importare nel mio regno.”
“Dalle colonie?” 
Merla annuì. “  E ti assicuro che sono stato un gradito regalo della popolazione di quella regione…”
“Non mi dirai più di quanto tu non voglia farmi scoprire vero?”
“Assolutamente Allura. Non sono io a dover rispondere alle tue domande.”
“Io vorrei sapere se altri alteani sono vivi!” Allura aveva già le lacrime agli occhi ed era sveglia solo da un’ora. 
Merla le strinse una mano brevemente, non per mettere in atto il suo potere. “Questo non lo so. E’ un altro quesito che dovrai fare a Lotor.”
“E’ sempre stazionario?”
La regina annuì, i lunghi capelli rossi ondeggiarono fluenti.
“Purtroppo sì. Vorresti contattare i tuoi paladini oggi?”
Allura guardò la tazza intensamente. “Per dirgli cosa? che sono scappata per andare a salvare la persona che abbiamo ucciso? E che forse non meritava di essere trattato così?”
“Più che altro informarli che sei viva. Potrebbe essere un buon inizio.” le fece l’occhiolino e Allura suo malggrado rise. La regina del Settimo Regno era un tipo particolare a dir poco.
“Avviserei Shiro, ma al momento...non so nemmeno come sta…e vorrei saperlo.”
Merla premette un pulsante sul tavolo e un olopad spunto sospeso in aria. “Melchior? Comincia a recuperare coordinate di comunicazione di Voltron.”
“Sempre che sia raggiungibile… avevamo un castello una volta ma...è andato perduto.”
“Credo che anche i tuoi Paladini abbiano bisogno di essere portati al sicuro…”
Allura la guardò titubante. “E dove?” 
“Posso portarvi in un luogo sicuro ma dovremo mantenere un profilo basso e limitare i salti spazio temporali. Recuperare Voltron non sarebbe un problema ma se saltassimo troppe volte rischieremo di essere intercettati.”
“Da chi?”
“Da chiunque vorrà approfittarsi di questa situazione. Allura,nessuno deve sapere che Lotor è in pericolo di vita e che siete state voi a farlo. L’Universo ha bisogno di stabilità”
La principessa annuì. Per quanto avrebbe voluto affogare solo nel dolore e nella stanchezza, lei era la Principessa Allura e sulle sue spalle aveva la responsabilità di troppe vite. Aveva già sbagliato, fin troppo. 
“Contattiamo i Paladini…” con un gesto sfiorò l’holopad che aveva agganciato al braccio, ammaccato ma ancora funzionante. “Queste sono le frequenze che usiamo di solito per comunicare, non so se possono aiutare.”
Merla apprezzò il gesto di fiducia e con garbo aprì la finestra che era comparsa sul suo holodesk.  “Sicuramente i tempi si dimezzeranno.”
“Benissimo...nel mentre che li trovate...vorrei vedere Lotor, se possibile.”
“Ma certo. Rhea, porta la Principessa nella med-area.” 
 “Ti chiamerò appena troveremo le coordinate, ok? Non dovrebbe volerci molto se riusciamo a sincronizzarci con i data log del tuo Leone.”
 
Allura non voleva vedere Lotor così. Se non avesse saputo che era lì probabilmente non avrebbe nemmeno riconosciuto quello che restava dell’Imperatore Garla, che giaceva in un macchinario tubolare che lo ricopriva dalla vita in giù, lasciando il torso scoperto pieno di cavi e tubi. Fasciature composte da chip tenevano insieme la maggiorparte delle sue ferite. Metà del suo volto era completamente coperto da un casco che raccoglieva tutta la sua chioma. Dalla sua bocca e dalla metà del naso che riusciva a intraveder uscivano altri tubi, per aiutarlo a respirare e dargli i nurimenti necessari. Lo spettacolo era agghiacciante. E lei ne era la causa.
“Lotor…è tutta colpa mia...” susurrò in lacrime, il silenzio scandito solo dai bip dei vari macchinari. Quello che provava era un misto fra rabbia, dolore e senso di colpa. Quelle labbra, quasibianche, erano state sulle sue solo qualche tempo prima. Erano calde, sapevano di speranza, di futuro insieme… e lei invece l’aveva mandato all’inferno.
Se veramente Merla era seria riguardo al fatto di non conoscere affatto l’uomo che lottava fra la vita e la morte lei non sapeva cosa fare. Romelle sarebbe tornata con i Paladini?
Cosa avrebbero detto?
Si sarebbero fidati della Regina del Settimo Regno? 
Avrebbero provato a fare del male a Lotor, inerme e già appeso a un filo?
Allura scosse la testa, ricacciando le lacrime. Non poteva permettersi di lasciarsi andare dolore. “Ti prego Lotor, vivi…” con una flebile speranza provò a sfiorare la spalla di Lotor, l’unico punto accessibile in quel macchinario. Si concentrò e cercò le stesse energie che l’avevano aiutato a salvare Shiro. 
Provò.
E riprovò.
Ma niente, era svuotata di ogni tipo di potere, anche e soprattutto dopo ieri, avendo anche aiutato Merla in extremis. 
Un trillo sull’holpad attirò la sua attenzione. “Ci siamo messi in contatto, ti aspetto in sala comandi”
 
 
Quando Allura entrò nella sala, trafelata dopo la corsa che aveva fatto con Rhea per arrivare il prima possibile in un’area a lei sconosciuta della nave, la faccia rassicurante di Coran era già sullo schermo. “Principessa!” 
“Coran! Come state? Come sta Shiro?”
“Noi stiamo bene, Shiro è ancora incosciente purtroppo. Vi stavamo cercando ovunque!”
“Dove siete?”
“Dove ci siamo divisi Principessa...non volevamo muoverci prima del vostro ritorno…”
“Oh Coran…”
“Sono nel Leone di Pidge al momento. I ragazzi sono esausti, ma saranno felici di sapere che state bene…”
“E’ tutto merito della Regina Merla.” Allura indicò la donna accantò a lei che sorrise sorniona.
“Sì, la regina si è introdotta dicendo di avere avuto modo di recuperarvi dal Rift...ma quindi Keith aveva ragione?Siete davvero tornata a prendere Lotor?”
Allura annuì gravemente. La scena nella sua mente fu un flash doloroso.
 
 
Lotor era morto. 
Non poteva essere sopravvissuto.
Ma del resto, neanche Shiro sarebbe dovuto sopravvivere.
Gli altri le parlavano, concitati.
Ma lei non sentiva. Sentiva solo le urla di Lotor, grida sguaiate e ubriache di quintessenza, che non avrebbe mai creduto di udire dalla bocca del Principe Galra.
Sempre così posato, contenuto.
E invece, era tutta una finzione.
Urla.
Urlava.
Stava soffrendo.
E lei era lì, salva.
Erano tutti salvi.
Ora doveva pensare a salvare il resto dell’Universo.
Non Lotor.
Scosse la testa.
Guardò il suo leone.
Blue non gliel’avrebbe mai lasciato fare. L’avrebbe fermata. Solo una folle avrebbe potuto farlo. Eppure entrò nel leone, indisturbata.
“Blue. Non dobbiamo andare, vero?” mormorò in lacrime. “Blue, fermami.” continuò mentre cominciava a fare la manovra di accensione. “Blue...ti prego.” il leone ruggì e partì, a una velocità che non le permise ripensamenti.
“Allura!” la voce di Keith le risuonò nel casco, come l’ultima volta. “Dove stai andando?”il grido disperato, rassegnato, di uno che per quell'interminabile giorno ne aveva viste troppe.
“Perdonatemi ragazzi…io..io non posso lasciarlo lì. Lo andrò a riprendere.”
“Allura cosa dici??” la voce di Lance le perforò l’orecchio.
“Perdonatemi se potete...tornerò al più presto, ve lo giuro. Nel mentre...pensate a Shiro.”
 
 
“Sì Coran, la vostra coraggiosa principessa ha riportato Lotor fra i vivi, sebbene di vivo ora Lotor abbia ben poco…”
Coran la guardò sconcertato ma Merla proseguì implacabile. “Lotor è al momento sotto la mia custodia e cura. Vogliamo venire a recuperare voi e Voltron con la mia flotta per poi dirigerci in un luogo sicuro e capire il da farsi.”
Allura subentrò. “E’ una soluzione ottimale Coran. Merla può darci riparo e noi abbiamo bisgno tutti di riprenderci, soprattutto se Shiro non ha ancora ripreso consocenza…”
Anche lui…
L’attendente annuì. Si fidava di Allura, sempre e comunque. Non l’avrebbe mai abbandonata.
“Vi aspettiamo allora. Dovreste avere già le coordinate inviate tramite Green.”
Si salutarono sorriddento, la promessa di rivedersi presto e stare finalmente insieme cercando di leccarsi le ferite, letteralmente. 
“E ora?” ma Allura ce l’aveva più con sè che con la donna vicino a lei. Eppure, sentì un braccio cingerle le spalle, Merla era decisamente più alta di lei, “E ora, mentre la flotta si dirige verso i tuoi paladini, ti introdurrò alle gioie di un alcolico Settimiano chiamato Rodghal…”
“Ma...è appena iniziata la giornata…”
“Ovvio, il Rodghal è un alcolico da mattina, sennò ti avrei detto di andarci a bere un goccio di Fhilaanr” 
 
Alura era decisamente brilla mentre si accingeva a rivedere i paladini. Il viaggio era stato breve ma non abbastanza da impedire a Merla di farla bere. Niente chiacchiere inutili, aveva sentenziato, solo una sana bbevuta fra regine. Quando stava per protestare sul suo titolo si era resa conto che era già troppo fuori di testa. Era scesa e vide già qualcuno apprestarsi con una barella verso Shiro inconsciente su un letto di fortuna, mentre Lance, Keith, Pidge e hnk le balzarono letteralmente addosso. Keith non era arrabbiato con lei?
“N-non siete arrabbiati con me?”
“Allura per noi l’importante è che sei qui!” Lance la strinse ancora più forte, sincero.
“Sto soffocando” Pidge era stretta sotto Hunk e spariva mentre Keith si era già allontanato.
“Lotor quindi è vivo?” chiese senza indugi il paladino rosso, ma non sembrava turbato.
“P-più o meno…”
“Quindi questi sono i famosi paladini di Voltron?” la voce di Merla, ovviamente neanche scalfita dall’alcool che aveva bevuto, era ferma e potente mentre fissava i cinque ragazzini aggrappati ad Allura. Erano dei bambini!
“Oh wow…” Lance era stato rapito dalla visione della prorompente regina dagli abiti succinti mentre Keith era già sulla difensiva.
“E tu saresti la tipa che ha salvato Allura?”
Quest’ultima sbiancò di verogna. “Ti prego Keith, lei è la Regina Merla...un po’ di diplomazia non guasterebbe nei confronti di chi ci sta prestando soccorso.”
Il ragazzo sbuffò, il ciuffo si spostò visibilmente, mentre riformulava. “Ok, dunque, siete voi la regina che ha salvato Allura?”
Merla si avvicinò di colpo, sorprendendo Keith eprendendogli il volto fra le dita dai lunghi artigli. “Sei adorabile. Tu sei il paladino che se n’è andato coi Marmora vero? Questa sfrontatezza mi ricorda molto qualcuno di mia conoscenza…”
Ad Allura venne spontaneo pensare che non credeva si riferisse a Lotor… il principe era sempre diplomatico...era anche vero che aveva realizzato negli ultimi due giorni che di quell’uomo non sapeva forse nulla. La principessa era abbastanza inebriata da non notare come Keith fosse sorpreso dalla velocità della donna che dopo un nano secondo era già vicino a Pidge, contemplandola stavolta senza toccare. “Tu sei la paladina tuttologa.” Indicò Hunk “Tu l’altro tuttologo, ma più lato ingegneria.” poi guardò Lance. “Tu non ho capito.”
Lance arrossì. “Non capito cosa?”
“Tu sei...simpatico.”
“Solo simpatico? Io sono Lance, il più coraggioso di tutti!”
I restanti tre lo guardarono di sottecchi.
“Capisco. Beh lo vedremo. Sarà divertente conoscervi meglio, cuccioli di umani.”
“Cuccioli??” Keith si stava già scaldando ma Merla lo zittì sfioandogli il polso. Ora aveva usato i suoi poteri, realizzò Allura. Nei suoi occhi compariva un’ombra strana, impercettibile ma che ora avea notato. Il ragazzo si calmò subito, stupito ma non riottoso. “Sotto i 500 anni siete tutti cuccioli per me.” sorrise sorniona.
Pidge sgranò gli occhi “Un altro alieno millenario? E basta!” 
“Ebbene. Lotor però è decisamente fuori scala.” concesse Merla. Coran, che aveva seguito il trasporto di Shiro abbracciò finalmente la sua Principessa.
“Sono così felice di rivedervi sana e salva…”
Allura ricambiò l’abbraccio.
“Ma...Romelle?”
Keith si scurì in volto. “E’ sparita.” L’aria si fece subito tesa. Merla incrociò le braccia, e la guardò con uno sguardo che significava “Te l’avevo detto.” 
“Sì, appena ha saputo che eri andata a recuperare Lotor si è stranita, ma quando ha saputo che sarebbero arrivati soccorsi si è dileguata. Non sappiamo come.” anche Pidge era sorpresa. Hunk sbuffò ma Allura non sapeva il perchè.
Avevano anche loro dei dubbi su ciò che avevano fatto?
“Romelle potrà anche essere sparita, ma rimane che Lotor voleva ucciderci.” Lance non era affatto convinto del salvataggio. “E come facciamo a sapere che non vorrà farlo in seguito?”
Merla stava per intervenire ma Allura fu più veloce. “E se invece non avesse voluto fin dal principio? L’abbiamo attaccato. L’ho attaccato.”
“Allura Lotor ti ha manipolata…”
“La manipolazione è una delle mie specialità, paladino simpatico e ti assicuro che la metterò in pratica di nuovo se non salite sulla mia flotta. Non è quei che dovete affrontare questo discorso. Avete bisogno di riposo, cibo, cure mediche e un po’ di pace. A Septim spero che troverete tutto questo.”
Con un gesto ddel braccio indicò l’ingresso della Navicella madre.
I ragazzi e Coran, esausti, seguirono la sua indicazione.
 
 
“Non avevo capito che volevi portarci nel tuo pianeta…” Allura si avvicinò a Merla che aveva fatto scortare i paladini e Coran nelle loro rispettive cabine, raccomandando ai suoi sottoposti di farli riposare e rimanere a disposizione per ogni loro esigenza. Camminavano sole nel lungo corridoio che le portava alla Sala Comune.
“Mi sembra l’unica soluzione. Senza castello non potete fare molto. Non ho un castello da darti ma posso darvi lo spazio e il tempo per rimettervi in piedi.”
“Merla..perchè fai questo per me? Sono una sconosciuta.”
La regina sorrise, enigmatica. “Ti conosco da molto più tempo che credi, Allura. Le mie visioni mi danno questa opportunità a volte. Non so perchè, ma so che devo farlo. E poi..lo devo a Lotor. Lui mi ha salvato, millenni fa. E’ ora di restitutire il favore.”
“Mi racconterai del vostro passato un giorno?”
“Per farti ingelosire? Non credo proprio Allura!” Merla rideva ma la sua preoccupazione era reale.
“No, no! Vorrei sapere...un lato di Lotor che non conosco.” 
“Nessuno ha mai veramente conosciuto Lotor, se non Vent’ar. E lei non è più su questo piano astrale da millenni.”
“Non voglio sapere di Vent’ar...lo chiederò a lui. Ma nello stesso tempo, vorrei sapere di più su di te, su di voi...se non era un matrimonio d’amore allora cos’era?”
“Un’alleanza potente che ha salvato il mio Regno.” Merla entrò nella sala comune facendole poi cenno di seguirla verso una piccola area nascosta. Con un pulsante si rivelò un piano bar, vuoto. “Allura, se veramente vorrai sentire questa storia avrò bisogno di molto più di un bicchiere di Rhadogal.” la Regina era dietro il bancone e fece cenno ad Allura di sedersi sullo sgabello. 
“Sto veramente per farmi servire altro alcool da una Regina?”
“Sono una regina molto indipendente.”
“Beata te…” si fermò a guardarla. “Questo Rhadogal in corpo mi fa dire molte più cose di quanto vorrei.”
“Non ti senti indipendente Principessa? Guidi un Leone, hai poteri inesplorati meravigliosi, hai dei Paladini che ti amano…”
“Non ho un regno, la mia popolazione è estinta, e quella superstite pare essersi dileguata senza spiegazioni…ma non voglio parlare di me Merla. Tutto è sempre intorno a me. Fammi sognare con la vostra non-romantica storia d’amore di tempi lontani.”
La regina apoggiò i gomiti al bancone, guardandola da vicino. Merla davvero non conosceva il concetto di spazio personale e Allura si ritrovò a pensare che era proprio bellissima, la pelle azzurrina ghiaccio che contrastava con quegli occhi gialli così simili a quelli di Lotor, ma più caldi. Il pensiero di quegli occhi ora chiusi la fece quasi tramera ancora, ma la carezza sul viso la ridestò. “M-merla?” 
“Non essere triste principessa. Avrai il tuo regno, la tua gente, sarai indipendente. Ma la strada sarà lunga e tortuosa.” si staccò all’improvviso prendendo una bottiglia dal liquido rosso. “Ed è per questo che nell’attesa dobbiamo berci su!”
Sistemò i due bicchieri sul bancone, pronta a raccontare. Del resto, era una storia che non aveva mai condiviso.
“Quindi, nel lontano anno 856 MB,2 ero una giovane principessa….”
La porta si spalancò improvvisamente, sorprendendo entrambe le donne.
“Mia Regina, Principessa, perdonate l’intrusione...ma l’Imperatore da cenni di ripresa di conoscenza!” Rhea era trafelata, veniva direttamente dalla med-area.
Merla cambiò immediatamente espressione e ad Allura mancò un batitto. “Lotor..”
 
“Non ha ancora ripreso conoscenza, è in quello stato fra veglia e incoscienza. Si agita molto mia regina, ha bisogno di voi. “ Allura entrò e vide Lotor cercare di contorcersi all’interno del macchinario che lo ospitava, nonostante i numerosi tubi, cavi e le  cinghie di velcro che lo tenevano fermo. Merla con un movimento fluido sfiorò la spalla, laddove lei lo aveva toccato quella mattina, e con un attimo l’uomo si calmò.
“I nostri sedativi sembrano non avere effetto…” la dottoressa che le aveva accolte era quasi affranta. “E’ probabile...del resto la nostra struttura è simile a quella Alteana, non a quella dei Galra…per il resto?”
“Combatte...ma temo per l’uso del suo sistema motorio. Non sappiamo se potremo recuperare il danno alle vertebre.”
Allura si portò le mani alla bocca, le lacrime agli occhi. “Cosa?”
“Beh, al momento farlo sopravvivere è la prorità.” Alura si avvicinò di nuovo a Lotor, ora apparentemente tranquillo, l’unica cosa visibile del suo volto l’occhio serrato.
“Invece per quanto riguarda il giovane umano che abbiamo accolto…” Allura di girò. “Shiro, sta bene?”
“Sì, ha ripreso conoscenza mentre arrivavate. E’ alquanto confuso, volete visitarlo Principessa?”
“Assolutamente sì!” si girò verso Merla. “Ti aspetto qui Allura, rimango nei paraggi per vedere come se la cava Lotor.”
 
Shiro era seduto sul letto, il braccio mancante, l’espressione vacua che si illuminò allaavista della Principessa. “Allura!” la ragazza lo abbracciò senza indugio. Almeno il suo Shiro era salvo! Vivo! “Oh Shiro, sono così felice che tu sia vivo!”
“Alura sono confuso..dove siamo, che è successo?”
“Siamo al sicuro, per ora. Ospiti di una Regina che mi ha salvato…”
“Salvato?”
“Sì, è una storia lunga. L’importante è che tu stia bene. Ti senti di vedere gli altri? Erano tutti preoccupati per te Shiro…” 
Il ragazzo annuì. “Sono...senza braccio…” realizzò guardandosi la manica del camice vuota.
“Sì, ma troveremo una soluzione ok?” 
“Magari una migliore della precedente…” provò a scherzare lui. Allura lo abbracciò ancora, felice. “Shiro non permetterò più a nessuno di farti del male. Il mio prezioso Paladino Nero…”
I paladini entrarono poco dopo, avvisati nei loro rispettivi holopad. Avevano dei vestiti pulti invece che le uniformi, tutti simili di design e fattura, semplici pantaloni e maglia con varie combinazioni di nero, grigio e rosso. E così, mentre abbracciavano in gruppo Shiro, sembravano una composizione geometrica. Allura sorrise nel vedere Kieth quasi con le lacrime agli occhi e Lance piangere senza ritegno. Erano felici. Erano ragazzi in una guerra più grande di loro che si facevano forza. 
“Shiro, è così bello riaverti qui…” Lance si asiugò gli occhi, visibilmente commosso. Shiro era il suo idolo, la sua roccia. 
“Mi dispiace ragazzi..per tutto…”
“Shiro ma cosa dici?” Keith sospettava che Shiro l’avrebbe detto, e non voleva nemmeno sentire Shiro scusarsi. “Non devi pensare di avere colpe. tu ci hai salvato!”
“Hai passato dei momenti terribili, e noi non ci siamo accorti di nulla!” Pidge rimarcò, con foga.
“Noi dobbiamo scusarci con te…” concluse Hunk.
Shiro sorrise sollevato, anche se qualcosa dentro di lui non era ancora tornato al suo posto.
Ma era di nuovo coi suoi ragazzi e il resto sarebbe venuto da sè. Forse.
Tutti uscirono per lasciarlo riposare, Allura rimase sulla soglia. “Ti racconterò tutto domani ok? Ora pensa solo a riposare.” 
 
 
Da quando Lotor aveva dato cenni di riprendere conoscenza, Allura non aveva lasciato il suo capezzale per i seguenti due giorni. Si divideva fra lui, shiro, che ormai si era rimesso in piedi, i paladini che ancora si stavano riprendendo e Merla che la faceva sfogare senza chiederle nulla. Septim era vicino, e lei aveva paura. L’Imperatore non era ancora fuori pericolo, giaceva debole e stordito alla quantità di medicinali e anti dolorifici che gli venivano somministrati; anche e soprattutto per lenire il dolore delle ferite che aveva riportato dopo il loro scontro. La principessa non riusciva a pensare a nient’altro che a quegli occhi che l’avevano guardata con dolore e stupore prima di ricadere nell'oblio, mentre continuava a tenergli la mano e raccontargli aneddoti di Altea. 
L’unico miglioramento era vederlo finalmente respirare da solo.
“Perché?” era stata la prima cosa che le aveva chiesto appena libero dai tubi, prima di ripiombare nel sonno indotto dai calmanti.
Del resto, aveva ragione.
Il suo comportamento era semplicemente assurdo.
Quell'uomo l’aveva apparentemente tradita, usata...ma Allura non riusciva a più a crederlo. Stando alle  parole di Merla, c’era un mistero che nemmeno lei poteva spiegarle. E ripensando a cosa era successo fra loro ad Oriande, ricordando lo sguardo gentile su di sé di quello che all'atto pratico era l’uomo più potente dell’Universo, ripensando a quell'unico bacio prima della tragedia, l’unica cosa che provava era senso di colpa. 
Avrebbe dovuto riflettere.
Avrebbe dovuto non tradire le sue origini, scagliandosi con violenza inaudita contro di lui.
Avrebbe dovuto chiedere, parlare, discutere.
Avrebbe dovuto tacere, laddove aveva solo fomentato l’uomo corrotto dalla quintessenza.
Con delicatezza, la ragazza spostò l’ostinata ciocca di capelli candidi davanti al viso di Lotor, che nemmeno in quello stato si arrendeva a sfuggire all'ordine. Di colpo i suoi occhi si spalancarono e sentì la mano di Lotor afferrarle il polso in una morsa che in un altro momento sarebbe stata dolorosa.
“N-non farmi male...” la voce di Lotor era supplichevole, quasi come se non la vedesse realmente, come intrappolato in un incubo troppo reale.  Allura sentì il fiato mancarle, ma si sforzò di trattenere le lacrime e sorridere, fingendo una sicurezza che non provava affatto. 
“Sei al sicuro Lotor...” gli sussurrò piano, accarezzandogli la guancia non sfigurata. 
Come poteva promettergli di non fargli del male se era anche e soprattutto colpa su se si trovava in quello stato?
“Sistemerò tutto...” continuava a vaneggiare lui, lo sguardo sempre vacuo. “Sarò buono, non punirmi...”
Neanche se l’intero raggio del cannone di Voltron l’avesse presa in pieno petto avrebbe sentito altrettanto dolore nel vedere ridotto così colui che aveva sempre visto sempre perfetto: impassibile guerriero impietoso, stratega geniale, conoscitore come e forse più di lei della cultura Altean. E ora vederlo supplicare con la voce spezzata la faceva sentire indegna del suo titolo di Principessa, lei che aveva tradito ogni dogma della sua stessa cultura condannandolo senza processo.
Cosa stava vedendo? Cosa stava sognando? Era lei? Haggar o forse Zarkon?
Era lei che tormentava i suoi sogni, la falsa incarnazione della bandiera universale della pace?
“Lotor, ascoltami...” appoggiò la sua fronte alla sua, sentendone il calore, immergendosi nel suo spazio vitale impregnato dai fumi dei disinfettanti.  L’Imperatore, in un attimo, riconobbe quel profumo: juniberry, sole e l’essenza senza nome che sapeva solo di una cosa. “Allura...” mormorò, ora più cosciente. 
Non l’aveva ucciso? 
Non l’aveva forse scaraventato via come uno straccio sporco, come se nulla di ciò che avevano condiviso aveva avuto importanza?
Rivedeva nei suoi incubi il suo viso trasformarsi dall'euforia del loro bacio alla rabbia senza appello. “Perdonami Allura...posso spiegarti...” continuava a supplicare, non sapendo più neanche lui se fosse vivo o se quello fosse il suo personale inferno.
“Lotor calmati...senti le mie parole...andrà tutto bene...” strinse forte la sua mano, facendogli sentire che era lì per davvero, non era un’allucinazione. Lui aspirò il profumo che lo avvolgeva, sentendo il calore di quella fronte appoggiata alla sua che gli stava dando il primo vero contatto con la realtà.
Era vivo. Vivo. E poteva dimostrare che non era il mostro che tutti credevano.
Allura uscì dalla stanza di Lotor devastata. I medici si erano prodigati per rassicurarla che era normale, lo stato confusionale faceva parte della ripresa e lei non poteva far altro che aspettare. Merla era lì, ad aspettarla. “Non è facile, lo so.”
“Non so come dirtelo, ma in questi giorni, penso che se non ci fossi stata tu sarei morta.”
Merla la prese sotto braccio. “Non pensarci. Piuttosto, voglio conoscere meglio i tuoi paladini. Pensi che stasera riusciremo a vederci tutti insieme per mangiare?”
“Credo proprio di sì. Abbiamo tutti bisogno di ritrovarci.”
“Allura aveva parlato singolarmente a ognuno di loro. Nessuno sembrava arrabbiato con lei, tutti sembravano solo felici di averla ritrovata e rassicurati dal fatto di avere avuto soccorso e che Shiro stesse bene. Nessuno le aveva chiesto di Lotor.
La sera, si ritrovarono tutti intorno al tavolo ovale della grande Sala Comune che Merla aveva imbandito una tavola piena di cibi sconosciuti. “Secondo le ricerche che il mio staff ha eseguito queste dovrebbero essere tutte cose commestibili per voi umani...e ovviamente per voi alteani.” 
I ragazzi si sedettero un po’ timorosi, Shiro anche lui con completo di foggia settimana ma quasi del tutto nero con una striscia nera sul petto, aveva la manica annodata laddove mancava il braccio.
“Benvenuti nella mia flotta. Spero che tutti vi abbiano fatti sentire a vostro agio, per quanto possibile.”
I ragazzi annuirono, Keith a braccia conserte sembrava guardingo ma la cosa non sorprendeva Allura. Lance invece si rivolse alla regina senza timore. “Ma quindi, come mai ci avete salvato, vostra maestà?” prima di affondare la posata sulla portata principale di quello che somigliava a un tacchino terrestre, ma più grosso.
Hunk aveva già la bocca piena e mandava segnali di apprezzamento, quindi era sicuro assaggiarlo. 
Almeno aveva usato le buone maniere pensò Allura, e la regina sorrise.
“Il caso ha voluto che io incontrassi la vostra Principessa. Il caso, o in questo caso alcune delle mie visioni che sono una parte dei miei poteri.”
“Poteri? Come gli alteani? O come i Garla?” Shiro, visibilmente a disagio dato le sue esperienze con poteri di ogni tipo si agitò un minimo sulla sedia. 
“Poteri come i miei e basta. Il mio popolo è famoso per le alte capacità scientifiche  e tencologiche. Solo la famiglia reale perpetua una serie di poteri che comprendono anche le visioni. Ahimè, sono l’ultima superstite della stirpe reale.”
Allura si girò. “Oh…”
“Capisco bene come ti senti Allura…” le sussurrò Merla.
“E perchè non abbiamo mai sentito parlare di te? Perchè se c’era una regina tanto potente con una flotta così grande e poteri mistici non ne abbiamo mai sentito parlare?” Keith non aveva ancora toccato cibo. 
“Perchè mi sono assicurata un’alleanza con l’Impero garla moltissimo tempo fa, per salvaguardare la mia gente. Da allora abbiamo sempre mantenuto un profilo basso, per difendere la porzione di universo che comprende i miei Sette Pianeti.”
“Un’alleanza? I Garla non fanno alleanze!”
“Non se sposi il loro Principe, seppure esiliato…”
“SEI LA MOGLIE DI LOTOR?” Pidge sputò il latte di gharanos che stava bevendo. 
Merla appoggiò la testa sul mani, sorridendo a trentadue denti. “Ex. Grazie.”
“E guarda caso siamo capitati sulla navicella dell’ex moglie di Lotor che l’ha salvato? Dai Allura questo è ridicolo, è ovvio che è un’alleata di Lotor e sta aspettando il momento giusto per farci la festa!” i sospetti di Keith non erano così incomprensibili, ma Allura diniegò la testa. “Capisco Keith, ma ti prego di fidarti di me. Merla mi ha anche rivelato che la situazione delle colonie alteane non è totalmente come ce l’ah esposta Romelle.”
Il non detto che ne emerse è che loro avrebbero quasi ucciso Lotor basandosi sul niente.
Rimasero tutti silenti. “Romelle però…” ma la voce di Keith era già meno dura.
“Conoscevate Romelle da meno tempo che avete conosciuto me…” Merla mangiò con gusto un chicco di un frutto giallo simile a uva terrestre. “Per quanto mi riguarda, potete benissimo non fidarvi. Io non lo farei. Però, quello che posso dirvi è che avevo avuto delle visioni riguardo il mio incontro con Allura. Non avevo preventivato di salvare quello che rimane di Lotor, cinque ragazzini umani, un attendente alteano e Voltron. Decisamente no. Però quello che le mie visioni mi hanno insegnato è di cogliere le occasioni che mi offrono. Quindi, il mio debito per Lotor è immenso e salvarlo è il minimo. Salvare voi è un effetto collaterale di un tempismo non indifferente. voltron deve rimanere il simbolo della pace dell’Universo.”
“La gente si chiederà dov’è Lotor, prima o poi.” esordì Hunk che fino ad allora aveva gradito il cibo settimiano.
“La gente non ha bisogno di sapere che Lotor è stato quasi ucciso dai suoi alleati, nonchè dal simbolo della pace, non credete?”
“Lotor non è esattamente un santo!” scattò Keith.
“Tutto tranne quello. Lotor è effettivamente un bastardo manipolatore e posso solo immaginare perchè si è avvicinato a voi. Ma potrebbe aver voluto dire la sua su quanto successo nelle colonie. E no, non vi dirò IO cos'è successo. Non sta a me dirlo e non so nemmeno tutto. Dico solo che per mantenere la pace dovreste riuscire a risolvere le vostre differenze...sempre se sopravviva.”
“Ma sta riprendendo conoscenza…” Allura l’aveva visto, purtroppo.
“Sì, ma non è detto che sia in grado di riprendersi ed essere il Lotor che avete conosciuto. Ed è tutto tranne che fuori pericolo, nonostante i miei medici siano i migliori di almeno 23 galassie.”
“Non mi sentirò in colpa per essermi difeso da quel bastardo ok?” Lance rincarò la dose. “E’ totalmente impazzito, lui e la sua ossessione per la quintessenza!”
Merla annuì. “Su questo non posso darti certo torto. L’ossessione di Lotor la conosco bene. E speravo che non sarebbe mai arrivato a perdere il controllo. Ma so cosa ho visto. ho visto come l’avete attaccato, come ha provato a chiedere di essere ascoltato.”
“Tu non eri lì!”
“No, ma ho visto tutto mentre cercavo di fargli rimanere una briciola di voglia di combattere per la sua vita.”
“Merla può controllare le emozioni altrui.” spiegò brevemente Allura.
“Cosa? Nient’altro?”
“Beh scusate, la vostra Principessa può resuscitare i morti e io non posso avere un potere misero come quello di controllare le emozioni?”
Shiro tossicchiò. “Senza offesa, ovviamente menomale che lei abbia così tanto potere.”
“Un potere che non riesco a usare più, comunque. E neanche la cura.”
Merla scosse la testa. “E’ lo shock e non ti sei mai allenata per incanalare i tuoi poteri.”
“E’ vero Principessa. Purtroppo non ho mai potuto aiutarvi in tal senso…e ora anche con il castello andato...” Coran era affranto.
“Beh non è certo colpa tua! Troverò il modo di allenarmi.”
“Sicuramente. Quano arriveremo a Septim avrete modo di riposarvi, pensare ai vostri leoni, allenarvi. Al momento nessuno sa cos’è successo, nessuno vi cerca. Potete tirare un sospiro di sollievo.”
“Prima che tu ci venda al migliore offerente...magari Sendak o Honerva.”
“Keith, smettila. Merla ci sta aiutando.”
“Il ragazzo è guardingo, lo capisco. Perchè non ti metti in contatto con i Blades of Marmora? Avvisali di ciò che è successo, confido nel loro riserbo. Potranno intervenire qualsiasi cosa pensi che possa succedere.”
“Come conosci i Marmora?”
“Una non vive millenni senza conoscere tante cose.”
“Li contatterò, stanne certa.”
“Bene, Ora perché non mangiate con calma e non  vi rilassate? Il viaggio è ancora abbastanza lungo.”
 
Il resto del viaggio proseguì in qualche modo tranquillamente. Dopo le iniziali resistenze, Merla fu gradualmente vista di buon occhio da tttui, specialmente Shiro. La Regina era strana, particolare, senza alcun rispetto dello spazio vitale altrui, ma non faceva altro che preoccuparsi per loro. Aveva chiesto a Pidge di mettere a frutto le sue conoscenze con una parte dell’equipe medica che non era impegnata a curare Lotor per cominciare a mettere a punto un braccio per Shiro. La ragazzina aveva aderito subito con entusiasmo all'iniziativa, seguita da Hunk ovviamente, e Shiro era grato. Merla aveva notato il suo stress e l’aveva invitato più volte a non farsi problemi a chiedere il suo aiuto. “Se dovessi non farcela più… questo è il mio holocontact. Scrivimi, e saprò alleviare quel dolore. Ok?”
“Come fai a saperlo?”
“Come si fa non immaginarlo? Quello che hai subito non è uno scherzo. Sei davvero speciale Shiro. Sei riuscito a uscirne vincitore.” l’espressione di MErla era sempre più dolce quando guardava Shiro, questo Allura l’aveva notato, ma non aveva voluto indagare. Merla era la sorella maggiore che avrebbe sempre voluto e sebbene non alteana, con usanze totalmente diverse dalle sue, e un caratteraccio umorale in quei giorni era l’unica con cui poteva parlare senza remore dei suoi sentimenti contrastanti per Lotor, la cui situazione di veglia non sembrava cambiare. I paladini ignoravano totalmente il problema preferendo concentrarsi sul recuperare le energie. Keith aveva contattato sua madre e i Marmora. “Keith, non sappiamo molto di questa Merla, ma se ciò che dice è vero al momento è il luogo più sicuro dove potreste essere. Abbiamo ricevuto delle notizie riguardanti Sendak.”
“Non è morto?”
“Si vocifera di no. Stiamo indagando. Per ora cercate di riprendervi e capire come muovervi. Soprattuto capire cos'è successo alle dannate colonie, se Lotor non è così colpevole come sembra. Qualsiasi cosa, noi ci siamo.”
Sorrise a sua madre. “Grazie.”
Aveva avvertito Allura e Merla e non si aspettò la reazione di Merla. Al nome di Sendak la vide perdere il sorriso sempre sornione e spaccare i bicchiere che aveva in mano. Il sangue blu sgorgava copioso ma lei non sembrava nemmeno rendersene conto. “Merla!” Allura subito le si avvicinò ma Merla la fermò con un gesto secco. “No, tranquilla. Non è niente. Prese un fazzoletto dalla sua veste per avvolgerci la mano. “Se questa storia è vera non rimarrò a guardare. Abbiamo un conto in sospeso.”
“Ma non eri alleata dei Galra?” chiese Keith.
“No. Ho detto che mi sono alleata con Lotor, per evitare rogne. E’ stato uno scambio di favori, dove sicuramente io ci ho guadagnato di più.” e con uno scatto felino uscì dalla stanza.
Dopo quell'incidente però Merla era tornata a essere se stessa già dalla sera a tavola, le ferite sulla mano coperte da invisibili cerotti azurrini che nascondevano i tagli.
Alla Regina piaceva sapere della cultura umana e faceva tante domande ai ragazzi. Pidge, Lance e Hunk erano evidentemente ormai sedotti dall'esotica aliena, Shiro era più silenzioso ma ugualmente colpito, e Keith si era rassicurato vedendo la sua reazione al sentire nominare Sendak.
E fu proprio quando stavano per arrivare a septim, che Lotor riprese del tutto conoscenza.
 
 
 
“Perchè?”queste erano le prime parole che aveva pronunciato Lotor, e ora che era finalmente abbastanza lucido per articolare un discorso, le ripose di nuovo la questione, senza altro contesto.
Allura gli si avvicinò, lentamente. Non aveva bisogno di chiedere spiegazioni su quella domanda. Perché mi hai salvato? Ecco il vero significato.
“E’ una domanda difficile. Non conosco ancora la risposta.” Allura gli prese una mano fra le sue. “Non so perché Lotor. So solo che non potevo lascarti lì.”
Lui scosse la testa, per quanto impossibilitato dal macchinario sul lato destro del suo volto. 
“Avevi ragione Allura.” prese fiato, già provato da quelle sole tre parole. “Sono come mio padre. E come lui, meritavo di morire.” quelle due frasi le aveva pronunciate di fretta, come se temesse di perdere l’aria per pronunciarle. 
“No! Lotor non parlare così...”
“E cosa dovrei dirti Allura? Perchè sono vivo? Perchè sono qui...non so neanche dove.”
“Perchè...sono venuta a prenderti Lotor...nel...rift”
“Dove tu e i tuoi Paladini mi avete lasciato a morire?”
“Dove tu hai provato a ucciderci!”
“Io ho provato a parlarti Allura! Ma tu non volevi sentire rag..ARGHG!” si era agitato, nonostante le buone intenzioni di Allura, e ora ne stava pagando il prezzo.
“Cosa avevamo detto sul non farlo agitare?” Merla entrò nella stanza, piazzando una mano sul pettorale, quello non offeso, di Lotor, cercando di placare il dolore. Il principe sgranò gli occhi, come se avesse visto un fantasma. “Merla?”
“Ciao dolcezza. Sorpreso?”
“A-alquanto.” si rilassò sotto la carezza di Merla, lasciandosi andare ai suoi poteri. Provava fin troppo dolore per non approfittarne.
Allura arrossì, notando l’espressione più rilassata di Lotor. Era un contatto intimo, sebbene non avesse nulla di sensuale. La gelosia che provava era inopportuna, ma era lì.
“Avevo scordato quanto fosse bello questo tuo potere” Lotor aveva gli occhi chiusi, per un attimo sembrava stare meglio. 
“Quando ti fa comodo, certo” borbottò Merla sarcastica. Allura si chiese quanto fossero stati sposati. 
“N-non sono nella posizione di ribattere.”
Merla scosse la testa,levando il contatto fisico. “Non sei in ottime condizioni, lo sai?”
“Definisci ottime.” la voce di Lotor era più profonda del solito, provata e rotta da momenti in cui il fiato veniva a mancare.
“Danni estesi a qualsiasi organo tu abbia dentro questi due metri di corpo mezzo galra. Metà della tua faccia è praticamente andata e solo la bravura della mia equipe ha salvato la vista. Avrai dei bei mal di testa.”
“Merla, non fare così. So bene che quando ti sforzi di essere ironica è perché stai per dirmi qualcosa di brutto.”
“Tipo quando ho voluto il divorzio?”
A Lotor sfuggì una debole risata ma subito fu colto da un ascesso di tosse. 
Allura guardava la scena sentendosi un’intrusa. Merla stava per dire a Lotor del danno alla spina dorsale, un danno che aveva causato lei, del resto, e non sapeva cosa fare. 
Lotor era a malapena in grado di avere una conversazione,eppure il loro primo scambio di battute era stato così acceso... e ora che sarebbe successo?
La tosse passò, mentre Merla aiutava a bere l’uomo sdraiato nel macchinario che lo copriva dalla vita in giù.
“Mer, l’ho capito da solo. Non devi dirmi niente.” la regina sembrò gelarsi per un attimo. “Non sento le gambe da che ho ripreso conoscenza e la presenza di questo macchinario la dice lunga. E’ permanente?” la voce atona non tradiva nulla. 
“Non lo sappiamo ancora. Il danno alle tue vertebre è stato recuperato con degli innesti cellulari ma non sappiamo il responso.”
“I galra piuttosto che avermi come imperatore mi ucciderebbero.” non era una lamentela, ma una fredda considerazione.
“Non è necessario che lo sappiano.”
Allura rimaneva in silenzio, in imbarazzo. Era come se non esistesse, se non fosse lì.
Lotor si girò verso di lei, uno sguardo tutt'altro che accusatorio. “Situazione poilitica?” 
Il tono era distaccato e fermo, chiunque altro sarebbe sembrato ridicolo ma l’aura di potere di Lotor non era stata arrestata dalle sue condizioni. Allura stava per aprire bocca ma Merla la fermò. “Lotor, sei a malapena vivo. Hai riacquistato la lucidità da qualche ora. Puoi non vanificare gli sforzi della mia equipe media?”
Lotor ignorò l’avvertimento continuando a guardarla. Allura sospirò. Glielo doveva. “In breve: sono tornata indietro per recuperarti, a sua volta siamo stati recuperati da Merla. Non ho avuto contatti con la coalizione, ma da che ho rirpreso i contatti con i paladini pare che nessuno sospetti nulla.” non specificò cosa, era sottinteso. la sparizione dell’imperatore. la loro lotta. Luì incassò il breve riassunto con la grazidi chi sedeva su un trono, non sdraiato in un macchinario alieno che l’aveva mantenuto in vita per le ultime due settimane. 
Merla sospirò. “E’ il momento per me di lasciarvi soli, sono decisamente di troppo. Provate a parlare senza dare in escandescenza, per favore.” Allura guardò basita la regina dalla pelle cerulea che con un’ultima affettuosa carezza sul braccio di Lotor si avvicinò all’uscita. Di troppo? Era lei che si era sentita il terzo incomodo per l’ultima manciata di decaphoeb. 
“Allura non c’è bisogno che tu dica...nulla.”
“Lo so…” e con una laconica occhiata prima di congedarsi, uscì anche lei.
 Video con la coda nell'occhio i paladini affannarsi su di lei. 
“Allura? Come stai? Santi numi ho intravisto Lotor per un solo attimo e sembra una bambola rotta…”
 
 
Una bambola rotta. Era così che l’aveva definito la paladina che sembrava un ragazzino.
Lotor si guardò le mani, districandosi dai fili che ancora pendevano dalle sue braccia. Quando sarebbe finita quella tortura? Non che gli interessasse più. Ci aveva provato, aveva finto per quei primi giorni di aver avuto ancora una scintilla di ambizione per il suo Impero.
Ma era una finzione che aveva portato avanti per nascondere a sé stesso la verità, come se le sensate parole che uscivano dalle sue labbra fossero in realtà di qualcun altro.
Dov'era Lotor?
Lotor aveva perso tutto. 
Sincline.
La quintessenza, l’energia per l’universo. 
Lo scopo della sua vita, quello che per per millenni dopo il suo esilio, dopo la morte di Vent’ar l’aveva guidato fino ad accecarlo.  
La fine del Regno del Terrore di Zarkon. 
Aveva perso ogni, singola, dannata, cosa.
Le sue colonie, la sua cultura natale, la fiducia delle sue generalesse.
Ma soprattutto, aveva perso l’unica occasione per amare ed essere amato.
Tutto era scivolato fra le sue dita avide, accecato come suo padre dalla quintessenza che continuava ad albergare nel suo corpo corrotto e devastato.
Perché era stato salvato? La morte sarebbe stata una soluzione più accettabile del vuoto che sentiva dentro. Non sentiva più le gambe, ma era dentro che era paralizzato.
Non provava più nulla, neanche il senso di smarrimento che l’aveva accompagnando i primi giorni.
Aveva perso la voglia di vivere.
Perché era ancora vivo? Era questa la domanda che lo ossessionava da giorni mentre fingeva una compostezza e un impegno non reali.
Sapeva che avrebbe dovuto reagire, ma non era così che facevano i Galra, no?
Per loro era solo vittoria o morte e lui aveva fallito in entrambe i casi.
Quando aveva ripreso conoscenza fra le braccia di Allura il suo primo pensiero era stato quello di riscattarsi agli occhi della donna che l’aveva distrutto; ora tutto sembrava inutile.
Per quanto Allura si sforzasse, vedeva la tensione fra loro crescere ogni giorno di più, l’intento della giovane donna quello di lavarsi la coscienza dell’errore madornale di aver tradito il suo pacifico credo macchiando di sangue la scocca del suo prezioso Voltron.
Non voleva più vedere la sua pietà, la sua forzata positività in una situazione disperata. Aveva trovato conforto in quelle braccia che non sapevano neanche loro perché l’avevano tratto in salvo, condannandolo a una condizione che definire umiliante era riduttivo. Ma ormai non aveva senso neanche rimpiangere ciò che era stato,  doveva solo accettare la realtà: forse l’unico sentimento che gli era rimasto era il terrore sia di vivere che di morire. 
Era sospeso in quel limbo maledetto e non sapeva come uscirne.
Il dolore nemmeno lo toccava più. Che fosse il gonfiore della sua faccia sfigurata sotto le bende, il dolore delle ferite ancora non rimarginate, non importava.
Era semplicemente paralizzato, virtualmente e letteralmente, e non sapeva cosa fare.
 
 
 
 
“Lotor si sta lasciando praticamente morire.” Merla la guardò intensamente mentre con eleganza si portava alla bocca il calice di Rhadogal. “Ma tu lo sai già, vero?” inquisì dopo un lungo sorso. La principessa ponderò la sua risposta attentamente.
Lo sapeva per certo? No. Ma aveva visto come dopo l’iniziale prova di compostezza , la parvenza di normalità di Lotor aveva cominciato a scemare, rinchiudendosi in un mutismo sempre più ostinato, la sua volontà annientata. I paladini se ne tenevano lontani, tranne Shiro e occasionalmente Keith, e sapeva che anche loro avevano avuto quell'impressione. L’ex paladino nero, in particolar modo, aveva notato come la reazione di Lotor fosse simile a quella iniziale avuta da lui dopo aver riacquistato la sua coscienza nel corpo del suo clone. 
“Solo che io non ho perso tutto quello che ho costruito in diecimila anni.” aveva precisato guardandola seriamente. Anche il paladino rosso, che aveva approcciato malvolentieri Lotor all'inizio e solo per via delle Blades of Marmora, si era poi rivelato più sensibile del previsto sulle condizioni dell’Imperatore. “La situazione si sta facendo rapidamente più grave Allura. Che senso ha tutto quello che hai rischiato, se poi si sta lasciando andare così?” Keith non aveva la stessa empatia di Shiro, ma il ragazzo aveva capito bene che dietro l’apparente atonia di Lotor c’era qualcosa di più che la semplice stanchezza dovuta al trauma fisico subito. Allura accettò il calice di Radhogal che Merla le porgeva, bevendone avidamente un sorso. Il liquido trasparente la stuzzicò col gusto pungente ma dolciastro, svegliandola un po’. 
“Ho avuto questa sensazione.” commentò infine laconica.
“E dunque? Ho aspettato un po’ prima di chiedertelo. Lotor sa bene quando uso i miei poteri, e ormai è completamente lucido, non posso ingannarlo.”
“Avete sicuramente più confidenza di quanta ne abbia io stessa con Lotor.”
“Non provarci nemmeno Allura. Il nostro rapporto è complicato, ma una complicata amicizia che ha avuto dei dissapori.  Tu e Lotor siete un’altra questione. Ho visto cosa vi ha legato.”
“Un bacio? O il fatto che l’ho quasi ucciso?” Allura bevve ancora. Non era mai stata un’amante dell’alcool alteano ma quello offerto da Merla la inebriava piacevolmente il palato. “Entrambi. Non minimizzare ciò che vi lega a due singoli eventi, sai benissimo che fra voi c’è molto di più di quello. Un legame voluto dall'Universo stesso.”
“Un legame che abbiamo spezzato.”
“Niente è facile Allura. Non ti sto chiedendo i tuoi sentimenti, ti sto chiedendo per l’ennesima volta: vuoi aiutarlo o no? Perché salvarlo è stato un nobile gesto, ma in questo stato tanto valeva lasciarlo morire nel rift.”
La principessa rimase in silenzio, gli occhi spalancati che fissavano le sclere gialle di Merla, così simili a quelle di Lotor. 
Doveva svegliarsi, non poteva continuare a negare la realtà. Ora che la questione colonie era stata in parte chiarita, Lotor non era certo meno innocente ma non era neanche il pazzo genocida ego maniaco emerso dalle memorie di Romelle. Il problema è che lei non aveva mai smesso di provare qualcosa, nonostante tutto. Lei sapeva che c’era qualcos'altro eppure aveva dato retta a un’estranea spuntata da chissà dove piuttosto che all'uomo che l’aveva aiutata a raggiungere il suo pieno potenziale. Come poteva aiutarlo? Come poteva essere credibile ai suoi occhi e convincerlo a fidarsi di lei? Vedeva che ormai era quasi del tutto indifferente dalla sua presenza, anche se continuava ad ascoltare le sue comunicazioni sulle azioni da intraprendere politicamente per mantenere una parvenza di alleanza e pace nell'Universo. Ascoltava semplicemente perché non poteva far altro. Non c’era più quel fuoco nei suoi occhi, la fiamma di Kral Zera e nemmeno la forza e la determinazione che l’avevano portato a sconfiggere Zarkon.  L’acume e la sua curiosità erano completamente defluiti dai suoi occhi blu facendo ogni giorno di più posto all'apatia. 
Non era quello che voleva. 
No, non aveva salvato Lotor per  vederlo diventare il guscio del glorioso guerriero che era stato. 
Allura alzò lo sguardo di nuovo e sorrise alla regina, ringraziando mentalmente di essersi imbattuta in una come lei. 
“Lo aiuterò. Basta avere dubbi, basta trovare scuse. Troverò un modo per arrivare a lui.” Merla alzò il calice per brindare. “Alla tua salute, Principessa di Altea. Dimostra a te stessa cosa sei in grado di fare.” le due donne brindarono per poi scolare i loro calici con un solo sorso. 
 
Allura prese in parola l’esortazione di Merla e il quintant successivo rientrò nell'infermeria a grandi passi. Non aveva dormito, ed era in condizioni disastrose, ma non le importava. Aveva finalmente ciò che le occorreva per risvegliare l’interesse di Lotor, che giaceva come ormai era abituata a vederlo nel letto, occhi chiusi e  testa abbandonata sul cuscino.  Notò che avevano sostituito il macchinario che ricopriva metà del viso con una fasciatura azzurrina con alcuni chip dentro che gli avvolgeva parte del viso. 
Progressi. 
L’uso delle gambe rimaneva ancora un incognita invece.
Lotor come sempre la fissò senza particolare cambiamento nel suo sguardo. 
Dov'era la passione con cui la guardava, l’ardore e il desiderio che l’avevano consumato dentro?
Andati via, come tutto il resto. Allura era sempre una visione, ma nulla in lui sembrava avere reazione nel guardarla. Peggio, non voleva più guardarla e notare quell'espressione di forzata cortesia, quella diplomatica farsa che nei giorni precedenti gli aveva permesso di collaborare e salvare almeno le apparenze. Eppure quel giorno, la giovane donna sembrava aver messo da parte l’espressione gentile di facciata per lasciare posto alla principessa decisa che non aveva più rivisto. Non lo interrogò sulle sue condizioni, con quello scambio di formalità imbarazzanti, ma si avvicinò a lui sorridendo genuinamente. 
“Dobbiamo parlare.” si sedette direttamente sul suo letto, stando ben attenta a non creare danni, volendo accorciare le distanze. Lotor alzò a malapena un sopracciglio
 mentre riconosceva la mappa che si era materializzata sull’holopad di Allura.
“Lotor, so che gli ultimi giorni sono stati...duri, per usare un eufemismo. Dato che però non voglio più usare eufemismi e finta diplomazia con te, dirò la verità: questi giorni sono stati uno schifo. So bene che fra noi c’è ancora tanto di irrisolto, sono cosciente che al momento nessuno dei due si fida dell’altro...ma ti prego di ascoltarmi.”
Lo sguardo di Lotor era lucido, ma continuava a essere totalmente spento mentre con un cenno appena del mento annuì brevemente.
Allura prese la sua mano fra le sue, guardandola per un attimo. Era fredda, gli artigli galra momentaneamente ritratti. Non aveva un contatto fisico con lui da quando aveva appena ripreso conoscenza e aveva cercato di calmarlo. “Andrà tutto bene...” gli aveva detto, ma al momento tutto stava andando in malora. Non si sarebbe comunque arresa. Lotor la lasciò fare, momentaneamente sollevato da quel calore ma non particolarmente sorpreso del contatto. 
Non gli interessava più, non era semplicemente lì. Parte di lui era rimasta nel rift probabilmente. 
Eppure, quando Allura baciò la sua mano stretta fra le sue con le lacrime agli occhi, qualcosa in Lotor si smosse. Cosa stava succedendo?
La principessa sorrideva ancora, ma stavolta era il sorriso più struggente che le avesse mai visto. Dolore, paura, dispiacere ma anche...speranza?
Se lui non riusciva più a provare nulla, Allura era sopraffatta dalle sue emozioni e come un vaso comunicante avrebbe voluto trasferire in quel contatto tutto ciò che albergava dentro di lei. Invidiava Merla e il suo potere in quel momento, ma non avrebbe fatto affidamento ad altri espedienti. Doveva affrontare la realtà.
“Lotor, torna da me...” lo supplicò come non aveva fatto nemmeno quando era a un passo dalla morte. Ma lui ora era lì, cosciente ma lontano decaphoebs luce da lei. “So che non dovrei dirtelo ma non posso più nascondermi dietro la facciata della principessa che vuole salvare l’universo. Sono tornata per te Lotor, per te. E mi dispiace...mi dispiace per ciò che ho fatto.” ormai le lacrime scorrevano impietose, mentre l’uomo davanti a lei incamerava quelle parole come il canto di una sirena. Per lui? Era tornata per lui? 
Nessuno era mai tornato per lui.
“Non ti biasimo per le mie condizioni Allura.” riuscì solo a dire, mentre processava quel comportamento.
“Ma io sì.” tagliò corto lei scuotendo la testa. Non era di recriminazioni che voleva parlare, ma del futuro. “Torniamo a Oriande” propose quasi in un sussurro. 
“Cosa?” 
“Ti prego Lotor, fidati di me. Sento che c’è qualcosa lì, per entrambi. Le risposte a come cercare di superare tutto questo.” con un gesto indicò entrambi.
“Non sono risultato degno di quel posto.” la sua era una mera costatazione, non una sola inflessione di lamentela. La Principessa scosse la testa. “Non è vero. Non eri pronto.”
“Allura come pensi che possa essere d’aiuto tornare in quel luogo? Posto che non saprei neanche come arrivarci. Ti ricordo che non posso camminare.” cominciava a scaldarsi per la prima volta in giorni e Allura si appigliò a quella scintilla.
“Troveremo un modo. Lotor, so che ti chiedo troppo ma ti prego, fidati come io mi sono fidata la prima volta. So che ho rovinato tutto...”
“Non sono innocente, Principessa.” la interruppe lui ma lei proseguì imperterrita. 
“...ma c’è qualcosa in me, nei miei poteri, che mi dice che dobbiamo andare lì. Per l’Universo, ma anche per te.”
Lui scosse la testa. “Non vedo più alcuna utilità nella mia esistenza.” non lo diceva per farsi compatire, era una pura constatazione ed era quello che più preoccupava la principessa al suo capezzale.
Allura avrebbe quasi voluto scuoterlo da quella gelida apatia, ma ovviamente non poteva. Si portò nuovamente alle labbra il dorso della sua mano cercando di trovare le parole giuste. “Lotor, sarò egoista, ma la tua esistenza è strettamente legata alla mia. Io sento che andare insieme ad Oriande ci porterà beneficio.” Lotor era confuso, ma per la prima volta dopo giorni si sentiva vagamente reattivo a ciò che lo circondava. Le labbra di Allura sulla sua mano bruciavano contro la sua pelle gelida, come se quel contatto avesse ridestato in lui una scintilla di ciò di cui era stato privato. “Era tutto ciò che hai sempre sognato andare lì, e credimi vorrei capire cosa provi tu, ma sul piatto posso solo mettere la mia esperienza, la perdita del mio pianeta e della mia gente.”
“Non volev...”
“Non sto parlando delle colonie. Sto parlando di ciò che mi è successo ormai diecimila anni fa e non voglio recriminazioni né scuse. Voglio solo farti capire che sento che tornare a Oriande non solo ci darà le soluzioni che cerchiamo per salvare l’Universo ma ti porterà un nuovo proposito di cui non sei ancora a conoscenza. Lo so e basta.”
“Allura perché mi dici queste cose, ora?” 
Lei lo guardò intensamente, sorridendo. “Perché anche io ho avuto il mio tempo per processare tutto ciò che ci è accaduto. Sono tornata fino al rift perché non potevo accettare di abbandonarti alla morte. E ora non posso accettare di avere davanti a me solo l’ombra dell’uomo che ho conosciuto. ”
“Non voglio la tua pietà, Principessa.” sibilò lui, finalmente piccato nell'orgoglio.
“E allora dimostramelo, dimostrami che l’Imperatore Lotor è ancora qui davanti a me.” 
“Se solo potessi mettermi seduto ora ti dimostrerei la mia presenza, ma sfortunatamente sono un relitto.” Lotor stava iniziando a sentire di nuovo qualcosa. 
Fammi sentire qualcosa, Allura. 
Orgoglio, sfida, curiosità, cominciarono a riformarsi vagamente nella sua coscienza mentre con un giro di polso, prese fra la sua grande mano entrambe le mani minute della principessa. Con un po’ di sforzo l’attirò a sé, vicino al suo volto sfigurato. Allura era deliziata da quell'improvvisa reazione. Stava funzionando. Sorrise sorniona, lo sguardo brillante di soddisfazione. “Dimmi Allura, lo fai solo perché non riesci a dormire la notte per il peso della colpa? Posso insegnarti diversi modi per convivere con gli incubi, piuttosto che costringere un povero infermo a un viaggio umiliante.” Allura non si fece intimidire dalla frase sferzante, e liberata una delle mani dalla presa di Lotor accarezzò solo con il dorso delle dita la parte offesa del suo viso. “Lotor, non ti nasconderò che anche io ho i miei incubi e certo, mi sento in colpa. Ma ti prego di credermi, io non proverò mia pietà per te. Ti chiedo tanto nel fidarti, ma io so che tutto ciò di cui hai bisogno è un’altra possibilità.”
Lotor era sconcertato. 
Un’altra possibilità? Lui? Lasciò andare la mano della paladina come fosse scottato, ma lei rimase a quella distanza ravvicinata, mentre con grazia gli accarezzò la guancia non offesa.
“Perché ti stupisce?”
“Perché il credo del mio popolo è vincere o morire, Principessa.”
“Il tuo popolo non è solo Galra. Noi crediamo nelle seconde opportunità”
“Hai detto che non meritavo i marchi alteani.” le ritorse contro e Allura poté vedere la rabbia repressa finalmente uscire lampeggiando dai suoi occhi zaffiro.
“Ho detto molte stupidaggini Lotor.” non perse tempo ad ammettere lei.
“Lo pensi davvero? Anche ora che sai solo una parte di ciò che è successo nelle Colonie?”
Allura non cadde nella trappola della provocazione. “Sì.” lo guardo decisa sempre a un centimetro dal suo viso, che non vedeva l’ora di rivedere di nuovo per intero.
Non resistette all'impulso di sfiorare la sua guancia. “Dimmi di sì Lotor. Dimmi che  vuoi ancora vivere.” gli sussurrò quasi sulle labbra. L’Imperatore indulse nel respirare ancora a pieni polmoni quel profumo che lo aveva stregato, ancora e ancora. Sentì di nuovo un colpo al cuore, come se qualcuno lo avesse preso e stretto forte. Se ne sarebbe pentito, se ne sarebbe pentito ancora. Diecimila anni perduti e ancora non aveva imparato niente?
Ma almeno...stava di nuovo sentendo qualcosa. 
“Torna da me” incalzò ancora Allura, sussurrandoglielo sulle labbra. Lui non resistette all'impulso di sollevare l’altro braccio e affondare la sua mano nella soffice nuvola di capelli della sua nuca per poi sfiorarle il marchio alteano con il pollice. Il suo viso delicato nella sua mano grande quasi spariva e lei si abbandonò a quel contatto socchiudendo gli occhi e sorridendogli. 
Aveva di nuovo le lacrime agli occhi e Lotor lasciò cadere ogni barriera di fronte a quel sorriso. Tutto ciò che provava tornò al suo posto con l’impeto di un maremoto, una scarica talmente potente da lasciarlo quasi senza fiato. Si riscosse come se avesse appena ripreso conoscenza, spalancando di nuovo gli occhi. 
“Sono qui, Allura.” sussurrò quasi incredulo, sentendo il peso dell’intensità di quel momento. Fu quasi felice di sentire il dolore provocato dall'abbraccio di Allura, che d’impulso si era lanciata verso di lui. “Andiamo a Oriande.” concluse guardandola.
 
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Cow-t 10, settimana 4, 
Prompt: - M4 "Pensiero laterale"  
Fandom: Dragon Ball
Numero Parole: 1349 

1° Mese

Non ho neanche iniziato a scrivere e già mi sto pentendo di averlo fatto. Mi chiedo perchè mia moglie avesse una cosa del genere. E perchè lo stia facendo anche io.  Forse perchè è morta da appena due settimane e io sto impazzendo. Sto profanando la sua memoria scrivendo sulle pagine bianche di questa follia? Perché teneva un memoriale? So solo che non sono lucido e non so se arriverò a domani.

3°mese.
 
Come ha potuto quella donna scrivere tutti i nostri ricordi su questo affare? La mia non è una domanda etica basata sul fatto che erano anche fattacci miei quello che facevamo e non doveva permettersi di scriverli. No, è inutile dirlo, tanto lei faceva sempre come gli pareva e piaceva. Mi chiedo esattamente COME, come ha fatto a far fuoriuscire da lei tutti i suoi ricordi e le sue emozioni. Aveva questo stupido diario e ora io da quando l’ho ritrovato sono qui a leggerlo e rileggerlo. E uno dovrebbe scrivere su un diario no? Ma no, io non sono in grado di farlo. Lei invece era trasparente come l'acqua. Un caratterino complicato il suo, ma tutto in lei era leggibile. Se era arrabbiata, triste, felice, pensierosa, se ne aveva combinata una delle sue, se voleva estorcermi qualche sacrificio.
No non posso riuscirci. Come ha detto tante volte ,era più facile farmi ammazzare che dire qualcosa su di me.
Mi manca. Mi manca non solo la giovane, bellissima e pseudo pazzoide che ho conosciuto ormai 40 anni fa, mi manca tutto. Gli ultimi tempi, rassegnati. La sua stanchezza,i suoi silenzi così innaturali. I suoi sorrisi sempre più spenti, anche se sempre frequenti. Era sempre bella.
Del resto neanche io non sono più tanto giovane. E' così difficile da ammettere. E' così strano. Sono ancora forte, ho ancora i capelli neri, solo qualche ruga segna il mio viso. Per gli umani sono un uomo di 80 anni portati come un quarantenne. Ma io so già che la morte mi colpirà repentina, come ogni sayan che muore per cause naturali. Un giorno mi addormenterò e non mi sveglierò più.
Mi chiedo dove andrò questa volta. Ma in fondo non importa, so già che non sarò con lei, che probabilmente non sarò in nessun posto.
 
5°mese.
 
Sto impazzendo. Mi vergogno di me. Apparentemente, tutto è come sempre.
Solo i miei figli forse, sanno.
Soprattutto Bra, con quella caratteristica tutta materna di vedere oltre il consentito. Vederla così uguale a lei mi fa male, come mi fa male vedere nostra nipote Savan. Sono suoi cloni, eppure così diversi, e mi rendono la vita impossibile.
Non riesco a riprendermi. Non mi basta allenare i miei nipoti, rendermi conto di quanto sono cambiato quando li porto senza troppi problemi al Luna Park per premio, cosa che Trunks si doveva sudare, o come le loro dimostrazioni d'affetto non mi causino sconvolgimenti troppo evidenti, come era con Bra.
Non mi basta sapere i miei figli felici. Io non sono umano. Non lo sarò mai. Per me la vita non va avanti, senza di lei. Era la vera ancora che mi legava a questo mondo in cui mi sono inserito, ma che mi rimane estraneo. Non posso combattere, non posso sfogare la mia rabbia, non posso uccidere. Cosa posso fare?
 
6°mese.
 
Ripensavo quanto può essere assurdo aver sposato una donna che stavo per uccidere. In passato ammetto di aver pensato che era meglio se lo avessi fatto davvero. Ora il dolore non diminuisce.   
E non mi sembro più io. Non sono più io. Mi chiedo cosa sarebbe successo se fossi rimasto me stesso, in toto. Aveva detto di amarmi così com'ero, ed è riuscita a fare di più. E' riuscita ad amare tutti i miei cambiamenti. E io cosa le ho dato? Me lo chiedo spesso, fra un ricordo e l'altro. Dalle sue parole, rilette centinaia di volte in questi mesi non un completo disastro.  Io non mi sono mai posto il problema. Non capisco perchè me lo pongo ora. Sono. Un. Sayan. Il. Principe. Dei. Sayan. Non una donna umana senza spina dorsale. Cosa sto facendo? Che diavolo sto facendo? Prima c'era Kakaroth e avevo ancora un obiettivo. Ora cosa mi rimane? Almeno potevo prenderlo a calci,adesso. Sfogarmi. Rinsaldare le mie sicurezze,i miei punti fermi,attraverso la presenza del mio più grande rivale. Ormai Kakaroth è solo un vuoto che arde in me. Brucia e manca come una mano mozzata. Con la morte di Bulma, mi si è cavato il cuore.
 
Che strano, è la prima volta che scrivo il suo nome. Come se realizzassi veramente che ora non c’è più e che di lei mi rimane una serie di storie sulle nostre avventure...di come ci siamo innamorati. Di come l’ho lasciata con un figlio piccolo da sola. Di come mi ha salvato e di come io abbia imparato a essere padre, marito… mi riempiva di complimenti nelle sue storie...e io non so se me li merito. Mi rendo conto che non ho fatto del mio meglio, eppure per lei ogni piccola cosa era davvero speciale. 
Le ho detto ti amo solo cinque volte in cinquant’anni. 
L’ha scritto prima di morire, sorridendo.
Io ricordo tutte le volte che mi ha detto ti amo.
Molte più di cinque...almeno cinque migliaia, se non di più.
All’inizio mi dava così fastidio sentire quelle parole così estranee al mio essere, sebbene provassi lo stesso, ma poi, giorno dopo giorno, mi ero assufatto.
“Lo sai che ti amo Vegeta?” era una frase che mi diceva spesso quando mi chiudevo nel viale degli incubi, soprattutto i primi anni.
E io annuivo, ormai non ringhiavo nemmeno più.
Era bello saperlo. E non mi importa se qualcuno leggerà questo scritto, se qualcuno vedrà che io, Vegeta, Principe dei decaduti Saiyan ero un uomo che amava sua moglie, oltre che un distruttore, un genocida, un pazzo scellerato che ha imparato cos’era la vita vera solo dopo i trent’anni.
Ho imparato che avere un figlio era molto di più che lasciare la propria eredità nell’universo...ho imparato che le piccole cose, come avere una mano morbida sul petto la notte, il sorriso di tua figlia mentre torna da scuola sul viale, l’orgoglio di vedere tuo figlio trasformarsi in supersayan, l’ardore nel letto con tua moglie...erano tutte cose sconosciute alla mia razza o quantomeno alla mia famiglia. Leali solo all’orgoglio, alla lotta, alle guerre.
Ero una stupida scimmia, parole sue, quante volte me l’avrà detto, sicuro più dei ti amo.
Poi sono diventato un uomo degno del mio titolo.
Ho salvato vite, dopo avern prese tante, solo perchè lei era su questa Terra.
Stupido pianeta...che ora ospita i miei figli e i miei nipoti.
Non posso disturggerlo, ma non posso più rimanere qui. 
Bulma, non ti rivedrò mai più...che senso ha vivere ancora?
 
 
 
1° Mese
 
Papà se n’è andato. Ha lasciato questo diario, aperto alle ultime pagine.
Ma io ho letto tutto. Ho letto anche quelle cose che non vorresti mai leggere sui tuoi genitori.
Mamma non si era mai risparmiata nei dettagli, come suo solito eh?
Non so dove sia andato papà, ma non abbiamo intenzione di cercarlo. Era morto con lei, già da tempo.
So che Trunks voleva provarci, ma poi ha rinunciato.
Abbiamo capito che non  ne valeva la pena. 
Papà era come una bestia ferita da che mamma è morta.
E’ morta, è così orribile scriverlo.
Eppure è la vita no?
Finisce così, con la morte.
E ha avuto una vita bella, lunga, felice...eppure mi manca. Ci manca.
Ma a nessuno poteva mancare come mancava a lui.
Ci hanno lasciato un grande regalo, questo diario...che ha reso me Trunks più felici, più uniti, più consapevoli delle nostre radici.
Non lo continuerò io e nemmeno lui, ma vogliamo che sia seppellito nel nostro mausoleo.
Se mai i nostri discendenti dovessero trovarlo, sappiate questo: siete nati da una grande storia d’amore. Se abbia un lieto fine non possiamo saperlo, anche se non credo che mamma sia in Paradiso sapete?, però di certo è stata vissuta fino all’ultimo respiro.
Siate fieri, giovani terrestri con spruzzi di sangue saiyan e portate avanti la nostra storia. 
 

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Cow-t 10, settimana 4,
Prompt: - M1 "L'imprevisto dietro l'angolo"
Fandom: Voltron
Numero Parole: 3980



Allura neanche sapeva come ci fosse arrivata al rift. “Blue..dove siamo?” ormai parlava anche da sola. Bene. L’esplosione era stata orribile. Cosa ci faceva lì? Era impossibile trovarlo vivo. Lotor era morto, sicuramente. Era una stupida illusa e aveva tradito i suoi Paladini. L’avrebbero odiata per sempre. E tutto perchè non riusciva a non pensare a quelle urla strazianti.

A quel dolore. A cosa si erano urlati prima della battaglia.

Non poteva finire così. 

Biiip- biip- biip.

Il radar. Alzò gli occhi. 

“Oh per tutti gli dei…”

Fra la miriade di frammenti e rottami fluttuanti, la cabina di pilotaggio di Lotor era lì, sospesa a pochi dobosh da lei e il suo Leone.



Allura entrò nella cabina usando la sua forza Alteana per rimuovere le lamiere. Aveva il cuore in gola, lo sguardo subito diretto al sedile. Vedeva già le dita affusolate di Lotor penzolare da uno dei lati del sedile e provò la più grande paura della sua vita, il che era assurdo dato che era praticamente colpa sua quella situazione. Si precipitò da lui e lo spettacolo che le si parò davanti le fece sfuggire un grido di paura. 

“Lotor!” si portò le mani alla bocca prima di capire cosa fare. Era vivo? 

Allungò la mano tremante verso il suo polso, sentendo che c’era ancora una flebile speranza di vita. Le labbra arse dal calore insopportabile che aveva subito il robot, parte del viso completamente completamente sciolta, sangue scuro come la pece ovunque, pezzi di armatura ormai saltati che mostravano ferite orribili che la fecero quasi rimettere. Ma non era il momento di vomitare. Doveva reagire, non era arrivata lì per farsi sopraffare dal panico e dalla vista di ferite purulente. 

Provò a sfiorare il viso di Lotor laddove non era una maschera di sangue e realizzò che scottava come fosse una fiamma. Non sapeva molto di anatomia Garla ma per quella alteana non era un buon segno. “Dovrei odiarti…” sussurrò fra le lacrime, mentre con delicatezza cercava di superare il panico che provava per caricarlo sulle sue spalle. Non un suono uscì dal principe incosciente, nemmeno quando inevitabilmente dovette premere quelle ferite disastrate, macchiando la sua sempre immacolata uniforme di sangue. Il sangue di Lotor. 

Lo strinse forte a sè, l’improvviso odore di sangue, morte e bruciato che le solleticò le narici. Vomiterò prima o poi. Non ora.
“Mi devi un castello, disgraziato. Ma non ti lascerò morire qui. Non dopo tutto questo”. parlava da sola mentre cercava di portare quel corpo così grande fra le sue braccia, che sebbene fossero più grandi grazie alla mutaforma alteana riuscivano a malapena a manovrarlo. Lotor l’aveva sempre superata di tutta la testa e qualcosa di più. Non aveva mai voluto mostrargli quelle sue doti alteane. Le era piaciuto essere sovrastata dalla sua magnetica presenza e dalla sua voce roca mentre la ammaliava con la sua intelligenza e le sue storie di una vita millenaria. Era stata una stupida, eppure eccola lì, a portarlo nella sua cabina di pilotaggio. 

Per portarlo dove poi? Non aveva più un Castello, i Paladini erano sicuramente arrabbiati con lei e probabilmente Coran non le avrebbe più rivolto la parola. Strinse Lotor a sè più forte e finalmente sentì un sussurro uscire dalle labbra martoriate, sebbene non fu un buon segno. Lotor comiciò a tremare convulsamente fra le sue braccia, mentre Allura non sapeva cosa fare.
Cosa accidenti aveva combinato? E perchè Blue glielo aveva lasciato fare? 

“Non sono venuta a prenderti per lasciarti morire qui Lotor. Resisti, ti prego.” lo implorò mentre nuove lacrime cominciarono ad inondarle le guance.
Blue era partito, ma lei non aveva impostato nessuna rotta. Lotor continuava ad avere convulsioni terribili che le rendevano difficile anche solo mantenere l’equilibrio, non riusciva a far l’altro che cercare di tenerlo stretto, imbrattandosi sempre di più di sangue.

Doveva pensare.

Ma nel momento in cui stava per invertire la rotta che Blue aveva impostato, sentì una presenza nel suo radar.

I Paladini?

Alzò lo sguardo e rimase a bocca spalancata.

Un flotta di navi sconosciute, capitanate da una nave ammiraglia dalle dimensioni enormi, si stagliava di fronte la suo Leone. Lotor aveva momentaneamente smesso di contorcersi e gli sentì rapidamente il polso. Qualche battito c’era, ma la sua pelle era ora diventata gelida.
“Resisti Lotor, ci siamo.”

Non sapeva chi fossero, non sapeva se fossero nemici o alleati. Ma Blue l’aveva condotta lì e al momento era l’unica soluzione possibile.

Pregò i suoi dei prima di entrare nel boccaporto aperto.

Appena uscita dal Leone con Lotor in braccio, si sentiva lei stessa una leonessa sulla difensiva.

Era sola, senza Paladini, stanca dalla battaglia, ricoperta di sangue, sporca e probabilmente ferita...ma non si era mai sentita così forte nel voler proteggere a tutti i costi Lotor.

Il che era assurdo, ma ci avrebbe pensato poi. 

Un gruppo di quelli che sembravano soldati avanzarono verso di lei, ma fu la presenza di un'equipe medica che la sorprese, con tanto di barella al seguito. 

Era spiazzata ma non potè far altro che cedere quasi involontariamente il corpo esanime del principe a quel gruppo di sconosciuti.  Senza proferire parola, ormai sfiancata dalle avversità, non potè far altro di vedere come delle forme di vita a lei totalmente estranee cominciarono ad armeggiare con Lotor e la sua armatura ormai distrutta.
“Principessa Allura.” una suadente voce femminile la raggiunse.

Si girò sorpresa, mano al Bayard. La visione di una bellissima donna la colpì nel profondo. I fluenti capelli rossi, la vibrante pelle azzurra appena ricoperta da un completo top e pantaloni di pelle, gli occhi dalla sclera gialla così simile all’uomo che le avevano appena tolto dalle braccia sebbene le iridi fossero nere come l’universo. Non si era mai sentita così brutta, sporca e vulnerabile, al cospetto di quella presenza quasi regale. Una sua pari? La consapevolezza la scioccò.

L’aliena le si era avvicinata, tendendole la mano per sostenerla, uno sguardo preoccupato sotto l’espressione enigmatica.

“So che la situazione ti sembra assurda, ma ho una spiegazione per tutto questo.” indicò la sua presenza e la barella contenente Lotor che si allontava velocemente da lei. Il cuore le mancò un battito e provò a seguire il gruppo di medici ma la donna la fermò, stringendo di più la sua mano. “Immagino che tu sia preoccupata per Lotor, ma non vorresti prima rinfrescarti, sapere cosa sta succedendo?”
Allura confrontò la donna, appena più alta di lei. Scosse la testa. “Non sono arrivata fino al centro di un rift dimensionale per niente. Il riposo può aspettare...vi prego di lasciarmi seguire Lotor, mentre spiegate…” indicò stancamente l’hangar.

L’altra non si scompose, lasciandole la mano e facendole cenno di precederla. “Dopo di voi altezza…” disse in maniera più formale, ma sorridendole. 

L’alteana voleva solo morire di stanchezza sulla prima superficie utile, ma non poteva cedere. Non ora.

Le due donne, scortate dai soldati, seguirono in un corridoio parallelo l’equipe medica, per poi ritrovarsi in una sala con dei larghi divani grigi che affacciava su una sala operatoria dalle dimensioni enormi, fra loro uno spesso vetro trasparente. 

Allura si lasciò cadere stancamente su uno dei divani, un occhio alla loro salvatrice e l’altro a Lotor, che ora, semi spogliato della sua armatura e incosciente, sembrava per la prima volta fragile e in pericolo. Voleva quasi urlare a tutti loro di andarsene e fargli curare le sue ferite, ma sapeva che tutta la sua energia era andata per riportare la coscienza di Shiro nel suo corpo. Ma era una principessa alteana, una paladina di Voltron e non avrebbe dato segni di squilibrio davanti a una sconosciuta.

Vide una mano azzurrina porgerle ciò che sembrava un bicchiere con una bevanda calda. 

Alzò lo sguardo, la splendida aliena senza nome le stava sorridendo.

“Sai, non avrei mai pensato che un giorno avrei salvato quel figlio di una strega.” esordì lapidaria. Allura era fin troppo scioccata per protestare. “Lascia che mi introduca a te, Principessa. Il mio nome è Merla, e sono la Regina del Settimo Regno.” Allura quasi involontariamente si alzò per inchinarsi, ma Merla la fermò. Si sedette accanto a  lei, per poi circondarle le spalle, da quant’è che qualcuno non la abbracciava?, incurante del sangue, dello sporco, del sudore.
“Sapevo che ci saremmo incontrate, solo che non avrei mai potuto immaginare il come, nonostante i miei poteri.” le disse suadente. Aveva le orecchie appuntite come lei, come Lotor. Aveva le unghie lunghe, notò mentre le sfiorava il viso, ma non gli artigli. 

“Stai tranquilla Allura, Non farò del male a te, o per quel che può valere, a lui.” con un dito arcuato indicò l’interno della sala dove si svolgevano attività frenetiche. Lotor era circondato da persone intabarrate in tute antisettiche e non riusciva più a vederlo. Era come in trance, stregata dalla voce suadente dall'aliena che la faceva sentire così al sicuro, così tranquilla. Si rilassò senza neanche chiedersi cosa stesse succedendo.



Allura sbattè gli occhi un paio di volte, prima di riprendere i sensi. Per un attimo fu spaesata… dov'era? Cos’era successo? Poi appena lo sguardo si focalizzò sulla vetrata che aveva davanti, realizzò.

Lotor.

Il rift.

La corsa contro il tempo.

La regina dalla pelle azzurra che li aveva accolti.

Corse verso il vetro, cercando di vedere cosa succedeva all’interno della sala operatoria.

Quanto era stata ko? E perchè aveva ceduto al sonno?

Vide Merla all’interno della sala, circondata dalla sua equipe e vicino Lotor, ancora incosciente, con metà del viso completamente coperta da quello che sembravano dei componenti tecnologici a lei sconosciuti. Sembravano tutti concitati intorno al principe ma non riusciva a sentire nulla. Provò a sbattere i pugni sul vetro, agitata. Cosa stava accadendo?. 

La regina aveva gli occhi chiusi, due dita sulla fronte dove aveva notato indossare un piccolo diadema con una placca nera sulla sua fronte che ora stava premendo. L’espressione le sembrava concentrata come quando lei usava i suoi poteri. Anche Merla aveva delle abilità? E cosa stava facendo a Lotor? 

Il principe sembrava soffrire molto, l’unica parte del volto visibile completamente contratta in una smorfia di dolore, un cerchio di un viola profondo sotto l’occhio serrato. Era stato immobilizzato, si rese conto Allura, poiché evidentemente ancora in preda alle convulsioni.

Non poteva rimanere lì.

Con uno scatto raggiunse la porta, che fortunatamente non era bloccata. 

Non era una prigioniera, realizzò immediatamente. Entrò nella sala, un odore forte di medicinali e macchinari in funzione la assalirono immediatamente. Uno dei medici gli si avvicinò immediatamente. “Principessa, non può stare qui!” la voce era femminile.
Perché sapevano tutti il suo status? Allura scosse la testa, infuriata, ignorando l’appello della figura totalmente intabarrata nella tuta antisettica.

“Cosa sta succedendo?” chiese agitata.

“Sua Maestà sta provando a calmare il Principe, non può essere disturbata.” un’altra figura dalla voce femminile le si avvicinò, ma non era ostile. “Il principe è in condizioni disperate. I danni al suo fisico sono molto più gravi che da un primo esame e lo shock che ha subito non ci sta aiutando. Non possiamo intervenire, le convulsioni sono troppo forti e i sedativi non stanno funzionando.”
“Il suo corpo sta reagendo così perché sta collassando?” chiese con un sussurro e le due annuirono. Provò ad avvicinarsi ancora ma fu fermata. “La Regina sta provando a sedare Lotor dall'interno, tranquillizzandolo. Non può essere interrotta!”
Allura realizzò che la donna aveva dovuto usare lo stesso potere su di lei, per indurla al riposo. Si liberò dalla stretta.
“Non ci riuscirà da sola.” poteva percepire l’agitazione di Lotor, il dolore e la sofferenza mentre Merla proiettava su di lui un tenue raggio violaceo che ne avvolgeva parte del corpo agitato. Aggirò il tavolo operatorio e si pose davanti alla Regina, che nella sua trance non si era accorta di nulla. Si vedeva il suo sforzo però, goccioline di sudore le imperlavano la fronte adornata. Abbassò gli occhi sul principe Garla, cercando di ignorare il panico di perderlo e la vista delle ferite aperte. L’addome era nient’altro che un ammasso di organi esposti, ma distolse lo sguardo, coraggiosamente. Non c’era tempo. Si concentrò, grata per aver avuto quel breve lasso di tempo per recuperare le energie. Non erano molte, dopo lo sforzo di riportare Shiro da loro, ma poteva aiutare la Regina.

Si sfiorò il cristallo sulla fronte, concentrando le sue forze su quell'unico punto del corpo, cercando di incanalare quanto più dei poteri Altean fossero rimasti in lei. si connesse a quel raggio violaceo, avvolgendolo di azzurro.

Allura si ritrovò proiettata in uno scenario confuso, una visione di fiamme infuocate ovunque, un dolore lancinante che la attraversò da parte a parte. Era questo ciò che stava provando Lotor? Stava praticamente per svenire quando sentì la voce suadente di Merla. “Allura! concentrati! Non è il tuo dolore!” la donna si materializzò davanti a lei, le lunghe gambe che falcavano il terreno in fiamme, estinguendolo. “E’ una proiezione mentale Allura. Devi calmarti e rilassarti. Solo così puoi aiutarmi.” Allura annuì, immobile, cercando di dissipare quel dolore lancinante che la bruciava da dentro, lasciandola inerte.

“Pensa a qualcosa di bello Allura. Aiutami a far capire a Lotor che non esiste solo il dolore.” Merla le tese la mano, aiutandola ad alzarsi,  la mente dell’alteana affollata di domande che al momento non potevano trovare risposta. Perché la conosceva? Perché conosceva Lotor? Era ostile, era alleata?
“Risponderò a tutte le tue domande Allura, ma ora devi aiutarmi, sei qui per questo no?” la voce di Merla risultava provata per la prima volta.

Annuì mentre si rimetteva in piedi, l’espressione decisa. “Cosa devo fare? N-non ho mai fatto...una cosa del genere. Non ho ancora una piena conoscenza dei miei...poteri.”
“Sei l’unica superstite di una grande stirpe di alchimisti e maghi eppure nessuno ha potuto insegnarti.”  

Allura ingnorò la rabbia incontrollabile che quell’affermazione le provocò. “Non sono l’unica superstite…” Merla le prese il viso fra le mani, improvvisamente troppo vicina a lei vide la bella bocca blu scuro muoversi a rallentatore. 

“Perchè hai salvato Lotor, Principessa se è odio ciò che provi per lui? Sei qui per falro morire, o vuoi salvarlo?” si sentì scuotere e rinsavì improvvisamente. “Non lo lascerò morire. Pagherà per ciò che ha fatto, ma non morendo!”

“Concentrati Allura, concentrati! Pensa a ciò che di bello hai condiviso con lui...prova a confluire tutte le tue ergie su quello, non pensare all’odio al rancore....” Merla le tenne la mano, mentre chiudeva gli occhi. Fece lo stesso, proiettando in sè tutto ciò che avevano condiviso in quel lasso di tempo, prima della battaglia finale. Improvvisamente ripensò al loro primo e unico bacio, alle sue labbra calde, le labbra che aveva ritrovato screpolate e quasi senza vita solo qualche dobosch fa. Cambiò pensiero, concentrandosi su quando aveano condiviso a Oriande. Una sensazione di pace la avvolse, mentre ricordava i marchi alteani di Lotor, le sue parole, la sua conoscenza. “Non puoi morire Lotor, dobbiamo chiarire troppe cose io e te...”  ripensò con dolore ai sorrisi che si erano scambiati, ai momenti di sintonia che l’avevano portata a provare quei sentimenti che ora straripavano dal suo cuore, contro la sua volontà. Cercò di accarezzare quel dolore che sentiva, quell'inconscio ferito che tentava di ribellarsi a ogni forma di aiuto. Allura sentì su di sè i diecimila anni* di Lotor come fossero stati diecimila frustate sulla sua schiena. Venne a contatto con tutto ciò che di terribile e oscuro tormentava l’anima di Lotor, divisa e contrastata fra le due identità Altean e Galra. Sentì il senso di colpa, si fece permeare dallo struggente senso di inadeguatezza, si perse per un attimo nel dolore enella sensazione di volersi lasciare andare. 

L’orribile consapevolezza si formò in lei.

Lotor voleva morire. 

Non nel rift, non prima. Ma ora. Sentiva il senso di perdita, il senso di diecimila anni di sacrifici e nefandezze per raggiungere il suo scopo. 

Aprì gli occhi, disperata, Merla sempre davanti a lei, espressione imperturbabile. Anche lei poteva percepire tutto quello? Cosa stava facendo?

Intorno a loro solo fiamme, e poi all'improvviso, il gelo.  Pareti di ghiaccio violaceo sembravano volerla soffocare per quanto erano alte. Merla aprì gli occhi. “Questo è ciò che posso fare. Lotor non è mai stato prone a farsi possedere dai miei poteri.” mormorò, quasi con tristezza. “Tocca a te Allura. Io posso manipolare le emozioni, ma solo tu puoi dargli quella pace che gli serve ora.”

Allura richiuse gli occhi ancora una volta. “Lotor...lasciati andare...sei al sicuro qui...permettici di aiutarti.” cominciò a sussurrare come se aspettasse una riposta. Cominciò a focalizzarsi su tutto ciò che di bello poteva ricordare… il giardino di Altea, i due soli che splendevano nel cielo, i fiori che si spargevano per ettari ed ettari. Non pensò ad Alfor o a sua madre, ma immaginò lei e Lotor. Come sarebbe potuto essere. Rivide lei da bambina, e tentò di immaginare Lotor, poco più piccolo di lei, se tutto fosse andato diversamente. E lo vide. Vide il piccolo principe e sapeva che era stato davvero così, millenni fa. I capelli candidi appena sotto le orecchie, la pelle lilla, il volto ancora paffuto in quella fase appena prima di diventare un uomo.
Lo raggiunse sorridendo.
“Mi sono perso?” chiese senza neanche presentarsi, la voce fievole. Allura ebbe un moto di tenerezza nel vedere che da qualche parte ancora esisteva un Lotor innocente,  incontaminato. Gli prese la mano, facendo un piccolo inchino, sorridendo al fatto che fosse più basso di lei. “Sì ma non preoccuparti, ci sono io. Ti riporto a casa, vuoi?”

Il piccolo Lotor lasciò la presa spaventato. “Casa? No! Non voglio tornare a casa!”

Allura riprese quella piccola mano, senza esitare. “Allora vieni con me. Ti prometto di portarti al sicuro.”

Il principino la guardò, e quello sguardo sembrò di nuovo quello del Lotor che lei conosceva. Era solo un bambino, ma chissà cosa aveva già visto…

“Va bene, dove andiamo?” sussurrò timoroso.

Allura aprì gli occhi di colpo, le sembrava come di essere stata risucchiata dall'atmosfera.

Era di nuovo nell'ala medica dell’astronave, al capezzale di Lotor.

Traballò un attimo, combattendo l’istinto di rimettere per l’ennesima volta in quella interminabile sequela di eventi. Si sentiva come se fosse stata trascinata e scossa a velocità supersonica. Guardò Merla che invece le appariva fresca come una rosa, forse solo la pelle leggermente più azzurro pallido. “Sono abituata…” le disse come se avesse percepito il suo pensiero, mentre con una leggiadria quasi imbarazzante sfiorò il lato del viso di Lotor lasciato libero dal macchinario. il moto di gelosia che provò fu immediato e se ne vergognò immediatamente. 

“Allura, lasciamo fare ai medici ora, abbiamo perso fin troppo tempo.” la voce di Merla la distolse da quel sentimento colpevole.

Lei annuì, mentre si lasciò superare dai dottori. 

Gettò un ultimo sguardo a quel viso sofferente, sebbene meno contratto di...quanto tempo era passato? Minuti? Ore? Aveva perso la cognizione del tempo.

Vide quelle mani guantate infilare aghi, che tecnologia prevedeva l’uso di aghi?, sonde, tubi e distolse lo sguardo, nel tentativo vano di lasciare un po’ di privacy a quel corpo martoriato.


Tornarono nella sala affianco, in silenzio. Allura era svuotata, stanca, disperata...ma soprattutto sola. Senza Coran, senza Paladini. Voleva sentire la voce allegra di Lance fare uno scherzo per poi tirarle su il morale con una di quelle sue profonde frasi a effetto. Voleva vedere Pidge e Hunk adoperarsi per trovare una soluzione, per qualsiasi cosa, con la loro intelligenza. Anelava per sentire la presenza di Shiro, quello vero, rassicurante e pacata. E Keith.. cosa avrebbe dato per sentirsi dare una sana scrollata da Keith. Aveva bisogno di tornare in sè.
“Sicura che non vuoi sistemarti prima di affrontare questa chiacchierata?”
Merla accavallò le lunghe game, scrollando i capelli che le arrivavano fino al fondoschiena.

Allura gettò uno sguardo eloquente verso la vetrata. “No.”
“Ok. Preferirei darti una spiegazione estensiva e poi farti chiedere ciò che vuoi. Cosa ne pensi?”
Allura realizzò che Merla era una stratega e una diplomatica. Una Regina nondimeno.

Annuì stancamente, a quel punto non riusciva neanche a parlare, voleva solo capire.

“Come ti ho già detto, sono la Regina del Settimo Regno. E’ in realtà un agglomerato di pianeti che ospita molte lune satelliti, abitate. Un piccolo grappolo di universo, sebbene molto potente, lontano dai conflitti centrali dell’impero di Zarkon.” trattenne il respiro per un attimo, come se non le stesse dicendo tutto. “Sì, è vero, non ti ho ancora detto tutto in merito, ci tornerò più tardi.” Allura si era lasciata scappare solo un’occhiata. “E no, non so leggere nel pensiero a meno che io non mi concentri davvero molto. Sono solo molto brava a intuire le intenzioni altrui. E sì, posso entrare nelle menti degli altri, posso parlarti telepaticamente, e come hai visto, posso manipolare le emozioni e le emozioni. O provarci, in alcuni casi.” concluse laconica.
“Come hai fatto con me?” interrogò Allura, indisposta.

“Non volevo che succedesse, a essere onesta. Volevo solo tranquillizzarti, dato la situazione, ma il tuo corpo è già davvero provato, come la tua mente. Sei crollata, e poi Lotor è...peggiorato e sono dovuta intervenire.” entrambe guardarono la vetrata, sebbene non si capisse nulla di ciò che stesse accandendo. “Ti starai chiedendo come vi abbiamo trovati, e come mai sapessi di te e della tua esistenza.” allungò una mano dalle lunghe dita affusolate guardandosela con noncuranza. “In realtà, non sapevo esattamente cosa aspettarmi. Ho riconosciuto il tuo Leone, rilevato dai radar, e ci siamo fermati. Ma sapevo della tua esistenza, dato che ho visto le immagini di te e Voltron, per tutti i canali della Coalizione.  Inoltre, avevo ricevuto una visione, tempo fa...e ho lasciato fare tutto al caso.” lo spiegava come se le stesse raccontando un normale fatto quotidiano,
“Non hai menzionato visioni, fra i tuoi poteri.”
“Perchè non sono i miei infatti. Tu non hai mai avuto visioni Allura?”

Rimase in silenzio. Certo che ne aveva avute. Del resto, come poteva rimanere così incredula di fronte a Merla, ai suoi poteri, al loro fortuito incontro? Lei aveva trapiantato una coscienza ed era entrata in un’altra, entrambe nel giro di pochi dobosh. E non lo aveva mia fatto prima.
Si morse un labbro pensierosa. “Mi stai dicendo che non sapevi che ci fosse Lotor a bordo?”
Scosse la testa, sorridendo beffarda. “Se lo avessi saputo non so se mi sarei fermata…”

“M-ma...e la barella? L’equipe medica?”
“Allura, pensavo che tu fossi ferita, essendo deragliata nello spazio. Eravamo preparati.” effettivamente tutto aveva un senso.
“Ed è per questo quindi che conoscevi Lotor...avrai visto anche lui sui canali dell’Impero.” ragionò fra sè e sè, battendosi un dito sulle labbra.
Ora capiva quelle frecciatine, i galra non erano esattamente amati nell’Universo.
“Oh no Allura...non è per quello che lo conosco.” si alzò in piedi, dandole le spalle per un attimo. Si rigirò a guardarla, gli occhi stanchi per la prima volta da che l’aveva incontrata.
“Lotor è il mio ex marito.”


Allura rimase cinque dobosh in silenzio. Immobile. Basita.

Ex marito? EX MARITO?  

“Ex marito,” scandì lentamente.
“La cosa sembra turbarti particolarmente, ma ti posso assicurare che io e Lotor non ci vediamo da almeno un centinaio di decaphoebs”
“N-non che la cosa mi debba interessare.” Merla glissò, sentendo la freddezza nelle parole della giovane alteana. “Chi è stato a ridurre Lotor in quello stato.?” 

“I-io. E i Paladini. Voltron.” 

Merla per la prima volta sembrava confusa e Allura quasi godè nel vedere l’espressione confusa della regina per una volta tanto senza risposta pronta. “Lotor è impazzito. Abbiamo avuto una battaglia estenuante. Voleva assolutamente conquistare la Quintessenza, ma è stato sopraffatto,”
“Da voi o dalla Quintessenza?”
“Da entrambi”
Merla la guardò, senza dire nulla. “E perché sei andata a recuperarlo allora?” chiese rompendo quel pesante silenzio.
“Chiedimelo fra qualche giorno.” La regina si sedette accanto a lei, ma Allura, memore dell’effetto avuto poc'anzi su di lei si allontanò. Se l’altra se ne accorse non lo diede a vedere. “Cosa vuoi fare, Allura?”
Lei era Allura, principessa di Altea, Paladina di Voltron e... poteva farcela.



 
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 Cow-t 10, settimana 3, M2   Prompt: - Mitologia Cristiano-Ebraica  Fandom: Lucifer  Numero Parole: 1007


“Io ti amo…” queste le ultime parole che aveva sentito pronunciare da Chloe. E lui era lì, inchiodato su quel trono infernale che l’aveva reclamato con una potenza ancestrale.

Si era illuso di avere libero arbitrio, di poter voltare le spalle all’Inferno e invece no...era tutto pianficiato. La sua vacanza sulla Terra, Chloe...tutto un piano di suo padre.

Tocco il bracciolo ruvido e tagliente del trono, pinnacolo innalzato sulla landa infinita di desolazione che costituiva l’Inferno. Abbandonò la testa sulla mano, piangendo.

Ebbene il Diavolo poteva piangere...ora ne aveva la certezza. 

Il pensiero di quegli occhi peini di lacrime che imploravano il suo nome riuscivano a uscire dalla sua testa.

Lui, il Re degli Inferi, l’incubo di quasi ogni essere umano, credente o no, perchè tutti, tutti al mondo sapevano dell’esistenza di Satana, Apep, Fulí, Arawn, Azazel, Baal, Belfagor, Belzebù, Chernobog, Hades...tutti. Anche gli atei si ricredevano quando venivano estrapolati dal mondo dei vivi per venire giudicati da Lui. 

Eppure, il terrore dell’umanità riversava sconfitto e solo, il cuore trafitto da un Miracolo creato per farlo soffrire.


Perchè Padre? Perchè? Ho disubbidito alla ricerca del libero arbitrio e tu nonostante tutto questo tempo cerchi ancora di punirmi? La tua ira conosce confini?


Evidentemente no. Con un gesto si spogliò del suo costoso Armani, uno dei tanti vezzi umani che si era concesso in quegli anni fittizi in cui aveva indulto in ogni tipo di bassezza che la mitologia umana gli aveva affibbiato. Ed era vero, lui aveva una concezione dell’esistenza totalmente diversa dalla morale classica di quegli esseri con data di scadenza già prefissa alla nascita, ma aveva goduto dei vizi creati da loro stessi. La moda, il cibo, il sesso, l’alcool, la musica, i gatti, le belle donne, gli aitanti uomini, aveva vissuto finalmente la liberazione sessuale che incanalava l’essere umano in generi binari. Del resto si rifacevano inconsciamente alle forme di arte che non sapevano essere anche nella Città d’Argento, ma in fondo non sapevano neanche di essere stati veramente creati a immagine e somiglianza.


Tanti ci credevano e per anni li aveva trovati illusi stolti manipolati da tutto ciò che lui aveva rinnegato.

E invece era lì, schiavo della sua stessa ribellione.

Era pura essenza, libero da una forma umana, vagante in ogni angolo e centimetro del suo infinito regno infernale eppure sentiva ancora il suo cuore gonfio di dolore.

Per non ascoltare le sue stesse urla, più potenti dei suoi condannati, continuò implacabile la sua opera di ristorazione delle celle infernali, un solo pensiero in testa e gli occhi di Chloe l’unica cosa che realmente vedeva anche senza occhi.


Perchè Padre, perchè?


Per l’ennesima volta era lì. E per l’ennesima volta ringraziò il fatto di essere madre, di avere una figlia che aveva bisogno di lei, delle sue cure e delle sue attenzioni o non si sarebbe mai più mossa da quel luogo maledetto, quella terraza che l’aveva vista dire addio alla persona che amava.

Persona? Essere divino? Cosa?

Era veramente innamorata del Diavolo.

Lui gliel’aveva detto in ogni modo. 

Non aveva mai mentito no?

Le uniche volte che l’aveva fatto era stato per la sua stupidità. Ottusa, umana, limitata e non credente, non aveva mai davvero preso sul serio l’ipotesi di avere a che fare col Diavolo in persona.

Peggio, si era innamorata di lui. Aveva provato a combatterlo e si era ritrovata a sostenerlo.

E nel momento in cui aveva realizzato che nonostante tutto lo voleva davvero, era svanito.

Gremito dal suo stesso potere.

“Chloe, non dovresti essere qui.”
“Nemmeno tu Amenadiel. Hai un figlio da difendere no?”
L’angelo scosse la testa, sedendosi vicino a lei, le ali spiegate che non sentiva nemmeno il bisogno di riporre ormai.
“No, Lucy ha fatto qualcosa, lo sento. Charlie è al sicuro al momento. Capiremo come comportarci strada facendo ma ora, io e Linda siamo più preoccupati per te.”
Lo sguardo furioso di Chloe era più significativo di mille parole. L’aveva tradita del resto. E aveva tradito suo Padre confessandole di essere il Miracolo. Erano passate tre settimane e Chloe non l’aveva ancora perdonato. “Di cosa? Delle conseguenze del fatto di sapere che che sono un errore dell’Universo innamorata del Diavolo?”
“Chloe sei un Miracolo. Non un errore.”
“Non sarei dovuta essere qui. E invece sono. Esisto. Ho un lavoro. Un divorzio. Sono madre. E ho perso Lucifer perchè...perchè faceva tutto parte del piano.”

Amenadiel passò la mano sulla fronte, sconsolato. Non sapeva più quante volte ne avevano parlato, non aveva più parole sufficienti a lenire quel dolore.

“Chloe se potessi fare qualcosa, qualsiasi cos-”
“L’unica cosa che potresti fare è portarmi da lui!” si era alzata scattando, i capelli biondi sconvolti, le borse sotto agli occhi gonfie di giorni di pianto.

“Non posso Chloe, te l’ho spiegato. E anche volendo NON posso. Posso arrivare qui nel mondo terreno ma non superare i cancelli dell’Inferno, soprattutto ora che Lucifer siede sul suo Trono.”
C’era solo un modo di arrivare lì e lei lo sapeva. E l’avrebbe anche fatto, se non fosse stato per Trixie. La sua unica ragione di vita, non poteva privarla della sua mamma.

Chloe ricominciò a piangere, sentendo subito le braccia forti di Amenadiel intorno a lei.

Il profumo dell’angelo non poteva essere più diverso da quello del fratello.

“Lo so che ti manca Chloe, lo so. Lo capisco.”
“Vorrei solo che tornasse da me...vorrei solo potrerlo amare davvero...lo so che è assurdo…”
Amenadiel scosse la testa, mettendole poi le mani sulle spalle. Gli occhi di Chloe erano rossi e gonfi da giorni, l’azzurro dei suoi occhi ormai oscurato dal rossore.

“Non lo è. Tu sei un miracolo Chloe e non è un caso. Lucifer ce l’ha con nostro Padre ma lui non sa che è il più amato fra tutti sebbene la sua ribellione...e tu sei una persona vera, non sei una cosa inanimata, sei una reale e funzionante persona che soffre, per amore.”
Lei annuì, poco convinta. Era dilaniata da un senso di vuoto incredibile, come se le mancasse il cuore. 

Esausta si lasciò andare di nuovo all’abbraccio, piangendo.



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Cow-t 10, settimana 3, M1 Prompt: - Luna nuova Fandom: MCU - The Defenders Numero Parole: 1990 ----


“Io non posso essere incinta.” Jessica Jones guardò il calendario appeso nella cucina dell’appartamento che da ormai un anno era diventato anche il suo.

Matt che fino a un secondo prima stava concentrato su un documento di un'udienza alzò la testa, ricettivo. 

“Jess, come te ne esci?”

“Sono tre mesi che non mi viene il ciclo Matt. E nonostante la mia salute di merda e il fatto che non posso avere figli, il cazzo di ciclo l’ho sempre avuto.

Matt si alzò, andando per abbracciare la sua fidanzata, sentiva chiaramente il suo battito impazzito..

“C’è qualche ragione particolare per cui non dovresti? Oppure non vorresti?” Le sussurrò piano all’orecchio, avvolgendola da dietro.
“Non farmi la morale cattolica o ti mando davvero affanculo stavolta. Non voglio dei cazzo di bambini” Jessica si era già chiusa a riccio senza appello e Matt sapeva di doverci andare molto cauto. 

“Sto solo..chiedendo. Non lasciarmi fuori Jess, non ti sto giudicando. Non sto facendo il cattolico.” Continuò a baciarle la nuca, ignaro del suo battito rabbioso. Voleva calmarla, farla sentire al sicuro, ma la possibilità di essere incinta la stava mandando ai matti, lo sentiva.

“Mi hanno esplicitamente detto che non sono fatta per spanciare ragazzini. Le mie ovaie fottute, l’alcool, la mia magrezza. Cose.” Sbottò lei lei dopo qualche secondo di silenzio.” 

Matt si concentrò, per un lunghissimo minuto. Non ci aveva fatto caso, non l’aveva nemmeno mai preso in considerazione ma se concentrandosi riuscì a sentire che qualcosa di diverso c’era in Jess. Non riusciva a percepire se fosse veramente una nuova vita che nasceva il lei, il quale pensiero lo atterriva, ma forse avevano bisogno di affrontare la realtà.

“Non iniziare a prendermi in giro Jess, ma effettivamente sento qualcosa di diverso in te.”

Ma la donna era stranamente troppo silenziosa, non riusciva nemmeno a scherzare.

“Ti prego. Facciamo il test.” Lei era morbida fra le sue braccia, istintivamente continuava ad accarezzargli l’avambraccio.
“Facciamo? Che fai ci pisci tu sul tampone?”
Lui rise, malgrado tutto. “Che cazzo ti ridi?”
“Niente, mi fai ridere quando pensi di essere un camionista per allontanarmi e io invece ti trovo ancora più attraente.”
Lei suo malgrado, sorrise. La capacità di sdrammatizzare a volte del suo ragazzo che veniva più spesso associato al diavolo che all’acquasanta, la rassicurava molto. Era nelle corde del suo cinismo, e lo apprezzava. Inoltre, sapeva che non doveva recitare con lui. “Jess, intendevo che sarò con te ad aspettare. Se è negativo, sarò solo il tuo vecchio fidanzato cieco pazzo e andrò a farmi controllare le orecchie mentre tu andrai da un ginecologo a capire perchè il tuo ciclo è sparito. Se sarà positivo… ci penseremo.”


“E’ fottutamente positivo” sbottò Jess girando d’istinto il classico test di gravidanza, due lineette ben visibili, non per Matt.

“Eh già” cercò di sdrammatizzare lui, perplesso. Quella che era solo un’idea lontana, una remota ipotesi che nemmeno lui aveva veramente contemplato, gli cadde addosso con la potenza di un edificio. E lui poteva dirlo letteralmente.

“No no tu non capisci. Io non posso essere madre! MA MI VEDI? MA CI VEDI essere genitori? La pazza alcolizzata e il Diavolo di Hell’s Kitchen? E se esce come me? Ma poi una cosa che mi cresce dentro ma che siamo impazziti...no no io...” stava per avere un serio attacco di panico. 

“Sh...sh…” Matt l’abbracciò con forza. “Jessie...Jess calma. Calma. Lo sappiamo chi siamo. E non pensare neanche per un minuto che io non sia terrorizzato. Siamo insieme in questo. E’ nostro e non ti lascerò da sola.”
“Il corpo è il mio!” scattò sulla difensiva lei.

“Lo so. Lo so. Ti chiedo solo di cercare di respirare.” Riuscì a farle fare qualche respiro rilassante, due tre manciate d’aria per non spiralizzare nel panico.
“Voglio bere un cazzo di whisky e NON POSSO.” Riuscì a boccheggiare lei, sconvolta.

“No, non puoi. E non sai quanto apprezzo sentirtelo dire. E so, so quanto è difficile. Lo vorrei, ma non me lo berrò neanche io. Siamo in questo insieme.” Le strinse la mano. Forte. 

“Posso dirti ciò che penso? Sarà un enorme flusso di coscienza quindi, mettiti comoda. E per favore, qualsiasi cosa io dica, non interrompermi. Potrei impicciarmi e dire cazzate, e ti giuro che potrai menarmi se vuoi , ma dopo.”

Lei annuì, troppo sconvolta per ribattere, mentre si accovacciava sul divano, il dannato test a terra dimenticato. Si concentrò sullo sguardo vacuo di Matt, sempre così bello con i capelli sconvolti e l’aria sperduta, come la sua.

“Jess, non abbiamo mai voluto definire cosa siamo, e a me è sempre andato bene così. Per me però tu sei la mia compagna di vita, colei a cui ho promesso fedeltà e voglia di costruire qualcosa. Non sapevo se per te fosse lo stesso e non ho mai voluto metterti limiti o restrizioni, ma io mi sono sempre fidato di te e non hai mai disatteso la mia fiducia. Che io fossi un rottame nel letto dopoessermi fatto crollare un edificio addosso, che io mi sia invischiato in cazzi più grandi di noi fra la Mano o addirittura quando abbiamo affrontato alieni, o quando ho perso momentaneamente l’udito per ben due volte lasciandomi letteralmente inerme...ho avuto te al mio fianco. Non ti ho mai chiesto nulla eppure ci sei stata. Con te ho imparato come si convive con l’ansia, ho realizzato di avere io in primis dei problemi di depressione che avevo sempre negato. Pensi di essere una tosta stronza senza cuore, e lo sei, oh se lo sei, ma mi hai regalato le più grandi risate che io abbia fatto nella mia vita. Mi hai regalato la serenità che io non pensavo che avrei mai potuto avere nè meritare. E sì, per me serenità è andare fuori a darle e prendere ogni notte ma poi sapere che il sabato pomeriggio ci andremo a prendere il gelato da Jade sulla terza. Non abbiamo mai parlato di queste cose perchè..siamo noi. Ma io ho tutto qui.” si indicò la testa. “Tutto ciò che abbiamo fatto in questi tre anni, gli sforzi, i sacrifici per venirci incontro, la strana e piacevole seppur inquietante domesticità che abbiamo ottenuto senza neanche stare a pensarlo.” sentiva Jessica piangere, e non sapeva se di gioia e di dispiacere, ma rimaneva zitta, stoica, e riuscì a continuare. “Questa novità..assolutamente inaspettata, mi spaventa. Mi terrorizza. E non per te. Non ti dirò cazzate tipo “saresti la madre dell’anno” o cose così, ma non è per te che sono preoccupato. Io sono Daredevil. E non voglio fare a mio figlio ciò che è successo a me. Non voglio lasciarlo senza padre, e allo stesso tempo sono così egoista da pensare che non so se sono pronto a non essere più Daredevil. E sono così egoista da pensare anche che io e te stiamo bene così. Ma davvero tanto. Eppure…” si passò le mani sul viso pronto a gettare la bomba. “Eppure Jess, non posso fare a meno di pensare che mi piacerebbe prendere fra le braccia nostro figlio. Non avendo assolutamente idea di come potrebbe essere perchè l’idea di normalità e di famiglia non mi hanno mai, mai, neanche lontanamente sfiorato il cervello.”

Jessica lo raggiunse con le dita sulle guance per poi baciarlo, a lungo. Un bacio che sapeva di lacrime, di liberazione. “Lo so che fra i due sei tu quello che fa i grandi discorsi. Per fortuna. Ma… hai ragione. Dobbiamo parlarne e stavolta non c’è scusa che tenga. Ho paura Matt. Vorrei sottoscrivere circa il 60% delle cose che hai detto. Io sono tranquilla, per la prima volta nella mia vita. E pensavo che avrei distrutto tutto, che sarei stata una pazza, e lo sono stata, eppure tu sei rimasto. Sei rimasto abbastanza a lungo e saldamente da farmi vedere che sì, sono rotta, ammaccata, ma che volevo ancora vivere. Non avrei mai creduto, mai, di poter apprezzare gesti gentili o galanti, e poi scopare lo stesso felicemente senza mai essere stanca. Stai arrossendo, smettila. Lo sai. Non mi hai mai rotto il cazzo perchè bevevo troppo, eppure sei riuscito a lo stesso a farmi non essere più una botte di un metro e settantacinque. Certo bevo, ma ora ho...meno motivazioni per farlo. Lo so che non funziona così, che ho rischiato tanto ma tu.. noi...mi hanno dato un motivo per sorridere. Io sorridere, capito. Non sei stato ammazzato, per ora almeno, ma questo è perchè credo così ciecamente al fatto che tu sia un eroe invincibile, anche quando mi torni a casa ricoperto di lividi, che non succederà. E io avevo trovato un equilibrio. Non sapevo neanche di volerlo un equilibrio. Pensavo di essere ormai rassegnata a sopravvivere e non vivere, io e una bottiglia di whisky. Adesso ho degli hobby Matt. Uno di questi è pistare la gente con te, e occasionalmente salvare la città, ma intendo anche hobby normali. Degli interessi. Non andavo a una mostra dal college. Mi ci hai portato tu. E ora? Sono pronta a rinunciare a tutto quel poco che sono riuscita a costruire dopo anni? Sono pronta ad avere paura di rimanere sola con un figlio? Di non metterlo in lavatrice dopo una crisi di depressione post partum? Come posso essere una madre se so essere a malapena un essere umano? Non sono pronte quelle che ce l’hanno in testa da quando hanno sei anni di volere figli, figuriamoci io! Non volevo riprodurmi. Non so com’è successo, ero contenta che mi avessero detto di essere sterile e COMUNQUE abbiamo usato sempre protezioni. Forse delle volte da sbronzi no. Il fatto è che mi sento già una madre di merda per questi pensieri.” 

Matt la baciò a lungo, trasmettendole tutto l’amore che provava in quel momento di forte vulnerabilità per entrambi. Le strinse le mani, forte, così forte per farle capire cosa voleva dire per lui ed era così felice di poter stringere liberamente quelle piccole mani d’acciaio per potersi esprimere.

“Qualsiasi cosa decideremo Jess, ti prometto che ci sarò. Che troveremo un modo. Che noi due sopravviveremo”

Jessica Jones annuì, fra le lacrime.


“Luna Jones-Murdok” 

“Luna? Che razza di nome è?”

“E’ italiano. E ti ricordo che ci siamo baciati sotto la luna la prima volta.”

“Oh cielo solo tu potevi pensare a una cosa così vomitevole. Mi piace.” Matt rise mentre guardava la sua piccola meraviglia fra le braccia della sua mamma. “E’ anche il primo nome che mi è venuto in mente al posto di John.” Era stato un parto assolutamente facile. Lui e Jess si erano preparati per ogni tipo di complicazione, data la loro perenne sfiga, ma il tempo era scaduto, le acque si erano rotte in casa in una tranquilla domenica pomeriggio e subito erano arrivati in clinica grazie a Dan, l’assistente di Matt. Per la prima volta nelle loro vite qualcosa era andato perfettamente liscio. Jess aveva sofferto, aveva maledetto ogni suo avo e quelli di Matt per un’oretta buona, ma la bimba era uscita in perfetta salute sebbene nessuno si aspettasse che fosse una femminuccia. Jess era stata irreprensibile. Niente alcool, niente caffè, niente sushi. Aveva seguito il manuale della perfetta donna incinta, a parte qualche rissa qua e là per legittima difesa. Ma il profilo basso che avevano mantenuto, anche grazie agli altri Difensori, l’avevano resa in grado di affrontare la maternità con calma. Era stato...terapuetico. Del resto, dopo Thanos e dopo tutto quello che avevano passato, pensava anche che se lo meritassero un po’. Guardò le dita di Matt sfiorare quel visino delicato per imparare a vederlo; la bocca identica a quella del padre, il naso e gli occhi già sembravano totalmente come i suoi, invece. “Certo ci ha fatto un bello scherzo...eravamo tutti convinti fosse maschio e invece è una femmina!” Matt intercettò subito il sottotesto. “Saremo perfettamente in grado di allevare una bambina Jess.”

“Mi odierà sicuramente e ti amerà tantissimo, tutte le femmine fanno così.” era ironica, per una volta.

Scoppiarono a ridere baciandosi, felici.



Battito

Feb. 12th, 2020 11:17 pm
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Cow-t 10, settimana 2, M2 Prompt: Battito Fandom: Harry Potter Numero Parole: 4295

Il momento era arrivato. Severus sentiva l’aspettativa a mille. Il suo cuore non avrebbe retto, sentiva il battito in gola,  nonostante l’espressione impassibile. Aveva fatto entrare Hermione nei suoi quartieri personali, ma non era certo come quando aveva fatto entrare Draco, Harry o Elladora. Hermione era lì, vicino a lui che contemplava i suoi libri, ancora con il vestito del ballo che le donava come non mai. Ma magari avrebbe vouto fare altro. Ma lui...si strinse il pugno al petto pensando che non era ancora pronto a farsi vedere da Hermione. Non era pronto ad avere..un’initmità. La voleva, la desiderava terribilmente ma voleva che quei momenti fra loro, così ...puri, rimanessero tali per un altro po’. voleva conoscerla meglio da che erano finalmente due pari e prendere la confidenza necessaria per...mostrarsi a lei, nella sua bruttezza e nella sua inesperienza.  Ma Hermione aveva forse altri piani?

 Hermione si diresse verso il mago che ,compunto e dritto come un fuso, guardava fuori dalla finestra con sguardo vacuo, le labbra una serrata linea sottile.

“Severus, perchè...mi cacci?” lui si girò come se l’avesse colpito in faccia.

“Cosa?” l’esclamazione basita seguì l’espressione. 

“Vedo che c’è qualcosa che non va e invece di...parlarne, ti chiudi nel tuo solito mutismo.” si avvicinò a lui, guardandolo con tutto l’amore che provava. “Bada, non mi sto lamentando, vorrei solo sapere cosa ho fatto di sbagliato per farti arrabbiare così. Mi sembrava di aver passato una bella giornata.” 

Lui rimase senza fiato per un attimo. Lei? Cosa aveva fatto di sbagliato lei? “No, no Hemrione tu non c’entri nulla…” le appoggiò entrambe le mani sulle spalle, piegando la testa per non farsi vedere. Stava arrossendo come uno scolaretto. Idiota. Sentì le dita fresche e gentili di Hermione sulle sue guance paonazze e si lasciò si guidare verso di lei. Incontrò il suo sorriso, ma scorse la sua preoccupazione. Non poteva, non voleva farla stare così. 

“Hermione, io…” fece uno sforzo immane per forzarsi a parlare, quasi pensò che Nagini l’avesse morso di nuovo. “Io...non sono abituato a tutto questo.” 

Che spiegazione era? Benedetto Salazar, non mi fregio di essere un eloquente mago? Distolse nuovamente lo sguardo, sempre più paonazzo. “Non ho idea di cosa fare o non fare.”  si lasciò sfuggire prima di richiudersi in un mutismo non voluto. Avrebbe voluto spiegarsi, avrebbe voluto farle capire...ma sarebbe rimasta comunque al suo fianco? Hermione, dapprima assolutamente senza indizi, realizzò d’un tratto cosa stava succedendo. E io sarei la strega più brillante della mia generazione? Cretina. Sentiva il cuore in gola, il battito impazzito mentre cercava di arginare i danni.

Severus stava per riprendere a parlare, un’espressione addolorata sul suo viso che solo da un paio d’anni, il tempo necessario per fare fiorire la loro inaspettata relazione, aveva ripreso il colore di una persona non prossima alla morte. Velocemente lo zittì, un dito sulle labbra pallide sottili come era solito fare lu con lei. “No, Severus...ho capito. Sono o non sono la tua so-tutto-io?” provò a stemperare la tensione, sorridendo e lo sguardò intenerito dello strano e complicato uomo che amava la spinse ad andare avanti. “Non voglio essere presuntuosa, voglio solo provare a capire se ciò che ti preoccupa è che a volte...non hai la minima idea di come funzioni una relazione. E questo ti imbarazza, probabilmente, perchè trovi che dato che fra i due sei tu “l’uomo” e anche più grande dovresti...saperlo?” concluse il suo ragionamento in maniera interrogativa, dangogli la possibilità di aggiustare il tiro. Lo sguardo basito del mago e l’allentarsi della sua presa sui suoi fianchi le fecero capire che ci aveva preso in pieno. Continuò, affrettandosi a rassicurarlo. “Sai vero che questo non è un problema, per me? Vorrei solo che lo affrontassimo...insieme?” chiese speranzosa mentre gli accarezzava una mano, che aveva preso fra le sue. Lui le con l’altra le accarezzò il viso e lei si abbandonò dolcemente alla presa. “Hermione, come può non disturbarti il fatto che io, un uomo di vent’anni più grande di te, non abbia assolutamente idea di come gestire una relazione?” il tono della domanda risultava vagamente incredulo. La sua paura di dimostrarsi un patetico disperato come lo era stato con Lily Evans era ormai senza controllo. Un conto era organizzare per loro un paio di piacevoli incontri, anche romantici, non era così sprovedduto, un altro era gestire una relazione su basi giornaliere, gestendo emozioni e scendendo a compromessi. Non voleva dimostrarsi un povero pazzo assetato d’amore. Ma probabilmente lo era. Non aveva ancora dato un nome ai suoi sentimenti e non voleva farlo. PEr ora. Il flusso di pensieri e paure non trapelarono dal suo silenzio, nell’attesa di sentire la risposta di Hermione che in realtà era già stava già parlando, di nuovo le sue piccole mani fresche sul suo volto quasi sicuramente paonazzo. 

“Severus, sei un uomo che negli ultimi vent’anni ha vissuto una vita di rischi, pericoli e...depressione.” la parola aleggiava ancora fra loro come un tabù, ma era la realtà. “Non hai voluto, o non hai potuto, voler ricevere e dare amore a nessuno. E non posso e non voglio farti una colpa per questo. Non mi interessa, non mi importa e credo che sia solo una stupida convenzione sociale il fatto che siccome tu sia un uomo allora debba essere “esperto.” Noi siamo noi.” lo guardò con intensità e fu quello sguardo che stava riempiendo tutte le crepe del suo cuore, giorno dopo giorno, che lo convinse che stava dicendo la verità. Avrebbe voluto esprimere anche lui i suoi sentimenti, le sue paure, come faceva Hermione. Ed era lì, ancora una volta, la spontaneità dei suoi vent’anni a contrasto con l’ermeticità dei suoi sofferti quaranta. Ma la ragazza non gli diede tempo di perdersi in ulteriori pensieri, proseguendo imperterrita. “Anche solo il fatto di esserci avvicinati è stato al di fuori di ogni aspettativa, no? “Una singolarità casistica pari alla glaciazione dell’inferno” citò testuale le sue parole di qualche tempo prima “eppure siamo qui. E per quanto tu abbia dimostrato quanto sia in grado di essere capace di gesti che non avrei mai neanche pensato di ricevere in vita mia, non mi aspettavo certo che sarebbero state solo rose e fiori. Non è così che funziona una relazione sana.”

“Io non ho idea neanche di come funzioni una relazione Hermione” sibilò Severus quasi disperato. “Ho giocato a fare il cavaliere e poi non sono neanche capace di farti capire che NON è colpa tua se a volte ti eslcudo?” si rimproverò. 

“Non ho mai pensato che tu sia un uomo semplice e di certo non hai mai giocato con me. Non ho intenzione di cambiarti Severus. E’ essere così che mi ha fatto avvicinare a te.”

“Ma invero tu mi hai cambiato molto più di quanto io credevo fosse possibile, specialmente dopo una vita come la mia.” rincarò lui, accarezzandole dolcemente una ciocca. Era un patetico sedicenne nel corpo di un vecchio e brutto mago e lei era una saggia strega con le fattezze di una bellissima donna.  

“E tu me. Cosa credi? Che questi anni non mi abbiano formato?”

“Hai decisamente più esperienza in questo però.” alludeva ovviamente a Ron. Forse anche al tedesco nerboruto, non lo sapeva più neanche lui.

“Solo marginalmente. Non ho mai costruito niente con Ron. Non potevo avere nemmeno una conversazione così profonda con lui. Merlino sa quanto gli voglio bene, ma davvero Severus, tutto ciò che abbiamo superato? Cos’è se non una relazione concreta?”

Lui scattò subito, agitato. “Ma è ora Hermione, è proprio ora che va tutto...bene, che i problemi sembrano moltiplicarsi.” si passò una mano sul viso, esausto. Voleva solo renderla felice, ma come poteva trovare un equilibrio fra il suo essere l’equivalente di un adolescente in amore e un uomo adulto e provato con dei muri di protezione alti quanto il castello in cui si trovavano? 

La giovane lo guardò con amore misto a preoccupazione. Cosa poteva fare per evitare che lui si torturasse così? Sentiva il conflitto dei suoi pensieri senza neanche usare l’Occlumanzia. Lo guidò sul divano dietro di loro, invitandolo a sedere. Il mago, sovrappensiero, si lasciò guidare e senza rendersene conto si ritrovò semisdraiato fra le braccia di Hermione, che seduta sull’angolo del divano l’aveva fatto adagiare iin parte su di sè. Si sentiva inerme e la sensazione non gli piaceva neanche un po’, ma il profumo della donna che amava e la dolcezza del suo abbraccio sovrastavano il suo disconforto. Si rilassò, per un attimo. “Severus” ricominciò lei, pazientemente ma senza accondiscendenza nella voce, mentre gli accarezzava il petto. Sapeva di rischiare molto in quella posizione, ma voleva dimostrare un punto. “neanche io so bene a volte cosa fare. Non so cosa fare per evitare che tu possa chiuderti in questo vortice di dubbi. O cosa posso o non posso fare per non superare i tuoi limiti. Vado a tentativi, come ben vedi. Era da tempo che avrei voluto tenerti così, fra le mie braccia e non mi sono mai azzardata a farlo.” lo sentì irrigidirsi sotto il suo tocco, ma proseguì. “A volte ho ancora paura che tu possa vedermi come una ragazzina, una scema romantica che ha un’idea di te distorta e idealizzata, cosa che sottolino, non è vera. E a volte mi freno dal fare cose che mi potrebbero...rendere ridicola davanti a te. Tipo questa.” si ritrovò a posargli un casto bacio sulla fronte, dalla sua posizione sollevata rispetto a lui, ancora adagiato fra le sue braccia. Si aspettò di essere respinta, ma si ritrovò la sua mano affusolata fra i capelli ad accarezzarle la nuca. Con la coda dell’occhio lo vide sorridere rilassato e sentì il suo cuore riempirsi di gioia. “Hermione” la voce bassa era ammorbidita, il suo corpo finalmente sembrò distendersi e si azzardò addirittura a mettersi più comodo, entrambe le gambe distese sul divano verde. “Non devi sentirti così. Tu sei libera di dirmi tutto ciò che vuoi e dimostrarmi affetto come più ti aggrada. Sono io quello incapace nel dimostrarlo, non tu. Non vorrei mai che tu possa sentirti in difetto in questo frangente, perchè non potresti mai esserlo.”

“E lo stesso vale per te. Vorrei davvero che tu potessi sentirti libero di esprimere ciò che provi. O che senti. E non parlo solo del tuo affetto, perchè ti assicuro che lo vedo in ogni piccola cosa, ma parlo di quando ti senti...smarrito. Se non capisci qualcosa. Se non sei sicuro di come agire.”

Lui la sorprese, guardandola così al contrario, le diede un piccolo buffetto sul naso col dito. “Perchè ti piace l’idea di potermi insegnare qualcosa eh?” Stava scherzando? Lui?

Hermione non potè reprimere la risata allegra vedendo il sorriso disteso sulle labbra del suo amato mago. “Ti dirò...un po’ sì.” si fece seria, di nuovo. “In realtà...non è così lontano dalla realtà. Probabilmente è anche per questo che la situazione non mi pesa per niente.” cominciò ad accarezzargli i capelli “In fondo...tu sei così esperto in...tutto. Sei un mago potente, sai tantissime cose più di me, questa cosa mi piace ma mi frustra a volte non poco, hai vissuto molte più esperienze e cose di me. A volte mi riesce difficile capire anche solo come sono riuscita a risultare interessante ai tuoi occhi a passare dall’essere una tua pestifera alunna a...questo.” e con il braccio libero, indicò loro due in quella tenera e singolare posizione, lei all’angolo del divano che teneva fra le sue braccia nientemeno che Severus Snape che però, alla sua affermazione si sollevò per poi prenderla fra le sue braccia. “Hermione, non pensarlo neanche.” era particolarmente veemente e la ragazza pensò che il suo discorso poteva aver fatto breccia, almeno un minimo. “Non avevo idea che potessi sentirti anche tu così. Sei sempre stata così sicura di te e dei tuoi intenti, in maniera così inequivocabile che non avevo mai considerato che anche tu potessi pensare certe cose…” le accarezzò i capelli dolcemente. “So di essere un uomo difficile. E in questo frangente mi sento ancora più inadeguato… Ma mai, mai Hermione devi pensare che tu non sia libera di esprimerti con me. Sei una strega meravigliosa e la tua spontaneità e la gioia di vivere mi hanno tirato fuori sentimenti che non pensavo di possedere. Ti prometto che… Cercherò di essere più...espansivo. E non per farti contenta, sia chiaro, sai bene che non ne sarei capace...è che vorrei davvero...lasciamri andare con te. Nelle mie intenzioni e nei miei pensieri. Non l'ho mai fatto, per tutta la vita e… beh, sto provando a dare alla vita un'altra possibilità. E nel caso in cui ci sarà qualcosa che troverò assurdo… insegnami a capire. Sarò un devoto alunno.” concluse cercando di allentare la situazione, la sua fronte a contatto con quella di Hermione. 

Lei annuì sorridendo “Quanto devoto?” chiese allacciando le sue mani dietro al suo collo, la voce suadente. “Ecco, anche in quel frangente Hermione…” ingoiò il suo orgoglio definitivamente, deciso a dare prova della sua buona volontà. “Non dico che io possa essere un’esca per unicorni… Ma quasi.” sussurrò quasi impercettibilmente la fine della frase.

Lei si staccò da lui e lo guardò un attimo vacuamente prima di realizzare cosa stava implicando. “Beh… potrei dire la stessa cosa.” ammise con un po’ di imbarazzo dopo aver compreso. Lui la guardò stranito, ma non disse nulla. “Non penso di aver ancora conosciuto il significato di una vita di coppia appagante” ammise coprendosi il volto. Perché stava arrossendo come una ragazzina?

Si sentì abbracciare nuovamente “E allora vorrà dire che dovremo cercare insieme quel significato. Con i nostri tempi e i nostri modi Hermione… E che le convenzioni sociali siano dannate.”

Lei annuì sorridendo, prima di baciarlo con passione. Avevano finalmente un momento di pace e non c'era bisogno di affrettare nulla nella loro relazione. Erano sicuramente fuori da ogni schema, singolari, anacronistici e decisamente inaspettati...ma erano loro. Insieme.

Avevano scampato la morte, cambiamenti drastici nelle loro vite già complicate, la distanza...eppure erano lì, in piedi. O meglio comodamente seduti sul suo divano. non voleva affrettare nulla fra loro. 

Gli accarezzo nuovamente il viso, e ancora una volta si compiacque di come il suo aspetto fosse finalmente quello di una persona...felice.

“Lezione uno, Mr Snape…” esordì con un tono compunto che fece sollevare un sopracciglio al suo scorbutico mago che in quel momento la guardava con un’espressione divertita. “...vuoi dirmi che cosa è successo stasera per farti...sentire così?” pregò in aramaico di non essersi spinta troppo in là, ma Snape la sorprese, sollevandola e mettendola senza troppa difficoltà in braccio a lui sul divano. Lei urlò per un attimo dalla sorpresa, ma poi sorrise beata mentre si appoggiava a lui, giocherellando con uno dei suoi bottoni. 

“L’aspettativa di.. questo momento. E’ che sei tutto ciò che ho sempre voluto, che non sapevo di volere, e ora so che non voglio..rovinare tutto. Per Merlino Hermione, mi si è fermato il battito del cuore almeno tre volte nell’ultima ora...” per la prima volta si sentì libero di potersi fidare ed esprimere ciò che provava. Non si rese conto che nel mentre accarezzava sulla schiena senza accorgersene una deliziata Hermione, che finalmente godeva di quelle dimostrazioni d’affetto tanto anelate.

“Se vuoi proprio saperlo Severus...anche il mio.”

Si baciarono a lungo per poi guardarsi intensamente. Con molto coraggio si alzarono dal divano dopo uno scambio di effusioni più che esaustivo.

 E fu allora che la giovane maga si rese conto della situazione.

Hermione l’aveva visto nelle peggiori condizioni possibile. L’aveva visto ferito, debole, malato...incapace di muoversi e dipendente da lei per quasi tutto per molti mesi. 

Eppure ora mentre entrava nella camera da letto situata dopo l’anticamera con il salotto...si sentì estremamente in imbarazzo. Era un uomo che aveva vissuto la sua intera vita schivando il prossimo e non sapeva come uscirne. Solo sapere che anche Hermione is sentiva leggermente in imbarzzo lo rincuorava, lei che solitamente non ne provava.

Lei trasfigurò un pigiama che ricordava molto quello che portava a Spinner’s End. Sorrise. “In vena di ricordi?”

“Ahahah, credo di averlo trasfigurato senza pensarci ed è uscito quello..sì..ripensavo a Spinner’s End.”

Lui si sedette sul letto, snodando il fazzoletto da collo. Lei lo iutò, accarezzandoghli i capelli mentre rimaneva in piedi fra le sue gambe. quel gesto intimo, controllargli la ferita.. era mesi che non lo faceva. “Fa sempre male uguale?”

“Ormai ci convivo…”

“Dovremmo trovare un modo per liberartene del tutto…”

“Al momento ho altir progetti..”

“Beh allora questo è sulla lista appena finito ciò di cui ti stai occupando ora. me lo prometit? Inoltre, mi manca lavorare con te.”

“Vorresti riprendere a fare pozioni?”

“Perchè no? Mi piace. E scommetto che manca anche a te.”

“Vero. Ti prometto che appena avrò tempo ricominceremo..e cercheremo di trovare una soluzuione..sarà divertente, almeno.” consluse mentre lei aveva cominciato a spalmargli la crema sul collo, sul petto superiore e sulle cicatrici diramate causate dal veleno. 

Lui gemette per un attimo, sollevato. “Non ci credo neanche io che sto per dirlo Hermione, ma mi erano mancate le tua mani” lei sorrise. “E a me era mancato prendermi cura di te.So che te la cavi benissimo da solo, lo vedo. Eppure, quando mi permetti di starti vicino..sono felice.” Lei la strinse di più a sè, affondando la testa quasi sul suo seno. Si chinò abaciarlgi la testa.

“Sev…” disse usando il soprannome che aveva detot di usare cn parsimonia…”Ti sentiresti a tuo agio se ti dicessi che mi piacerebbe farti un massaggio?” Lui la guardò. “Cosa?”

“Un massaggio. Io, te, nel letto..e io ti massaggio le spalle. Hai tutte le spalle contratte.” So che le attività mondane non sono esattamente le tue preferite.”

Lui era a un passo dal rifiutare ma si trattenne la lingua. Piccoli passi. Un massaggio. Un’espereinza così innocente e potenziaòlmente pericolosa, ma...un passo per volta. 

“Ecco una di quelle cose in cui dovrò essere un bravo discepolo?” lei sorrise. “Chissà”

Lui si alzò, dirigendosi verso quello che hermione aveva inutio fosse il bagno privato. “Dammi un attimo e sarò da te.”

“Questo letto è davvero enorme” pensò Hermione mentre si sedeva sul letto, biancheria ovviamente verde e argento, a due piazze. Severus aveva dormito da solo tutti quegli anni in uqel letto gigantesco? Ripenso al sogno che aveva fatto, ma scosse la testa. Quello era il passato. E lei era lì, con lui. 

Il mago uscì, la veste da camera verde e sotto il pigiama.

Lei non potè trattenersi. “Beh, quella non ce l’avevi a Spinner’s End.”

Luisi guardò la veste, smarrito. “Non ti piace?”

“Oh al contrario...”

Hermione provava desiderio. E non volev altro che slacciare qualla vestaglia  eslatargli addoso ma nello stesos momento..non le sm,ebrava giusto. voleva..esplorare. Sentire. Essere...sicura.

Lui si avvicinò sul letto. Indeciso se entrare nel suo stesso letto...cretino.

Hermione lo guardava, ammutolita. “La mia offerta per il massaggio è ancora valida.” spezzò il silenzio. Lui le accarezzò i capelli. “Sono tuo..”

Entrarono sotto le coperte un po’ imbarazzati. Severus lasciò la vestaglia appesa sul gancio del letto, rimanendo col semplice pigiama nero, ovvio, che sperava non facesse vedere il suo fisico. Hermione gli fece cenno di mettersi fra le sue gambe. Lui obbedì, in silenzio e senti il corpo morbido soot l asua schiena. E caldo. Non aveva mai provato cosa volesse dire sentire del calore in qul letto. voelva piangere e nello steso tempo si odiava per la sua miserabilità, ma si sentiva...in paradiso. Péer quanto desiderasse hermione, ora l’aspetto crnale era totalmente in secondo piano. Quel calore gli stava riempiendo il cuore e non riusicva a parlare. La ragazza gli spostò i capelli dietro le spalle, mentre con le mani esilisi concentrava sulle sue spalle. “Se ti da fastidio la ferita me lo dici? Cercherò di non toccare punti sensibili.”

Lui non riusciva proprio a proferire parola. L’atmosfera intima, la luce soffusa,il profumo dei capelli Hermione. Era troppo. Annuiva e basta, come in trance.

Sentì le sue piccole mani calde, le stesse mani che nonostante minute erano forti e sicure, che l’avevano sostenuto per tanti mesi e che ora gli stavano regalando..sollievo. Senti i movimenti energici ma delicati mentre lei gli massaggiava il retro del collo, una parte dell’incavo delle spalle. La ferita pronta venì a salutarlo con del dolore ma lui lo gignorò. si stava rilassando, per...la prima volta in vita sua. 

“E’ normale che mi stia venendo sonno?”

La sentì sorridere. “Oh sì..vuol dire che ti stai rilassando…” lo baciò sulla nuca e lui venne un brivido lungo la schiena.

“Tutto ciò...è fantastico.”

Lei lo abbracciò, da dietro. Era la seconda volta che si sentiva in una posizone così’ vulnerable e non sapeva cosa fare. 

“Non sono un’esperta ma mi sembra che le tue spalle non siano più così tese.” annunciò, incorciando le mani sul suo petto. Lui si girò, accrezzandole la nuca. “Non penso di averle più, le spalle.”

“Seevrus devo dirti una cosa.” ovviamente al mago mancò un battito, pronto al rifiuto alla ocnfessione di non sentirsi a suo agio, forse voleva andare via… “Soffro ancora...di incubi. Non..sempre. Ma ce li ho. Te lo dico perchè non vorrei spaventarti o..infastidirti.” disse sffocata, la facci anascosta nell’incavo del suo collo sano. Lui si spostò da quella posizione così anacronistica per lui, mettendosi accantoa Hermione. Le passòun braccio intorno alle spalle. “Ce li ho anche io. Ancora. Spesso. Non mi spaventerò nè tantomeno potresti infastidirmi.”

“Se..mi dovesse succedere..mi sveglierai?” lo sguardo timoroso lo fece quasi rimasnere senza fiato. Povera la sua strega...ancora traumatizzata. Le accarezzò un agunacia, con lentezza. “Certro che ti sveglierò Hermione. E stavolta potrò satarti vicino come si deve”

“E se vedessi il contrario, potrò starti vicino?”

Lui annuì, sebbene a fatica. “Come hai già fatto del resto no?” provò a sorriderle.

Lui non sapeva cosa fare. Dove mettere le mani, dove e come fare. Un completo scolaretto. 

Hermione lo abbracciò e si stesero, insieme. La su atesta sul petto, al mago più grande senmbrava di essere in un delizioso inferno. 

“E’ così bello sentire il tuo cuore battere.””

Hermione era sdraiata sul petto di Severus e non poteè rimanere stupita del fatto che fosse d’acciaio. Ma a parte il desiderio, ora tutto ciò che voleva era quello. Stargli accanto, così. Sembrvava così irreale...a letto con Severus Snape. Aveva ancora reticenza ad avvicinare il suo copor al suo, aveva solo la testa sul suo petto, quiasi timoroso. Sentì le sue bracci avvolgerla. “Stai..comoda?”

Lei annuì. “E tu?”

Lui si sarebbe fatto cascare le braccia prima di spostarsi da quella posizione. Hermione era calda, morbida...era...sua. Era davvero lì e si era fatta strada in ogni sua barriera. “‘ strano”... confesso a bassa voce. “Mi hai visto in condizioni peggiori di questa. Mi hai visto...al mio peggio. Eppure… non riesco a non sentirmi in imbarazzo.”

“Vero?” lei lo guardò passandogli una mano sulla guancia morbida. “Sono..emozionata. e...mi batte ilcuore a mille. Mi sento un’idiota. Abbiamo vissuto insieme per mesi.”

“Non eravamo mai rimasti così. Non deliberatamente. Non...da che siamo..”

“Cosa siamo?”

“Non lo so…vorrei dire..la mia compagna, se per te..andase bene. Non riesco a utlizzre la parola..ragazza”

Lei sorrise. “Voglio essere la tua compagna Severus. Voglio stare con te. Però io ti chiamero il mio ragazzo. Eccome se lo farò.”  continuava ad accarezzagli la gfuancia e Severuis chiuse gliocchi, voleva quasi fare le fusa. Non ave amai avuto quel tipo di contatto fisico con nessuno. Nessuno gli aveva mai fatto...carezze. Fatto sentire...amato? Voluto. Deisderato. Strinse più forte a sè Hermione, non riuscendo a espiremere quello a parole. Per l’ennesima volta sentì il suo cuore sul punto di fermarsi.

“Sono un uomo patetico. Sto nel letto con una donna bellissima e tutto ciò che riesco a pensare è che non ho mai ricevuto una singola carezza in vita mia” confessò a fil di voce. Sarà stata l’intimità della stanza, il buio, il calore dlle coperte. Hermione lo avrebeb lasciato lì, nella sua miserabilità Non era un uomo. Eppure aveva un’erezione, oh se ce l’aveva, ma tutto ciò che riusicva a pensare erano quella mano calda sulla sua guancia e l’altra sul suo petto. La strega invece lo accarezzò ancora. “Non sei patetico. Sei un uomo e per quanto mi riguarda sei mlto più uomo di chi invece millanta una mascolinità tossica. Non è quello che cerco. E invece tu..tu valuti questo importante come il resto…. e per me è più importante di ogni altra cosa. Se...è..per questo, nessuno mi ha mai accarezzato.” soffiò infine. Ron l’aveva voluta, l’aveva baciata, l’aveva divorata...ma...non aveva mai speso un minuto a contemplarla, mai trovato un attimo per dirle che era bella. Era un ragazzino impacciato, laddove Severus, con la sua reticenza nel dimostrare le sue emozioni, era un uomo che la faceva sentire desiderata.

Severus allora la stuèì, accarezzandole il viso incrodiando il braccio al suo. Le dita erano fredde, nonotante il calore dle letto. ERa teso a morte, povero. “Nessuno ti ha mai accarezzata così? E chi è il pazzo che lascerebbe a me tale onore?” Sei fatta per essere accarezzta Hermione. Il tuo viso è così bello.”

Lei quasi pianse, di gioia. 

“Perdonami Hermione per essere un vecchio mago arido che non è in grado di esprimere affetto…” disse continuando ad accarezzarle i capelli,  e la spalla. “Mi impegnerò. Non ti prometterò grandi slanci plateali perchè so che non èi nè ciò che ti aspetti da me o che vorresti..mas ..voglio essere ingrado di darti tutto ciò che meriti, comprese queste cose. So che hai avuto già tanta pazienza con me, ti chiedo solo di..darmi tempo”

Lei affondò la faccia sul suo pettò, tenendolo stretto. a sè. Lui non poteè far altro che continuare ad accarezzare i capelli. “Non sto avendo pazienza con te. Io sono felice, lo vuoi capire? e tutto ciò..è tutto cil che volvevo. Ti voglio esattamente come sei.”

Caddero in un profondo sonno, abbracciati l’uno all’altra i battiti del loro cuore finalmente all’unisono.


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Cow-t 10, settimana 2, M3

Prompt: Musica, il resto scompare,

Fandom: MCU - The Defenders

Numero Parole: 609

 

Hey tu, anima indifesa

Conti tutte le volte in cui ti sei arresa

Stesa al filo teso delle altre opinioni

Ti agiti nel vento

Di chi non ha emozioni

Mai più, è meglio soli che accompagnati

 

Da anime senza sogni pronte a portarti con sé, giù con sé.


Jessica Jones era sempre stata tagliata fuori dalla società. Troppo strana, troppo forte, troppo intrisa di alcool, sboccata come uno scaricatore di porto.

Non le interessava, ormai era rimasta sola: tradita da tutti, persino la sua migliore amica - barra sorella - le aveva piantato un coltello nel cuore, con una pallottola però, diretta a sua madre.

E ora era in carcere, fuori dalla sua vita ma non dal suo rimorso. 

I giorni passavano, consumata nell’inedia. Non voleva nessuno, tantomeno i suoi falliti tentativi di avere una vita normale. Se persino con uno che aveva i suoi stessi problemi non aveva funzionato, cosa poteva fare? Tanto vale rimanere sola.

 

Non le interessava più nulla, affogando tutto nell’unico che le era rimasto sempre fedele. Il whisky, che le permetteva di non sentire quella voce che l’aveva fermata dall’andare via d New York.


Hey tu, anima in rivolta

Questa vita di te non si è mai accorta

Colta di sorpresa, troppo colta

Troppo assorta, quella gonna è corta

 

Mai più, è meglio soli che accompagnati


Occhiali scuri, tazza di caffè da asporto corretto col whisky, rigorosamente non riciclabile perchè tanto sti cazzi, dovevano morire tutti comunque. I suoi jeans erano tutti a lavare, sudici di vomito e sangue, indossava una gonna nera e calze a rete reduci dal fondo del suo armadio dei tempi del college. Si sentiva nuda e stupida soprattutto quando Luke l’aveva guardata con quel suo modo di fare a metà fra angelo custode e demone fustigatore che le ricordava quanto fosse fallita. 

“Jessica, ho bisogno di te sobria. Matt è vivo.” non aveva neanche fatto dei preamboli.
“E quindi?”

“E quindi ho bisogno di te.”
“Chiama l’altro eroe mascherato, io ho chiuso.” non aveva nessuna intenzione di riprendere a investigare. Aveva lasciato tutto a Malcolm, pronta a cambiare vita. Ma tanto che cosa aveva cambiato? Proprio un cazzo. Era solo ripiena di alcool e depressione.

“Ho chiamato anche lui ma al momento non è in città.”
“E perchè dovrei aiutarti? Mi sta anche sul cazzo il cieco.”
Non era vero, ovviamente. Jessica aveva sentito uno squarcio di una ferita chiusa riaprirsi alle parole del suo ex amante. Aveva pianto per Matt. Sebbene avessero condiviso un breve periodo di sofrzi condivisi contro il grande male comune di turno la sua personalità apparentemente serena aveva risuonato con la sua.
 

Noi, siamo luci di un’altra città

Siamo il vento e non la bandiera, siamo noi.

Noi, siamo gli ultimi della fila

 

Siamo terre mai viste prima, solo noi

 


Aveva seguito Luke dentro il convento senza emettere un fiato. Quando era entrata nella stanza dove Matt Murdock giaceva bendato, un brutto cosplay di Ramsete II nella tomba pesto più di una sacco da boxe, l’odore di disinfettante e disperazione l’aveva colta alla sprovvista.

Aveva visto Luke avvicinarsi a Matt, lei attaccata alla parete come una brutta carta da parati a rete. L’aveva visto parlare senza ascoltare davvero cosa si stessero dicendo. Aveva visto morire Matt Murdock. Perchè era lì? I morti non tornavano dalla tomba.

“Dobbiamo portarlo via da qui Jess.” Luke l’aveva raggiunta mentre lei era fuori nel chiostro a fumare. Un brutto vizio che però la salvava dal vedere situazioni che non la toccavano. O almeno non avrebbero dovuto.
“Le suore non mi sembravano entustiaste di lasciarlo andare.”
“E’ totalmente rimbambito dai medicinali e l’udito non gli funziona come sempre, sta impazzendo.”

“E’ un mio problema?” Perchè era lì? 

“Jess, non farmi dire banalità. So che stai una merda. Ma quali altri impegni hai? Non hai più l’agenzia. Sei rimasta a New York per un motivo, ma quale? Questo potrebbe essere un inizio.”
“Io e lo sfigato cieco di Hell’s Kitchen? Non so fra i due chi sta messo peggio.” l’ultimo tiro era stato quasi fatto per imporsi di smettere di parlare.
“Abbiamo bisogno di lui. Sai quanto ci ha salvato e quanta merda c’è ancora in giro. Ti prego Jess. Portalo a casa con te. Io non posso con...Claire.”
“Ah già, conflitto di interessi?”
“Non è per quello. Le ho promesso di tenerla fuori.”
“E io? Non posso restarne fuori?”
“No Jess, perchè so che ci tieni. Non ti chiedo altro se non farlo rimettere in sesto e poi ti lascerò in pace.”

 

“Te lo carichi tu fino al buco di merda in cui vivo ora. Ci manca solo che me lo porto in braccio.”

 


Ciao tu, animale stanco

Sei rimasto da solo

 

Non segui il branco

 


“Perchè sono qui?” la domanda fu la prima cosa che Jessica sentì pronunciare da Matt Murdock dopo due giorni di semi-incoscienza, mentre gli cambiava una fasciatura.
“Non chiedermelo. Luke ti ha praticamente scaricato qui pretendendo che io ti facessi da infermiera.” con malagrazia chiuse le clip della medicazione. Matt fece una smorfia di dolore ma senza lamentarsi. Era evidentemente abituato.
“M-mi dispiace Jess.”
“Non cominciare a fare il cucciolo bastonato, non sei credibile con quella faccia pestata a sangue.”
“Ti preferisco comunque a quel convento…”
“Non eri cattolico?”
“I sedativi e gli antidolorifici mi stavano uccidendo.” si era appoggiato al cuscino con sforzo immane. Semi nudo, senza un possedimento rimasto per via della sua presunta morte, senza nessuno. Era davvero messo peggio di lei.

“Luke mi ha spiegato. Non posso spedirti a calci dai tuoi amici babbani?”

Lui la guardò con quello sguardo cposì vuoto eppure così intenso, il sopracciglio sinistro tumefatto da uno spacco alzato che bastava a far capire la sua confusione.

“Foggy e Trish. Non sanno che sei vivo.”
“Non voglio coinvolgere nessuno. In effetti non dovrei essere neanche qui. Gli accordi con Luke erano che mi sarei rimesso in piedi e poi per la mia strada.
Non dovrei davvero essere qui.” fece per alzarsi ma Jessica con solo un movimento di dita lo rimese sdraiato.

“Che cazzo fai Devil Boy? Non ti muoverai da qui finchè non sarai davvero in grado di metterti in piedi. Al massimo ora arrivi al cesso.”
“Come se l’imbarazzo nell’essere in mutande non fosse abbastanza” mormorò lui, arreso.

Jessica si sedette di nuovo al bordo del letto. Gli prese la mano, non sapeva neanche lei perchè, ma rincoglionito com’era da botte e medicine  le sembrava che l’unico contatto che gli dava percezione della realtà fosse quello fisico.

“Senti”. Sospirò, quasi per convincersi a parlare. “Esco da una situazione di merda anche io. Non ho un cazzo da fare, Luke mi ha messo a farti da baby sitter per questo. So difendermi da sola, non ho bisogno di essere protetta da verità scomode o nemici pazzoidi.”

“Non siamo certo amici Jessica.”
“Ma non siamo neanche nemici. Che per me, è già tanto.”

Matt Murdock le sorrise, un sorriso tumefatto che le scaldò il cuore.

D’istinto si portò la mano al cuore, pregando che il battito non la tradisse.

 

Cuore bastardo.

 


Noi siamo angeli rotti a metà

 

Siamo chiese aperte a tarda sera, siamo noi.

 


“Jess, Jess dove sei?”
“Non rompere Devil boy, sono le nove di sera. Ho la mia puntata di America’s Got Talent da vedere e sono incatenata al divano.”
“Non senza di me…” Matt entrò nel suo salotto totalmente nudo. 

“Cosa cazzo…?”
“Beh sì effettivamente quello
c’è.” 

“Sei totalmente pazzo…” con una falcata lo raggiunse. “Puzzi di fumo.”
“E’ l’incenso della messa e i sigari di troppi signori distinti. Devo farmi una doccia.”
“E…?”
“E pensavo che volessi farmi compagnia…” con una mano callosa, ma senza nocche rotte da tanto tempo, le accarezzò i capelli neri. “Se volessi rinunciare a un quarto d’ora di America’s Got Talent potrei ricompensarti con una cena fatta in casa da me.”
“Ma voglio una pizza.”
Matt rise e l’abbraccio prima di prenderla in braccio. “Avrai la tua pizza appena uscita dalla doccia.” Afferrò il telefono fra le risate di lei.

“Pronto? Salve vorrei ordinare una pepperoni e una napoli per West Lane Street. Sì, sì una mezz’ora va bene!”
“Sei in vena di una sveltina sotto la doccia?”
Matt le baciò il collo prima di sfilarle la felpa grigia da casa. “Non dobbiamo per forza fare sesso sempre Jess. Oggi è domenica e io sono un uomo appena tornato dalla Messa che vuole stare con la sua donna sul divano a guardare America’s Got Talent in pigiama.”

Il cuore di Jess si fermò. “E questa normalità fa per noi Matt?”
“A volte sì.”

 

Lei si arrese al bacio mentre l’acqua scrociante cominciava a lambirli.

 




Da anime senza sogni pronte a portarti con sé, giù con sé.

Noi, siamo luci di un’altra città

Siamo il vento e non la bandiera, siamo noi.

Noi, siamo gli ultimi della fila

 

Siamo terre mai viste prima, solo noi.

 


“Ci pensi mai a come siamo arrivati a questo punto?” i piedi intrecciati sul divano aperto, il profumo di pulito del pigiama di Matt, il bicchiere di coca cola che solo due minuti prima l’aveva fatta ruttare con la sua classe. E lui aveva riso, baciandola sul naso. “E’ incredibile come riesca a far tremare il palazzo.” le aveva detto prima di passarle la pizza calda. “E’ incredibile che in tutti questi anni non ti abbia mai sentito ruttare.”
“Non sono capace. Mi prendevano sempre in giro all’oratorio.” le sue sopracciglia aggrottate le fecero capire che la stava prendendo in giro.
Ma ora, abbracciati sul divano davanti la TV come una qualsiasi coppia normale era lì che la assaliva la paura: poteva essere un relitto, in mezzo a una strada a prendere a calci criminali o ubriaca fino a perdere conoscenza, ma non riusciva a godersi quegli attimi di felicità che avevano conquistato con tanta fatica negli ultimi due lunghi anni.
“Siamo arrivati a questo punto Jess perchè io e te siamo uguali eppure totalmente diversi. E perchè Luke ci ha letteralmente messo l’una nelle braccia dell’altra.”
Jess rise, stringendolo ancora un po’. “Non dirgli mai che ci guardiamo America’s Got Talent abbracciati sul divano. Ci prenderebbe in giro fino alla morte e perderei la fama di stronza.”
Devil Boy la baciò sulla fronte, prima di porgerle il telecomando.
“Non lo farei mai, il tuo segreto al sicuro. Ora stai qui e raccontami tutti i dettagli che mi perdo.”

Noi, siamo luci di un’altra città

Siamo il vento e non la bandiera, siamo noi.

Noi, siamo gli ultimi della fila

Siamo terre mai viste prima, solo noi

Noi siamo l’ancora e non la vela

 

Siamo l’amen di una preghiera, siamo noi.

 


“Ti prego Matt, ancora! Ancora!”
Con un ultimo slancio venne dentro di lei portandola al completo godimento. Sentì il suo nome urlato dalla donna che amava pronunciato come una preghiera. La verità è che aveva mentito: non sapeva cosa aveva fatto per ritrovarsi in quella situazione, ma sapeva solo che non poteva pensare a una vita senza Jessica Jones.

Erano una cosa sola, si erano trovati rotti e aggiustati a vicenda riempiendo i vuoti di una vita passata ai margini della società. C’è chi avrebbe definito la loro relazione fosse strana, assurda, ma Matt se ne fregava.

Jess l’aveva riportato in vita. Gli aveva fatto rimettere le corna, l’aveva riportato a combattere, si era rimessa anche lei a in gioco.

Dopo Thanos era statro inevitabile. Avevano perso tutti.

Loro due erano rimasti, insieme. E nella disperazione del mondo, avevano trovato qualcosa che non avevano mai visto prima. 

 

Erano gli ultimi della fila di eroi che avevano affrontato il Male e ora si godevano quel meritato attimo di felicità.

 
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Cow-t 10, settimana 2, M3
Prompt: Musica, il resto scompare,
Fandom: Harry Potter
Numero Parole: 609

Draco Malfoy aveva diversi segreti, ma uno in particolare era un segreto anche quasi per lui. Non voleva proprio ammettere di avere sviluppato, negli anni, una dispendeza da musica...e no, non solo le Sorelle Stravagarie e gli Unicorni Tattici Nucleari, ma anche una discreta selezione di musica babbana.
Sì, babbana.
Perchè no del resto? Ormai aveva cominciato a prendere dimestichezza con la babbanità, e nonostante pretendesse ancora di non volerci avere nulla a che fare, posizioni estremiste a parte, la realtà è che l’approccio dei babbani era veramente unico. Senza nessun potere magico riuscivano comunque a creare sonorità meravilgiose e virtuosismi musicali frutto solo della tecnica e dell’allenamento.
La musica era magia già in sè, l’unica che i comuni mortali riuscissero a incanalare.
Era per questo che Draco a volte fuggiva in locali babbani, soprattutto quelli dove poteva ascoltare del sano jazz, ringraziando che solo grazie al potere con cui era nato poteva essere a New Orleans in un attimo e sedersi a mangiare dell’ottima Jambalaya mentre assorbiva tutta la bellezza delle note sprigionate dai cantani e musicisti locali.

Solo Musica e il resto scompare... i pensieri, gli incubi, i rimorsi...niente esisteva quando riusciva a concentrarsi sulle note e a volte, sulle parole.
Più fan della melodia che del cantato, le voci dei cantanti dell’Irvin Mayfield's Jazz Playhouse lo lasciavano esterrefatto.
Certo, il mondo magico aveva Serina Sargali, capace di raggiungere ottave incredibili e fuori dalla portata dei babbani, e la New Orleans magica offriva spettacoli meravigliosi, variopinti, ma non intrisi della storia e della cultura che solo un popolo che della schiavitù ne aveva fatto un’arte della sopravvivenza poteva comunicare.
Era stato studiare la musica babbana che lo aveva portato a riconsiderare tutte le sue posizioni, definitivamente. Leggere della schiavitù lo aveva fatto rabbrividire, risuonando così forte in lui da creargli un nodo alla gola che l’aveva quasi strozzato.
Non era migliore delle persone che leggeva su quei libri di storia babbana.
Solo grazie al jazz e alla sua storia aveva scoperto come le persone di colore erano sopravvissute a un razzismo schifoso, che non riusciva a concepire, durato centinaia di anni.
Che differenza c’era fra la sua pelle diafana e quella di Blaise Zabini?
Proprio nessuna.
Ed era lì che la realizzazione di aver fatto lo stesso con i Nati Babbani, i Sanguemarcio, lo aveva colpito come una vagonata di mattoni sulla testa.

Solo Musica e il resto scompare…

La notte in cui aveva realizzato tutto ciò era stata la prima in cui era fuggito nel primo locale utile per capire. Aveva parlato con il proprietario del locale che, entusiasta di quel giovane inglese dalle buon maniere e la genuina curiosità, gli aveva raccontato la storia della musica nera fin dai canti nei campi.
Draco aveva quasi pianto. Aveva poi davvero pianto, solo nel suo letto enorme, in quel maniero che non riusciva ad abbandonare, teatro di eventi terribili.
Era tornato tante e tante volte al Irvin Mayfield, curando la sua atavica voglia di annegare ogni pensiero in un’ubriacatura di note e voci calde.
Quando non poteva affogare la sua irrequietezza nella musica di qualcun altro, imbracciava il suo violino, uno dei pochi strumenti che babbani e maghi avevano in comune, e cominciava a suonare come posseduto. Ma invece di suonare i famosi spartiti magici con cui era stato cresciuto da suo padre aveva iniziato a cimentarsi con Tchaikovsky, Mozart, Paganini. Nomi che fino a qualche tempo prima avrebbe disprezzato e che invece ora, grazie alla complessità dei loro concerti, totalmente diversi da quelli magici, riuscivano a distoglierlo dalla sua autodistruzione.

Solo Musica e il resto scompare… solo così si sarebbe salvato dopo la guerra.
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Hermione era felicissima. Per la prima volta nella storia della famiglia Malfoy, si sarebbe celebrato un Natale Babbano. Ebbene, incredibile ma vero.

Del resto era anche incredibile che lei e Draco Malfoy fossero una coppia stabile che conviveva ormai da mesi.

Eppure, quella era la sua vita da ormai più di un anno, dopo che avevano affrontato letteralmente l’inferno per realizzare che potevano essere felici insieme.

Per Hermione quel Natale era particolarmente speciale: sarebbero venuti tutti, e con tutti si intendevano Harry, Ginny, persino Ron!, Narcissa e infine...i suoi genitori.

Sebbene ormai lei e Narcissa avessero un ottimo rapporto e Draco avesse conosciuto i suoi genitori, sarebbe stata la prima volta che entrambe le famiglie si sarebbero incontrate e avrebbero passato la serata insieme. Harry e Ginny facevano scommesse da Novembre con Blaise e Daphne su come sarebbe finita la serata. Lei li aveva mandati a quel paese con amore diverse volte, ma sapeva che lo facevano per sdrammatizzare. In fondo lei era davvero preoccupata, ma Draco era stato incredibilmente collaborativo e l’aveva rassicurata.

“Mia madre ti adora Hermione, hai salvato suo figlio da morte certa, farebbe di tutto per vederti felice.” Era effettivamente così, del resto il loro rapporto era drasticamente cambiato proprio a causa di una serie di eventi nefasti che avevano legato la ragazza alla famiglia Malfoy. E Narcissa, superata l’iniziale diffidenza, ce la stava mettendo davvero tutta per recuperare il tempo perduto inseguendo un ideale malsano.   

La coppia si era divertita a decorare la loro casa, un elegante cottage nel Surrey, e Hermione era stata divertita da come Draco aveva abbracciato tutto con curiosità.

Certo, per alcune cose erano dovute scendere a compromessi: Hermione aveva deciso che le calze sarebbero state tutte verdi per ovviare al predominante rosso che campeggiava sull’Albero di Natale. Hermione l’aveva voluto decorare senza magia, spiegando a Draco ogni pezzo e lui l’aveva seguita, divertendosi con la magia solo per animare le varie decorazioni.

“Guarda, questo angioletto sembro proprio io, non trovi?”
“Certo, è arrivato lui, l’angelo puntale dell’albero! Sempre il solito narciso!” ma l’aveva detto ridendo e scompigliandogli, i capelli che arrivavano ormai sulle spalle del giovane mago. Era vero che l’angelo, un efebica creatura dal genere non identificabile, era biondo ghiaccio, con un viso elegante e raffinato come quello del suo amato. “Sei effettivamente un po’ angelico con questo nuovo look.” gli sussurrò all’orecchio. Draco le sorrise, un sorriso tutto tranne che timorato. “Sappiamo entrambi che non ci crederebbe nessuno…” e la baciò.

“Ahi, mi si sono impigliati i capelli nelle fronde!”
Draco non potè che scoppiare a ridere. “Oh Granger, tu sì che sai come mantenere l’atmosfera romantica.”

Hermione lo spinse via e gli fece la linguaccia mentre Draco sollevava un altra decorazione. La strega si sentì sfiorare i capelli e vide un altro angioletto, di pezza, non di porcellana, con le guanciotte rosse e i ricciolini di lana. “Ecco, questa sei tu invece.”
La ragazza guardò l’angioletto, tenero e arruffato, sospeso vicino all’angelo puntale, elegante e aggraziato. Lo sguardo omicida che raggiunse Draco fu abbastanza eloquente.

“Ripetimi, perché sto con te?”

“Perché sono un fidanzato adorabile che ti ricopre di attenzioni?”
“Ti giuro Malfoy a volte ti vorrei strangolare, un po’ come i bei vecchi tempi.”
Lui abbassò i due angioletti, adagiandoli con un colpo di bacchetta sulla scatola delle decorazione e poi si avvicinò di nuovo a lei. “Ma puoi sempre farlo Granger. Dopo, a letto.”
“Oh sì, e ti leverò quel sorrisone dalla faccia ma prima dobbiamo finire l’albero, e quello va in cima, non puoi metterlo ora!”

Lui le sorrise, e lei sentì il cuore riempirsi di amore. “Continuiamo allora. Non vedo l’ora di vedermi sulla punta dell’albero.”
Il pomeriggio passò così, fra risate, battute, baci e infine...arrivò il momento del puntale. Hermione gli sorrise, mentre era abbracciata a lui rimirando il loro lavoro. “Vuoi fare tu gli onori, Angelo del Natale?” gli chiese  porgendogli la stauetta. Il ragazzo fu colto di sprovvista. “Non era un gesto importantissimo? L’ultimo tassello?”
“Esatto. E perciò vorrei che lo facessi tu, il nostro primo Natale almeno” Draco sorrise leggermente, non il solito sorriso malizioso, ma quello raro che riservava solo a lei e al massimo a sua madre.

Il mago era alto, quindi dovette salite solo uno dei scalini del piccolo sgabello adiacente all’albero. Con uno slancio aggraziato appoggiò il soave angelo sulla punta.

Guardò Hermione, aspettando un suo cenno di assenso, che arrivò sotto forma di bacio sulle dita. 

Scendendo, Draco afferrò quelle dita che tanto gli erano care, per poi avvolgere Hermione in un abbraccio. Soddisfatti, rimirarono il loro primo albero.

“Ce l’abbiamo fatta no?”
“Dire di sì Malfoy. Ora dobbiamo solo sopravvivere alla cena di Natale.”
Il bacio sulla nuca arrivò lieve nascondendo un sorriso divertito.

“Ce la faremo Granger, ormai siamo abituati a qualsiasi cosa.”
E rimasero così ancora per un po’, nel silenzio illuminato dalle decorazioni, pensando che il loro più grande regalo era già lì, in quel salone addobbato.

Loro due.


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Cow-t, 9 settimana 5, M2
Prompt: Adorazione, libri (Harry Potter)
Numero Parole: 4363


Se qualcuno avesse detto a Hermione Granger che l’anno dopo la guerra avrebbe stretto una relazione con nientemeno che il Professor Snape, avrebbe riso fino alle lacrime.

Ma ora, appagata e felice nel loro letto negli appartamenti di Severus, non più situati nel sotterraneo, non riusciva a pensare a una vita senza di lui. La loro vita insieme era stata costellata da diversi episodi rilevanti, fra cui una forzata convivenza durante la lunga convalescenza del mago colpito quasi a morte da Nagini e un lungo anno di separazione che li aveva portati a crescere individui, e poi come coppia. Nulla fra loro era stato  il “normale” crescendo in una relazione, prima del ritorno della ragazza, e solo da poco avevano cominciato a esplorare la loro vita insieme in termini sessuali. La ragazza aveva scoperto un amante appassionato quanto attento e la sua libidine era in pieno sboccio. Si sentiva bella, forte e donna in ogni fibra del suo essere.

Eppure c’era qualcosa, ancora qualcosa che gli sfuggiva, di quell’uomo complicato che riposava abbandonato fra le sue braccia. Lo baciò sulla fronte, scostandogli una ciocca nera dal viso e lui aprì gli occhi, riposato dopo l’ultimo amplesso.

Cominciò a baciarla, di nuovo, pensando che l’avesse svegliato per fare l’amore, ma la ragazza lo fermò, prima di sorridergli.

“Ti fidi di me?”
“Quando fai quella faccia? No.” ghignò alzando un sopracciglio.

“Non sei gentile” ma il suo sorriso era divertito.
“Mai preteso di esserlo.” lei si alzò e circumnavigò il letto in qualche falcata, nuda come era venuta al mondo. Non provava nessun imbarazzo, ovviamente, e sentì lo sguardo compiaciuto di Severus che la divorava su di sè, dandole una soddisfazione immensa.

“Alzati…voglio vederti” dichiarò con leggerezza arrivata davanti a lui, prendendogli la mano, provando a scostare le lenzuola che lo ricoprivano.

“Vuoi...vedermi?” l’espressione sorpresa di lui la fece sorridere, mentre si sollevava sul letto un po’ restio ad alzarsi, la mano sulle lenzuola che tentava di non far sollevare.

“Sì. Non pensare che io non me ne sia accorta, Severus. Hai sempre cercato di non farti vedere da me...nudo.” aggiunse per chiarire dove stava andando a parare.

“Non posso essere semplicemente pudico?” protestò rimanendo seduto, scostante.

“Certo, come no. Alzati, per me?” implorò un altro po’.

Lei piroettò su sé stessa lasciandogli per un attimo le mani. “Vedi, come me. Penso che sia un po’ tardi per essere pudici non trovi? Facciamo l’amore ormai da tempo” disse mentre faceva da esempio, mentre lui ancora una volta si chiedeva come quella splendida creatura potesse essere interessata a lui.

“Io non sono una bellissima ninfetta di 21 anni Hermione.” provò a spiegare, il tono lievemente acido.

“E per fortuna, o purtroppo non avresti i requisiti minimi per essere il mio target di gradimento. Sono giunta alla conclusione di essere eterosessuale già a sedici anni.” ormai Hermione lo conosceva, quindi ignorò il commento acre  e gli porse il braccio, di nuovo, invitandolo a uscire dalle lenzuola e lui con malavoglia le afferrò la mano minuta avvolgendola con le dita affusolate. Scavallò le lenzuola con le lunghe gambe agili e si alzò con grazia, sebbene fosse davvero impacciato e insicuro.

Si trovarono nudi, l’uno di fronte all’altra.

“Hermione io...” il mago aveva la voce sottile, quasi un sussurro che tradiva l’insicurezza di qualcuno che solitamente era granitico nelle sue posizioni. Un mago che dietro l’apparenza dura nascondeva un mondo che Hermione doveva ancora in gran parte scoprire. E se c’era una cosa che aveva imparato era che la leggerezza spesso era la chiave, con lui.

“Sei davvero tanto più alto di me… mi trovi troppo bassina?” disse abbracciandolo, ignorando il suo imbarazzo. Senza scarpe, così nudi, lei spariva quasi fra le sue braccia. La luce della mattina trapelava tiepida dalle finestre che affacciavano sull’appartamento. Amava quei nuovi appartamenti a Hogwarts, molto diversi dai sotterranei in cui comunque aveva lasciato i ricordi dei loro primi mesi insieme.  

“Ma ti sembrano cose da chiedere? Certo che no Hermione, sei una ragazza con un’altezza assolutamente normale.” la rassicurò lui con la sua solita pragmaticità, stupito da quella constatazione sulle loro altezze mentre la guardava un po’ stranito.

“Non ti arrivo alle spalle.” rincarò lei mentre provava a mettersi sulle punte per baciarlo.

Lui arrossì. “Lo... l-o trovo molto...carino.” ammise, suo malgrado.

“Non avrei mai pensato nella mia vita di sentirti pronunciare la parola carino.” lui si scostò per un attimo e lei capì di aver esagerato “Severus, sto cercando di sdrammatizzare, non essere permaloso. Per favore. Sii paziente con me.” lo pregò cercando di rientrare nelle sue grazie, scivolando di nuovo fra le sue braccia.

“Già lo sono Hermione... sono o no sono qui davanti a te in tutta la mia spiacevole figura?” sibilò lui piccato mentre suo malgrado la stringeva nuovamente al suo petto nudo.

“Severus, tu sei bellissimo.” l’adorazione negli occhi della sua giovane compagna sembrava davvero sincera, ma i pensieri del passato continuavano a torturarlo.

Sospirò prima di lasciarsi andare a un flusso di coscienza. che stupì lui stesso per primo.

“Hermione fino a qualche anno fa pensavi che fossi anziano quanto Minerva. Ed era giusto così, dato che fino tre anni fa ero il tuo insegnante. E per quanto io sia grato del tuo affetto, che evidentemente prescinde dal mio aspetto fisico, non potrò mai sentirmi pienamente a mio agio nel mostrarmi a te.”

La ragazza sgranò gli occhi, sgomenta. Gli prese il viso fra le braccia e lo baciò a lungo prima di riprendere a parlare.

“Questa è una cosa gravissima.. non pensavo che ti sentissi così. Mi dispiace. E grazie per questa tu ammissione perchè così potrò levarti questo pensiero assolutamente stupido dalla testa.”
Rimasero così per un attimo, abbracciati in pace, ma Hermione non aveva ancora finito con lui. Voleva mostrargli ciò che vedeva lei.

Lo riprese per mano, ormai il professore più a suo agio nella loro nudità, e lo guidò allo specchio che c’era davanti il letto.

Con un incantesimo senza bacchetta Hermione lo fece ingrandire affinché entrambi entrassero nella superficie riflettente, e lui si ritrovò a guardarsi nello specchio, nudo, dopo più di un anno. L’ultima volta era stato quando in condizioni atroci stava uscendo dalla sua lunga convalescenza, lo sguardo con cui aveva esaminato il suo corpo allora scheletrico e le ferite ancora aperte a dir poco schifato dalla sua ripugnanza. Ricordò benissimo quel giorno in cui Hermione l’aveva lasciato solo per cercare di rimettersi in sesto e lui per la prima volta aveva realizzato di voler di nuovo ricominciare a vivere, sebbene le sue condizioni a dir poco rivoltanti.  Ma stavolta non era da solo. Arrossì, la bellezza rosea delle braccia esili di Hermione che lo abbracciava da dietro a contrasto con lui così pallido davanti a lei.

“Perché mi torturi così’?” gli chiese con voce spezzata mentre cercava di distogliere lo sguardo.

“Perché voglio che guardi cosa vedo io.” lei lo costrinse a guardarsi nello specchio, guardando davanti a sé.

“Cosa, il naso enorme? I miei denti storti?” provò a divincolarsi lui, non riuscendo a sostenere la visione del suo corpo nudo.

“Certo, perchè a me piacciono così come sono. Non ho bisogno che tu nascondi i tuoi denti o sistemi il tuo naso. Ho imparato ad amare quello che tu non ami Sev. Perchè per me queste sono le tue caratteristiche e io non ti vorrei diverso per niente al mondo.”

Lui sospirò, accarezzandole il viso, sporgendo una mano dietro di lui. “Ma tu sei così bella... e quando la gente guarda noi due insieme pensa solo“ “Perchè diavolo quella giovane e promettente maga sta accanto a quel vecchio fallito?” sussurrò con tristezza.

Hermione era basita, non aveva mai sentito Severus dare voce a quei dubbi così veementemente. Era letteralmente a nudo davanti a lei ma era molto di più della questione fisica, per lui.

“A parte che non è così, dato che hai diverse ammiratrici o sbaglio?, ma poi da quando ti importa? Ascolta Severus, a me piaci per quello che sei. E non sei remotamente brutto, sei invero un uomo affascinante che per anni ha solo che trascurato il suo povero corpo.” passò le dita sulle molteplici cicatrici sbiadite, che ricoprivano vari punti del suo corpo vessato da anni di torture del Signore Oscuro..

“Queste sono parte di te. Tu non saresti tu senza il tuo passato. E io non ti vorrei diverso da ciò che sei.”

Lui le sorrise mestamente di riflesso allo specchio. “Una parte di me vorrebbe crederci, mentre l’altra urla solo che non sono altro che l’unto e odiato professore dei sotterranei. Il mio passato è quello di un Mangiamorte.”

Hermione scosse la testa veementemente, abracciandolo di nuovo forte a sé.

“Non è più così. Quello che vedo io è un uomo che ha imparato a perdonarsi, a lasciarsi dietro alle spalle una serie di cose orribili salvando quello che veramente contava. Hai salvato la mia vita, quella di Harry e quella di tanti altri. Ne abbiamo già parlato ma non c’è verso di convincerti, a quanto pare. Eppure, ciò che a me importa è vedere come tu ti sia impegnato a stare meglio, e non per me ma per te stesso. Ci siamo divisi per un anno che ha fatto crescere entrambe e sei qui, in piedi, davanti a me, in forma. Un uomo tornato a essere sè stesso, nonostante tutto ciò che gli è capitato nella vita. E io non posso che ammirare tutto ciò che vedo.”

Lui non potè far altro che tacere e portarsi la mano di Hermione e lei lo baciò di con passione prima di guardarlo con gli occhi infuocati di desiderio e mettersi di nuovo dietro di lui, abbracciandolo. “Da dove potrei iniziare? Certo, è vero, non ci avrei mai pensato nemmeno io, eppure ho iniziato a trovarti attraente molto prima della tua recente trasformazione, Professore.” sottolineò mentre passava le mani sui fianchi snelli e asciutti.

“Cos-”

“Da quando abbiamo avuto l’opportunità di parlare come persone normali, due pari e non subordinati da rapporti accademici, ho iniziato a realizzare di trovare un interesse molto forte nei confronti di un certo dinoccolato e pallido mago appena dimesso dal San Mungo” iniziò lei, un po’ timidamente. Era la prima volta che ammetteva ad alta voce la nascita del suo interesse nei suoi confronti.

“Si chiama sindrome da crocerossina” precisò lui in imbarazzo mentre la sua bellissima amante lo costringeva a guardarli allo specchio, insieme.

“Lo pensavo anche io!  Invece giorno dopo giorno, ho visto sempre più dettagli che riscontravano il mio interesse…” gli baciò il collo, sollevandosi sulle punte, dal lato non offeso “ad esempio la tua pelle. Ho sempre avuto un certo interesse estetico per la carnagione chiara.”

“Beh direi più vicino al cadavere che chiara, ma non protesterò.” alzò le mani, accennando a un sorriso, colpito dal complimento.

“E gli occhi. I tuoi occhi Severus, sono decisamente belli. Neri, nerissimi, come i tuoi capelli per cui sai benissimo che ho un debole e per cui ho anche insistito tu lasciassi ricrescere” gli accarezzò i capelli tornati ormai lunghi oltre le spalle, sistemandoglieli sul lato dove non c’erano le cicatrici. Era vero che erano tendenti a sporcarsi subito, ma da quando il mago aveva finalmente una vita normale e aveva ripreso a prendersi cura di sè la situazione era davvero diversa. I capelli erano neri e lucidi come l’ala di un corvo ed Hermione li trovava bellissimi da accarezzare e sexy da vedere ricadere sulle spalle scolpite.

“Ti prego di non mentire sul mio naso Hermione. Mi sentirei insultato.” il tono era scherzoso, ora che aveva iniziato a stare al gioco, ma la ragazza sapeva che nascondeva una debolezza radicata sul suo aspetto.

“Non dirò che hai un bel naso. Però sta bene con il tuo viso. Ed è tuo. Sei tu. Mi piace lo stesso e non sento ragioni. Inoltre vorrei dirti che c’è un attore babbano che ha il tuo stesso identico naso importante, direi quasi che vi somigliate, ed è apprezzato proprio per questo!”
“I babbani hanno gusti strani” scosse la testa lui mentre le accarezzava distrattamente le mani di nuovo intrecciate alle sue.
Lei scosse la testa. “Hanno gusti decisamente migliori in fatto di moda e tante altre cose. Devo assolutamente farti vedere Oxygen.”

Severus sgranò gli occhi. “Non se è una commedia romantica. Non è ancora passata una settimana dall’ultima volta.” Hermione gettò la testa all’indietro ridendo di gusto. “No, è un thriller, lo giuro.” si sporse per baciarlo un’altra volta, attendendo che lui si piegasse un po’ verso di lei strofinando il proprio nasino cesellato contro il suo sporgente e sproporzionato, rispetto al volto magro. L’uomo rabbrividì per poi sciogliersi un po’ e sorridere appena. Lei ne approfittò per continuare nel suo intento. “Però non sentirò obiezioni sulle tue labbra. Sono belle, hanno una forma inusuale e sei dannatamente sexy quando sorridi.” alla parola sexy lui sembrò come colpito a morte.

“Oh Merlino, sexy...no Hermione, non regge. Te l’ho già detto.  La parola sexy e io non possiamo stare nella stessa frase.” ribatté incredulo lui, arrossendo all’utilizzo della parola mentre voleva solo essere inghiottito dal pavimento, invece che essere lì.

“Perchè? E poi guardati. Si allontanò da lui per indicarlo con le sue esili braccia da dietro, come a volergli presentare la sua stessa figura. “Tutto questo” Hermione si riferiva all’evidente cambiamento fisico di Severus, che sebbene sempre alto, slanciato e ben lontano dall’essere piazzato, presentava muscoli definiti e tonici, a partire dalle braccia e dal torace. L’uomo non sembrava avere un etto di grasso nel corpo.
“E’ per questo che usi tutti quegli strati di vestiti Severus? Per nascondere alle tue innocenti studentesse che il loro professore ha un set di addominali definiti?”

Snape arrossì.  “Sono sempre stato magro per natura. non ho mai dovuto sforzarmi troppo. Almeno quello” aggiunse come a volersi giustificare. Non aveva mai riflettuto sulla sua figura, non nell’ultimo anno e mezzo.

“Parlo di muscoli.  Muscoli definiti.”

“Beh, sì mi sono sempre tenuto in...forma. Ero una spia e non potevo permettermi di essere debole fisicamente. Inoltre, dovevo sfogare molto stress e rifarmi anni in cui sono stato chiamato “secco”.

Lei annuì semplicemente, senza indulgere nel passato, pensando invece al presente.

“La prima cosa che ho notato quando ci siamo rivisti è che tu sei veramente molto più...beh imponente.” lo accarezzò dolcemente sul petto, stringendosi di nuovo a lui. “Capisci che in quest’anno e mezzo in cui ti sei ripreso la tua vita hai perso almeno dieci anni dal tuo volto? Ora che non hai più il mondo sulle spalle?” lo invitò a guardarsi di nuovo sollevandogli il mento con un dito.

“Le mie occhiaie dicono il contrario” provò a scherzare lui, ancora assolutamente incredulo di tutto l’apprezzamento che stava ricevendo. Si sentiva doppiamente ridicolo. Aveva accettato di essere sgradevole anni fa, quando Lily l’aveva rifiutato, quando i Malandrini l’avevano umiliato. Non si era più curato infatti. Non aveva fatto più nulla per combattere i suoi difetti fisici. E poi aveva iniziato una doppia vita che gli aveva succhiato ogni linfa vitale e volontà che non fosse quella di...sopravvivere, e per un unico scopo. Non sapeva come prendere l’apprezzamento. Lui era sempre stato solo brutto. Spiacevole. Eppure effettivamente aveva fatto degli sforzi per rimettersi in forma dopo la convalescenza e abbandonarsi a quel senso di accettazione e apprezzamento era una tentazione troppo grande per la sua mente distorta, sempre pronta a vedere il lato peggiore della vita. Ma non era più così. Aveva imparato a cercare di aprirsi a quel nuovo mondo fatto di emozioni e sentimenti positivi. Sempre per merito di Hermione. Decise di riconoscersi il credito di essere stato capace di rimettersi in piedi e trovare la forza di uscire dalla depressione e ricominciare a prendersi cura di sé.

“Scherzi? Non ti ricordi quelle che avevi quando sei uscito dal Saint John?” lo distolse la giovane strega, sminuendo i deboli cerchi sotto gli occhi, decisamente più mitigati rispetto al viola che aveva avuto per mesi dopo la sua dimissione.

Lu rise e si guardò di nuovo, stavolta più convinto.

“Sai Hermione, l’ultima volta che mi sono specchiato seriamente...è stato quando hai insistito per farmi prendere una giornata tutta per me. Prima di immergermi nella vasca ho passato un lungo tempo davanti allo specchio a commiserarsi.”
“E ora?”
Lui rimirò la sua immagine nello specchio, concentrandosi nel vedersi davvero. Hermione lo guardava con gli occhi adoranti di un’amante, ma non aveva tutti i torti. Aveva rimesso su massa muscolare, non aveva più lo sterno incavato, le costole sporgenti e la sua pelle era sempre lattea, ma non più tendente al giallo. Persino le sue dita e i suoi denti, anche se continuava a fumare saltuariamente di nascosto con Elladora, non erano più gialli. Aveva dei difetti, è vero, ma nel complesso...sembrava molto più disteso, più sano...più felice. Era tornato in vita, e sebbene all'inizio avrebbe voluto solo morire, ora si ritrovava a voler essere una versione migliore dell’uomo che era stato per gli ultimi vent’anni. Non sembrava che poco più vecchio di quando era entrato a Hogwarts. Le rughe sulla sua fronte e intorno alle labbra erano molto meno marcate rispetto a solo due anni fa dove lo stress, fisico e mentale lo avevano segnato inesorabilmente. Non sarebbe mai stato bello, nemmeno se Hermione giurava di vederlo così ci avrebbe mai creduto, ma almeno non era più ripugnante.

“E ora, devo ammettere di aver ritrovato qualcosa che pensavo di aver perduto per sempre.”

La salute, una parvenza di sanità mentale, la serenità.

La ragazza gli bacio la schiena, dritta in mezzo alle scapole, e lui rabbrividì di piacere. Ma il momento di goduria durò poco, quando vide che la ragazza si era messa di nuovo davanti a lui e gli stava alzando l’avambraccio sinistro per avvicinarlo a sé.

Sussultò, in preda al panico “Hermione...”

“Non l’ho mai visto... bene.” dichiarò lei, mentre con garbo studiava la cicatrice ormai affievolita e Severus tremava leggermente riguardando il simbolo del suo passato inciso sull’avambraccio. “E’ sbiadito molto.” commentò solo lei, tranquilla.

“Per fortuna.” fu in grado di sussurrare sopraffatto dall’angoscia.

La ragazza si avvicinò ancora con le labbra delicate e lo baciò, in quel punto maledetto, lasciando Snape pietrificato. “Hermione…” sussurrò ancora.  Era sull’orlo delle lacrime e non avrebbe accettato di crollare davanti a lei. Senza un altra parole lei gli baciò delicatamente le brutte cicatrici sul suo collo,spalla e pettorale destro. “Fanno male se le bacio?” chiese dolcemente, sapendo che continuava a combattere con il dolore di quelle ferite che non sarebbero mai svanite del tutto. Era un dolore che riusciva a tenere sotto controllo e che comunque riusciva a gestire senza problemi, rispetto al dolore iniziale.

Lui riuscì solo a scuotere la testa. “Non avevo mai visto queste cicatrici per bene da quando sono tornata. Le ho curate per mesi queste ferite...e non avevo mai visto con attenzione cosa ne fosse rimasto. E prima che tu possa dire qualsiasi cosa, te lo ripeto per la centesima volta: non sono orribili... Non mi fanno senso. Sono parte di te, come questo.” sfiorò il marchio. “O queste altre che non ho idea di come tu ti sia procurato” disse lambendo dolcemente anche le altre cicatrici disseminate sul suo corpo. “E niente di tutto questo mi fa pensare che tu non sia bello. E affascinate soprattutto.” concluse, indicandolo nella sua interezza con un dito deciso.

Severus la abbracciò più forte, incapace di proferire parola alcuna. Ma Hermione sentì il battito del suo cuore mentre appoggiava al petto la sua testa, un martellare impazzito che la convinse di aver fatto la scelta giusta. “Promettimi Severus che non ti sentirai più inadeguato. Non lo sei. Sei veramente tu tutto ciò che desidero.”

L’uomo si sentiva piegato dalle emozioni che provava. Una sensazione mai provata di calore, accettazione e amore lo avvolse, riducendolo quasi in lacrime. Riuscì a non lasciarsi andare, ancora incapace di accettare il pianto come forma di sfogo, preferendo dare voce ai suoi dubbi più reconditi.

“Hermione, potresti avere milioni di maghi più giovani, belli e aitanti.. non so perché tu voglia me...ma ci proverò a farmene una ragione, come del resto sto cercando di fare da che tu sei tornata” commentò con lentezza, scandendo ogni parola per evitare di farle capire che fosse sull’orlo delle lacrime.

Ovviamente lei l’aveva già capito. “Quando realizzerai di avere solo 40 anni? Sei, giovane.” cercò di sdrammatizzare ancora, non volendolo mettere in imbarazzo.

“Quando non mi sentirò di aver vissuto tre vite.” il sorriso sornione era tornato al suo posto.

“Hai ragione…io me ne sento due, possibile?” chiese mentre Severus rise e poi fece una cosa assolutamente non da lui, la prese in braccio e si lasciò cadere sul vicino letto tra le risate, portandola giù con sè.

“E’ possibile.” le confermò mentre la baciava, cercando di rimettersi sdraiati normalmente.

“E da dove spunta questo!?” Hermione toccò con un dito il piccolo tatuaggio che aveva sul fianco destro, proprio alla congiunzione col bacino, mentre cercava di rimettersi sdraiata.

“Oh. Oh questo. Già.” il disegno era sbiadito, poco lineare e l’espressione di Severus Snape era combattuta.

“Posso chiederti da dove viene o è un brutto ricordo?” indagò lei, divisa fra curiosità e rispetto.

“Ho avuto 19 anni anche io. E Lucius Malfoy si riconferma non la migliore delle mie compagnie.” rispose divertito, rassicurando la sua giovane compagna che rise, accarezzando il tatuaggio sul suo fianco latteo mentre rimaneva intrecciata a lui con le gambe, sostenuta dal suo braccio destro. “Un drago? Seriamente?” chiese ricalcando il tatuaggio un po’ sbiadito, un draghetto vecchia scuola dai contorni indefiniti e il tratto grossolano.

“Era il nome della nostra band.” spiegò lui dopo un attimo di esitazione, sapendo bene cosa avrebbe provocato quell’affermazione.

CHE COSA?”

L’uomo la guardò di sottecchi prima di proferir parola “Se lasci cadere questo discorso adesso forse un giorno ti mostrerò delle foto.” ma sapeva che sarebbe servito solo a creare più domande.

Hermione spalancò la bocca. “Foto!?”

“Sicura che vuoi continuare?” le chiese sperando di farla desistere con una promessa di prove esistenti in un vicino futuro, mentre le chiudeva la bocca spalancata con un dito prima di baciarla.

“No, no! Attenderò. Ma ti ricorderò di queste foto, non preoccuparti.”

Lui rise mentre la ragazza si accomodava sul cuscino a pancia in giù. I capelli sparsi lasciavano intravedere qualcosa che aveva notato già, ma non aveva mai commentato. “E comunque, mi sembra che anche tu sia tornata con qualcosa dal tuo anno all’estero o sbaglio?” con garbo gli accarezzò il retro del collo tatuato.

“L’ho fatto per i miei genitori. Sembra assurdo, lo so. Sinceramente non sapevo se dirtelo o meno prima di farlo.” si tocco il piccolo infinito che aveva le lettere L e G ai lati e sopra una H.

“Il corpo è tuo perchè avresti dovuto chiedere a me?” chiese confuso.

“Perchè non pensavo che potessi avere un bel rapporto con i tatuaggi? E Che magari mi trovassi poi repellente?” Hermione soffocò la faccia nel cuscino, sentendosi stupida, ma la voce grave e rassicurante di Severus le giunse all’orecchio dopo che si fu avvicinato a lei.

“Quello che ho addosso è un marchio, non un tatuaggio. In confronto lo stupido draghetto sul mio fianco è niente. Almeno non è del tutto un cattivo ricordo. E niente, dico niente, potrebbe mai farmi pensare che tu sia brutta.” le sussurrò, facendola rabbrividire di piacere, nonostante la frase mortalmente seria.
La ragazza decise che non poteva più nascondersi davanti a quell’uomo che le stava donando in quella soleggiata mattinata tutto sé stesso, compresi segreti che ignorava del suo passato.

“Ah no? Neanche queste?” con un gesto prese la bacchetta sul comodino e fece scomparire gli incantesimi di glamour che aveva sulle braccia e sul petto mentre si rigirava sulla schiena.

Guardò l’uomo accanto a lei che sembrava stupito dal gesto e non capiva cosa stesse accadendo. “Mi sento una vigliacca. Tu non mi hai nascosto le tue cicatrici...e io invece...ho peccato di vanità.” Severus guardò con più attenzione la pelle rosea disseminata di piccole cicatrici e poi squarciata malamente da tre cicatrici importanti, sebbene non di grandi dimensioni . Una in mezzo allo sterno, più vicina al seno sinistro, una sul fianco poco più grande ma sempre rossa e l’ultima sul braccio sinistro.

“E queste a quando risalgono?” chiese quasi reverenziale.

“L’ultima notte.”

“Non è niente che è stato causato da...me, vero?” l’idea di poter essere stato complice involontario di quel dolore lo stava facendo morire dentro.

“No, no! E’ stato tutto merito di Bellatrix Lestrange e compagni…” lo rassicurò lei accarezzandogli una guancia.

“Ancora una volta mi sento sollevato dal fatto che Molly l’abbia fatta tacere per sempre.” disse baciandole quella mano gentile.

“Già...ma...questo è ciò che rimane.” la voce fina e tremula fece stringere il cuore di Severus, abituato a sentirla sempre allegra, scanzonata, fiera. Si fece forza, sapendo che doveva vincere le sue barriere mentali per farle capire quanto lui la adorasse, in ogni senso.

“Hermione…” le prese delicatamente il braccio per sollevarlo, baciando poi rispettivamente le cicatrici sul fianco e sulla spalla. Con un gesto intimo si piegò poi però posare un casto bacio sul centro del petto. “Non nascondermi più queste cicatrici. Non c’è nessun motivo per cui tu debba nasconderle. Se è vero che trovi gradevole alla vista un corpo come il mio, nonostante sia martoriato da maledizioni e cicatrici a sua volta, allora devi credere che trovo la tua bellezza assolutamente non scalfita.Sei bellissima e queste sono parte di te, del tuo coraggio, della tua dedizione e responsabilità nonostante fossi solo una ragazzina”

Lei annuì, commossa. La delicatezza in quel bacio era inequivocabile. “E’ strano, non trovi? Non trovo assolutamente nulla di strano in te, le tue cicatrici per me sono...tue e basta. Ma se si tratta di me...sebbene non siano certo uguali.. le trovo ripugnanti e ho pensato per un attimo che potresti averle trovate così anche tu.”

Lui scosse la testa. “La propria percezione è evidentemente più negativa rispetto a quella che abbiamo l’uno dell'altra.” la prese fra le braccia e lei si rannicchiò su di lui, più leggera dopo avergli mostrato finalmente tutto di lei. L’uomo in compenso si sentiva più gratificato nella sua apparenza e la sua fiducia in se stesso da quel punto di vista era leggermente aumentata.

Lei lo abbracciò forte. “Ma quindi questa band?”

“Non ho scampo vero?”

“No.”


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