Feb. 20th, 2019

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Tag Dreamwithd
Cow-t 9, settimana, 2
Prompt: Fantasy
Numero Parole:
Note: questa storia è un seguito di una long che non ho mai pubblicato, ed è una storia che riguarda la relazione fra Snape ed Hermione già stabile e forte, con lei che ha circa 23 anni e lui 42. Ci sono dei riferimenti a cose passate della long, quindi è normale non capire alcuni passaggi.

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Hogwarts, 2 Settembre 2002


Corian Foster.

Al suono del suo nome all’appello, il ragazzino si alzò. “Presente.” rispose con la sua voce fioca e esile. Guardò con interesse il suo professore, Severus Snape. L’uomo era ignaro della sua attenzione mentre osservava i movimenti eleganti, la voce baritonale che continuava l’appello, la rete di cicatrici che spuntavano da un foulard da collo verde e arrivavano quasi alla guancia, che non si prendeva la briga di nascondere .
Perchè era un eroe.
E Corian voleva essere proprio come lui. Il nuovo Principe Mezzo Sangue.
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“Minerva, cosa sappiamo di Corian Foster?”
La strega strinse le spalle, con aria affranta. “Povero bambino…”
Severus si avvicinò alla Preside. “Immagino ci sia un motivo dietro la tua constatazione.”
La preside annuì prima di spiegarsi. “La lettera è arrivata addirittura prima per lui e nessuno ha saputo dirmi perchè. Ha solo otto anni, di cui 7 vissuti in un orfanotrofio babbano in Irlanda del Nord. Non so molto altro, se non che è arrivato qui con un solo sacchetto malconcio. I libri vengono passati dal Ministero. Per il resto è stato messo nella tua casata Severus, ne saprai più di me sicuramente nei prossimi mesi”
Snape avvertì un brivido lungo la schiena. Non era solito che i Serpeverde ospitassero bambini con passati tragici alle spalle. Come lui. O come...Tom Riddle.
“Minerva ho i miei motivi per credere che quel ragazzino sia potenzialmente...un pericolo.”
La donna lo guardò stralunata? “Cosa? Ma è solo un bambino! Abbandonato e solo, come potreb...ah.” Minerva McGonagall non era stupida e aveva visto troppe cose succedere nate da bambini abusati lasciati soli a se stessi. “Cosa suggerisci?”
“Per ora non lo so. Lo guarderò con attenzione e ti farò sapere”
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Erano ormai passati tre mesi dall’inizio dell’anno accademico e Corian si era effettivamente rivelato uno studente modello, sempre attento durante le lezioni, che non dava mai problemi nè risposte idiote a ogni interrogazione. Era sveglio, eppure rimaneva spesso in disparte sia nella sala comune che in aula. Non aveva amici, notò Severus. Non parlava quasi mai cn nessuno, se non interpellato. Era forse troppo piccolo, ma la realtà la consoceva bene. Il ragazzino non voleva essere notato. Stava impegnandosi per rimanere invisibile, perchè rimanere anonimi dava grandi poteri soprattutto se si nascondeva qualcosa.
Severus però, era una spia da troppo tempo per farsi ingannare dall’attegiamento anonimo e composto di Corian Foster. Per questo non fu sorpreso un giorno di trovarlo nascosto nella sezione proibita della Biblioteca di Hogwarts, con in mano un libro di Arti Oscure.
Anni addietro, l’avrebbe sorpreso e umiliato per poi portarlo da Minerva per una punizione esemplare. Ma erano tempi diversi e aveva imparato che quella non era la strada giusta. Aveva smesso di spaventare senza motivo e sapeva che non sarebbe stata quella la via per distogliere Corian Foster da qualsiasi fosse la sua fissazione per le arti oscure. Fece volutamente rumore e Corian, spaventato, del resto era ancora veramente un bambino, fuggì dopo aver posato il libro. Severus individuò il titolo del libro, e lo sfogliò brevemente, rimanendo poco sorpreso del contenuto oscuro, per poi annotarsi mentalmente di far controllare l’incantesimo protettivo della sezione proibita.
La sua forse era un’idea idiota, ma avrebbe provato ad aiutare il ragazzino nella maniera in cui avrebbe voluto che qualcuno avesse aiutato lui. L’età lo stava veramente rimbambendo.
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Severus Snape tornò a Prince Manor quel venerdì sera con un’espressione che non prometteva nulla di buono. Hermione, tornata prima dal Ministero per avere più tempo da passare col suo futuro marito, gli andò incontro per togliergli la mantella e baciarlo con dolcezza.
“Sembra che tu abbia avuto una settimana difficile.”
“Ebbene.” Severus si lasciò andare sulla testa della sua promessa, aspirando il profumo che gli era mancato. Rimasero una manciata di secondi abbracciati sull’anticamera dell’ingresso, la ragazza perplessa da quell’espressione grave che aveva visto sul volto di Severus.
“Vuoi dirmi che succede mentre mangiamo?” chiese mentre si staccava da lui per poi prenderlo sottobraccio, dirigendosi insieme verso il salone. Lui annuì passandosi un dito sotto il mento. “Non solo voglio, devo.” sospirò un attimo prima di farle cenno galantemente di precederla nel salone. “Negli ultimi mesi, ho osservato attentamente un ragazzino a Hogwarts con...particolari caratteristiche che rimandano a un comportamento anomalo.” esordì mentre prendevano posto a tavola.
Hermione come sempre non faceva domande, aspettando che fosse lui a spiegare l’intero quadro e chiederle un’opinione. Ormai erano talmente rodati da sapere perfettamente i tempi l’uno dell’altra, quindi si sedette a tavola mentre il mago continuava il suo racconto. “Questo alunno prodigio ha solo otto anni ed è stato portato da un orfanotrofio. La sua situazione è molto complessa e sebbene sia uno studente modello...Io e Minerva abbiamo motivo di credere che il ragazzino sia un papabile...nuovo...signore oscuro. O un potenziale Oscuriale.” le raccontò in breve dell’episodio nella biblioteca mentre la ragazza lo guardava intensamente, una lieve ruga di preoccupazione a solcarle la fronte. Odiava mettere in agitazione Hermione, ma allo stesso tempo sapeva che solo lei poteva essere in grado di aiutarlo….sebbene non volesse coinvolgerla e negarle il meritato relax delle feste.
“Ho avuto probabilmente una delle idee più stupide della mia vita, che è tutto dire.” rimase in silenzio passandosi le mani sul viso prima di lasciarsi andare sullo schienale. Guardo la sua bellissima, giovane, amorevole futura moglie e allungò una mano verso di lei, che prontamente allungò le sue dita calde. “Ho pensato che potrei ospirate qui Corian Foster. Ho stupidamente pensato che forse, forse, se qualcuno lo ascoltasse, se qualcuno cercasse di capire cosa prova...magari non rimanendo completamente da solo come…” non ebbe nemmeno bisogno di finire la frase, che Hermione sorrise. Aveva capito. “Non mi sembra assolutamente un’idea stupida, anzi.” scollò i lunghi capelli mossi stringendo la presa. “Mi sembra un’ottima idea tenerlo d’occhio. Se veramente questo bambino è una forma latente di Oscuriale o un potenziale signore oscuro, non mi sembra sia saggio lasciarlo solo nel castello. Inoltre, mi sembra che sia una tristezza infinita che un bambino così piccolo passi le vacanze di Natale solo a Hogwarts.” ovviamente la sua fidanzata aveva già dato l’ok, supportando la sua iniziativa con entusiasmo, come se le avesse chiesto di andare in vacanza a Parigi. Scosse la testa avvicinandosi di nuovo a lei.
“Hermione, non posso chiederti questo. Ricordi i nostri patti? Sei giovane per l’amor di Merlino non posso rinchiuderti le vacanze di Natale con me e un ragazzino a te semi sconosciuto, che probabilmente ha tendenze omicide. Non mi fido a portarlo dai tuoi o da Molly per le feste ed è bene i nostri sospetti rimangano fra noi. Nello stesso tempo non posso chiedere a te di rinunciare alle feste. Troverò un altro modo”
Lei si avvicinò imperterrita. “Faccio delle mie vacanze ciò che voglio Severus e ovviamente voglio stare con te dato che sei la mia famiglia. Se reputi che ospitare questo bambino sia un tentativo per evitare eventuali catastrofi, perchè dovrei impedirlo? Se andrò a trovare i miei per un paio d’ore non penso che mi sbarrerai la passaporta al ritornono?” concluse con un sorriso ironico.
“Sarei quasi tentato, guarda…”
“Peccato che io sia quasi tua moglie...e mi hai sempre detto che questa è casa nostra o sbaglio?” sapeva bene dove stava andando a colpire e infatti vide l’uomo allarmasi, spalancando gli occhi d’onice. “Certo che lo è! Ed è proprio per questo che non voglio importi una mia scelta.”
“Mi hai raccontato tutta la storia e mi hai esposto cosa ti ha spinto a prendere questa decisione. E la condivido. Ergo ora è una nostra scelta, o sbaglio?”
“Esposto è una parola grossa. Ho illustrato brevemente la situazione, e tu hai fatto il resto.”
“Perchè è esattamente così che si fa una relazione. Ci si capisce, ci si supporta e...si combatte, insieme.”
Lui si passò una mano sul viso prima di alzarsi e avvolgerla da dietro lo schienale fra le braccia. “Lo so, strega... ma Corian è davvero...problematico. Probabilmente proverà a dare fuoco alla villa, o chissà che altro. Ma in maniera assolutamente chirurgica, da vero Serpeverde.”
“Beh io e questo ragazzino abbiamo già cose in comune no?” lo baciò dolcemente allungando una mano sulla sua nuca, riferendosi a quando da ragazzina aveva appiccato fuoco alle sue vesti. “Trovo che sia una nobile iniziativa la tua e non ci credo che è solo per salvaguardare il mondo magico.”
Lui scosse la testa. “Lo sai già…”
Hermione lo baciò, orgogliosa. Aspettava quel bambino con grande trepidazione, se era riuscito a far breccia nel cuore del suo mago.

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“Signor Foster. Vorrebbe passare il Natale a Villa Prince con me e la mia futura sposa?”
“C-cosa? Io? Ma io…”
“Non balbetti.”
“M-ma si può fare?”
“Si può fare. Lei sarebbe l’unico a rimanere qui del primo anno. E non ha ancora raggiunto i dieci anni, l’età legale per rimanere soli a Hogwarts.”
“Vorrebbe dire che dovrei tornare all’orfanotrofio? No!” il bambino cominciò a protestare ma subito chiuse la bocca sotto lo sguardo del professore che lo fulminò.
“Le sto appunto dicendo che non deve tornare all’orfanotrofio. Se non lo desidera.” il tono dell’ultima frase addolcito.
Corian guardò Severus con stelle negli occhi, la prima volta che lo vedeva con uno sguardo diverso da quello solitamente assorto o mefistofelico.
“I-o però non ho mai festeggiato il Natale.”
Severus si dovete trattenere dal manifestare ciò che provava veramente. L’età lo stava rimbambendo.
“Non vedo come questo potrebbe costituire un problema.” riuscì a produrre con la sua solita voce monocorde.
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Hermione rimase stupita dalla strana somiglianza quando incontrò la prima volta il piccolo Serpeverde, che si avvicinava alla soglia della loro casa.
“T-tu sei sicuro di non aver avuto figli, vero?” chiese sottovoce.
“Penso che me lo ricorderei se avessi avuto rapporti sessuali nei vent’anni prima di te, che dici?” rimbeccò lui acido, colpito un po’ sul vivo.
“Che ne so, magari eri ubriaco…”
Lui scosse la testa ignornado l’ultima affermazione e andò incontro al piccolo Corian, che si guardava incontro sospettoso.
Era davvero a casa di Severus Snape? Perchè? Lui non era speciale. Non era nessuno e non voleva pietà. Però non aveva resistito. Pensare di essere nella casa del suo eroe non gli pareva vero. Non era invece molto felice della signorina Granger, ma avrebbe dovuto farsela piacere. Aveva sentito dagli studenti più grandi come il loro professore fosse particolarmente protettivo nei suoi confronti. Si era anche battuto per lei, salvandole la vita proprio durante l’estate prima del suo arrivo a Hogwarts e l’evento era ancora sulla bocca di tutti. Quindi avrebbe dovuto giocare d’astuzia e sopportare quella donna Grifondoro. Severus lo accolse con uno sguardo abbastanza distaccato. “Benvenuto a Villa Prince, Mister Foster.”
Hermione lo guardò con calore. “Molto piacere, Corian. Sono Hermione Granger, sentiti pure libero di chiamarmi Hermione.” il ragazzino fu stupito da quell’accoglienza. Pensava che essendo la Principessa Grifondoro la donna sarebbe stata disturbata dalla sua presenza Serpeverde.
Intimidito, annuì. “B-buonasera.”
Hermione aveva il cuore stretto in una morsa. Quel ragazzino gli ricordava troppo il piccolo Severus che aveva visto nelle sue memorie. Era estremamente magro, i vestiti troppo grandi che chissà da chi erano stati passati. I capelli lunghi neri e pure un po’ unticci, la pelle pallida. Mancavano solo il naso adunco e gli occhi neri, laddove c’erano due occhi azzurri cerulei e un nasetto a patata un po’ schiacciato. Ecco, era già stata fregata da quel ragazzino.
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“Corian, che cosa ti piace fare nel tempo libero?” chiese Hermione a cena dopo che il ragazzino si fu sistemato in una delle stanze del maniero.
“Solitamente leggo.” vide la donna illuminarsi e si rilassò, mentre cercava di mangiare.
“E che cosa ti piace leggere?”
“Hermione fallo mangiare in pace…”
“Oh no signore, a me piace parlare di libri!”
“Beh in questa casa si parla sempre di libri Mr. Foster ma se lascio campo libero a Hermione non finirete mai di cenare.”
Hermione scoppiò a ridere, pregustando già un dopo cena tutti e tre insieme in libreria con una cioccolata calda.
E così fu, l’inizio di una tradizione che sarebbe durata molto tempo.

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Natale 2002

“Questo è per te, Corian.” Hermione, seduta per terra davanti l’albero di Natale che avevano allestito insieme, sebbene avessero fatto quasi tutto lei e il bambino sotto lo sguardo divertito di Severus. Nonostante non fosse assolutamente abituato alla presenza di un bambino in un contesto che non fosse scolastico, Snape se la stava cavando egregiamente e Hermione era semplicemente fiera di quanto lavoro avesse fatto su sè stesso. Corian continuava a chiamarlo Professore, ovviamente, ma si era instaurata fra i due un’intesa che non poteva essere ignorata. Fin dal primo giorno in cui l’avevano portato a Diagon Alley, pocyhi giorni dopo il suo arrivo a Prince Manor, intenzionati a rifornire con tatto il ragazzino di averi di prima necessità che non fossero quelli contenuti nel suo misero sacco, avevano capito quanto Corian fosse affine a loro. Il bambino era orgoglioso, e aveva voluto stringere con loro un accorod da vero Serpeverde, che la coppia aveva accettato volentieri, sorridendo: per ogni cosa da loro presa per lui, Corian avrebbe svolto una commissione a scelta per entrambi, o singolarmente. Severus aveva sorriso impercettibilmente al piccolo negoziatore, ammirando la sua dignità. Con fare grave aveva esteso la sua mano dalle lunghe dita al bambino che le prese dopo un momento di stupore. “E’ affare fatto signor Foster. Ci impegneremo a trovare e studiare un piano per queste vacanze che permetterà di ripagare queste cose. Mi sembra un accordo onesto e perfettamente in linea con la nostra casata.” Corian aveva sorriso come se gli avessero appena dato 500 punti, ma il motivo Hermione l’aveva capito fin dai primi momenti. Il piccolo Foster era semplicemente il più grande fan esistente di Severus Snape, dopo lei, probabilmente. Nonostante non parlasse moltissimo di sua iniziativa, diventava subito eccitato se interpellato, soprattutto se era qualcosa a riguardante i libri e le pozioni. E a Diagon Alley era stato attratto dall’enorme libreria, piuttosto che dal negozio di giocattoli.
Con sguardo avido aveva da subito varcato la soglia del negozio con impazienza, seguito dalla coppia che si sentiva stranamente orgogliosa. “So che non dovrei sentirmi così, ma non ti sembra fantastico che sia così interessato ai libri? Mi sembra di rivedermi da bambina.”
Snape scrollò le spalle. “Mentirei se ti dicessi che non provo la stessa soddisfazione.”
Hermione gli strinse la mano lasciandosi suffgire una risatina.
“Professore, Hermione, posso avere il permesso di passeggiare per la libreria?” aveva chiesto educatamente girandosi verso di loro improvvisamente, frenando l’istinto di correre in giro per quella miniera di conoscenza. I due si guardarono pe ru attimo, notando il comportamento di Corian. Era sempre molto educato, e non in un maniera costruita, bensì più impaurita. Hermione non poteva esserne certa, ma aveva intuito che la formazione dell’orfanotrofio non fosse stata delle più amorevoli. A volte non sembrava neanche un bambino, non aveva mai slanci impulsivi nè riusciva a dimostrare entusiasmo se non per poche cose, fra cui appunto la lettura. Sembrava che cercasse di reprimersi, come se fosse stato redarguito fin troppe volte e Hermione voleva cercare di scardinare quel comportamento così imposto. Si avvicinò al bambino, sorridendo e senza toccarlo. “Certo Corian, però accertati sempre di essere a portata di vista mia o del professore, ok?” il bambino la ricompensò con un sorriso sincero che estese al suo insegnante che ricambiò con un cenno affermativo della testa. “Certamente.” rispose lui, e con un piccolo saltello si avventurò nella libreria, felice come non si sentiva da...sempre.
“Hermione, sentirmi chiamare professore da te mi da sempre quel certo senso conato…”
“Oh santo Merlino, non farne un dramma, su…piuttosto cerchiamo quel tomo”
Quella giornata a Diagon Alley entrò nei ricordi di Corian come uno dei giorni più meravigliosi della sua breve vita e nonostante il suo impegno nel voler ripagare tutto, dovette cedere quando Hermione, per conto di entrambi ma non sarebbe stato etico farlo alla luce del sole, decise di regalargli il libro che aveva in mano da più di venti minuti. “I Poteri Magici del Gatto” era interessante perchè aveva sempre desiderato avere un gattino tutto suo che magari sarebbe potuto diventare il suo famiglio. Ma all’orfanotrofio l’unica volta che aveva provato a salvare un gatto da morte certa era stato messo a dormire senza cena per due giorni. Quindi non voleva più un gatto, però i poteri magici dei felini lo affascinavano lo stesso. “Prendiamolo.”
“Ma, Hermione, non ho un gatto...è inutile prenderlo.”
La ragazza gli sorrise per poi prendere il libro dalle sue mani. “Neanche io avevo un gatto alla tua età, però avevo già capito che avrei voluto fosse un felino il mio famiglio.”
“Oh, davvero?” lei annuì.
“Certo, e quindi ho iniziato subito a studiare per sfruttare al meglio la connesisone con il mio futuro felino.”
“E ha funzionato?”
Snape, che aveva sentito tutta la conversazione, si lasciò andare a una breve risata. Vedere il suo professore ridere era stata una vista sconcertante, ma si stava abituando. Era quasi rassicurante sapere che anche il suo eroe potesse ridere.
“Severus non ridere per favore, Grattastinchi era un gran gatto.” Hermione si era girata adirata verso il comapgno, e Corian dovette coprirsi la bocca per non ridere.
“Certo che lo era Hermione, il problema è che stava alla magia come tu stai alla cucina, mia cara.” Corian aveva notato che il professore usava quel vezzeggiativo quando voleva prendere in giro la sua futura moglie. Il che accadeva spesso. Era divertente stare con loro, si sentiva...rilassato. Lei lo colpì blandamente col tomo, ma non riuscì a trattenere la risata.
“Sai benissimo che non vale colpire sulla cucina.” poi si girò verso Corian, con espressione convinta. “Grattastinchi era solo un po’...testardo. Ma era assolutamente magico.”
E con fare deciso si diresse alla cassa a pagare lasciando Snape e Corian da soli. Il professore abbassò lo sguardo sul bambino, a braccia conserte, abbozzando un sorriso scarstico. “Il gatto era effettivamente magico, ma ti auguro di trovare un felino meno testardo di quello che aveva lei.”
Corian si coprì la bocca e rise un divertito. Lo sguardo di snape si ingentilì e gli mise una mano sulla spalla. “Dirigiamoci in cassa, prima che Hermione possa comprare metà libreria.” era la prima votla che qualcuno lo toccava senza cattive intenzioni, e Corian quasi pianse. Scrollò la testa, ricacciando le lacrime. Era al sicuro, col suo eroe, e aveva appena ricevuto un regalo. Era al sicuro. E fu così che si era sentito in quei giorni, mentre riordinava la libreria di Prince Manor, compito che gli era stato assegnato da entrambi e che aveva svolto con gioia, sotto lo sguardo vigile di Hermione e Severus, che studiavano ognuno per conto proprio. Il professore preparava le lezioni e la ragazza rivedeva regolamenti ministeriali per un esame che doveva sostenere a breve, a quanto aveva capito. Sapere che anche gli adulti facevano esami lo rincuorò un po’, mentre con gioia spolverava i libri.
“Corian perchè non ti riposi? Penso che tu abbia abbondantemente ripagato la tua parte.”
Il bambino scosse la testa, orgogliosamente. “Non ho ancora finito Hermione e voglio portare a termine il mio compito.” Snape sorrise sardonico alla sua fidanzata con un’espressione che diceva silenziosamente “Te l’avevo detto che era un Sepreverde fino al midollo!”
Lei gli sorrise a sua volta per poi rivolgersi al ragazzino. “Va bene, ma una pausa cioccolata calda? Per tutti?”
Snape intervenne per sostenerla. Non voleva che Corian passasse così tanto tempo pensando di essere lì per assolvere compiti o ripagare debiti. E aveva intuito di avere una certa influenza sul ragazzino, sebbene non ne capisse il motivo. “La trovo un’ottima idea Hermione. Corian, il tuo impegno è rimirevole, ma una pausa è necessaria. Sei un nostro ospite, non sei qui per lavorare.” alla fine, aveva ceduto e aveva iniziato a chiamare il bambino per nome. Signor Foster sembrava sempre così...distaccato. Il bambino posò il tomo. Non era abituato a quelle preoccupazioni da parte di adulti. Lui lavorava sempre. L’ozio non era permesso all’orfanotrofio. E avevano fatto un patto...però...se l’idea della cioccolata l’aveva tentato, la frase del professore l’aveva convinto del tutto.
A lui piaceva stare lì e godersi la quieta compagnia di quei due maghi che sembravano preoccuparsi per lui. Ancora non capiva il motivo, ma non riusciva a resistere...non aveva mai sperimentato niente di simile, e voleva godersi ogni attimo.
Con agilità scese dalla scala su cui stava lavorando, scala che aveva notato era sta incantata per essere messa in sicurezza, e si avvicinò al tavolo dove Hermione stava sistemando tre tazze di cioccolata e dei biscotti. Si sedette composto e ringraziò la giovane che le avvicinò la tazza. “Attento che scotta.” lo ammonì e lui come sempre rimase colpito dalle piccole premure che gli venivano riservate. All’orfanotrofio nessuno pensava a queste cose. “Professore, vorrei solo ripagare il mio debito…” provò a protestare lui prima di sorseggiare. L’uomo lo guardò e indicò il lavoro già svolto. Più di metà libreria era stata attentamente rimessa a in ordine sistemando scaffali che erano stati in disuso per anni. Non essendo quella la libreria privata di Snape o di Hermione, ma solo quella dell’intero maniero, era stata un po’ trascurata. “Hai praticamente quasi terminato, direi che potrai finire un altro momento, se proprio vorrai ultimare.” il bambino sorrise annunendo. Si era sbavato di cioccolata senza rendrsene conto e Severus dovette trattenere una risata al contrasto di quell’espressione da piccolo adutlo in contrasto con quella macchia sulla guancia. Hermione li guardava estasiata. Severus aveva pensato di fare qualcosa di buono per il mondo magico, ma la realtà è che i due si stavano facendo del bene a vicenda. La vicinanza con quel ragazzino complicato aveva avuto un’influenza più che positiva sull’uomo, altrettanto complicato. E i giorni prima di Natale erano trascorsi così, fra libri, gite con Betty, il professore aveva una macchina babbana!, chiacchierate e relax...cose che Corian non aveva mai provato in vita sua. Come non aveva mai provato quella sensazione di sorpresa davanti al biglietto che le stava porgendo ora Hermione sotto l’albero di Natale.
“Che vuol dire è per me?”
“Che è il tuo regalo di Natale.” lui si girò verso il professore, e poi di nuovo verso di lei, per un paio di volte.
“Non ho mai ricevuto un regalo di Natale!” esclamò quasi impaurito.
“Beh, questo è un buon momento per riceverne uno direi.” Snape si avvicinò a loro, e con grazia si allungò seduto sul tappto, le lunghe gambe stese e il braccio teso a sostenere il suo peso. “Non sei curioso Corian?”
Lui annuì in silenzio, e aprì la piccola cartolina di auguri che teneva fra le mani.

“Con l’augurio che tu possa avere lo stesso meraviglioso rapporto ma con un pizzico di fortuna in più sul carattere... Buon Natale S&H.”

Il bambino alzò lo sguardo, confuso, ma si ritrovò ocn unbatuffolo morbidò fra le mani e quasi fu tentato di urlare. Ma si trattenne, pensando che si fidava di Hermione e Snape e non gli avrebbero fatto dei dispetti. Guardò le sue mani e tutto ciò che riuscì a fare fu sgranare gli occhi e quasi urlare, ma soffocandosi, pe rnon spaventare l’esserino fra le sue mani.
“M-ma, ma...è un gattino!” Corian era sorpeso, felice e totalmente fuori di sè dalla gioia. finalmente sembrava un bmabino mentre solevava ridendo e piangendo il piccolo batuffolo nero. “Oddio ma sei bellissimo!”
Snape e Hermione si scambiarono un sorriso complice. Incredibile ma vero, solo tre mesi prima i loro due gatti, Synfa e Haramis avevano avuto quell’unico, gattino nero. Ora che aveva finito lo svezzamento, giusto in tempo per Natale, sembrava che la sua nascita fosse stata proprio una coincidenza fortunata. L’idea di regalarglielo era nata già dal quel primo giorno a Diagon Alley e ora che vedevano il bambino così felice, rimasero entrambe sorpresi della gioia che gli stava dando vedere quel bambino sempre così compunto ora così felice.
“Grazie, grazie davvero! Giuro che lo amerò e proteggerò per sempre!” provò lo slancio di abbracciare i suoi benefattori , ma si trattenne. Non voleva farsi cacciare. doveva comportarsi bene. Eppure quando sentì la mano di Severus Snape scompigliargli brevemente i capelli e la mano di Hermione arrivare alla sua spalla in un segno di affetto, sentì il cuore scoppiargli di gioia.
“E’ un maschietto, se può aiutarti a scegliere il nome” disse il mago, mentre lui abbracciava il gattino con affetto.
Aveva finalmente un amico!
“Ti chiamerò Kyteler!”
“Ma Alice Kyteler non era la prima strega impiccata in Irlanda?” chiese preoccupata Hermione raggiungendo con la mente Severus.
L’uomo sorrise silenziosamente. “Ebbene.”
“Oh Merlino.”
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Dicembre 2004


Era il giorno prima della partenza per Prince Manor. Ci aveva sperato, anche se ora aveva compiuto dieci anni, ma senza dare troppo credito ai suoi desideri. Eppure anche quell’anno, Severus Snape l’aveva avvicinato dopo le lezioni, estendendo di nuovo l’invito. “Allora signor Foster, vorrebbe venire anche quest’anno a Prince Manor? Ormai è libero di scegliere se rimanere qui, ma so che Hermione l’aspetta.” evitò di aggiungere che avrebbe fatto piacere anche a lui e che sotto sotto aveva paura che rifiutasse il suo invito ora che aveva l’età legale per rimanere a Hogwarts da solo. Ma lo sguardo pieno di fiducia e gioia che intravide in Corian, anticipò la sua risposta. “Certo che vorrei Professore. La ringrazio per l’invito, come sempre.”
Lui scosse la testa, soffocando l’istinto di scompigliargli i capelli come era solito fare a casa. “Non devi ringraziarmi, lo sai Corian.” rispose a bassa voce prima di andarsene, in un turbine di vesti neri.
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“Ma che bel quadretto… davvero Snape, tutto avrei pensato che un giorno avrei trovato tu, una tua ex studentessa e un tuo studente in giro per la campagna inglese come un’allegra famiglia. Lo sanno quanto sei marcio dentro?” la voce di Amycus Carrow li aveva raggiunti velenosamente, mentre i tre erano intenti alla ricerca del posto giusto per fermarsi e fare un picnic. Corian sentì l’impulso di reagire al pericolo con una forza che non aveva mai sentito, ma il mantello di Severus Snape lo avvolse prima che potesse realizzare cosa stava succedendo. Hermione puntò la bacchetta verso il mangiamorte, basita ma combattiva nondimeno. “Che cosa ci fai tu qui?”
“Io? Oh, tranquilli, non voglio certo rovinarvi la vostra piccola gita con l’Oscuriale.”
A Corian mancò un battito. Oscuriale. Conosceva bene quella parola. Quel sussurro all’orfanotrofio vicino al suo letto.

E’ pericoloso tenerlo qui.

E’ troppo instabile.

E’ un bambino che porta solo guai.

Ricordava benissimo cosa era successo anche se per gli utlimi due anni aveva cercato di dimenticarlo. E ora i suoi due eroi l’avrebbero scoperto. Avrebbero scoperto che lui era cattivo. Che non meritava tutto quello che gli avevano dato e detto in quegli anni.
Avrebbero scoperto che aveva ferito una delle donne dell’orfanotrofio ed era stato cacciato per colpa di quella magia nera che lo avvolgeva quando si sentiva minacciato.

“Cosa vuoi Amycus?” i due maghi si puntavano la bacchetta avicenda, in uno stallo magico. Non potevano rischiare di colpire Corian, nè carro sembrava intenzionato a colpire.
“Voglio quello che volevi anche tu. Il controllo sull’Oscuriale.” ammise candido.
“Smettila Carrow” la voce di Hermione era fredda e letale.
“Oh che succede? Il vostro animaletto domestico part time non sa di essere un meraviglioso Oscuriale.?” il bambino si strinse ancora di più alla vita di Severus, ben protetto dal suo mantello. Cosa stava insinuando?
“Corian Foster, non devi aver paura di me, io sono un grande amico di tuo padre.”
“Non ascolatre nulla di ciò che ti dice Corian.2 il sibio di Snape arrivò alle sue orecchie, ma le parole di Carrow avevano fatto breccia.
Si liberò dal mantello di Severus, sbucando fuori. “Come mio padre?”
“Oh si caro Corian. Tuo padre...se vuoi saperne di più, basterà cercarmi. Fidati, sparai come trovarmi. Posso darti molto di più di questi due falsi che ti hanno fatto la carità nascondendo le loro vere intenzioni…”

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“Corian…” Severus allungò la mano sul letto che ospitava il bambino. Era quella la sua stanza, da due anni. Natale, le vacanze estive, e poi ogni altra occasione libera...era diventato un ospite abituale. Corian non aveva mai chiesto niente, non dato per scontato che l’invito sarebbe arrivato. E aveva fatto bene. Non avrebbe mai dovuto fidarsi.
“Sì?”
“Non ti mentirò. E’ vero, all’inizio mi sono avvicinato a te solo con lo scopo di tenerti d’occhio. Perchè mi ricordavi me. Non mi sarei mai aspettato...di affezionarmi a te. Ma tu mi hai idealizzato Corian. Io non sono una brava persona.”
“Ora lo so. E so che tutto questo…” e indicò lui e la sua stanza, “è solo una menzogna.”
Se lo meritava, pensò Severus mentre le parole gli facevano male al cuore. Aveva permesso a un altro essere umano che non fosse Hermione di avvicinarsi a lui, e ora pagava le conseguenze. Che del resto, erano tutte colpa sua.
Non riuscì a controbattere, pensando che tutto ciò che avrebbe detto avrebbe solo peggiorato le cose. “Mi dispiace....” riuscì solo a mormorare prima di andare via, lasciandolo solo. Non aveva la forza di contraddirlo e aveva bisogno dell’unica persona che avrebbe potuto mettere rimedio a quella situazione. Hermione avrebbe saputo cosa dirgli.

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“Sev...Corian, è sparito!”
Hermione raggiunse il compagno con un’urgenza e Severus si sentì un idiota. “No..no…no” cominciò a ripetere mentre la paura lo invase come poche volte prima nella sua vita, incluso quando aveva pensato di aver perso la sua futura moglie. In un attimo fu vestito e seguì la strega che era già per le scale. “Non ho fatto in tempo! E’ scappato!” esclamò Hermione.
“Sono un’idiota...non mi sarei dovuto allontanare neanche un attimo!”
Severus i passò la mano sul viso, in maniera febbrile ma sentì le mani di Hermione raggiungere il suo viso, spostando la sua. “Severus, guardami. Non incolparti. Ora dobbiamo solo concentrarci sul trovarlo. Lo risolveremo, insieme.”
Lui annuì baciandole la punta delle dita e cercò di far prevalere Severus la spia, il mago senza cuore che per vent’anni aveva terrorizzato Hogwarts, ma non ci riusciva più così bene. Prima Hermione e poi Corian gli avevano scombussolato la vita, portando a galla emozioni che aveva represso per anni. Ma doveva essere forte, per loro. Tirò fuori la bacchetta e prese la coperta che Hermione aveva portato con sè. La sua intelligente strega aveva il sangue freddo che lui non riusciva ad avere in quel momento, obnubilato dal terrore di perdere quello che ormai considerava suo figlio.

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Raggiunsero quello che Harry e Draco avevano individuato come il rifgugio di Carrow qualche ora prima. Stavano arrivando anche loro, ma nel mentre erano da soli alla ricerca del bambino.
“Corian dove sei??”
Entrarono nel palazzo abbadnoanto, dove trovarono il bambino pieno di magia nera intorno a lui, che sprizzava in particelle e aloni nere. Carrow guardava la scena soddisfatto poco lontano.
“Corian siamo qui!” urlò Hermione indebolendo quel flusso nefasto.
Il ragazzino li guardò flebilmente. “Andate via…”
“Corian, ascoltami...” Severus provò ad avvicinarsi al bambino che tremava come una foglia.
“Non avete sentito il nostor caro futuro signore Oscuro? Dovete andarvene!
Hermione si avvicinò lo stesso a lui, cercando di non farsi colpire da quel concentrato di magia nera, mentre Snape teneva sotto tiro Carrow. “Corian, vieni con me, andrà tutto bene…”
“No non va tutto bene! Io sono cattivo!”
“Non sei cattivo Corian, non è vero.” Hermione.
“Aveva ragione il professore, io SONO un bambino pericoloso! Ecco perchè vi siete avvicinati a me! L’ha detto lui e c’eravate anche voi! E il professore non ha nemmeno negato.”
Severus si maledì mille volte per non essersi spiegato. Come sempre, la sua bocca velenosa non era in grado di partorire frasi che non fossero cattiverie. “Corian, è vero che ero preocuppato per te, ma noi ti vogliamo bene veramente.” provò a lasciare andare i suoi sentimenti, incurante della presenza di Carrow.
“Non sei percioloso Corian!” rincarò Hermione.
“Allora perchè posso fare questo!?” il bambino rilasciò una quantità di magia nera che avvolse tutto e Severus strinse a sè Hermione, aggrapandosi a un palo nelle vicinanze creado una barriera.
“Perchè tu Corian sei un fantastico Obscuriale e questi due sono solo due patetici romantici. Basta, è ora di chiudere questa storia e dare inizio a una nuova era di oscurità” la voce di Amycus Carrow li raggiunse minacciosi, mentre il Mangiamorte scampato ad Azkaban cominciò ad attaccare.
“Corian, NO!”
Severus fece scudo col suo corpo al bambino, non pensando alle conseguenze., cascando nel piano del sadico fuggitivo che aveva capito che il bambino era un punto debole dei due maghi. Hermione reagì immediatamente all’attacco, iniziando a duellare con Amycus Carrow e non vide che il compagno veniva trafitto da diverse schegge di vetro sulla schiena, effetto collaterale della finestra che era stata fatta esplodere da Carrow con il suo incantesimo. Snape non emise un suono, per non preoccupare Corian che in panico continuava a emettere magia nera. “E’ colpa mia. E’ colpa mia..è tutta colpa mia.”
Severus accarezzò il bambino, con sforzo immane. Sentiva i pezzi di vetro conficcati in profondità e il calore del sangue che usciva. “Corian, non è colpa tua. MI DEVI CREDERE. Non è colpa tua se sei stato maltrattato, non è colpa tua se ti hanno preso di mira, niente di tutto questo è successo per colpa tua. Tu sei un bravo bambino, Corian.” vide le lacrime scendere copiose sulle guance del piccolo, velare gli occhi cerulei.
Vide le onde di magia nera sparire, e dissiparsi.
Non sapeva quanto avrebbe retto ancora. Stava per svenire, probabilmente per la perdita di sangue copiosa, ma doveva salvare il ragazzino a qualsiasi costo.
Lo coprì con la sua mantella, affrettandosi dietro una colonna.
Si appoggiò alla colonna solo con il lato dove sentiva che non c’erano schegge di vetro, mentre Corian tremava inconsultamente. Prese di nuovo il suo volto fra le sue mani pallide, cercando di fargli capire ciò che avbrebbe dovuto dirgli quella sera mentre erano ancora a Prince Manor.
“Corian, noi ti amiamo. Non sei più solo.” e con le ultime forze lo abbracciò, prima di perdere conoscenza.

Hermione che continuava a duellare pregava affinchè il suo Patronus avesse raggiunto Harry o quello di Severus Draco.
“Ancora non ti arrendi? Ah cara Principessa Grifondoro, pensavo di averti fatto fuori a Roma! E invece no, sei sopravvissuta a quell’idiota di Thertine!”
“E mi chiedo come sei uscito da Azkaban!” colpo di bacchetta.
“Non ci sono mai entrato io, piccola stupida!” parata.
“Stupeficium incantaete!” Hermione usò il suo incantesimo con violenza quasi inaudita per lei. Voleva girarsi e assicurarsi che Severus e Corian stessero bene ma non poteva distarsi o sarebbe morta. Il colpo arrivò al mago più grande. “Mi chiedo perchè non ci sia il potente Severus Snape a combattere invece che lasciare te, una misera sanguesporco a combattere con me!”
“Ancora questo insulto? Come sei vecchio Carrow, la guerra è finita, come te!”
L’uomo stava per scagliare la maledizione per eccellenza, ma fu bloccato alle spalle. “Spectumsempra!”
Hermione pensò a Severus ma era Harry, che emerse alle spalle del mago, che aveva fatto partire la maledizione. Accanto a lui, niente popodimeno che Draco Malfoy. “Fa sempre il suo effetto vederla lanciata…” commentò laconico guardando l’uomo contorcersi dal dolore, bacchetta puntata in caso si ribellasse. Subito Potter fu accanto a Hermione, sostendola.
“Stai bene?”
“S-sì, credo. Ma Severus e Corian, dove sono?” la giovane donna si guardava intorno angosciata.
“H-hermione..s-sono qui…”la flebile voce di Corian raggiunse le orecchie dei tre ma solo Hermione si mosse, facendo cenno a Harry e draco di pensare a Carrow.
Corian era pallido, fra le braccia di Severus incosciente e più pallido di lui.
“E’..colpa mia...è tutta colpa mia…” Hermione abbracciò il bambino di slancio mentre con una mano raggiungeva il collo di Severus. Era solo svenuto, ma perchè?
“Corian non è colpa tua...” disse all’orecchio del bambino mentre faceva cenno a Draco di dargli una mano. Il giovane Malofy iniziò a occuparsi del padrino esanime, con il cuore in gola.
“Lui mi ha protetto!”
“Perchè ti vuole bene Corian, come te ne voglio io tesoro. Non sei solo, non sei più solo.”
“Ma perchè mi avete difeso? Io sono un Oscuriale!”
Draco e Harry rimasero scioccati dalla rivelazione del bambino ma continuarono le proprie mansioni. L’Auror aspettava l’arrivo dei suoi colleghi per arrestare Carrow, e gli aveva appena concesso di sanguinare...meno.
“Per noi sei importante Corian. E poi guarda… non stai emettendo più magia nera,vedi?”
“P-erchè, lui mi ha protetto...e...io..ho capito…” il bambino cominciò a paingere sommessamente guardando Snape, sollevato da Draco con un incantesimo.
Ho capito che non solo.
Il giovane aspirante medico aveva fermato il sanguinamento e Hermione e Corian sbiancarono nel vedere la colonna a cui era appoggiato essere ricoperta di sangue. Solo allora la giovane realizzò che ce n’era una striscia sul pavimento. Il senso di impotenza si impadronì di lei mentre vedeva Draco mormrare un primo incantesimo di soccorso.
“Dobbiamo correre al St. Mungo. Le ferite non sono gravi ma ha perso troppo sangue.”
Hermione fu catapultata indietro di anni, ma stirnse Corian a sè e provò a sorridere per non preoccuparlo. “Hai visto? Ora andremo all’ospedale e andrà tutto bene. Tu sei ferito?”
Il bambinò scosse la testa e Hermione sospirò di sollievo. Almeno lui.
“Hermione voi andate, gli altri stanno arrivando!” incitò Harry mentre le lanciava una passaporta d’emergenza che non era altro che la bisaccia dell’Auror. “Questa vi porterà direttamente al pronto soccorso del St. Mungo! Forza!”
Draco e Hermione si guardarono e senza pensarci due volte entrarono nel portale magico.
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“Oh non di nuovo…” questa fu la prima cosa che pensò Severus Snape appena riprese conoscenza e riconobbe le pareti bianche dell’ospedale. Era adagiato su dei cuscini magici ma era lievemente sospeso in modo da non apoggiarsi. “Ah già, la schiena…” ripensò alle schegge di vetro che l’avevano colpito per salvare Corian. Una scena già vista, ma leggermente diversa, lo accolse mentre apriva gli occhi, piano. Su un lato c’era Hermione, che lo guardava sorridendo. “Ben svegliato…” sussurrò mentre gli accarezzava il volto. “Decisamente un risveglio migliore dell’ultima volta…” provò a scherzare lui, ancora tutto indolenzito mentre si lasciava andare a quella carezza. Sull’altro lato c’era Corian, addormentato a braccia conserte sulla sponda. “E lui che ci fa qui?”
“Non c’è stato verso di farlo tornare a casa. Vuole stare vicino a te.”
“Mi ricorda qualcuno…” sorrise lui pensando a Hermione solo qualche anno prima. E ora però era accanto a lui. Lei gli baciò la fronte, piano. “E’ stato inamovibile per tutto il giorno da che siamo arrivati.”
“Quanto è passato?”
“Solo un giorno, stavolta te la sei cavata con poco.” Hermione provava a sdrammatizzare ma si era sentita ribattere il cuore solo quando le avevano assicurato che il suo promesso sposo era non in pericolo di vita. Gli avevano somministrato una grande quantità di pozione Sanguepieno e avevano medicato le ferite che fortunatamente non erano state riportate in punti vitali, sebbene una scheggia aveva quasi raggiunto una vertebra. Severus annuì alla spiegazione della compagna, rilassandosi un po’. “Abbiamo visto di peggio, no?” le disse prendendole la mano e portandosela alle labbra. Non stava poi così male. “Come sta?” chiese indagando sulle condizioni di Corian. Hermione accarezzò la testa del bambino addormentato, ravviandogli una ciocca di capelli neri dietro le orecchie. “Non è stato ferito per fortuna, ma inutile dire che la lista dei suoi traumi si è allungata. Non dice altro che “Perdonami”. Non so più cosa fare.” Severus accarezzò anche lui la testa mora di Corian, sovrapponendo la sua mano a quella di Hermione. “Ci penseremo da ora in poi…”
“La maledizione dell’Oscuro sembra passata. O così hanno decretato Luna e il marito.”
Lui si girò verso la sua giovane strega, che nonostante cercasse di nascondergli la stanchezza dietro a un sorriso, trovava tirata e stanca. “E tu da quanto non dormi, amore mio?” Hermione arrossì stringendosi un po’ a lui. “Lasciamo stare. L’importnate è che tu stia bene e Corian anche. Non vedo l’ora di tornare a casa.”
Lui sospirò, avvertendo il dolore delle ferite che andavano rimarginandosi grazie all’incantesimo di qualche medistrega. “Già, anche io.”
“Sei sveglio!” la voce esile di Corian li raggiunse, e il bambino era già in lacrime. “Severus perdonami io…” ma l’uomo mise un dito sulle labbra del ragazzino costringendolo al silenzio.
“Non voglio più sentirti chiedermi scusa Corian. Me lo prometti?” il bambino annuì compunto.
“E ora vieni qui.” fece cenno Severus, battendo goffamente la mano sul letto, e Corian si arrampicò subito sistemandosi vicino al mago. “Non ti faccio male?” indagò sospettoso. “No.”
Sospirò a lungo. Hermione che gli cingeva le spalle seduta accanto a lui, Corian al sicuro al suo fianco. Stava tutt’altro che male. “Come stai?” chiese al bambino che lo guardava preoccupato.
“No, tu come stai!”
“Ho subito di peggio ragazzino.” Corian guardò le cicatrici sul suo collo e annuì, prima di rispondere.
“Beh...io sto bene. Cioè non mi sono ferito o altro. Grazie a te…”
“Bene, perchè è quello che i genitori fanno Corian. Proteggere i figli.” l’aveva detto. Suonava quasi surreale, ma l’aveva detto.
“M-ma io...non sono tuo figlio.”
Severus guardò Hermione e la ragazza gli sorrise. Voleva quella cosa almeno quanto lui. “Non ancora. Quello che io e Hermione volevamo chiederti, prima che tutto questo succedesse è...vorresti essere nostro figlio?”
Il bambino li guardò a occhi sgranati, prima lui e poi lei.
Hermione sorrise, riavviandogli i capelli come era solita fare. “Che ne dici Corian? Ti piacerebbe avermi come mamma?”
“Non penso che qualcuno potrebbe mai veramente farsi piacere avermi come padre, ma un tentativo lo farei lo stesso…” rincarò Severus per alleggerire la tensione, ma aveva il cuore in gola. Si era dapprima affezionato a quel ragazzino gracile perchè gli ricordava tanto sè stesso ma poi si era fatto fregare del tutto dall’intelligenza, dalla sensibilità e dalla sagacia del piccolo Serpeverde. Sembrava proprio un piccolo incrocio fra lui e Hermione, nonostante non avessero una goccia di sangue in comune.
“M-mi state dicendo che volete adottarmi? Me? Ma io ho causato solo problemi.”
“Non li hai causati tu Cor, ma chi ti ha fatto del male. Tu sei solo un bambino che merita di avere una famiglia. Sei coraggioso, forte e generoso. Se non fossi già in Serpeverde direi che saresti un perfetto Grifondoro.”
“Giù le zampe leonessa. E’ già un perfetto Serpeverde da due anni.”
Corian sorrise vedendoli battibeccare come niente fosse, come se non fossero in una stanza d’ospedale a causa sua.
“Ma quindi diventereste...i miei genitori?”
I due annuirono, in maniera diversa. Hermione sorridendo, Severus guardandolo seriamente. “Se lo vuoi, Corian.” ribadì il mago.
Corian si alzò sulle ginocchia, abbracciando Hermione e Severus, cercando di non toccarlo troppo per non fargli male, e iniziò a piangere, sommessamente.
“Certo che lo voglio…” rispose fra le lacrime.
Ma stavolta erano di gioia.

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“E’ tutto. Sei ufficialmente Corian Snape.”
“Wow.” soffiò Corian. Era vero. Era tutto vero. Era davvero il figlio di Severus Snape. Il suo eroe che era diventato poi molto più di quello. L’aveva visto per com’era: un essere umano. E non c’era niente di più bello che avere Hermione Snape come mamma. La giovane che l’aveva accolto fra le sue braccia fin dal suo primo incubo a Prince Manor era ora una donna, moglie...e sua madre.
“C-come vi...devo chiamare ora?” chiese subito a Hermione che lo teneva per mano. Lei gli sorrise, stringendogli la mano. “Come vuoi Corian. E’ una tua scelta.”
“Madre...Padre?” disse girandosi verso Severus che lo guardava orgoglioso. “Ragazzo, perchè padre? Sembriamo quel tipo di maghi vecchio stile? Io sono vecchio, e ok, ma abbastanza credibile per essere tuo papà.”
Alla parola padre, Severus aveva quasi avuto un conato. Snape senior era uno che amava quella parola. Lo faceva sentire potente. Padre padrone.
“Posso chiamarti...papà??” Corian era quasi diventato di sasso. Severus Snape, gli scompigliò i capelli. “Quello che ti senti Corian, niente ti è imposto, ok?”
Hermione gli rassettò la chioma. “Però ora sei nostro figlio, a tutti gli effetti.”
Corian sentì la felicità scoppiare in lui e abbracciò i suoi genitori. Finalmente aveva una famiglia. E che famiglia! E a lui non interessava che fossero eroi di guerra, a lui importava che fossero Severus Snape, burbero ma che dimostrava affetto in maniere tutte sue e Hermione Granger, con i suoi lunghi abbracci e le parole sempre giuste al momento giusto.
“Vogliamo andare a festeggiare?” Hermione suggerì a suo padre.
“A cosa pensavi Signora Snape?”
“A una pizza...singor Snape.”
“Pizza! Sììììì!”
L’uomo sorrise impercettibilmente. “Andiamo a prendere Betty allora…”
E così uscirono dall’ufficio, Corian in mezzo ai suoi genitori.
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“Domani torneremo a scuola Corian, sei pronto?”
“Certo!”
“Sai vero che a scuola dovrai chiamarmi Professore?”
“Come sempre papà, sono abituato”
Scompigliò i capelli del figlio, il suo solito gesto affettuoso. “Però è la prima volta che mi avrai come insegnante da che sei ufficialmente mio figlio. Non devi rimanerci male se non potrò comportarmi come a casa, siamo d'accordo?”
“Papà, io adoro quando sei Professor Snape al 100%” esclamò il ragazzino prima di addentare il sandwich che aveva davanti.
“L’’unico bambino nella storia di Hogwarts ad aver mai detto una cosa simile. Ti registrerei per farti sentire a Minerva.” Hermione rideva senza remore mentre finiva di cucinare la cena.
“Posso sempre ridirglielo. Ovviamente solo se convocato. Non andrò dalla Preside senza motivo.” Aveva usato la parola Preside e non zia Minerva apposta per fargli capire che sapeva bene che a scuola non sarebbe stato trattato con alcun favore.
“E poi è molto semplice non farti arrabbiare. Basta esere attenti, svegli e non disturbare la lezione.”
Severus indicò alla moglie “Vedi? Io non vorrei essere parziale, ma lui è esattamente come tutti gli studenti dovrebbero essere.”
Hermione baciò la testa di Corian prima di sedersi a tavola e far levitare la cena. “Lo so, sono molto fiera anche io.”
“Sì ma Corian non alza continuamente la mano.”
Hermione alzò gli occhi al cielo mentre il figlio rideva. “Non te lo farà mai dimenticare vero mamma?”
“Mai.” esclamarono all’unisono, l’una esasperata e l’altro divertito.
“Sei contento di tornare a scuola vero?”
Corian annuì convinto mentre azzannava la sua fettina di roastbeef. Non vedeva l’ora di iniziare il terzo anno. Era pronto a voler andare avanti con lo studio dopo l’estate tremenda. Voleva essere normale. E ora era un ragazzino normale con una famiglia normale. Dove normale comprendeva super intelligente e lui voleva mantenere le sue personali aspettative.
“Voglio prendere il massimo dei voti in tutte le materie! L’anno scorso Occlumanzia ho preso solo “notevole.” Ma io odio quella materia.”
“E’ proprio figlio mio!” squittì Hermione.
“Beh come se io fossi un fan. Non dirlo a nessuno però.” ricordò al figlio guardandolo di traverso.
“Certo che no! Comunque, quest’anno mi farò forza e prenderò il massimo. E devo anche fare il saggio extra per zia El...la professoressa Lockhart!”
“Il saggio extra? Ma non è per il quarto anno?” chiese Hermione incuriosita.
“Ehm posso farlo prima e consegnarlo alla fine del terzo anno come progetto di ricerca in modo da assicurarmi il posto alla classe avanzata.”
Severus e Hermione erano gonfi d’orgoglio, per motivi uguali e diversi. Entrambi erano fieri di Corian perchè era intelligente e studioso, come loro, ma vedevano sfumature differenti e ugualmente importanti. Severus notò che finalmente il ragazzino mangiava di gusto, non sembrava più dover chiedere il permesso. Era un po’ cresciuto nell’ultimo mese ed era tutto gambe e braccia. Undici anni ed era già al terzo anno, e voleva prendere il saggio extra di pozioni. Hermione notava quanto volesse eccellere in tutto, per quanto non gli piacesse come Occlumanzia, ed era felice di poter sostenere quella sete di conoscenza che accomunava sia lei che Severus. Era felice di notare che ormai la paura dopo l’attacco di Carrow era passata e finalmente il bambino era tornato a chiacchierare normalmente. Sempre timido e con vocina esile, ma più sicuro di sè.
La cena scorse così, distesa e allegra, fra chiacchiere scherzose.
Erano finalmente una vera famiglia.
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Cow-t 9, settimana, 2
Prompt: Pioggia e Sereno
Numero Parole: 22807
Note: Safe, Hut/Comfort
 
Mu Si  
 
Un fendente, una spada evitata, una catena lanciata a vuoto.
Un calcio, un pugno, una schivata.
“Non sei ancora stanco?”
“Non abbiamo nemmeno iniziato, A Xian.”
Lei come suo solito scrollò i lunghi capelli brillanti come l’ametista. Il suo sguardo era sempre freddo, ma qualcosa, in quei tre mesi, si era ingentilito.
“Prima di sposarmi mi sfidavi per avere la mia mano…” Calcio rotante. “..e ora per non preparare la cena…sei così noioso!”
Sorrisi mentre con nonchalance l’attaccavo. “Sai bene che è più per allenarci che per altro! Mi hai sempre battuto comunque, perché lamentarti? In fondo il mio dovere lo faccio lo stesso.”
Lei arrossì. Un tasto dolente, quello dei doveri.
“E così deve essere!” urlò arrabbiatissima. Non l’avrei dovuta provocare, ma non era stata mia intenzione.
E con un provvidenziale piazzamento dei suoi adorabili ma letali piedini nel mio stomaco mi lasciò senza fiato a terra, e caddi. Mi ricomposi sedendomi in terra, le gambe divaricate, il fiatone grosso, le braccia stese all'indietro a sorreggermi. 
“Tocca a me anche stasera, credo.” Azzardai un altro sorriso sincero, non provando rancore. 
Erano le regole. Del villaggio, di Xian Pu e le mie. La mia infanzia, la mia adolescenza, la mia neonata vita da quasi adulto. 
“Vado ad allenarmi con le altre. Ci vediamo stasera.” Con la solita freddezza e neanche un accenno di sorriso mi lasciò li a terra, senza chiedermi  nemmeno se stessi bene.
Scrollai le spalle prima di rialzarmi, dopo un minuto immobile.
Da quando avevo sposato Xian Pu tre mesi prima, questa era la mia vita.
Quando Ranma e Akane avevano finalmente  dato un taglio alla loro farsa decidendo che era arrivato il momento di crescere sul serio, benedicendo l’unione con un matrimonio reale, per Xian Pu fu un come ingoiare un deserto di sabbia in un momento.  Non c’era più nulla che potesse fare.
Né trucchi, né baci della morte, né altro potevano contrastare il fatto che quei due si amavano ormai alla luce del giorno. Ranma si decise addirittura ad affrontarla direttamente per un’ultima volta, spiegandole duramente, fra un colpo evitato e uno dato, che per quanto potesse esserle affezionato come amico nonostante tutto, non l’avrebbe mai e poi mai amata.
Il giorno del matrimonio c’era un sole meraviglioso,  un giorno perfetto a cui  Xian Pu partecipò con un sorriso forzato solo per non dare la soddisfazione a nessuno di vederla triste. La sera però, una terribile pioggia colse Nerima, un torrenziale fiume scandito da tuoni, uno dei peggiori degli ultimi anni.  Quello che ricordava Mousse di quella sera, era che neanche il rumore del picchiettio delle gocce scroscianti sulle finestre, riusciva a coprire il suono del pianto convulso della sua amata nella sua stanza. 
Tutto il Nekohanten risuonava dell’eco delle sue lacrime, della diciottenne amareggiata a cui avevano appena strappato il cuore. Tre anni di amore non corrisposto sono lunghi, e io, modestamente, ne so qualcosa.
Non potevo fare nulla quella notte. Ero insistente, stupido, cieco e senza speranze, ma non volevo imporle la mia presenza anche quella maledetta sera. Ma la rabbia che provavo mi faceva stringere i pugni fino a farmi sanguinare a forza di conficcarmi le unghie nei palmi.
Xian Pu non piangeva per la paura della morte, ma solo per il suo cuore lacerato.
Quella notte, ricordo che uscii sul tetto e incontrai la vecchia strega.
“Obaba..” accennai con la testa mentre cercavo una scappatoia per fuggire sul tetto, lontano il più possibile dal dolore della donna che amavo.
“Ragazzo, prepara le tue cose. Domani, torniamo in Cina.” Il suo tono era grave e le sue parole secche grondanti preoccupazione.
Il sangue si gelò nelle mie vene.
Il villaggio. Il consiglio. Xian Pu. La punizione.
 La guardai interrogativo attraverso le mie spesse lenti e la vecchia rinsecchita parve comprendere al volo. Avevamo solo una cosa in comune.
“Farò il possibile per salvarla.”
E detto questo sparì nel buio silenzio del ristorante, l’unico suono il rintocco sul parquet del suo bastone di legno.
 
Tornammo in Cina.
La situazione si capovolse per lei, rispetto a prima di partire per Nerima. 
Xian Pu tornava sconfitta, e io… beh, io tornavo come ero andato via, un qualsiasi irrilevante uomo di Joketsu. 
Lei a malapena mi salutò mentre tornava nella casa natia, troppo presa dal dolore anche solo per gioire della nostra divisione.
Non vidi più Xian Pu  per giorni, mentre rapito dalle attenzioni della mia atipica madre, atipica per essere un’ amazzone, così dolce e preoccupata per il suo unico figlio maschio, mi schiarivo le idee. Non volevo più amare Xian Pu. Non volevo più darle fastidio. Non volevo più essere calciato via come un rifiuto umano. Tutte i ricordi della nostra infanzia e della nostra adolescenza giostravano nella mia testa regalandomi un dolce supplizio. Ma era ora di cercare di andare avanti. Avevo raggiunto l’età adulta, e da che ero poco più di un neonato non avevo vissuto che per Xian Pu.
Mi dedicai all'allenamento, per una volta completamente da solo.  Non avevo amici a Joketsu, solo le mie armi bislacche e una collezione di occhiali.
Mi piaceva allenarmi di notte. Nonostante la miopia rasente la cecità, stare al buio mi piaceva moltissimo. Stavo provando nuove tecniche e cercavo di concentrarmi sul corpo a corpo evitando i colpi dei miei fantocci automatici, altri amici fidati. Fu proprio durante una notte, mentre sudato e a torso nudo evitavo pugni e calci, che vidi sbucare una piccola figura in bilico su un bastone.
“Obaba..che ci fai qui?” chiesi, non sapendo se essere più sorpreso per il fatto che mi fosse venuta a cercare o che avesse il fiatone. Il fiatone, lei? Mi rimisi al volo la tunica, imbarazzato.
“Non mi hai mai visto. Ricorda, tu non mi hai mai visto.” La vecchia mi guardava con occhi da invasata che mi misero più paura del solito.
“V-va bene…ma..che succede?”
Obaba mi lanciò un lungo sguardo carico di tensione. Nei suoi occhi incertezza e …timore?
“Devi sposarla Mousse. Solo tu puoi salvarla.”
Non era necessario chiarificare il soggetto di quella frase.
Un pugnale mi attraversò il cuore. Sposarla? Io? 
“Perché?” 
Obaba scese dal suo bastone, avvicinandosi a me furtiva guardandosi intorno. Aveva paura di essere vista.
“L’hanno…L’ABBIAMO condannata, Mousse. Se entro due giorni non troverà marito, verrà uccisa. Tutte le donne del  villaggio potranno sfidarla fino a che non cadrà al suolo senza vita.”
Mi portai una mano alla bocca per soffocare il mio urlo, inutilmente, troppo basito per far fuoriuscire un suono dalla mia bocca.
“E’ tornata disonorata e le altre anziane credono che nessuno, nemmeno tu Mousse, possa volerla come sposa. E’ diventata uno scarto,  l’unica cosa che può riabilitarla agli occhi del villaggio e salvarle la vita è un matrimonio.” Mi afferrò per una ciocca di capelli in maniera repentina, costringendomi a guardarla. Potei contare le sue rughe e intravedere agli angoli degli occhi centenari il riflesso delle lacrime che incontravano le mie.
Era sopravvissuta alle sue figlie e molti dei suoi nipoti, evidentemente, non voleva  vedere uccisa la sua ultima discendente, un tempo l’astro nascente delle amazzoni di Joketsu. 
“Ti prego.”  Sussurrò con un fiato.
Un “Ti prego” detto da Obaba ed ebbi la sensazione di sapere come sarebbe stato se l’inferno si fosse gelato.
Mi liberai dalla stretta, appoggiandomi senza fiato alla staccionata vicino a cui mi allenavo.
Non potevo veder morire la donna che amavo, ovviamente, anche se non era quello il matrimonio dei miei sogni.
“V-va bene. Lo sai che va bene.  Ma Xian Pu preferirebbe morire che sposarmi,  sai anche questo , vecchia.”
“Dopodomani, chiunque la reclamerà al consiglio diventerà suo marito. Non avrà scelta.”
“Allora non sono la tua ultima speranza, Obaba.”
“Invece si.” Mi fissò ancora. “So che tu la ami. Non voglio che finisca nelle mani di qualche porco represso che approfittando del suo sfavore la tratti come una schiava, e non come l’amazzone che è. Xian Pu è troppo affranta. Poco le importa di morire, di vivere, di …niente. Con te…” non finì la frase, ma capii il concetto.
Annuii. Io avrei reclamato Xian Pu dandole la libertà di trattarmi come una pezza da piedi. Un altro no. 
Presi la mia decisione.  
Nessuno l’avrebbe avuta per sé.
Non sarebbe mai successo, piuttosto avrei scotennato chiunque ci avesse provato. 
 
Il giorno del consiglio tutto il villaggio si riunì nella piazza principale, davanti al grande tronco. Xian Pu era al centro, lo sguardo vacuo e disinteressato di chi non ha più niente da perdere.
Non era una prigioniera, ma veniva guardata come un pezzo di sterco in terra.
La cosa mi faceva arrabbiare, ma dovevo tenere duro. Appena la vecchia scimmia secca avrebbe finito di parlare, avrei reclamato la mia sposa. Io, Mousse, il perdente quattrocchi, il ragazzino sfigato che tutti sapevano perdutamente innamorato non corrisposto di colei che era diventata lo scandalo del villaggio.
Non era come avrei voluto, ma non potevo lasciarla certo morire.
Obaba, in vece di capo delle anziane, si calò nel suo ruolo fingendo dolorosamente bene.
“Questa amazzone ha fallito. Ha macchiato il nostro villaggio di vergogna, non compiendo il suo dovere.  Deve morire. L’unico modo di impedire la sua morte, è che qualcuno di voi uomini si voglia prendere questo fallimento in casa sua, rendendola  sua moglie e continuando la stirpe di Joketsu.” Questo sottolineava quanto l’offesa fosse grave. Di solito erano le donne che prendevano in casa loro i mariti, non viceversa.
Obaba mi guardò, mentre il silenzio scendeva su tutto il villaggio. Intervenni prima che qualche idiota frustrato capisse che sottomettere la mia bellissima Xian Pu sarebbe stata un ottima occasione di rivalsa nei confronti del villaggio matriarcale.
“I-io..” cominciai piano. No. Così non andava. Anche io dovevo fingere di essere qualcuno che non ero.
“Io…” ritentai a voce alta. “..voglio sposare quella ragazza.” Il mio tono freddo non rispecchiava il tumulto che avevo nel cuore. Obaba si era raccomandata. Se mi fossi comportato come un idiota le vecchie non mi avrebbero dato credito. Dovevo farla apparire come una vendetta di uno spasimante fin troppo respinto, così che la loro vendetta nei confronti di Xian Pu si sarebbe realizzata lo stesso. Cosa c’era di più umiliante che imporle un marito, per di più uno che aveva sempre disprezzato e più debole di lei? Per un’amazzone era un destino peggiore della morte stessa.
“Il giovane Mousse, come potevo aspettarmi. Sei sempre stato innamorato di questa sciagura.” Pensavo che solo i suoi moltissimi anni le potevano dare la forza di agire così spietatamente nonostante la morte nel cuore.
L’anziana si avvicinò a me. “Tu sai qual è il suo fallimento. Tu sei testimone della sua colpa.”
Annuii. Vidi Xian Pu gettarmi uno sguardo di puro disgusto. A lei non importava niente di salvarsi, preferiva morire piuttosto che sposarmi.
“E nonostante tutto, vuoi sposarla?”
“E’ quello che voglio.” Poco mi importava di svergognarmi di fronte tutto il villaggio. Mi fissai bene gli occhiali sugli occhi. Non potevo permettermi le solite  figuracce. 
 “Se tu la sposi, dobbiamo essere sicure che questo matrimonio non sia uno spreco. La discendenza deve andare avanti. Lei non ti vuole neanche guardare in faccia” gridò sferzante “sei sicuro di poter garantire al villaggio la vostra discendenza?”
Xian Pu non veniva interpellata, cosa inaudita solitamente. Era trattata come un oggetto, era la vendita di un animale. Non potevo sopportarlo, ma dovevo resistere. 
“Si, posso giurarlo.” Cercai di asserire col tono più crudele che riuscii a trovare.
Vidi il sorriso crudele delle vecchie mummie e Xian Pu che non fu interrogata in merito neanche una volta, rimanere ferma in silenzio al centro della piazza.. 
Obaba si avvicinò a Xian Pu e con un solo tocco del bastone la spinse inauditamente forte nella mia direzione.
“Ringrazia questo ragazzo. Solo grazie a lui potrai avere salva la vita.”
La folla mormorò inquieta. Xian Pu ringraziare Mu Si, il povero stupido ciecato che aveva ricevuto più calci in faccia che sorrisi? 
Io non riuscivo nemmeno a guardarla in faccia. Non volevo quel grazie. E avevo paura che Xian Pu si rifiutasse, mettendosi in un posizione ancora peggiore di fronte al consiglio.
Mi guardò, ma non mi stava realmente vedendo. Il suo sguardo era vacuo e vagamente disgustato.
“Preferisco morire.” Sussurrò. “Preferisco morire che sposare un uomo che non amo.”
Lo sapevo. Ma io non volevo. Non potevo. Non riuscivo neanche a pensare di vederla rotolare in terra coperta di sangue e fango.
Immerso nel mio terrorizzante circolo di terrore non mi accorsi della potente bastonata che Obaba diede sul dietro delle ginocchia di Xian Pu, costringendola ad inginocchiarsi.
Molte si beffarono non poco silenziosamente di lei.
“Non hai capito forse, Xian Pu. Non hai scelta. Non puoi decidere. Fino a che non sarei sposata la tua opinione è come quella di una mucca. Io ho preso un impegno con Mu Si. Tu…non conti niente”
Obaba si voltò verso le altre scimmie secche che detengono il potere nel villaggio. Annuirono tutte soddisfatte.
Xian Pu era stata umiliata e punita, condannata a una vita infelice, sposata a un uomo più debole di lei che non l’aveva mai battuta. Però, la discendenza era assicurata. Una guerriera valida non era stata uccisa. Nessuno spreco era stato fatto nel villaggio.
“Il matrimonio si terrà fra una settimana. Fino ad allora, rimarrai confinata in casa, per non portare in giro la tua vergogna. E ora ringrazia.”
Per un momento pensai che Xian Pu si sarebbe morsa la lingua fino a staccarsela, piuttosto che dirlo.
Mi guardò negli occhi, per la prima volta da secoli, nello sguardo solo una domanda. “Perché?”
Perché la sottoponevo a quel supplizio, si stava forse chiedendo? Se sì, la risposta era semplice.
Le ferite all'orgoglio guariscono, il cuore può dimenticare il dolore, dalla morte non si può tornare.
E io la amavo così  tanto da potermi far odiare ancora di più, piuttosto che vederla andare via per sempre.
Non risposi, e la guardai, azzardandomi ad alzare gli occhiali. Era davanti a me, non potevo, non dovevo sbagliare. Sperai vanamente che il mio sguardo disperato le facesse capire la risposta.
Dopo qualche secondo la vidi abbassare lo sguardo. “Grazie.” Sussurrò più alla terra che a me.
Non mi importava. 
Era salva.
 
La settimana volò come se fossi in trance. Parlai con Obaba quasi tutti i giorni, per prendere accordi, decisioni sul nostro futuro. Era assurdo che fosse un uomo a prendere quelle decisioni ma Xian Pu, rimaneva confinata in casa, umiliata, non partecipe di decisioni che avrebbero influenzato tutta la sua vita.
Obaba venne nella mia casa natia e mi consegnò delle chiavi. “E’ ora che tu prenda il tuo posto nel villaggio Mu Si. Sai cosa sono queste chiavi?” vidi mia madre sorridere un po’ mesta e capii. “Sono le chiavi della fucina.” Risposi laconico. Mio padre era l’armaiolo del villaggio. Mi aveva insegnato tanto sulle armi, ma era morto prima di potermi vedere usarle. “Ebbene. E’ da troppo tempo che manca un armaiolo nel villaggio... prenderai il posto di tuo padre, come da sempre hai saputo.” Annuii. Era da tempo che non creavo un’arma, ma avrei saputo riprendere la mano, del resto, era la mia eredità paterna. 
La vecchia concordò quel giorno con mia madre che ci saremmo trasferiti nella casa che i miei genitori mi avevano lasciato per un eventuale futuro, che ora si era trasformato in presente, poiché Obaba non poteva darle la casa che le spettava di diritto, dopo quanto accaduto. Sebbene sperassero che fossi preso in sposo da una guerriera, i miei si erano premurati comunque di rendermi indipendente, e quella casa sembrava ora una benedizione. Nel villaggio di Joketsu ogni amazzone doveva creare un suo nucleo indipendente, una tribù nella tribù, con il marito come braccio destro. Inoltre era stata disonorata quindi la piccola villa in stile tradizionale ai confini del villaggio avrebbe ospitato anche il rito nuziale, nel giardino al riparo degli sguardi indiscreti invece del matrimonio tradizionale che prevedeva festeggiamenti per giorni interi in tutta la comunità.
Senza rendermene conto, mi ritrovai a riaprire la fucina di mio padre, preparare le nozze e in meno di un attimo mi ritrovai alla mattina del matrimonio.
Sebbene fosse stato organizzato come una cerimonia semplice e senza fronzoli, indossavo comunque una tunica di seta rossa con ricamato un drago in oro sul petto. 
Alla porta mia madre aveva appeso gli ideogrammi di “doppia felicità”, e Obaba aveva portato il suo più antico servizio da te. 
Avrebbero presenziato alla cerimonia solo mia madre, il padre di Xian Pu e Obaba ma certe consuetudini andavano rispettate.
Mi torcevo le mani nella maniche, ancora incredulo, sebbene avessi aiutato io stesso il giorno prima a portare i bagagli della mia futura sposa in casa. 
Mi ritrovai non so come in ginocchio davanti ai tre onorati parenti a servire loro il tè, troppo concentrato a non fare la figura del cretino per notare l’espressione da automa di Xian Pu, bellissima nel suo semplicissimo qi pao rosso con la fenice ricamata sul petto. 
Non indossava la corona nuziale, ma solo un piccolo velo appeso con due spille ai suoi soliti chignon. Anche per un’amazzone il giorno del proprio matrimonio era una favola che diventava realtà, ma per Xian Pu tutto era ridotto al minimo e all'essenziale. Mi dispiaceva per lei tanto che mi tremò la mano mentre servivo il tè a mia madre, che mi guardò con uno sguardo preoccupato.
Non potevo permettermi di sbagliare più niente. La nostra vita insieme era frutto di una soluzione di ripiego, ma da quel giorno, il giorno in cui giuravo di amarla e rispettarla per sempre, potevo far il possibile per renderla felice, nonostante tutto.
La cerimonia sembrò durare un infinità, invece furono solo poche manciate di minuti. Non era previsto un rinfresco, e tutti se ne andarono dopo qualche abbraccio e una parola d’augurio. 
La vecchia mi allungò un sacchetto di pelle da cui estrassi due fialette. I miei occhi quasi si staccarono dalla sorpresa alla vista delle parole Nyann'chuan e Nann'chuan. “Ma.. come..”
“Consideralo un omaggio per esserti preso questa responsabilità.” Xian Pu non sembrava minimamente interessata neanche alla possibilità di ritornare del tutto una ragazza. 
Obaba guardò sua nipote a lungo, indecisa se dirle qualcosa, ma poi se ne andò, con lo sguardo duro con cui era arrivata. Doveva fare la sua parte fino in fondo, e non era ancora il tempo del perdono.
Mia madre mi abbracciò forte e non si trattenne dal sussurrarmi in un orecchio qualcosa che le premeva da una settimana.
“Figlio mio… in un altro modo.. sarei stata felice per voi… ma ora…” 
La scostai da me e le strinsi le mani provando a rassicurarla. “E ora andrà tutto bene lo stesso, mamma.”
Mi guardò con le lacrime agli occhi, ma si contenne, era pur sempre un amazzone. 
 “Sei cresciuto tutto insieme figlio mio…” sembrò voler aggiungere altro, invece, si dileguò anche lei lasciandomi solo con Xian Pu, che nel mentre, era entrata in casa.
Con un sospiro, entrai in casa, cercando di non pensare al muro di imbarazzo, rabbia e silenzi che mi sarei trovato di fronte.
“Xian Pu?” chiamai a vuoto mentre entravo in casa. “Sono..io…”
Mi volevo prendere a schiaffi. Quella era casa mia, dannazione, non dovevo annunciarmi!
Entrai nella piccola sala che ospitava il tavolo che avremmo diviso tutte le sere da quel momento in poi.
Xian Pu era seduta a terra, l’espressione vuota, le braccia lungo il corpo.
“Ehi..” mi sedetti accanto a lei “Senti, lo so, mi odi, ti faccio schifo.. tutto quello che vuoi. Ma guarda!” e speranzoso mi accostai con la fialetta ella preziosa acqua. “Non ti trasformerai più A Xian! E’ un grandissimo dono quello che tua nonna ci ha fatto.”
“Ti ha fatto. Per il disturbo.” La voce di Xian Pu era tagliente come una lama ma il suo sguardo era vacuo come sempre.
“Ascolta. Tua nonna sa benissimo che non mi sono preso nessun disturbo. Mi ha implorato di salvarti la vita. Tu capisci cosa vuol dire vero? Implorare me, un idiota qualunque di questo villaggio, la più anziana del Concilio delle Sagge? Ti vuole bene A Xian, ma ora non può fare altro che mostrarti quella cattiveria.” Le scossi un po’ la spalla gentilmente, ma lei si ritrasse.
Poi però ci ripensò e mi si buttò addosso, con rabbia. “Dai, fai quello che vuoi, prendimi, fammi tua, fai quello che vuoi fare da anni.”
Rimasi agghiacciato dalla violenza e dal disgusto che trapelava da quelle parole. Tratteni il respiro, e poi con calma, l’allontanai da me. Ero un uomo, non più un ragazzino. Dovevo dimostrarlo.
“Non è cosi che funzionerà Xian Pu.” sibilai allontanandola.
“Ah no? Sei tu che hai giurato di poter assicurare la nostra discendenza.”
Sospirai profondamente e poi, per la prima volta nella mia vita alzai la voce contro di lei.
“Cosa avrei dovuto fare? Vedere la donna che amo uccisa brutalmente davanti ai miei occhi? Lasciarti morire dissanguata come un animale in mezzo al villaggio?”
Lei mi guardò di sottecchi. “Avresti potuto dimostrare di avere del fegato dandomi l’ultimo colpo.”
Il suono del mio pugno contro il muro risultava irreale alle mie orecchie, ma il mio braccio aveva agito involontariamente. Ormai ero partito, dovevo continuare.
“Ora ascoltami bene, Xian Pu. Per diciotto anni ti ho assecondata in tutto, ti ho amata incondizionatamente, anche troppo. Le cose cambiano, però. Non ti avrò stasera. Non puoi fare l’amore con me senza che tu neanche possa guardarmi in faccia. Non sono così meschino, non fino a questo punto. Se ti avessi dato l’ultimo colpo, non sarei stato altro che come quelle bestie li che volevano la tua carne. Vivere in Giappone mi ha aperto la mente. Viviamo fuori dal mondo, e dobbiamo accettarlo. Ma non ti lascerò morire, mai. E’ una promessa.”
Xian Pu rimase in silenzio tutto il mio lungo discorso, sorprendendomi. Le lacrime represse, mi guardava come se non mi avesse mai visto in vita sua.
“Ora tu imparerai a conoscermi e poi, manterremo fede alla promessa nei confronti del villaggio. Con calma.”
Lei scrollò la testa. “Ti conosco già, stupido. Ti conosco da troppo.”
Scossi la testa in un cenno di diniego. “No Xian Pu. Non mi hai mai visto. Mai conosciuto. E soprattutto, dopo tutto ciò che è successo, io non sono più lo stesso.” 
“Non importa.” 
E di tutta risposta mi sfilò gli occhiali rapidamente, li gettò via e afferrando il mio volto fra le mani mi attirò alle sue labbra. Non ebbi il coraggio di ritirarmi. Era il momento che aspettavo da una vita, eppure, non ero così felice. Sentivo che c’era qualcosa di sbagliato, non era così che doveva andare, come quando avevo esitato per liberarla dalla schiavitù dell’uovo a Jusenkyo . Però l’avevo fatto  rinunciando a farla mia per sempre Mi staccai, prima che il bacio diventasse più profondo,  a malincuore mi allontanai da quelle labbra morbide e profumate che mi stavano tentando sempre di più. Erano come le avevo sempre immaginate.
Sconvolto, e a giudicare dal calore che sentivo, col viso in fiamme, mi ritrovai di fronte lo sguardo di Xian Pu. Potevo vederla solo perché era ancora pericolosamente vicina a me, e mi guardava stralunata, rimanendo con le mani sul mio volto. Senza accorgermene, l’avevo stretta a me in un abbraccio ma non accennava a scansarsi.
 “Ti ho già detto che così non può essere Xian Pu.”  Le afferrai le spalle, sciogliendola dal mio abbraccio. “Ti è piaciuto? Non credo. Non sono così disperato A Xian. Ti amo, ti amerò sempre, e soprattutto per questo, non approfitterò mai di te.” 
Lei rimase senza parole  per un attimo “Hai fatto sempre di tutto per avermi Mu Si. Pensavo non ti importasse con che mezzo.” ribatté con tono infastidito.
Scossi la testa, lasciandole le spalle e allontanandomi da lei e  dalle sue parole crudeli. “Non mi sembra di averti resa mia schiava quando ne ho avuto l’opportunità Xian Pu. A quest’ora potevamo essere marito e moglie da un paio d’anni, forse tre.” commentai pacatamente ma con amarezza. Aveva ragione Xian Pu, in fondo. Mi ero sempre comportato da idiota, non sarebbero stati un paio di gesti pseudo eroici a salvarmi la reputazione. La vidi arrossire violentemente, e distogliere lo sguardo per poi allontanarsi verso la finestra.  Mi appoggiai al mobiletto vicino al letto, passandomi una mano sul viso e cercando di recuperare gli occhiali maledetti.  Rimanemmo così per un po’, in un silenzio ostinato. Cosa avrei dovuto fare? Decisi di perorare la mia causa, inforcati gli occhiali, mentre cercavo di trovare il coraggio di agire. Lentamente, potrei giurare quasi a scatti, mi avvicinai a lei, che mi dava le spalle e guardava le stelle. Le presi la mano, rimanendo a una certa distanza. Non si girò, ma io la strinsi forte lo stesso strattonandola un po’. “Andiamo fuori Xian Pu. E’ la nostra prima notte di nozze e il cielo ci ha regalato queste bellissime stelle.. passeggiamo.” Lei non rispose, ma neanche si scostò. Lentamente, dopo qualche secondo, mi guardò accigliata mentre si girava verso di me, sempre la mia mano a tenere la sua inerte. “Ayaaa..sei proprio insistente.” 
Casa nostra non era lontana da una collina dove da piccoli eravamo soliti andare. Grazie alle strane pietre piatte ma un po’ concave all'interopotevamo metterci a guardare le stelle comodamente sdraiati. Amavo quel posto, uno dei pochi dove avevo bei ricordi con lei. Il cielo sereno ci sovrastava, immenso.
Xian Pu rimase zitta tutto il tempo, la mano nella mia ma con una presa così debole che se l’avessi lasciata andare sarebbe scivolata via.
“Eccoci qui.” le indicai lasciandola andare indicandole con un inchino un po’ teatrale la pietra. “Prego..”
Lei si stese e io mi misi vicino a lei, in silenzio.
Rimanemmo così per non so quanto tempo. Il paesaggio era splendido. Una notte di agosto, il cielo terso e ricco di stelle, un solo spicchio di luna che ci sorrideva lontano. Se non avessi saputo che Xian Pu aveva dentro di sé una tale tristezza, sarei stato felice anche solo di condividere quel silenzio.
“Ho paura.” 
Per un attimo dubitai che l’avesse detto, talmente era sussurrato.
“Ho paura, Mu Si.” Non potevo essermi sbagliato.
Per dire una cosa del genere, lei, doveva essere terrorizzata. Non sapevo che fare. Istintivamente, le presi di nuovo la mano e cominciai a carezzarla col pollice, dolcemente. Non sapevo da dove  veniva quel coraggio nel prendermi tutta quella confidenza, ma mi sembrava l’unico modo per comunicarle che non volevo che stesse così male. 
Mi girai verso di lei sollevandomi sul. Era così vicina da potermi permettere di togliermi gli occhiali, anche se avrei voluto essere per una volta più miope per non vedere quell'espressione affranta. 
“E’ la nostra vita. La nostra intera vita, insieme. Quanto potrà essere doloroso?  Io non ti amo, non ti amerò mai. Ti voglio bene, perché siamo cresciuti insieme e sei il mio maledetto unico amico, ma non ti sopporto per la maggior parte del tempo. Ultimamente non troppo, ma so che nel giro di qualche tempo tornerai a essere petulante e fastidioso come sempre. E siamo sposati Mu Si. Non ti suona come una condanna a morte lo stesso?” sentenziò lentamente, lo sguardo vacuo perso fra le stelle.
Se mi avesse accoltellato in pieno petto avrebbe fatto meno male. Io volevo provare a renderla felice, volevo amarla e non avere nulla più in cambio che un sorriso e una parola di affetto. Sapevo che non mi avrebbe mai amato. Lo sapevo già. Ma sentirlo così freddamente, aveva ucciso tutte le mie già vacue speranze di una vita quantomeno tranquilla. Mi alzai di scattò. Scesi dalla pietra che ci aveva accolto fin da bambini quando la sera sgattaiolavamo via, dove venivamo a raccontarci i segreti o a sfogare le nostre lacrime. Insieme, a volte da soli. Era il nostro posto, e l’aveva distrutto per sempre.
Cominciai silenziosamente a piangere, dandole le spalle. Le lacrime erano di rabbia, tristezza, impotenza. Potevo restituirle la libertà di arbitrio, potevo combattere per lei per difenderla da un uomo-uccello, potevo sposarla per invocare la clemenza del consiglio e salvarle la vita. Ma niente le avrebbe fatto vedere null'altro che un povero idiota che si trasformava in una papera, il ragazzino sedicenne “petulante e fastidioso”. Mi girai verso di lei ancora con le lacrime agli occhi, incurante di essere visto. Vedevo solo la macchia viola dei suoi capelli sparsi sul grigio della pietra, ma sperai che non muovermi non mi portasse a inveire contro un cespuglio della radura. 
“Xian Pu, capisco la tua paura. Non pensare che io non ne abbia avuta quando una settimana fa ho gridato al mondo di volerti sposare. Sapevo a cosa andavo incontro, te l’ho già detto. Se tu trovi che morire sia la giusta alternativa a una vita con me.. non so più cosa dire per convincerti del contrario. Non ho mai sperato che mi amassi. Forse prima, forse fino a qualche mese fa. Ma non capita tutti i giorni di trovarsi faccia a faccia con una condanna a morte. La paura fa grandi cose Xian Pu. Magari a me ha dato il coraggio di smettere di essere un idiota. Magari, se ti dai il tempo, ti darà la forza di reagire.” 
Non potei vedere la sua espressione mentre le parlavo calmo ma freddo come mai nella mia vita , ma non mi importava. Per la prima volta, non mi importava. Ero arrabbiato, deluso e stanco. 
“Non era la tua, di condanna a morte.”
Sorrisi amaramente,. “Peggio Xian Pu. Era la tua. E mi spaventava l’idea neanche fosse in pericolo la mia, di vita. Pensa che idiota.”
Raccolsi a tentoni , rendendomi come al solito ridicolo, i miei occhiali lasciati sulla pietra e per sbaglio, le mie mani incontrarono la sua. La mano che avevo stretto fino a pochi minuti prima. La mano di Xian Pu, che per quanto fossi arrabbiato, deluso e stanco, avrei continuato ad amare per sempre.  Ritirai la mia mano come scottato. Rinforcati i miei fondi di bottiglia e mi ersi, alzando le spalle, dandomi una sistemata.
“Sarò a casa Xian Pu. Se vuoi, sai la strada. Se invece preferisci scappare, fai pure, mi inventerò qualcosa. Ma per favore, evita a te stessa una cosa ridicola come la morte. Non è da una guerriera come te.”
La guardai e vidi che stava piangendo silenziosamente anche lei, cercando di nascondersi fra i capelli.
Tornai a casa e mi diressi verso quella che sarebbe dovuta essere la nostra camera da letto.
Se fosse tornata, non mi sarei fatto trovare diligentemente nella stanza degli ospiti. Io avevo paura di affrontare la mia nuova realtà ma c’ero dentro fino al collo, non sarei fuggito. Da quel giorno, il mio posto era in quel talamo nuziale,  e da nessun’altra parte.
 
Xian Pu 
 
“Sveglia…”la voce, come ogni mattina, arrivava una distanza decente dal mio orecchio, ma dolce e vellutata come se ci sussurrasse. Era un incubo e un sogno allo stesso tempo.
“Ayaaa..lasciami dormire…stupido papero..” protestai, come sempre. Non mi era mai piaciuto alzarmi presto la mattina. E quindi, ogni giorno, da cinque mesi, la stessa storia.
“Vorrei principessa, ma non dovresti andare con le altre in città?” la voce ora era più lontana, mentre io mi soffocavo nel cuscino. Andare nella città a fare “compere”, non era uno svago, non era andare in giro per Tokyo a vedere negozi. Era un dovere sociale per andare a prendere le cose che al villaggio mancavano, la scusa perfetta per prendermi di mira e chiedermi particolari scottanti sul mio matrimonio. Guerriere e per di più pettegole: che letale combinazione.
Avrebbero voluto sapere tutto e io non gli avrei detto nulla. Cosa c’era da dire?
Che non è facile ritrovarsi a sposare il tuo migliore amico, dargli il primo bacio e dormirci insieme tutto nello stesso giorno, mentre il tuo cuore è lontano a miglia di chilometri, troppo impegnato a sanguinare in un angolo del Giappone chiamato Nerima? 
Non erano affari loro, brutte serpi armate fino ai denti.
Non mi importava di essere condannata a morte, non mi importava nulla da quando lui aveva deciso di sposarla, da quando mi aveva detto a chiare lettere di amarla. Non arrossendo o titubando, ma con una sicurezza mai vista, disarmante, per me velenosa. Da quando quel veleno era in circolo nel mio corpo niente mi poteva scalfire, nemmeno una condanna a morte. 
Ma poi era intervenuto lui. Perché non poteva lasciarmi morire, perché mi amava. Mi aveva reclamata da morte certa, mi aveva sposato per salvarmi. 
La nostra prima notte di nozze fu un disastro, all'inizio. Non potevo capacitarmi di essere stata salvata contro la mia stessa volontà, di essere stata costretta a sposare un uomo che non amavo, un ragazzo che trovavo patetico, un patetico fratello a cui vuoi bene perché ci sei cresciuta insieme. 
Ero arrabbiata, furiosa, distrutta. Volevo solo allontanarmi e piangere e invece mi fu infilato il vestito da sposa e mi ritrovai a servire e bere il tè come un fantoccio truccato. Ringraziai gli dei che almeno il fatto di essere una reietta portava i suoi vantaggi: il mio matrimonio era stato breve e privato, solo i nostri genitori, e mia nonna. Mi ritrovai subito sola con lui, senza tanti complimenti, con lo sguardo deluso di mia nonna che ancora mi bruciava. 
E non pensavo ad altro che a tutto quello che avrei dovuto fare quella sera. Dovevo farlo, era il mio dovere, nonostante tutto ero cresciuta nelle rigide norme di Joketsu.
Quando provai a baciare il mio novello sposo, tutto mi aspettavo però di trovarlo così sconvolgente. 
Il suo cuore a mille, il profumo della sua pelle, i muscoli delle braccia tesi dall'emozione, il suo sguardo emozionato mi avevano fatto dimenticare per il solo attimo che le nostre labbra si incontrarono che, per me, io ero morta lo stesso.
Questo mi fece imbestialire ancora di più, mentre mio marito mi ribadiva che, nonostante tutto, non era il mio corpo che desiderava quella sera. Le sue parole avevano così senso ma io mi sentii rifiutata ancora una volta nel giro di poco tempo, per di più da lui, il che era incredibile. 
Non potevo apprezzare il suo accorato discorso, che mi faceva domandare chi in realtà avessi sposato. Ero insicura anche di quello, anche se avevo avuto da ribattere seccamente il contrario quando lui mi propose prima di conoscere chi avevo sposato. Ma era vero, non lo riconoscevo.  Anche e soprattutto quando lo vidi per la prima volta in diciotto anni arrabbiarsi con me. Ero stata stupida e crudele, più del solito, lo sapevo, perché ero disperata e per il gusto di ferirlo. Volevo fargli male più del solito. 
Lui così assennato e così corretto, con gli occhi lucidi di lacrime, e io così ripugnante e vuota. Volevo solo morire. 
Eppure, le sue parole, le ultime parole prima di abbandonarmi sopra la collina che ci aveva visto crescere, mi avevano raggiunta in qualche modo. Non era da me voler morire. Avevo paura. Guardavo il futuro e vedevo solo due persone vuote intente a odiarsi, due vecchi soli in una casa fatiscente, dei figli, solo il pensiero mi faceva vomitare, infelici. Vedevo il sorriso sempre gentile di Mu Si diventare una maschera di odio e rimpianti e vedevo me stessa scarna e incattivita.
Una vita sterile e sprecata. 
Però aveva ragione: non potevo voler morire così, se ero la guerriera che vantavo di essere.
Tornai a casa, quella sera. Lui mi offrì anche la via di fuga. Avrebbe pensato lui a qualcosa, ma io non potevo lasciarglielo fare. Non ero una codarda. Non sarei né scappata né mi sarei uccisa.
Tornando a casa, mi chiesi cosa avrei fatto. Ogni scalino che salivo verso quella camera era una piccola morte nel cuore. Rimasi più di un minuto a contemplare la porta di legno chiusa.
Mi decisi a entrare, rinunciando ai propositi di morte. Non mi sarei arresa. Avrei sofferto e avrei fatto soffrire anche lui, ma almeno non sarei stata una codarda. 
Entrando il più silenziosamente possibile, notai che la folta coltre di capelli su di lui non nascondeva il fatto che era a torso nudo. Mi vergognai improvvisamente, dopo tanti anni passati a vederlo allenarsi. 
Ma ora era diverso. Eravamo sposati. Era nudo? Gli piaceva dormire nudo o era solo perché era un terribile e caldo Agosto? Erano quelli i tipi di problemi che non volevo avere. Lo conoscevo, ma non lo conoscevo così. Ma non volevo pensarci, non potevo. Volevo pensare solo alla mia disperazione, al mio terrore. 
Con un atto di forza, mi costrinsi a cambiarmi ed entrare nel letto. Scostando le coperte con imbarazzo e vergogna constatai felicemente che aveva dei pantaloni corti.
Appoggiai un braccio sul letto, poi un altro. Mi sedetti. Stavo per entrare nel mio letto da sposata, non mi sarei guardata indietro. Avevo preso un impegno e l’avrei portato a termine.  Mi stesi e cominciai a guardare il soffitto, sentendo già le lacrime venire alla luce. Le donne del Consiglio volevano una discendenza, ma io potevo partorire solo dolore.
“Xian Pu?” la voce calda di Mu Si mi fece sobbalzare.  “Sei tornata, infine?” la domanda era velata di speranze, eppure il suo tono era incolore e non si girò. 
“Si.”
Si degnò di girarsi e sollevarsi su un gomito, per guardarmi. “Vuoi che mi metta qualcosa addosso?”
Scossi la testa. Era proprio da lui pensare a una cosa simile in un momento simile. Sempre così preoccupato per me. Sempre così premuroso. Soffocante. 
Non in quel momento, però. In quel momento, lo apprezzai. 
“No, non importa.”
“Beh..allora..” si passò una mano dietro la testa, era alquanto imbarazzato anche lui. Comprensibile, dopo tutto quello che mi aveva detto quella sera. “Buonanotte.” Sussurrò. Si stese e si girò e io cercai di chiudere gli occhi. Non lo amavo, non potevo amarlo, e mi sentivo così sola anche se in quel letto c’era lui. Cominciai a piangere sommessamente e mi odiai. Non era da me piangere così, non era da me darmi per vinta. Ma non ero più me stessa ormai. L’amore, la delusione di un amore, era qualcosa che non avevo mai sperimentato e non mi dava pace da ormai troppo tempo. Era come un bruciore continuo nel petto, come una continua angoscia che si era incrostata nel mio stomaco, non dandomi pace, facendomi venire voglia di fare pazzie. Era la notte il momento più debole, quello in cui tutto il mio dolore si sfogava, complice la solitudine e il silenzio. Mi ritrovai a pensare che gli unici momenti che mi avevano dato modo di non pensarci erano gli eventi di quella sera perché anche mentre mi sposavo, pensavo solo al mio dolore. Non era così che avrei voluto il mio matrimonio… doveva essere bello, sfarzoso, pieno di risate, musica e.. Ranma.
Mi trovai patetica e continuai a trattenere le lacrime che uscivano a fiotti contro la mia volontà.
In un attimo, mi ritrovai sbattuta un po’ goffamente contro il petto di Mu Si. Non mi disse nulla, non provò a fare nulla. Mi attirò solamente a sé, carezzandomi la testa. Non mi trattenni più e piansi senza ritegno, fino a che non mi addormentai fra le sue braccia, sfinita. 
Da quella notte in poi, le cose non cambiarono poi molto.  Non fu troppo difficile iniziare a convivere, ci conoscevamo da una vita, sapevamo le abitudini l’uno dell’altra, vivevamo insieme al Nekohanten. Io non riuscivo a comportarmi diversamente che nel mio solito modo acido, ma notavo tutti i sforzi che Mu Si faceva per farmi contenta. Ci allenavamo insieme, ogni tanto, e poi  andavo ad allenarmi con le altre, la mia punizione mi aveva reinserito nella società del villaggio, e pensavo solo a concentrarmi sul diventare più forte, il mio unico sfogo oltre le lacrime. Però, ogni giorno Mu Si trovava il modo di strapparmi almeno un sorriso, con un fiore tirato fori dal nulla o a volte anche solo involontariamente, con qualche gesto goffo dei suoi, magari mentre parlava di cosa aveva cucinato o di qualcosa successo alla fucina a una trave, convinto di parlare con me. Non mi dava più fastidio, cominciavo a trovarlo.. tenero. Non aveva più avuto quel comportamento adulto e estraneo al suo carattere dalla prima notte di nozze, ma non era neanche più appiccicoso come prima. Era..diverso. Era Mu Si, ma era come se non lo fosse.
Si alzava presto ogni mattina, non avevo mai avuto l’occasione di svegliarmi con lui accanto, nemmeno una volta, e poi veniva a svegliarmi, come quando dovetti andare a fare acquisti in città. Ogni tanto, quando non doveva lavorare alla fucina, veniva con la colazione sempre con quel suo modo così dolce e così paziente, soprattutto se era dopo una delle frequenti notti in cui non riuscivo a fare altro che piangere fra le sue braccia. Non mi aveva mai detto nulla in proposito, e io lo apprezzavo segretamente per questo. Non gli avevo mai detto grazie per avermi salvato la vita nè per null’altro.
I mesi passavano, e la nostra vita sembrava quella di due coinquilini qualunque che si ritrovavano a dormire nello stesso letto.  Anche se la notte, tutto cambiava. Toglievo la mia maschera rigida e senza curarmene troppo, mi sfogavo con l’unica persona che non avrebbe dovuto vedere il mio dolore.
Ma piano piano, inconsapevolmente, il mio dolore cominciò a scemare. Quei sorrisi dolci, quelle attenzioni, quelle brevi risate avevano smosso qualcosa.
Non ne ero cosciente,  pensavo sempre a Ranma,  eppure qualcosa aveva cominciato a cambiare. 
Non avevo capito niente, ancora.
Quel giorno mi alzai come sempre al suono della sua voce, e dal profumo del caffè cinese appena fatto. Mu Si, inevitabilmente, mi viziava. 
 
 
E i mesi continuarono a passare, fino al giorno del mio compleanno, un giorno sereno e senza nuvole che iniziò con una visione di fiori alla fine delle scale, laddove mi  attendeva mio marito, ovviamente già sveglio da ore.
“Ayaaa! Che belle azalee!” saltellai vicino a lui allegramente, inconsciamente. Stavo riprendendo il mio solito atteggiamento frivolo e allegro, senza rendermene conto.
“Sono per te.. auguri, Xian Pu”
“Grazie… sono i miei fiori preferiti..”
“Lo so..”
Arrossii.
Di cosa mi stupivo? Lui sapeva sempre tutto di me. “Anche il colore allora non è un caso..” sorrisi.
“No..” aggiunse semplicemente mettendosi una mano dietro la testa, goffamente.
“Non mi hai mai regalato azalee prima..” riflettei a voce alta.
Lui si avvicinò e mi mise una mano sulla testa, come una carezza gentile e tenera, non un tentativo di approccio romantico. Lo faceva spesso, e non mi dispiaceva. “Se te le regalassi tutte le volte che ho voglia di regalarti un fiore poi non sarebbero più speciali no? ” sorrise. Lo odiavo. Odiavo quel suo modo di essere così...così lui.
Mi scostai un po’ troppo bruscamente, perché avevo paura. Paura di quello che sentivo,  perché il gesto di Mousse aveva raggiunto il mio cuore fragile e incerto. Ogni giorno, per mesi, come una goccia cinese aveva scavato sulla pietra posta sulla mia anima.
“Allora, cosa vuoi fare? Vuoi uscire?” mi chiese ignorando il mio atteggiamento. 
“E dove vogliamo andare? Questo villaggio è…piccolo.” 
“Benissimo, speravo lo dicessi.” mi mise una mano sulla spalla e mi pilotò nella nostra piccola sala da pranzo, attigua alla cucina. 
“Auguri principessa.” Disse mentre entravo in cucina, trovando il tavolo apparecchiato per due in stile occidentale, con una tovaglia damascata mai vista, i piatti con un bordino dorato e i bicchieri per lo champagne che era dentro un secchiello nel ghiaccio. Tante belle azalee erano disposte con cura un po’ ovunque, e un giglio si ergeva sulla tavola dentro un lungo vaso trasparente. Casa mia era diventata un ristorante francese?
“Hai sempre detto che ti sarebbe piaciuto andare a Parigi… beh, questo non sarà proprio Parigi… faremo finta che il nostro salotto sia diventato un ristorante davanti a quella Tour Eiffel.”
“Aya è bellissimo!” esclamai sgomenta. Abituata ai pessimi gusti di Mousse non mi sarei mai aspettata niente di simile.
“Prego…” mi fece accomodare sulla sedia. 
“Ora, dovrebbe essere la nostra cena, ma per forza di cose sarò anche il cameriere.” Mi sussurrò con ironia un po’ troppo vicino al mio orecchio, tanto da farmi sobbalzare un bel po’.
Scoppiai a ridere  per l’ironia della cosa. “Ahahah , in fondo hai anni di esperienza no?”
 Avevo veramente riso di cuore? Eppure era così, mentre ridevo con lui mentre si rimetteva in piedi. 
“Sarò inappuntabile. A meno che non mi cadano gli occhiali.” e sparì in cucina.
Tornò dopo poco, con un antipasto di verdure che sembrava delizioso.
“Ecco qui…”
“Ayaa!Sembra buonissimo…” esclamai deliziata. “Ma dove hai imparato a fare una cosa del genere?”
Mu Si scrollò le spalle. “Mi è sempre piaciuto cucinare, lo sai… ho solo letto qualche libro…non sono neanche sicuro del risultato!” concluse con un sorriso, modesto come sempre.
“E queste cose, come le hai trovate?” dissi aspettando la risposta gustandomi quel piatto, accennando alla tovaglia immacolata, ai bicchieri, allo champagne.
Mousse sorrise con fare furbetto. “L’ultima volta che sono stato in città. Non sono cose di qualità, anche lo champagne non è dei migliori, però purtroppo si trovava solo questo.” Aggiunse con tono dispiaciuto.
Rimasi sconvolta: “Ma sei andato in città una settimana fa!”
“E dato che sapevo che non ci sarei tornato per un altro bel po’ ho preferito preparare tutto prima del tempo!” rispose con un sorriso dei suoi, di quelli che faceva quando cercava di fare qualcosa per farmi felice. Prima d’ora però quei sorrisi erano seguiti da miei moti di stizza o rabbia espressa a calci. Invece ora, quel gesto mi lasciava senza parole. Era  una cosa semplice, una cena in casa in fondo, eppure era stata organizzata con cura, facendomi pensare di essere a Parigi. Mi sovvenne un pensiero, e mi stupì la fin troppo attardata associazione di idee, più che il pensiero in sé. Mu Si non lo sapeva, che nei miei sogni romantici Parigi era la metà del viaggio di nozze mio e di Ranma. 
“Xian Pu  tutto ok? Non ti piace? Mi dispiace che non sia proprio perfetto ma..”
“Smettila di essere così ogni volta!” lo interruppi un po’ acida, più arrabbiata con me che con lui come sempre ultimamente. Strinsi la forchetta più forte. Non avrei permesso al passato di rovinarmi la serata, il compleanno, gli sforzi di mio marito. Sorrisi un po’. “E’ tutto buonissimo, e non so come ti sia riuscito dati i tuoi pessimi gusti estetici, ma questa sera casa nostra sembra davvero un ristorante francese.” 
Mousse mi regalò un sorriso ben diverso dai soliti. Non era un sorriso beato o perso nell’adorazione. Era felice. I suoi occhi si erano illuminati e io rimasi un attimo senza fiato. 
“Speravo ti piacesse.” Mi disse prima di farsi improvvisamente serio. “Devo però correggerti sui miei gusti estetici. Non sono così male.” Disse seriamente.
“Devo ricordarti il nostro pseudo appuntamento al museo delle bambole di cera?”
“Ti rendi conto che ero un ragazzino di 16 anni totalmente in tilt per aver avuto l’onore di uscire con la ragazza dei suoi sogni?” ribatté prontamente.
Rimasi a bocca aperta.  Mi aveva risposto a tono? In effetti, ora Mu Si era decisamente… un uomo. Arrossii un po’. Un uomo, mio marito. Un marito a cui ancora dovevo dei doveri coniugali. Arrossii di più. 
“Beh perché invece i libri sull’orrore sulle librerie ce le ho messi io? Ci sono delle atrocità lì dentro!”
Mousse mi indicò con la forchetta mentre prontamente rispondeva ridendo. “Potrei dire lo stesso dei tuoi manga da femmine! Quelli contengono atrocità!” 
Spalancai la bocca, sorpresa da quella risposta così insolita per colui che di solito incensava qualsiasi mia azione, ma ridevo. “Ayaa come osi? Sono bellissime storie d’amore romantiche, dove i ragazzi sono tutti dolcissimi, premurosi e fanno delle cose meravigliose per le proprie…” realizzai in un attimo la realtà dei fatti. “ragazze.” Conclusi con meno verve di quando avevo iniziato. 
Perché non era forse la realtà il fatto di ritrovarmi nel bel mezzo di una cena architettata con dovizia, per il mio compleanno, con un ragazzo che tutti i giorni aveva un gesto carino per me? 
Per fortuna Mu Si intanto si era alzato per andare a prendere il primo, quindi non poté vedere il mio cambio di espressione.
 “Non farti sentire da tua nonna. Non è proprio un discorso da amazzone di Joketsu.”  Disse mentre mi serviva il piatto. “Signorina il primo.Soup à l’oignon.”    
Un gridolino di apprezzamento uscì dalle mie labbra, prima di ribattere stizzita. “Che c’entra? Siamo amazzoni e anche se alcune fanno finta di essere maschi, siamo pur sempre donne. E poi nei miei manga ci sono sempre tante eroine forti! Mu Si il tavolo è da questa parte..” dissi prendendolo per mano appena in tempo e facendolo girare. La sua mano era calda, piacevole al tatto.  “Ma vuoi metterti questi benedetti occhiali?” dissi allungando poi le mani per prendergli gli occhiali dal colletto della tunica e cercando di rinfilarglieli. “Uff sei troppo alto!” lui si piegò più vicino a me. “S-scusa..” mi sussurrò mentre gli rinforcavo gli occhiali, il suo viso fin troppo vicino al mio. Sussultai per un attimo. Era stato un gesto stupido, ma intimo. Una cosa da persone che hanno confidenza, una cosa da coppia sposata da anni.
“La smetti di scusarti per qualsiasi cosa?” 
“E’ che voglio che sia tutto perfetto stasera, non voglio che la mia stupida miopia rovini anche questa cena.” Era la prima volta che vedevo Mousse ammettere del suo evidente handicap.
Scossi la testa. “La cena è perfetta e questo sembra buonissimo!” dissi mentre iniziavamo a mangiare per incoraggiarlo un po’.
“Comunque, in conclusione al nostro discorso posso ammettere che i tuoi gusti sono migliorati.” Sentenziai.
“Forse perché ho capito che magari non devo basarmi sui miei di gusti quando si tratta di te?” rise lui.
Arrossii. Ce la metteva davvero tutta. “In fondo siamo persone diverse, è normale avere gusti differenti no? ” concessi. Mu Si si rilevò gli occhiali per mangiare.
“La smetti di toglierti questi benedetti occhiali ogni due secondi?” ma lo dissi ridendo, non con severità.
“Vuoi davvero avere questi fondi di bottiglia davanti agli occhi tutta la sera?” chiese lui un po’ demoralizzato. 
“Ma che domanda è? Succede di tutto quando te li dimentichi! E poi scusa neanche mi vedi no?”
“Ti conosco a memoria, però. ” arrossii, contenta che non potesse poi vedermi così bene, dato che non facevo altro che arrossire, quella sera.
“Non hai mai pensato a metterti le lenti a contatto in Giappone?” chiesi eludendo la sua risposta.
Mousse scosse la testa. “Sono troppo miope, non esistono lenti per miopie così gravi.”
Era la prima volta in tutta la nostra vita insieme che mi fermavo a riflettere su quanto potesse essere difficile per Mu Si essere così dannatamente ciecato. Eppure era diventato lo stesso un esperto di arti marziali. Non in grado di battere me, o Ranma, ma comunque forte. 
“E quella cosa che è uscita da poco.. il laser?”
“Posso farlo solo dopo i ventuno anni , comunque costa tantissimo farla e non sempre funziona per miopie così forti.”
“Certo che non deve essere facile” constatai a voce alta.
Mu Si mi guardò sorpreso. “E’ la prima volta che mi dici una cosa del genere.”
“Non so, è che fin da quando ti ho conosciuto hai sempre avuto quegli occhiali. Negli anni hanno solo cambiato dimensione, sono cresciuti con te. Fanno parte di te, compresi i disastri che ne derivano, e talmente abituata ,non ho mai pensato a quanto non deve essere una passeggiata.”
Lui fece spallucce ridendo. “Veramente ci sono talmente abituato anche io che non mi pongo più il problema.  Fino a qualche tempo prima avrei mentito a chiunque dicendo che ho una vista d’acciaio, perlomeno quanto Ryoga si ostinava a nascondere i suoi evidenti problemi di orientamento.”  Mi guardò e vidi la sua espressione seria, da adulto. “Ma poi mi sono reso conto che è inutile mentire a me stesso o a chiunque. Sono una talpa, e sono un disastro senza occhiali che non sa distinguere mia moglie da un palo.”
Scoppiai a ridere, sorpresa dalla sua autoironia. “Ayaaa! Succede almeno una volta al giorno!” poi tornai seria. “Però delle volte mi hai visto anche senza.” . 
“Se mi concentro, posso farcela. Solo se si tratta di te però. A prescindere da tutto, sei l’unica persona che conosco veramente, da sempre. ”
Quella sera non feci altro che arrossire. Di solito le sue parole non mi facevano nulla, ma quelli non erano semplici complimenti, erano molto di più. Erano la dimostrazione di quanto tenessse a merealmente.
Cercai di svagare da quei pensieri.
“Comunque dovresti provarci a fare il laser. Magari funziona..”
“Vedremo… intanto, dovrai continuare a sopportare di essere scambiata per qualsiasi altra cosa in casa o in giro per ancora un bel po’..” 
Risi ancora. Apprezzavo quel lato ironico di Mu Si, che non vedevo mai, che mi faceva divertire come non mi succedeva da troppo tempo.
“Tranquillo, sopporto da vent'anni, posso aspettare!” 
La cena continuò fra un piatto ottimo e l’altro, e continuammo incredibilmente a parlare di tutto e di più ridendo anche a crepapelle, fino al dessert.
“Auguri A Xian” mi disse mentre appoggiava di fronte a me invece che il dolce, un grande involto di seta rimanendo in piedi accanto a me.
“Un regalo? Ma non era la cena?” mi voltai stupita verso di lui. 
“La cena è una cena.” Disse sornione mentre toglievo il regalo dalla spessa stoffa che lo avvolgeva.
“Ma è.. bellissima!” esclamai subito vedendo la sciabola affilata fra le mie mani. Nell'impugnatura era incastonato un rubino e la lavorazione finissima degli intarsi era perfetta, costellata da piccoli diamanti. “Ma.. come.. cosa?”
“Le pietre... me le ha date tua nonna, il giorno del nostro matrimonio.” Erano la parte della mia eredità, ma che essendo stata disonorata mia nonna aveva dovuto cedere a Mu Si come dote.
“Ma non trovavo giusto tenerle io... erano di tua madre...e ho pensato di realizzare questa.. non sono abile come mio padre ma...”
Lo abbracciai, d’istinto appoggiando ovviamente prima la sciabola sul tavolo. “E’ bellissima! Bellissima!”
Sentii le sue braccia stringermi un po’. “Speravo ti piacesse. Era un po’ che non vedevo allenarti con una delle tue armi preferite!”
“Hai ragione sai?” lo guardai sistemandomi meglio fra le sue braccia e senza pensarci giocherellai con le ciocche di capelli sul suo petto. “Perché non la proviamo subito?” chiesi con entusiasmo.
Lo vidi sorridere di gioia. “Davvero? Magari! Dovrebbe essere ben soppesata, ma preferirei che la provassi tu.. così posso vedere se è tutto ok e se per caso..” 
Senza farlo finire di parlare presi la sciabola, lo afferrai per un lembo della manica e lo trascinai fuori.
Ci divertimmo tantissimo quella notte, anche se pioveva a leggermente nonostante l’inizio della giornata tersa. Mu Si aveva creato un’arma stupenda, la sciabola era davvero leggera, ben soppesata, della grandezza giusta, fatta apposta per me. Era meravigliosa e il pensiero che le pietre di mia madre fossero incastonate nell’elsa mi rendeva ancora più felice.
“Questa lama è splendida!E’ affilatissima!” gli urlai mentre saltavo con agilità su un albero. Vicino alla casa ai margini del villaggio c’era un bosco, che era il luogo perfetto per allenarsi.
“Bene, ora vediamo anche se è resistente!” e senza pensarci due volte avvinghiò le sue catene intorno alla lama, tirando fortissimo. 
“Ma come ti permetti?” con un gesto secco liberai la spada dalle pesanti catene e sospirai di sollievo alla vista della lama intatta. “Non ti azzardare a rovinarmela sai?!” 
“Dovevamo testarla, no? Stai tranquilla, la riparazione in caso è a carico mio” scherzò mentre mi raggiungeva sull’albero. “No, vedi? E’ tutto ok.”  Sembrava soddisfatto del suo operato mentre osservava meglio la sciabola.
“Ti piace quello che fai? Intendo.. alla fucina..da quando siamo tornati.”
Mu Si si alzò in piedi sul ramo, girandosi un po’, le braccia conserte.
“E’ quello che dovevo fare da sempre no? Raccogliere l’eredità di mio padre. Probabilmente non sarò mai bravo quanto lui, ma mi piace rendermi utile in qualcosa.” La sua espressione triste mi diceva che qualcosa non andava, ma non avevo voglia di indagare di più. Non erano affari miei, perché mi doveva importare? 
“Ma questa sciabola è bellissima, sei davvero bravo. Lui sarebbe fiero di te.” Comunque, volevo che sapesse che il suo gesto era stato molto bello. Mu Si non era un guerriero potente, ma aveva le mani d’oro per quel mestiere. Sapevo che il padre non aveva potuto insegnargli tutto, e mi dispiaceva per lui. Anche io avendo perso mia madre da piccolissima sapevo cosa volesse significare. 
“Grazie.” 
 Si asciugò l’acqua dal viso, per poi rimettersi a naso in su verso la pioggia.
“Non ti era mancato?”
“Stare all’aria aperta a bagnarmi senza problemi con la pioggerellina primaverile? Oh, sì. Non sai quanto.” rimanemmo così in silenzio a lungo, lasciando che la pioggia ci bagnasse senza farci trasformare. Non c’era bisogno di parole, ci eravamo capiti benissimo. Fu solo dopo un’oretta sotto l’acqua leggera che ci rinfrescava che decidemmo di rientrare in casa e prepararci a dormire.
Ci ritrovammo nel letto e come sempre dopo avermi detto “Buonanotte Xian Pu.” si girò, dandomi le spalle. Sapevo che non voleva darmi fastidio, che lo faceva perché così solo quando avevo voglia potevo chiamarlo. Ormai però, era diventato un rituale di quasi tutte le sere, non riuscivo più a dormire senza che mi abbracciasse, anche se non piangevo più come i primi mesi.
Non lo abbracciai, ma gli misi le mani sulla schiena e mi rannicchiai contro di lui.
“So che ti piacciono l’azzurro e il bianco…che ami i gigli, e stare all'aria aperta nelle serate di pioggia primaverile, o a casa a leggere un libro accanto alla finestra sentendo lo scroscio dell’acqua se è autunno... allenarti a notte fonda senza nessuno in giro… se ci penso bene, so moltissime cose su di te e neanche lo sapevo.”  Non gli avevo mai dato peso. Volevo pretendere che non mi importasse nulla di lui, come una volta, ma non era più così.
Lui non rispose, ma dopo poco si girò verso di me.  In maniera naturale mi  rifugiai fra le sue braccia appoggiandogli la testa  sul petto.  Avevo iniziato ad apprezzare quella pelle liscia, quei muscoli definiti, quei lunghissimi capelli neri che la notte ritrovavo spesso a solleticarmi il naso.
 Ero riuscita ad accettare l’innegabile verità che il ragazzino quattrocchi era diventato un bel ragazzo e che io, troppo presa da altro e infastidita dai suoi atteggiamenti, non lo avevo mai notato.
“Non avrei mai pensato che tu sapessi  queste cose..” disse dopo qualche minuto. Si era girato sul fianco, dicendolo, e mi accarezzava la testa distrattamente, con il dorso delle dita, dandomi tutto meno che fastidio. Quelle carezze, quegli abbracci, mi avevano confortato in una maniera inesprimibile con le sole parole. Erano diventati il mio rifugio, il mio porto sicuro. “Saperlo mi rende felice, grazie.” Momento di silenzio. “Sai A Xian, mi ha fatto piacere che tu mi abbia chiesto come mi sento. Non me l’avevi mai chiesto” sussurrò a voce bassa. “La verità è che io sono contento di essere finalmente utile a qualcosa, nel villaggio, di rendere onore a mio padre, ma soprattutto, vorrei diventare più forte. E’ tutto quello che realmente mi importa.”
“Oh.” Ogni giorno, scoprivo dei pezzi di Mu si che non avevo mai visto. Era sempre tenero, imbranato, innamorato, ma riusciva a spiazzarmi con quella improvvisa serietà e maturità, giorno dopo giorno. Era davvero cambiato e io non sapevo più chi avevo di fronte. 
Avevo passato un compleanno meraviglioso, come non ne festeggiavo da tempo, ed era tutto merito suo. Incredibile. D’impulso, non sapendo cosa dire, esclamai.
“Mu Si, manca a ancora qualcosa per rendere questa giornata veramente perfetta.”
Lui mi guardò con il panico negli occhi e mi sentii in colpa per la scelta di parole. Avrei dovuto immaginare che si sarebbe chiesto subito cosa avesse dimenticato.
“Non è qualcosa che potevi prevedere.. in realtà” mi affrettai ad aggiungere, mentre lo attiravo verso di me, con una mano sulla guancia caldissima. Lo vidi arrossire fino alla punta dei capelli, mentre chiudevo gli occhi per baciarlo sulle labbra. Non ci baciavamo dalla nostra prima notte di nozze, ma quello che sentii fu ancora più intenso della prima volta. Mi piacevano le sue labbra, il lieve sapore di menta, l’odore della pelle. Fui stupita però quando il bacio si fece più profondo, e finalmente, scoprii cosa voleva dire ricevere un vero bacio. Non fu tremendo, non lo trovai repellente, mi sconvolse invece quanto mi stesse piacendo. Non fui io a staccarmi, bensì lui che si ritrasse di colpo, guardandomi con un’espressione colpevole che mi stranì e mi resi conto di essere quasi sotto di lui. “S-scusami io..mi sono lasciato trasportare.. non ..non volevo..” lo zittì con un dito sulle labbra. Quelle labbra che avevo appena baciato.
“Non rovinare tutto scusandoti. E’ stato bello.” Lo redarguii rimettendomi di nuovo fra le sue braccia. Non aevo bisogno di guardarlo per vedere la sua espressione incredula, a metà fra la confusione e l’estasi.
“Dormiamo, è tardi.” Conclusi mettendomi comoda reclinando la testa contro di lui.
Lo sentii annuire silenziosamente, per poi abbandonare la testa sul cuscino.
Ero confusa. L’avevo baciato, di mia sponte? Ma perché? E perché mi ero emozionata così? Non riuscivo a darmi una spiegazione. Mi addormentai lo stesso, tranquilla. Avevo tutto il tempo del mondo per capire cosa stava succedendo. 
 
Poco dopo la magia del mio compleanno e di quel bacio, che fu seguito da un altro paio di baci rubati da me qui e là, arrivò il nostro primo attrito, per colpa di un evento che avrei voluto davvero evitare.
“E’ la festa del villaggio, non possiamo mancare, lo sai!” Mousse era un grande fan della festa.
“Non voglio andarci!” cominciai a fare i capricci, più per infastidirlo che altro.
“Forza…una volta ti piaceva andarci...”  cercò di allisciasrmi, avvicinandosi e prendendomi fra le braccia. Lo lasciai fare.
“Si, mi piaceva prima che…” vidi Mu Si diventare scuro in volto. No, no, non intendevo quello che stava pensando! Ranma non c’entrava, stavolta. Stupida papera! “Prima che il villaggio mi giudicasse una fallita!” sbottai per rimediare a quei brutti pensieri. Mi strinsi ancora a lui e gli sfiorai il braccio, guardandolo. Io così bassa, vicino a lui sparivo.
“Farai ancora il tuo famoso spettacolo di magia?”  chiesi per addolcire un po’ il discorso.
Lui sorrise di nuovo,fiero.
“Certo che sì! E quest’anno stupirò tutti con un grande ritorno in scena!” 
Risi brevemente. “Mi è stato detto che da quando siamo andati via nessuno ha saputo fare di meglio”
Mousse sorrise di rimando. “Voglio ben vedere… ma se non ci sarai tu…non sarà lo stesso!”
Mi aveva incastrato. Come potevo rifiutargli una sciocchezza come quella dopo tutto ciò che aveva fatto per me?
“Allora va bene. Ci verrò. Ci andremo.”
E così fu. Mentre mi preparavo quella sera, alle prime luci del tramonto, riflettei che non era mai successo che mi fossi preoccupata di come mi trovasse, sapevo sempre che mi avrebbe idolatrata. Eppure quella sera avevo paura, soprattutto quando lo vidi in fondo alle scale con una tunica blu notte con ricamato in seta lucida un drago nero che avvolgeva il tessuto dall'orlo per finire con la testa sul petto. Non gliel'avevano mai vista e stava veramente bene. 
Mi sorrideva, le mani nascoste come sempre nelle maniche, i lunghi capelli neri lucenti e liscissimi.
Lo trovai…affascinante. Lo vidi tendermi una mano mentre scendevo gli ultimi scalini.
“Sei bellissima.” Quella semplice constatazione mi fece arrossire lievemente, più di una profusione di complimenti. “Grazie.” Risposi cercando di sembrare completamente a  mio agio, come avrebbe fatto la “vecchia” Xian Pu. Ma quella ragazzina petulante sembrava ormai sparita.
Mi porse un’azalea rossa, il mio secondo colore preferito, e me l’appuntò sul vestito. “Ora sei perfetta.”
“Grazie, è bellissima.”
Lo presi per mano ma lui sembrò ritrarsi. “Non devi fingere da qui, Xian Pu. Non noterà nessuno se ci prendiamo per mano o meno.”
Scossi la testa. “Non vuoi portarmi alla festa per mano?” chiesi rabbiosa.
“C-certo…ma se non vuoi davvero lo sai che non ti forzerei.”
“Andiamo?” dissi ignorando le sue parole e stringendo la sua mano. Vidi che arrossiva e sghignazzai un po’.
Fu una serata bellissima, all'inizio, come non ne vivevo da tempo. Ci avvicinammo alla folla che circondava la fiera delle lanterne, e ringraziai gli dei per il cielo sereno di quella sera. Presi una lanterna e la passai a Mousse, come da tradizione.  Il tempo aveva cancellato in parte la mia ignominia, e non potei far a meno di notare gli sguardi benevolenti delle anziane mentre io e Mousse ci divertivamo ad accendere le lanterne e a mandarle in cielo. Le avevo già perdonate da tempo, comunque. Erano le leggi, e nonostante tutto mi avevano dato un modo per fuggire. Una soluzione che non mi dispiaceva affatto, nonostante l’inizio.
“Hai scritto il tuo desiderio?” chiesi riferendomi all'ultima lanterna da librare nell'aria.
“Si, ma è un segreto.” Rispose strizzandomi l’occhio.
“Aya, non puoi! Non mi hai mai tenuto un segreto!”
Mousse mi cinse la vita e mi fece girare verso di lui. “Forse sai già il mio desiderio, non credi?” mi diede uno sbuffetto sul naso.
No, in realtà non lo sapevo. Poteva essere “avere finalmente mia moglie nel letto” oppure “sentirti dire che mi ami”. Scossi la testa, decisa a non rovinare la serata a entrambi, e con un po’ di riluttanza lasciai andare la mano di Mousse, che dopo averla baciata con garbo si diresse a prepararsi per il suo momento.
Aspettai un po’ davanti al palco, ma poco dopo le altre iniziarono a radunarsi. Sentivo un po’ di soggezione ma mi concentrai sul palco e lo spettacolo di Mousse fu veramente un successo.  Fu comico, ma non ridicolo. La parte migliore fu quando dichiarò che avrebbe fatto un trucco bendato, e poi dichiarò serissimo. “In effetti, basterà togliermi gli occhiali.” Giurai di non aver mai visto il villaggio intero ridere così.
Ma fra tutti i numeri della festa il suo, modestamente, fu il più bello. 
Successe però qualcosa che mi stranì molto, quando per un momento si tolse gli occhiali per pulirli.
Sentii dalla folla dei commenti che non mi piacquero affatto. 
“Ma quello è Mu Si?”
“Già..”
“E da quando è diventato così carino?”
“Il Giappone gli ha fatto bene...”
“E’ davvero sprecato per Xian Pu!”
“Davvero! Devo dire che è sempre un piacere portare le mie armi ad aggiustare.. è davvero molto sexy quando se ne sta lì tutto sudato a battere il ferro senza nascondersi sotto quelle tuniche!” 
“Ahahhaha sì devo ammetterlo, anche io.. spesso trovo delle scuse per andarci! Non sarà un guerriero fortissimo, ma è davvero un bello spettacolo da guardare.”
“Se ci sentisse Xian Pu..”
“Tsk, quella? Ha davvero finito, dopo quello che ha fatto.  Ha finalmente smesso di atteggiarsi a stella del villaggio. E comunque, non gliene è mai fregato niente di Mu Si. Ben le sta, stronzetta.”
Sapevo benissimo chi fosse quella serpe. Xin Ruo, mia nemica giurata al villaggio, che da sempre mi aveva ostacolato fin da ragazzina e che aveva disprezzato Mu Si in più di un’occasione. 
Non ce la feci più. Non volevo rovinare la festa, ma non potevo proprio sentire quella maledetta dire quelle cose su di me ma soprattutto su Mu Si. Era mio marito.
Sentii montare in me una rabbia come da tempo non ne provavo. Mi sentivo di nuovo l’amazzone che ero, protna a difendere il mio onore. E non solo.
Mi avvicinai a lei, mentre Mu Si faceva partire dei bellissimi fuochi d’artificio.
Nel rumore, non si era accorta che fossi dietro di lei e si spaventò non poco quando l’agguantai forte per la treccia, costringendola a girarsi urlando di dolore.
“Sono una stronzetta Xin Ruo? Probabilmente. Sono stata disonorata? Certamente. Ma non ti azzardare a dire certe cose su Mu Si in mia presenza. Quello che succede fra noi sono affaracci nostri, e siamo sposati hai capito? Come ti permetti di parlare così del mio uomo!”
Vidi che l’attenzione si era spostata inevitabilmente su di noi. Mu Si era ancora lontano, vicino al palco lo vidi guardarsi intorno ignaro di cosa accadeva, come molti nelle prime file.
Lasciai che Xin Ruo si liberasse dalla mia presa e mi inveì subito contro. “Cosa vuoi farmi Xian Pu? Non sei più nessuno ormai! Sei l’ombra di te stessa, sempre nascosta in casa come una ladra o sempre per affari tuoi quando ci alleniamo! Sei un’unghia dell’amazzone che eri e con Mu Si ti ha detto anche troppo bene!”
Ci vidi rosso, non potevo sopportare un minuto di più le sue ingiurie. Il sangue mi ribolliva nelle vene.
“Ti sfido Xin Ruo. Vedrai se sono l’ombra di me stessa.”
Vidi che ormai tutti erano concentrati su di noi, dimentichi della festa, dei fuochi.
Vidi Mu si avvicinarsi scavalcando la gente, gli occhiali ben calcati sul naso.
“Che accidenti succe..Xian Pu?” quando mi vide davanti Xin Ruo lo vidi sbiancare.
“Guarda bene Mu Si, perché la tua Xian Pu stasera farà una finaccia!”
“Sai bene che ti ho sempre battuta Xin Ruo.”
“Mi sono allenata.. e tu cosa facevi in Giappone oltre a farti disonorare da uno che amava un’altra?” 
La risata di Xin Ruo fu seguita da quella di molte altre. Ero stata riabilitata dal Concilio, forse, ma non avevano dimenticato le altre. Dovevo tornare a farmi rispettare.
“Io. Ti. Ammazzo.” e senza aspettare altro tempo la caricai, con una scarica di colpi frontali.
Combattei per me stessa, per difendermi, perché sentivo dentro esplodere la rabbia repressa per troppi mesi.
Le assestai un pugno dritto nello stomaco, prima di calciarla a terra senza pietà.
Xin Ruo provò a difendersi a malapena, ma prima di potermene accorgere mi diede una bastonata fortissima sul braccio facendomi cadere e con un attimo mi fu addosso con le mani intorno al collo pronto a spezzarmelo. Con la coda nell’occhio vidi Mu Si che seguiva lo scontro e ripensai a tutte le cose che avevo sentito. 
Nonostante il braccio dolorante riuscii a liberarmi dalla sua stretta e afferrai il bastone che aveva incautamente lasciato a terra vicino a me. La allontanai col bastone e quando si rialzò in piedi in un’attimo la colpii a tutti i punti vitali  e la lasciai cadere a terra, momentaneamente paralizzata.
Alzai il bastone in aria prima di piantarlo sullo sterno di Xin Ruo insieme al mio piede elegantemente calzato di raso. Il vestito e l’acconciatura, neanche a dirlo, erano distrutte. Ma mai così tanto, scarmigliata e sporca di terra, mi ero sentita fiera di me.
“Ascoltatemi tutte! Xin Ruo mi ha sfidato e ha pagato, come le leggi del villaggio vogliono. Ricordatevelo bene, chiunque di voi sia così sciocca da provocarmi: io sono e sarò sempre Xian Pu, figlia di Joketsu! Ho pagato i miei debiti con il villaggio, quindi non voglio più sentirvi fare un fiato. Nè su di me...” e girai lo sguardo verso le amiche di Xin Ruo. “né su mio marito. Sono stata chiara.”                                                             
Mi avvicinai a Mu Si nel silenzio generale, aspettandomi di vedere preoccupazione ma lo trovai con un sorriso orgoglioso ben stampato in volto.
“In tutto ciò, neanche mi sono goduta i fuochi d'artificio.” Soffiai stizzita mentre afferravo Mu Si per mano e lo trascinavo via dalla folla basita.
Camminammo per qualche minuto spediti prima che lui proferisse parola.
“A Xian? Credo che potremmo  anche fermarci un attimo.“
“No non possiamo sono ancora troppo arrabbiata!”
“Va bene, va bene...”
“Io volevo solo vedere i tuoi fuochi! Con te! Ma quella serpe schifosa...”
Tranquilla A Xian, c’eri e questo è ciò che conta. Hai dovuto difendere il tuo onore.”
“E il tuo.”
Arrossì di colpo. “Come scusa?”
“Stavano parlando di te in un modo un po’ troppo sfrontato.”
Lui non commentò, preferendo concentrarsi sulle mie condizioni. Lo vidi sfiorare il fiore che decorava la mia acconciatura.
“La mia azalea..” mormorai intristita dal saperla sicuramente rovinata.
Mu Si posò a mo’ di sbuffetto un dito sulla punta del mio naso e sorrisi mentre cercavo di allontanarlo “Che fai sce..”
Mi ero girata solo un nanosecondo ed ecco che una bellissima azalea rossa era davanti a me.
“Oh.” Riuscii solo  a dire, mentre Mu Si me la riappuntava fra i  capelli, premuroso.
“Andiamo a casa?” mi chiese gentilmente. Ed era lì che realizzai. Sotto quella luna grande che regnava nel cielo sereno, come la prima notte delle nostre nozze.
Ero tornata alla vita. E tutto era grazie a lui.
Mi sentivo di nuovo me stessa. Sfrontata, sicura di me. La guerriera che tutti temevano. L’adrenalina della lotta scorreva ancora in me e mi resi conto che ormai Ranma era solo un ricordo che a volte riaffiorava, ma non faceva più così male.  Mu Si era stata la mia cura. Il suo amore, la sua pazienza, la sua dolcezza.
Eravamo cresciuti insieme ma solo in quegli ultimi mesi l’avevo visto per ciò che era diventato. 
Mentre tornavamo  a casa, mi fermai più volte a guardarlo. C’era qualcosa che volevo, ma non capivo bene cosa.
Mi fermai. “Che c’è? Ti fa male il braccio?” 
Scossi la testa. “Andiamo alla pietra. Ti va?”
Vidi Mousse sussultare. Non ci tornavamo dalla prima notte di nozze. Sembravano passai anni da quel giorno e invece erano solo pochi mesi. Nonostante tutto annuì e andammo lì, in silenzio.
Ci stendemmo sulla pietra, mano nella mano, come quella sera. Volevo tornare lì, a rivedere il cielo come quella volta.
“Ricordi quando è stato il mio compleanno?” chiesi enigmatica. 
Lui si girò verso di me sorridendo in maniera maliziosa. La malizia non era proprio una delle sue qualità e vedere quell'espressione mi fece mancare un battito. “Non posso scordarmelo, certo.”
“E se..” non riuscii a finire la frase. Mu Si mi zittì con un bacio dolce sulle labbra. “Tu ricordi?” era la prima volta che mi baciava di sua iniziativa e sorrisi. “Certo.” Cominciammo a baciarci, per tanto, molto tempo.
 Cominciai a slacciare gli alamari della sua tunica. Nessuno doveva più insinuare che io e Mu Si non fossimo veramente marito e moglie. Lo volevo. 
“Ti voglio. Voglio essere tua moglie in tutto e per tutto.”
“C-cosa?”
“Io, adesso, ti voglio.”
 
Mu Si 
 
Successe così. Senza preavviso mi ritrovai steso sulla pietra della nostra infanzia al chiaro di luna. 
Xian Pu non aspettò un momento e cominciò a giocare con me come se non avesse fatto altro per i precedenti  vent'anni. Mi baciava con curiosità, sembrava lei stessa stupita dal fatto che  quello che vedeva e toccava non la ripugnava. La lasciai fare finché non decisi che sarebbe stata lei a guardare la luna mentre perdeva la verginità in barba a tutte le regole del villaggio. La baciai ovunque, omaggiando la sua pelle di seta in ogni suo centimetro mentre sentivo i suoi piccoli gemiti soffocati quasi sorpresi. Sentii la sua mano sfiorarmi e infilarsi fra i miei capelli, dapprima timidamente e per poi afferrarmi decisa per costringermi a baciarla sulle labbra con passione. Il suo respiro breve e ansimante che mi mandava in visibilio, il suo sguardo stranamente timido che però non si vergognava di incrociare il mio. Non mi amava , ma decisamente non mi odiava nemmeno più.
Io invece, la amai con tutta la goffaggine e l’adorazione di un ragazzo di vent'anni, un pellegrino che si avvicina assetato e delirante al santuario della sua dea,  e  sentii quasi le lacrime salirmi agli occhi per l’emozione provata che mi sconvolgeva al di là dell’eccitazione. Ero talmente felice da poter diventare io stesso uno dei miei fuochi d’artificio ed esplodere di gioia nei pressi della luna che ci guardava benevola nel ciel pacifico. Quanti amanti aveva vegliato dolcemente con l’indulgenza dei suoi pallidi riflessi? Ma sicuramente mai aveva visto uno scemo della mia portata, graziato dall'interesse della più meravigliosa fra le donne.  Eppure, riuscii a seguire l’istinto di madre natura, facendola mia, rendendola mia moglie a tutti gli effetti.
Non pianse, non si addiceva alle guerriere di Joketsu piangere durante la loro prima volta, ma dopo qualche tempo la sentii contrarsi sotto di me, con un ultimo soffocato urlo. Dopo pochi istanti, conobbi anche io una sensazione a me sconosciuta, la più appagante felicità mai provata in tutta la mia intera esistenza.
Ci dividemmo lentamente, giacendo vicini.. non resistetti a sfiorarle il viso, tremante di paura di paura dall’essere scacciato via. Il silenzio non era un peso mentre mi lasciava carezzare la sua guancia umida resa 
splendente dalla luna. Ero ancora in Paradiso, e speravo durasse per sempre.
“Ti amo.” Le sussurrai mentre la abbracciavo. “Ovviamente non mi aspetto lo stesso da te.. Non devi dire nulla…però.. io non posso non dirtelo.”
Lei si strinse a me nascondendo il viso sul mio petto.  Mi bastavano i suoi baci, le sue carezze, averla fatta mia. 
 
 
Xian Pu 
 
Eravamo passati dal silenzio, alle lacrime, agli abbracci, a fare l’amore ardentemente tutte le notti da ormai un mese. Non riuscivo a capacitarmene. Però era così, e ne ero entusiasta. La passione non era esattamente uno degli elementi che mi sarei aspettata con il matrimonio con Mu Si, eppure ecco che tutte le notti, ormai, invece di piangere mi ritrovavo a volere le sue labbra per poi cadere vittima di un sortilegio fatto dai nostri corpi che si cercavano e si univano. Anche in quello Mu Si fu irreprensibile. Nonostante tutto, il giorno continuava a fare finta di nulla e non si avvicinava a me se non ero io a volere prendere l’iniziativa. Non capivo se era solamente per lasciarmi spazio o forse perché anche lui era stato stravolto dalla mia iniziativa almeno quanto me. Comunque, impercettibilmente avvertii dei cambiamenti nel mio cuore.  Cominciai a interessarmi davvero a cosa faceva e chi era ora, non soltanto la spalla su cui piangere nelle mie notte tristi. Le parole di Xin Ruo e le altre mi avevano fatto rendere conto di molte cose fra cui il fatto che non ero mai andata a trovarlo alla fucina. Ero sempre stata indifferente al suo lavoro, anche se le altre donne del villaggio, quelle non impegnate a sbavare sopra Mu Si quando ci andavano perlomeno, erano felici e soddisfatte di avere la possibilità di farsi aggiustare le armi o ordinarne di nuove a Joketsu invece di dover andare ai villaggi vicini. Mentre mi avvicinavo al capannone, poco distante da casa nostra in realtà, mi ricordai di quando da bambini ci piaceva andare a giocare lì mentre il padre di Mu Si lavorava*. Ricordai quanto a Mousse erano sempre piaciute le armi e i suoi primi tentativi di farsele da solo e poi venirmele a mostrare. Sorrisi un po’  fra me e me, mentre arrivavo, ed
entrai quasi di soppiatto, volevo fargli una sorpresa. Non sapevo da quando, eppure l’idea di rivedere quel raro sorriso felice mi riscaldava il cuore che credevo ormai di ghiaccio.
Rimasi di sasso. Con i capelli legati in una coda, e con solo i pantaloni dato il caldo d’inferno, Mu Si era tutto concentrato a battere su una lama rovente, i muscoli che si flettevano per lo sforzo. Facevo l’amore con lui tutte le notti ma raramente mi era capitato di vederlo alla luce del giorno a torso nudo e non fui neanche in grado di impedirmi di pensare a quanto era bello, probabilmente per la prima volta in vita mia. Mi portai la mano alla bocca, quasi sconvolta. 
“Mu Si?” chiamai a voce bassa, quasi roca. 
“C’è qualcuno? Arrivo subito, il tempo di finire questa lama!” 
“Non puoi finire più in fretta?” chiesi  smielata, avvicinandomi un po’. Perché? Perché mi divertivo così? Mi batteva il cuore pensando che ero andata lì appositamente per lui, per renderlo felice ma anche per sedurlo un po’. 
“Xia-xian Pu, sei..Accidenti..Ahi!” lo vidi portarsi la mano all'avambraccio, l’espressione dolorante mentre si levava il guanto da fabbro con i denti.
“Mu Si che è successo?” in un attimo fui accanto a lui, d’istinto appoggiai la mia mano sulla sua spalla e presi il braccio offeso.
“Eh.. sono solo il solito cretino, ti ho visto e mi sono distratto.” Sembrava arrabbiato. Si era rimesso gli occhiali, mentre io controllavo la scottatura.
“Mi dispiace, volevo solo farti una sorpresa!”  risposi seccata. L’ho veramente detto ad alta voce? 
Era anche arrabbiato? Non era colpa mia se quell'idiota doveva diventare così scemo quando ero nei paraggi. Ripensandoci, era da tanto tempo che non lo vedevo reagire così, e fui colpevole di esserne un po’ lusingata. 
“A- Xian sono felice che tu sia venuta!” spiegò concitato.E allora cos'è quell'espressione adirata?
Sbuffai mentre ripresi a guardare la bruciatura che non sembrava grave.
“Non è niente A-Xian! Mi bruciacchio tutti i giorni.” mi disse ridendo anche se lo vidi stringere i denti. Senza dargli ascolto l’avevo trascinato per l’altro braccio vicino a un lavabo rudimentale che mi ricordavo essere in fondo al capanno. Non era cambiato quasi nulla in quel posto.
 “A-Xian sono tutto sudato, non ti preoccupare...lascia stare.”  
Lo ignorai.
“Non era così che doveva andare!” dissi invece arrabbiatissima mentre aprivo l’acqua fredda e la facevo scorrere sulla bruciatura. Mi faceva così strano ancora non vederci trasformare... eppure mai come in quel momento ringraziai la nonna per l’inaspettato dono di nozze.
“Mi dispiace Xian Pu..” lo sentii dire arrossendo. Quasi con mano tremante si azzardò a sfiorarmi la guancia, e non mi ritrassi. Lo guardai negli occhi per la prima volta a lungo dopo tanto tempo.  Avevo il cuore in gola e non sapevo perché, perché mi importasse così tanto di lui. Mi regalava notti d’amore come mai avevo potuto pensare di averne in vita mia, eppure alla luce del giorno tutto era più difficile. 
“Te l’ho detto, non è nulla. Sono tutto bruciacchiato... guarda.” La sua mano lasciò la mia guancia per indicare tutte piccole e medie scottature sulle braccia e sulle mani. 
Dov'ero io? Dov'ero in tutto questo? Perché non me ne ero mai accorta? L’avevo mai guardato davvero? Presi d’istinto la  sua mano e me la riportai alla guancia. 
“Sei uno scemo.” Ma sorridevo. “Non ti sei mai lamentato. Avrei chiesto alla nonna un rimedio per le scottature.”
Lo vidi sorridere, felice mettendosi una mano dietro la testa . Quel sorriso che avevo voluto, sperato, conquistato.
“Sono i rischi del mestiere, no? Non è nulla di cui lamentarsi.” Fece un po’ lo spaccone strizzando l’occhiolino. O forse non hai mai voluto chiedermi aiuto. Perché non mi sono mai preoccupata per te. Perché faccio pena come moglie e sai che ti avrei ignorato.
Mi lasciai distrarre dal pollice che mi accarezzava, mentre delicatamente si avvicinò per baciarmi. 
Non mi importava nulla se era sudato, tutto imbrattato di grasso. Ormai dimentico della scottatura mi attirò a sé, e io di tutta risposta gli sfilai gli occhiali e tendendoli in mano lo abbracciai stretto passando l’altra mano sulla nuca. Mi piaceva affondare le mani in quella massa di capelli folti quando facevamo l’amore, e spontaneamente lo rifeci.
Le sue mani sui miei fianchi mi accarezzavano con dolcezza mentre con le sue labbra si staccarono laconicamente dalle mie, continuando a riempirmi di baci il collo facendomi il solletico. Risi scioccamente mentre lo attiravo ancora più a me, la mia mano sempre sulla sua nuca.
“Certo che sono felice se vieni a trovarmi qui A-Xian.. non mi hai mai fatto una sorpresa.” Mi sussurrò all'orecchio gelandomi il sorriso sulle labbra. Non mi guardava, la testa ancora nascosta nell'incavo della mia spalla, ma sapevo che era arrossito. La sua voce era così calda, quasi suadente, che mi aveva fatto passare la voglia di ridere. Presi il suo volto fra le mie mani, facendo sì che mi guardasse bene negli occhi a meno di un centimetro di distanza. 
“Devo rimediare per tutto questo tempo, allora...”  lo lasciai per avvicinarmi rapidamente alla porta e chiuderla a chiave.
“Cosa fai?” non era una domanda retorica, mi ero effettivamente portata via gli occhiali.
Sorrisi diabolicamente anche se lui non poteva vedermi bene. Mi sentivo così bene, così donna, così amata.
Mi slacciai il qi pao e lo feci scivolare a terra, rimanendo solo con la biancheria per poi avvicinarmi sensualmente a un basito Mu Si e rimetterglieli gli occhiali.
“Sto sognando, vero?” la sua espressione allibita mi fece segretamente gioire. 
Scossi semplicemente la testa, maliziosa come non mai, per poi baciarlo.
Non mi importava più di spiegarmi perché fra noi la passione era così e lasciai semplicemente che prese il sopravvento.
 
 
 
Fu solo dopo qualche ora che ci ritrovammo abbracciati in un giaciglio di fortuna della fucina. Abbracciata a lui, giocherellando con i suoi capelli mentre aveva gli occhi chiusi, me ne uscii con una domanda che sorprese anche me.
“Tu vuoi figli, Mu Si?”
Lo vidi arrossire, di colpo sveglio. “C-certo. Mi piacerebbe..”
“E quanti ne vorresti?”  chiesi quasi adirata fingendomi preparata al peggio. 
“Non voglio ingrassare troppo.”
Lui rise di gusto. “Xian Pu, non potresti mai. ..sarai sempre bellissima, anche dopo i cinque i figli che da quando sono ragazzino proclamo di voler avere da te.” Dichiarò mentre mi dava una sbuffetto sul naso per poi fare una risata buffa.
Era la prima volta che ritirava fuori quel discorso, dopo tutto quel tempo. Ma sorrisi, poiché stava  scherzando. Provava a sdrammatizzare e lo apprezzai. 
“Cinque? Ma non esiste proprio!!”  Quasi gridai per poi abbassare la voce suadente. “Certo se continuiamo così...”
Diventò bordeaux di colpo e scoppiai a ridere io, stavolta. 
“S-stavo scherzando A Xian. Non lo so, vorrei averne almeno.. due? Non mi è mai piaciuto essere figlio unico.”
“Neanche a me.”
“Lo so.”
“Lo so anche io.”
Ci eravamo fatti compagnia a vicenda noi, da sempre. Nonostante lo avessi sempre deriso, disprezzato, e calciato via, Mousse c’era sempre stato. Sempre. Meritava molto di più dell’affetto che potevo dargli, della passione innegabile che c’era fra noi. Almeno quello, lo riconoscevo. 
Rimanemmo così ancora a lungo, ormai il giorno di lavoro andato a farsi benedire per entrambi.
 
Fu solo dopo qualche settimana che ripensai a quella conversazione. Ero andata da mia nonna perché non mi sentivo ormai bene da giorni. Nausea, vomito...pensavo di star covando una brutta influenza. Anche Mousse era preoccupato.
Ma mia nonna mi guardò e per la prima volta dopo molto tempo la vidi sorridermi di nuovo. “Un fiore di loto cresce in te bambina. Congratulazioni.”
Mi misi a piangere, di gioia ovviamente. Neanche mi aveva sfiorato quel pensiero orribile fatto mesi prima, dove solo l’idea mi aveva fatto venire la nausea. Ora, l’unica nausea che avevo era quella dovuta alla gravidanza, mentre il mio cuore gioiva sincero, felice di avere finalmente un mio bambino. 
Purtroppo non ero molto brava a fare sorprese, men che meno a Mu Si. E dunque, quella sera, dopo aver pensato mille volte a come dirglielo, se con un indovinello o con un biglietto, lo guardai e annunciai così, dal nulla.  “Sono incinta….”
La sua espressione sconvolta mi fece sorridere. Lasciò cadere il piatto nel lavabo, fortunatamente pieno, e mi guardò, un’espressione così sconvolta che quasi risi. 
 “Se mi mettessi a piangere adesso non sarebbe molto da uomo vero?” 
Sorrisi. “No, ma sarebbe così da te commuoverti per una cosa del genere, scemo.”
Lui mi prese fra le sue braccia e con una mano mi tastò la pancia ancora piatta e soda. “Bene, perché lo sto facendo. Mi sto commuovendo.” disse con una vocina flebile ed evidentemente emozionata. Dopo un secondo però si inclinò un pochino verso di me cercando il mio sguardo. “Tu sei felice, A Xian?” 
Sorrisi di più stavolta, un sorriso di gioia. Certo che ero felice! Avevo amato quella creaturina nel mio ventre dal momento in cui mi era stato rivelato di essere incinta. Avrei avuto un bambino. E quel figlio era di Mousse. Mi trovai a riflettere su quanto fosse strana la vita, ma pensai che mia figlia o mio figlio non avrebbe potuto avere un padre migliore. E probabilmente lui aveva paura che io non fossi felice di portare in grembo suo figlio. “Si, moltissimo…” dichiarai mentre gli accarezzavo la mano sul mio ventre. “Mousse mi devi promettere una cosa.”
“Tutto ciò che vuoi, lo sai.” 
“Amerai questo bambino come ami me?” chiesi un po’ titubante.
Mu si mi fece voltare verso di lui e mi guardò intensamente, togliendosi gli occhiali come quando voleva dirmi qualcosa di estremamente serio. Ora però poteva toccarmi, aggrapparsi a me, per non rischiare di parlare con qualsiasi altra cosa nei dintorni, e infatti mi passò un braccio intorno alle spalle attirandomi a a sé. “Mi fai davvero una domanda del genere, Xian Pu? Non devi usare il tempo futuro. Io amo già immensamente nostra figlia, o figlio, e sai benissimo che lo amerò come amo te. Lo so che non ne avrai bisogno, soprattutto da uno come me, ma io vi proteggerò per sempre.”
Gli diedi uno scappellotto scherzoso in testa. “Ma che vuoi fare tu scemo?”  Aveva già fatto così tanto, in realtà. Era passato un anno, e non ero ancora mai riuscita a dire quelle sei lettere. Grazie.
 
Fu un periodo relativamente tranquillo, la fine del primo trimestre della gravidanza.
Mu Si ovviamente mi viziava come non mai, impedendomi di fare qualsiasi cosa per casa e cucinandomi tutto ciò che il mio stomaco imbizzarrito e nauseabondo richiedeva. 
Poi c'era mia nonna, che finalmente libera di manifestare la contentezza per la tanto agognata erede, aiutava Mousse nella sua missione di rendere la mia gravidanza più piacevole possibile. Ma in realtà, nausea a parte iniziale, tutto procedeva per il meglio e io ero felice come non ero mai stata in anni. Mu Si era ogni giorno per me più importante e la nostra passione non sie era fermata nonostante la mia condizione. Un giorno però, una domenica assolata, mentre rimettevo apposto la nostra stanza, trovai uno scrignetto che non avevo mai notato. C'era da dire che era da poco che ero tornata ad accorgermi delle cose intorno a me, soprattutto quelle che riguardavano Mu Si. Non pensavo che però quello scrigno fosse suo, bensì qualcosa lasciato da mia nonna, e così lo aprii. Quello che trovai, mi lasciò senza parole e ferita. 
Senza ragionare, scesi le scale e andai dritta dritta da Mu Si, che stava riassettando la cucina. 
“E così, Yan Li è sempre stata innamorata di te. Perché me l’hai nascosto?”
Yan Li era una ragazza del villaggio. Una sua cliente. E le lettere erano datate prima ancora che lui partisse per Nerima per inseguirmi.
Mu Si rimase sorpreso nel vedere ciò che avevo in mano. 
"A Xian, perché hai aperto quello scrigno?"
"Non pensavo fosse tuo. Ma a questo punto sono contenta di averlo fatto. Sei un bugiardo."
"Cosa? Ma perché A Xian?"
"Perché tenere le lettere di un'altra donna?"
Mu Si distolse lo sguardo, ferito e colpito nell'orgoglio. 
“Perché,forse ti importa Xian Pu?”
Rimasi in silenzio, non sapendo cosa rispondere. Mi importa? Mi importa che lui mi abbia nascosto qualcosa? Mi importava, certo, perché lui era solo ed esclusivamente mio e il pensiero che qualcun altro avesse potuto spodestarmi dal cuore di Mu Si mi faceva impazzire di gelosia. Tutto ciò però rimase nella mia mente, mentre rispondevo con rabbia:
“Certo che no. Sei liberissimo di divertirti con chi ti pare Mu Si. Non sono affari miei. Porto in grembo tuo figlio, però, e sono stata già abbastanza disonorata sposandoti, non aggiungere anche l’adulterio, se ti riesce."
Vidi Mu Si diventare di ghiaccio. Rividi lo sguardo tagliente della nostra prima notte di nozze, quando mi aveva distrutto.
“Non ho intenzione di stare a sentire ulteriormente i tuoi insulti Xian Pu. Non devo giustificarmi né difendermi perché le tue illazioni sono semplicemente ridicole.”
“Ah sì, e allora perchè hai tenuto quella lettera?”
"Xian Pu, quelle lettere sono di più di 5 anni fa. Yan Li è felicemente sposata e ha due figli. Sa benissimo che ti amo. Sai perché ho tenuto quelle lettere? Forse perchè per una volta in vita mia, in un atto egoistico, forse mi ha fatto piacere ricevere delle attenzioni invece di essere sempre trattato come lo sterco in terra." Scosse la frangetta, per coprirsi gli occhi. Aveva le lacrime agli occhi, lo vedevo. "E sai una cosa Xian Pu? Nei mie i momenti più bassi sono arrivato a rileggere quelle lettere fantasticando che fossi tu a dirmi certe cose. Un povero idiota, vero?" Era furioso, sebbene ferito, e la sua voce sottile ma glaciale mi investì più di uno schiaffo.
Rimasi come un'idiota a fissarlo, per un lungo minuto, la lettere bruciante nelle mie mani.
Reagii con l'unica arma che conoscevo...il disprezzo e la negazione.
“Nessuno te lo ha chiesto di fare quello che hai fatto, perciò non lamentarti come una femminuccia! Tu lo sapevi,lo sai! Non ho fatto altro che umiliarti da quando siamo nati e tu non hai mai fatto un fiato. Io sono sbagliata, capricciosa, cattiva. Io sono così, e non la principessa che tu credi. Io non ti ho chiesto nulla!”
Non l’avevo mai visto guardarmi così freddamente. In quel verde c’era del ghiaccio che mi spaventava.
“Non hai mai capito niente Xian Pu. So benissimo che tu sei capricciosa, dispettosa, di certo non sbagliata. Magari un po’ sadica, testarda a non finire, e decisamente egoista. Ma a me non me n’è mai fregato niente. Io ho sempre amato anche questi tuoi difetti, anche se a volte mi fanno imbestialire. E sai perché non mi sono mai arrabbiato con te? Perché tanto non cambierebbe nulla. Non è certo la mia opinione che conta per te. Siamo sposati, abbiamo fatto l’amore, aspetti mio figlio. Ma comunque per te rimango solo lo stupido idiota miope che ti infastidisce. Ma io amerò sempre, solo e soltanto te.  Per te invece esisterà sempre e solo lui e io lo so.”
Non era così! E non pensavo più solo a lui! Ero.. solo.. confusa. E sorpresa dallo scoprire che qualcun altro era stato innamorato di lui per tutto quel tempo. E lo sfogo di Mousse mi aveva sconvolto. Non riuscivo a parlare per quanto ero rimasta scioccata, e dall'impulso riuscii a dire solo cattiverie, invece che dire ciò che realmente provavo.
“Cos’è hai finalmente deciso di lasciar perdere e andartene? Ormai la nostra progenie c’è, il consiglio non ti punirebbe se tu mi lasciassi.” No! Perché stavo parlando così? Perché? Lo vidi ferito come mai prima di quel momento. 
“Magari Xian Pu, ti piacerebbe. Ma al contrario di ciò che pensi io non sono un codardo, né più un debole. Non lo sono mai stato fin dalla nostra prima notte di nozze. Ho affrontato tutto, tutto. 
In questo momento però, non ho proprio voglia di parlarti. Stai per diventare madre, vedi di crescere.”
Se ne andò sbattendo la porta di botto. Mi sedetti al tavolo dove il giorno del mio compleanno avevamo festeggiato, quando per la prima volta ci eravamo comportati come una quasi coppia. 
Mi massaggiai la pancia. “Aya, non sapevo che tuo padre fosse così testardo sai? Fino a qualche anno fa non si sarebbe mai azzardato a rispondermi così! E veramente secondo le regole del villaggio neanche dovrebbe, anche se in pratica può fare qualsiasi cosa dato le  circostanze in cui ci siamo sposati….” Scossi la testa, stavo parlando più a me che al bambino. “Comunque papà non voleva farmi arrabbiare, sono stata io. Spero che non riprenderai questo caratteraccio da me, tesoro.” Aggiunsi sorridendo sempre massaggiandomi la pancia. Pronunciare la parola papà riferita a Mu Si per la prima volta, mi fece intenerire.
Continuai a fare tutto ciò che dovevo per casa, aspettando che Mousse tornasse per fare pace. Ero tranquilla, perché in fondo sapevo che quel litigio non avrebbe incrinato la nostra famiglia, anzi. Era la prima volta che litigavamo davvero da quando eravamo.. insieme..nati?..e nonostante avessi voglia di discutere ancora, ero anche conscia del fatto che stavamo crescendo anche..come coppia. In fondo, quella era una litigata fra coniugi, e lo preferivo di gran lunga all’antico atteggiamento servile di Mu Si. E poi le cose che mi aveva detto… in fondo aveva ragione. Dovevo crescere, e riconoscere di avere torto sarebbe stato un gesto di maturità. 
Passarono le ore e cominciai per la prima volta ad avere l’ansia. E se non fosse tornato? Se le mie parole l’avessero ferito così duramente da decidere di lasciarmi? Dopo anni di angherie non avrei potuto stupirmi del contrario. Era veramente, veramente ferito. Ma non poteva essere.. non poteva lasciarmi.. perché io…io avevo detto quelle cose perché ero..gelosa e..
Me ne resi conto improvvisamente, quando il cuore a mille non si fermava per l’angoscia, mentre pulivo il tavolo della sala per la cinquantesima volta per ammazzare il tempo. 
“Piccolino, penso che tu dovresti essere il primo a saperlo….alla fine, io mi sono davvero innamorata di tuo padre.”
Dirlo ad alta voce mi fece riprendere un po’. Mu Si doveva saperlo. Doveva sapere che lo amavo, ormai. Ma poi subito mi sovvenne un pensiero: non glielo avevo detto mai neanche grazie, per tutto, tutto quello che aveva fatto per me.   
Salii le scale, mentre cercavo di non pensare a quanto tempo fosse passato. Ore. 
Non mi accorsi neanche come successe, ma senti solo avere un mancamento, e poi, il buio.
 
Mu Si
 
Ritornai sui miei passi molto presto. Ero stato un'idiota ad arrabbiarmi così, con mia moglie incinta. E' vero che non volevo più farmi dire certe cose da Xian Pu, ma invece di reagire così avrei dovuto sedermi e ragionare con lei, farle capire che quelle lettere erano solo un ricordo di un passato lontano. Ma ero stato così preso in contropiede che non ero riuscito a far altro che reagire d'impulso. Mi diedi del cretino, dopo aver sfogato la sua rabbia nella foresta. Raccolsi poi delle azalee selvatiche, pronto ad affrontare mia moglie. 
Entrai dentro casa deciso a parlare e a risolvere quella stupida situazione.
"A Xian..sono torna-"
Il fiato mi morì in gola. Xian Pu era ai piedi delle scale, in una posizione scomposta. Accorsi da lei in un attimo, con la morte nel cuore e il cuore in gola che batteva all'impazzata dal terrore.
"PER GLI DEI SHAN PU!" gridai senza pensarci, prendendola fra le braccia. Le sentì il polso, presente. Doveva essere caduta dalle scale, e il solo pensiero di essere stato la causa di quel malessere mi fece morire dentro. Controllai che non fosse ferita e notai che non c'erano tracce di sangue intorno a lei. Baciai la pancia appena visibile del suo bambino con le lacrime agli occhi e il fiato corto. "Tranquilla principessa, andrà tutto bene." Portai con un balzo mia moglie sul più vicino divano, pronto per andare a chiamare Obaba, ma la donna si materializzò all'ingresso alle nostre spalle. 
"Xian Pu, Mu Si siete in cas-cosa è successo?" la sentii urlare spaventata.
"Obaba, devi aiutare Xian Pu! Abbiamo litigato e sono uscito di casa quando sono tornato, solo cinque minuti fa, l'ho trovata svenuta alla fine delle scale! Deve essere caduta!"
La donna si precipitò dalla nipote controllando il battito, spaventata a morte. "Oh dei aiutate mia nipote! Esclamò mentre controllava immediatamente i segni vitali della ragazza incosciente.
E' tutta colpa mia..se non avessimo litigato..." mi sentivo un verme e stavo morendo di paura.
"Mu Si, non è il momento di perdere la calma! Xian Pu e il bambino stanno soffrendo."
"Cosa posso fare?"
"Al momento non lo so. Vai a chiamare le altre anziane."
Lo feci e aspettai con il cuore in gola che mi diedero notizie di mia moglie. 
Ma il tempo passava e io non potevo resistere, stavo impazzendo. 
D'un tratto, mi ricordai di una leggenda. Il nostro villaggio era situato ai piedi di un monte chiamato il Picco del Diavolo, laddove si diceva che vivesse un demone che custodiva l'elisir di lunga vita. Era quello il motivo per cui vivano così' a lungo al villaggio, dato che le nostre fonti idriche erano tutte provenienti dal monte. Senza pensarci, entrai nella stanza dove mia moglie giaceva circondata dalle anziane. 
"Mu si..." non le diedi tempo di finire la frase e mi inginocchiai vicino a Xian Pu incosciente, baciandola un'ultima volta.
"Obaba, non c'è tempo da perdere. Andrò sulla montagna del diavolo, e prenderò la plumeria dell'immortalità"
Le vecchie mi guardarono stupite lasciandosi andare un generale "Cosa?"  ma fu Obaba a guardarmi fisso negli occhi. "Per quanto nobile, questo significa morte certa e non è detto che tu riesca."
La guardai deciso. "Sono morto nel momento in cui ho visto mia moglie ai piedi di quelle scale. Se dovrò morire, che sia per una giusta causa." accarezzai un'ultima volta la pancia di mia moglie e le depositai un bacio sulla fronte.
"Aspettami A Xian. Vi salverò."
Presi al volo una delle mie armi e senza guardarmi indietro, cominciai a scalare la montagna il più velocemente possibile.
 
Quando arrivai sul picco, pioveva a dirotto. Ero fradicio, le mie vesti pesanti non agevolavano di certo i miei movimenti ma nulla mi importava.  Non ero neanche cosciente di ciò che stavo facendo, in testa solo un obiettivo: la plumeria miracolosa per Xian Pu e la nostra bambina. Nonostante il tempo inclemente, la pioggia e il vento, individuai ben presto ciò che cercavo. Cespugli di plumeria crescevano rigogliosi ovunque, avvolti da un bagliore miracoloso che li schermava dal vento e dalla pioggia. Senza pensarci, cominciai a estirpare con delicatezza uno dei fiori sacri. Sarei stato dannato per sempre, ma Xian Pu si sarebbe salvata.
Immerso nel mio delicato compito, non mi accorsi della presenza nefasta alle mie spalle. Appena sistemati i fior nella mia tunica, sentii un fortissimo colpo alle spalle che mi sbatté a terra. Senza neanche rendermi conto di cosa stesse succedendo, sentii un dolore lancinante all'altezza del ventre. Ero stato colpito da qualcosa che non riuscivo neanche a vedere. Vidi il sangue allargarsi sulla mia tunica slabbrata. Non riuscivo neanche a parlare dal dolore ma il mio pensiero era uno solo. Dovevo tornare al villaggio, poi sarei potuto morire in pace. "Non mi impedirai di guarire mia moglie, chiunque tu sia!"
Lanciai a vuoto le mie catene, mentre mi sentivo inutile e sempre più debole dalla perdita di sangue.  Dopo neanche un attimo, ci fu un momento di buoi, intravidi degli artigli e poi sentii un dolore improvviso ai miei occhi. Urlai, impazzendo di dolore. Con la vista appannata dal sangue, spinto solo dal mio amore per mi amoglie e mia figlia, riuscii a lanciarmi dal picco con una delle mie corde. 
Persi l'appiglio e mi ritrovai a strusciare contro le utlime pietre aguzze che mi sferzarono la pelle come coltelli. 
Vedevo a malapena solo da un occhio, ma per fortuna, riuscii a indossare degli occhiali di riserva.
Con un'ultima spinta di vita, mi trascinai come un non morto verso casa nostra.
Dovevo salvarle.
Poi, sarei potuto morire.
Xian Pu
 
 
Quando ripresi conoscenza, vidi solo mia nonna vicino a me. Sbattei le palpebre un po’ confusa, ma comunque non dolorante. Mi toccai la pancia e mia nonna mi rassicurò subito. “Tranquilla Xian Pu, state bene adesso tue il bambino. Ci hai fatto prendere un bello spavento.”
Annuì, sedendomi un po più dritta e sollevata di sapere che nonostante la caduta, fosse tutto ok.
“Dov'è..quello scemo di mio marito? Scommetto che è qui fuori a tremare di paura. Qualcuno l’ha avvisato che stiamo bene?” Asserii con un pallido tentativo di alleggerire l’aria drammatica. Me lo immaginavo a torturarsi le maniche della tunica mentre camminava avanti e indietro fuori dalla porta.
Vidi mia nonna sospirare a fondo e usare il tono che serviva quando voleva consolarmi. 
“Xian Pu, vedi…” quell'introduzione non mi piacque per niente, ma cercai di non agitarmi per il bene della mia piccola creatura.
“Nonna, non fa niente..gliene ho fatte passare di tutti colori..non mi stupirei se fosse scappato. Abbiamo  litigato molto violentemente l’altra sera prima che succedesse tutto..”
Mia nonna sembrò ancora più addolorata. “Xian Pu devi essere forte. Adesso mostra l’amazzone che sei veramente.”
Mi risistemai piano sul letto.
“Nonna che succede?”
“Non è scappato, nipote mia. Quando ti sei sentita male..lui ti ha trovato. Stava per venirmi a chiamare ma io ero già arrivata a casa vostra perché volevo darti una cosa...appena ha capito la situazione grave,  è andato a cercare la plumeria miracolosa che vi ha salvati. Mi ha detto che non avrebbe permesso che vi succedesse nulla a ogni costo, anche se avrebbe significato morire”
Tremai di gioia.  Non mi aveva  abbandonato. Ancora una volta.
“La plumeria miracolosa si trovava sul Picco del Diavolo Annegato Xian Pu.” 
Spalancai gli occhi, stavolta di terrore. “Bisnonna ma li non vive il Demone del Picco? Lui non sarà mica..”
La vidi annuire gravemente. “Xian Pu, gli dei solo sanno come ha trovato la forza di tornare.. forse solo il pensiero di salvarvi, l’ha fatto tornare al villaggio.”
Sentii le lacrime scorrere sul mio viso mentre l’anima mi veniva strappata via. “Lui..è..?”
“No tesoro, no. Però non possiamo essere ottimiste..” sentire mia nonna chiamarmi tesoro, mi fece venire i brividi più che tutto il resto. Voleva dire che la situazione era più grave del previsto.
Provai ad alzarmi dal letto, mentre la nonna cercò di impedirmelo. “Xian Pu solo ieri stavi per morire, non puoi andare da lui, ora.”
La guardai e forse qualcosa nel mio sguardo la convinse mentre dicevo solennemente. “Nonna, mi hai detto di essere un amazzone. Ebbene, è quello che voglio fare. Non lascerò mio marito da solo un secondo di più.”
Mi alzai e non sentii niente che non andava. Mi sfiorai il ventre felice di sentire ancora la minuscola presenza di mio figlio, l’unica cosa che mi impediva di gettarmi a terra e affogare in un mare di disperazione.
“Portami da lui, nonna.”
“Xian Pu, ti ho detto che non sarà uno spettacolo facile da affrontare. Dovresti tornare a letto.”
Scossi la testa. “Nonna ti ringrazio, ma ti ho detto che sto bene. Non metterei in pericolo me e la vita di mio figlio dopotutto quello che Mu Si ha fatto per noi se non stessi bene. “
Mio marito giaceva incosciente nella stanza accanto alla mia, la stanza mai usata degli ospiti, quella in cui avevo avuto il coraggio di non usare fin dalla prima sera del nostro strano matrimonio. Appena entrai sentii il profumo stordente delle erbe medicinali, mentre il semibuio mi impediva di vedere nulla di più che la sua figura sul letto. Sembrava stesse semplicemente dormendo, e osai sperare che mia nonna avesse esagerato, ma mi avvicinai e mi resi subito conto della gravità dei fatti: ferite di piccole e medie dimensioni ovunque costellavano il corpo esanime di mio marito, mentre il torace era coperto con un impiastro verde che a malapena copriva l’estensione della profonda ferita in suppurazione. Mi portai una mano alla bocca sentendo il vomito venirmi alle labbra, ma resistetti e avanzai sedendomi vicino a lui mentre mi accorgevo della benda sugli occhi che non riusciva a coprire i profondi graffi che attraversavano per obliquo dalla fronte al naso. Intrecciai la sua mano con la mia, portandomela alle labbra, sentendola inerte vedendo la terra rimasta sotto le unghie spezzate come se si fosse trascinato.
Respirava appena, e quello mi dava motivo per non dare in escandescenza.
Stavo morendo dentro, ma dovevo essere forte. Per me, per il bambino, per lui che si era sacrificato così.
Mi sentivo sulle spalle tutto il peso del mondo. Fino a un anno prima, non avrei mai immaginato di ritrovarmi in una situazione simile. Mi sembrava passato un attimo: un giorno ero a Nerima a fare consegne per il ristorante e corteggiare Ranma, quello dopo ero incinta e vedevo con i miei occhi il sacrificio dell’uomo che mi aveva salvato la vita più e più volte.
“Bisnonna, sai cosa gli è accaduto?” simulai la mia voce per far si che non trapelasse la mia disperazione. 
Lei scosse la testa. “E’ arrivato alla soglia di casa praticamente per miracolo. L’unica cosa che è riuscito a dirmi è che aveva trovato l’erba e che ti ama.. vi ama. ”
Le mie lacrime bagnarono copiose la sua mano mentre la baciavo più e più volte, accarezzandogli i capelli, avendo anche solo paura di sfiorare il viso martoriato.
“Non c’è niente che possiamo fare nonna?” chiesi ormai sull'orlo della disperazione.
Mia nonna sembrò pensarci a lungo. “Xian Pu, probabilmente mi odierai ma non potevo rischiare di perdervi tutti, e  sapevo che anche Mu Si avrebbe voluto così. Dall'estratto che ho fatto per te è avanzata dei fiori, un piccolo quantitativo che basterebbe forse a lenire la ferita più grave…forse.”
“E perché non l’hai usato subito ?” sibilai incredula. 
“Dovevo essere sicura che se te ne fosse servito ancora avevo una scorta da poter usare.”
Non potevo odiarla, potevo capire quanto era stata difficile quella scelta. La nonna si era affezionata a modo suo a Mu Si da quando aveva deciso di sposarmi per salvarmi la vita, ed ero sicura che aveva apprezzato il suo valore molto di più ora che aveva riportato l’erba per salvarmi strappandola probabilmente alle grinfie del demone.
“Nonna, ti prego, prepara quello che puoi. Io sto bene ora. Resisterò, te lo giuro.”
Lei annuì “Stai reagendo come una vera amazzone, mia piccola Xian Pu.” E senza aggiungere altro andò via di fretta.
Mi avvicinai di più al viso di Mu Si.
Notai i graffi gonfi che passavano spessi sotto la benda. Mi resi conto da sola anche senza essere una guaritrice che probabilmente, anche se fosse sopravvissuto, quei graffi gli avevano tolto la vista.
“Dimmi che ci sei, dimmi che non stai andando via da me..da noi…” gli sussurrai piano. 
Sentii una piccola stretta della mano che tenevo fra la mia. “Mi senti? Mi senti ailen?” cercai di reprimere tutto il mio dolore cercando di sembrare felice.
“Sei a casa ailen. Sei da me, da noi. Siamo salvi, grazie a te..” continuai a cantilenare piano per essere sicura che mi capisse. Un’altra impercettibile stretta. “Andrà tutto bene, te lo prometto. Il giorno del nostro matrimonio hai promesso che non mi avresti mai fatto morire. Anche io ailen, anche io non ti lascerò morire. Te lo prometto. Starai bene..”
Sentii un filo di voce raggiungermi fioco. “Xian..”
“Mu Si, shhh…non sforzarti.” Dissi accarezzandogli una guancia sperando di non recargli dolore. 
Lui mi ignorò, racimolando le ultime energie per dirmi qualcosa.
“Xian..ho resistito...per sentire la tua voce..un’ultima..volta.” una pausa che mi fece quasi intendere che avesse finito. “Devi perdonarmi...e devi promettermi...che...” continuò invece dopo un un sospiro profondo, di dolore. Stava morendo? “...che starete bene. Per me Xian Pu. Io.. ti amerò..sempre. Trova un...marito...da ..amare.”
Cosa poteva dirmi il mio migliore amico, il mio compagno di giochi, il mio disprezzato spasimante divenuto incidentalmente mio marito per colpa di una condanna a morte?
Poteva solo augurarmi la felicità. Scoppiai in lacrime. Se solo quell'idiota avesse amato di più se stesso e meno  me non gli sarebbe accaduto nulla. 
“Io l’ho già trovato un marito da amare…sei tu, Mu Si, ailen…sei tu..” lo baciai sulle labbra screpolate mentre piangevo ormai senza freni.
Lui abbozzò un sorriso dolorante mentre reclinava un po’ la testa come per vedermi. “Xian Pu..grazie per…q-questo regalo d’a-addio..” sentii il suo fiato smorzarsi mentre la presa seppure flebile svaniva. 
Capii immediatamente che cosa stava succedendo.
“Nonna! Nonna!!” di corsa mi affacciai dalla porta. “Non c’è tempo nonna!”
La vidi trotterellare veloce come non mai portando una brocca con un po’ di liquido rossastro violaceo all'interno. 
“Xian Pu, questo è l’estratto. E’ tutto quel che è, Xian.” Cominciò a spiegare mentre con rapidità entrava e iniziava a togliere l’impacco-benda  sul torace con estrema bravura, l’esperienza guadagnata nei secoli.
“Ti sei resa conto da sola nipote mia che questa ferita l’ha reso cieco?” disse con fare burbero dovuto dalla fretta. “Si nonna.”
“Se usiamo tutto l’estratto per la ferita, quando si rimetterà sarà quasi impossibile che riacquisti la vista. Ma se non si salva, averlo conservato sarà inutile.” 
Annuì. Dovevo compiere una scelta molto importante. “Una cosa per volta. Impediamogli di morire, nonna, poi mi occuperò del resto. Devi usarlo tutto ora?”
Lei fece no con la testa. “No nipote, questo è un infuso diverso dal tuo. Tu dovevi berlo per dare forza al tuo bambino e a te stessa, questo serve a curare queste ferite orribili. Dovremmo fare degli impacchi, a versarlo ora tutto insieme si sprecherebbe e basta.”
Con cura cominciò a bagnare una pezza e a metterla sula ferita che vista nuda e cruda mi fece risalire la nausea. Mi avvicinai a lui mentre prendevo la sua mano e appoggiavo la sua testa sul mio petto. “Stai con me, stai con me..” sussurravo ininterrottamente.
Vidi il miracolo avvenire sotto i miei occhi. La ferita sembrò diminuire impercettibilmente, rimarginando la parte più profonda e l’infezione stessa diminuì sensibilmente. 
“Ora fagli bere questo Xian Pu.” Mi porse una fialetta con
“Cos’è?”
“E’ tutto ciò che rimane dell’infuso che hai bevuto anche tu. E’ poco, ma dovrebbe bastare per farlo stare meglio.”
Lo presi e rapidamente glielo feci ingerire. Piano piano piano, goccia per goccia, massaggiando delicatamente la gola per farlo ingoiare. Sentii il respiro tornare lentamente normale, non più il soffio di fiato di qualche minuto prima.
La nonna lo toccò su alcuni punti vitali. “Nipote, credo che per ora sia scampato il pericolo. Vai a riposare.”
Scossi la testa. “Non sono sveglia da molto nonna e non è neanche notte. Rimarrò qui a occuparmi di lui”
La nonna scosse la testa perplessa. “Non ti sforzare Xian Pu.”
Diniegai silenziosamente, mentre con le lacrime agli occhi tenevo Mu Si inerte fra le mie braccia.Fuori, infuriava la pioggia scrosciante, la stessa furiosa tempesta che aveva infestato la mia ultima, pietosa notte a Nerima. E se quel giorno avevo pensato di morire, oh che sciocca ero stata. Era in quel momento, a un passo dal perdere la persona che amavo davvero per sempre, che mi sentivo morire.
 
 
Rimasi per i tre giorni successivi rimasi a occuparmi di lui al suo capezzale alternandomi con mia nonna e la madre di Mousse, riposandomi solo per il bene del bambino.
La ferita si rimarginava a vista d’occhio ogni volta che passavamo l’impacco ma  Mu Si alternava fasi di incoscienza a deliri sconnessi. Il mio cuore sanguinava nel vederlo così ma il pensiero che stava migliorando mi faceva scacciare le lacrime. La mia mano sempre a tenere la sua, aspettavo il momento di vederlo tornare da me. E quel momento arrivò, come una benedizione.
Stavo cercando di fargli bere un po’ di zuppa, per sostentarlo, quando sentii la sua mano fermare la mia.
“Xian..Pu?”  non invocava il mio nome nel delirio, era una ricerca cosciente.
“Mu Si, sono io, sono qui.” Mi avvicinai di più accarezzandogli il volto, felice.
“Non dovresti darti tutto questo affanno per me..” era cosciente del fatto che ero accanto a lui da giorni?
“Non dire scemenze. Non mi sto affannando, non faccio altro che stare seduta qui accanto a te.  Stiamo bene, non preoccuparti.”
Lui sorrise impercettibilmente “Sono felice.. scusa A Xian è stata…tutta colpa mia.” Scossi la testa veementemente, anche se non poteva vedermi.
“Non dire così, non è vero. Non è colpa tua, ma mia e della mia cattiveria. Ora devi pensare a guarire, e a rimetterti, per noi. ”
Lui mi accarezzò con il pollice la mano, come suo solito. Sentii come se tutto, sarebbe tornato a posto, come se quel rituale gesto portasse con sé un po’ di speranza. 
“Non posso Xian Pu.. anche se guarissi, come potrei fare? Adesso non vedo più.. sarei solo un peso per te... non che prima non lo fossi..ma ora..”
“No! Non è vero!” lo baciai sulla fronte, mentre lo abbracciai più forte. Lui abbandonò la testa sulla mia spalla, rimanendo in silenzio. “Anche se tu non vedessi più pensi che io ti lascerei da solo? Dopo ciò che hai fatto per me, per noi? Mu Si ho fatto una scelta, con la nonna.  Stiamo usando l’estratto miracoloso un po’ per volta, e la ferita è migliorata molto. Ma ora che starai meglio la scelta è tua. Guarire più lentamente e lasciare l’estratto per guarire la ferita ai tuoi occhi, o soffrire meno? Quello squarcio ci metterà molto più tempo senza aiuto, potrebbe peggiorare nuovamente...io non so.. ” Se lui fosse morto per un’infezione qualunque non mi sarei perdonata la mia scelta.
Mu Si non mi fece quasi finire di parlare. “Oh Xian Pu sai che preferisco correre il rischio piuttosto che non vedere mai più il tuo sorriso..o non vedere il volto di nostro figlio. Grazie…grazie.. mi spiace averti fatto carico di tutto questo stress.. questo peso.” Strinsi un po’ la sua spalla, dove sapevo che non era ferito. 
“Non devi ringraziarmi tu. Sono io che dovrei dire grazie fino a non avere più fiato. Sono stata sempre così cattiva.. che se fossi stata in te sarei scappata davvero.”
“Ma..io ti amo.” Sussurrò sorridendo. Ah, ecco colui che avevo sposato, il suo tono gentile, seppure sofferente, il suo sorriso mite. Ero felice, ma non era ancora tempo per dirgli i miei sentimenti. Non mi avrebbe creduto, avrebbe pensato solo alla pietà. Quando si sarebbe rimesso, avrei litigato e parlato con lui fino allo stremo. Avevamo tutto la vita, ora che sapevo che sarebbe guarito. 
Svagai. “Non ti azzardare a farmi uno scherzo del genere mai più. Sono molto sola a letto senza di te.” 
Lui si appoggiò a me “Non ti lascerò a lungo. Guarirò presto.”
“Promettimelo.”
“Te lo prometto.” 
Lo baciai sulle labbra, un bacio dolce e sfiorato che mi strinse il cuore d’amore  che non potevo esprimere. Poco dopo, sentii il suo respiro regolare, che mi confortò. Sarebbe stata una strada difficile, ma ne sarebbe valsa la pena. 
La notte, ebbe un incubo tremendo. Lo sentii urlare dalla stanza accanto e subito accorsi al suo capezzale. 
“Shh..sono qui..è solo un incubo..shh” quante volte lui l’aveva detto a me, nei primi mesi del nostro matrimonio, quando mi svegliavo in lacrime? 
“E’ tutto buio..io…il demone..Xian Pu non puoi..morire.” si aggrappò a mio braccio, disperato.  In lacrime io stessa provai a consolarlo. Provavo compassione in quel momento, ma non era pietà. Era la consapevolezza di essere la causa di quel dolore.
“Svegliati..ailern,sono qui, sono qui…è  tutto passato. Starai bene, io sto bene..nostro figlio anche.”
Gli accarezzai i capelli mentre delicatamente lo prendevo fra le braccia per quietarlo e sembrò calmarsi. 
“Scusa…Xian… sono… stato patetico.” Sussurrò nel silenzio calato dopo le grida.
“Pensavi forse che io fossi patetica quando piangevo la notte?”
“No.. certo che no.” 
“E allora sai che non lo sei. E’ normale che tu abbia degli incubi, dopo quello che ti è successo. Voglio dormire con te…  Non voglio più lasciarti solo, come tu non lo hai fatto con me.” Continuai a baciare ininterrottamente la sua fronte, in silenzio.
“Voglio curare i miei occhi…voglio vederti. ” non l’avevo mai sentito così disperato, così impotente. 
“Ma è ancora presto, la ferita..”
“No… domani starò meglio, vedrai. Non posso stare ancora sapendo che esiste anche una sola speranza di vederti.”
“Va bene.. domani proveremo. Ora dormi però.”
“Tu torna a letto, non puoi rimanere in questa posizione scomoda. Ti fa male”
“Shh sto bene, andrò quando vedrò che stai dormendo, te lo prometto.”
 
Il giorno dopo, la nonna venne per darmi una mano. La mattina eravamo riusciti a cavarcela da soli. Mousse, trattenendo a stento il dolore, riuscì zoppicando e appoggiandosi a me a tornare le nostro letto, impuntandosi per dimostrarmi che stava meglio. Ero preoccupata non poco, ma ero felice. Avrei potuto di nuovo stargli accanto, soprattutto in caso di altri incubi. 
“Ragazzo sei sempre il solito testardo. Non dovevi alzarti, guarda qui che hai combinato.”
“Se potessi…”
Io gli diedi uno sbuffetto, molto piano, sulla mano. “Guarda che non è uno scherzo. Si è riaperta un po’ dopo che finalmente ieri si era fatta tutta la crosta.”
“Sto bene e da ora prometto che seguirò tutti i vostri consigli. Ora però voglio solo poter vedere.”
Nonna scosse la testa. “Sei proprio cocciuto. Secondo me dovresti aspettare, ma se proprio insisti… Guarda che non è così assicurato che tu ci veda ancora.”
“Appunto. Devo sapere.”
La nonna sciolse le bende sugli occhi. L’infezione era passata grazie ai medicamenti, ma i graffi erano terribili, seppure sgonfi. “Riesci ad aprire gli occhi.” 
Mu Si provò, seppure con dolore, e riuscì ad aprire parzialmente l’occhio destro. Nonna si avvicinò e lo guardò. “Ora scusa figliolo ma ti farà un po’ male.”
“AHHHHH!” gridò senza trattenersi mentre la nonna apriva l’occhio sinistro con le sue dita arcuate. “Lo so, scusa dovevo controllare. Hai visto qualcosa?”
“Ho visto..la luce..e qualche chiazza di colore. Solo dall'occhio destro.” 
La nonna annuì seriamente. “No so come andrà. Però proviamoci lo stesso.”  Tirò fuori un barattolo molto piccolo, e cominciò a spalmare il cui contenuto  cremoso e rossastro sugli occhi di Mousse, delicatamente.  Impregnò una nuova benda, e l’avvolse stretta intorno al capo. “Un giorno intero, non provare a toglierla prima. Domattina nipote la toglieremo e poi” e mi indicò una fiala “passeremo questo prima di fargli riaprire gli occhi. Per tu riposa il più possibile.” Lui annuì e io ringraziai la nonna, accompagnandola giù. 
“Anche tu dovresti riposare, sei sicura che va bene che io sia tornato qui?”  mi accolse quando mi sentì rientrare nella stanza. Per tutta risposta mi misi vicino a lui, sotto la coperta e mi accoccolai sul suo petto, ben attenta a non fargli del male. 
“Non aspettavo altro.” Dissi mentre respiravo di nuovo il profumo della sua pelle, anche se mescolato all'odore dei medicamenti.
“Mi sento un rottame.” 
“Le ferite bruciano molto?” intanto giocherellavo con una ciocca di capelli, felice almeno di averlo accanto.
“L’estratto della plumeria del Diavolo è davvero miracoloso... Prima ,nonostante le erbe medicinali di tua nonna mi bruciava in continuazione, ora mi sento fresco e non brucia più. Mi sento anche in grado di formulare un pensiero più lungo di quattro parole.”
Risi un po’. “Un giorno, te la sentirai di raccontarmi cosa è successo?”
“Non c’è molto da dire. Sono arrivato, ho combattuto, sono tornato a  malapena vivo, ma ho portato via il fiore. Non sono un eroe A Xian. Sono scappato.”
“Sei un eroe. Nessuno è mai tornato dal picco e io non ti ho ancora ringraziato per bene.”
“Non devi.”
“Ma voglio.” Lo baciai dolcemente sulle labbra, e il bacio diventò subito più profondo. Mi mancavano quelle sue labbra, anche se erano ancora un po’ screpolate. Avevo temuto di baciarle ormai fredde, e sentirle calde su di me mi fece quasi commuovere. “Ho avuto paura, credimi.”
“Lo so, e mi dispiace. Anche io ho avuto paura, non credere. Ripeto, Non sono un eroe.”
“Un eroe se non prova la paura non è tale, dice il saggio.”
“Ho ancora paura.  Se non dovessi più vedere?” 
“Ci sarò io. E poi andrà tutto bene. Stavo per perdere nostro figlio e quell'estratto mi ha salvato la vita guarendoci perfettamente. La tua era una ferita gravissima, mortale ,ma dopo soli tre giorni è sei praticamente fuori pericolo. Anche i tuoi occhi torneranno a vedere..”
“Più o meno…” ebbe la forza di scherzare. Sorrisi. “Ti terrò gli occhiali a portata di mano, e ti terrò la mano così non schizzerai ad abbracciare mia nonna.” Gli strinsi la mano forte, e lui restituì la stretta, forte.  “Grazie.” Ripetei baciandogli il petto nudo. Avrei voluto dirglielo in continuazione. 
“Smettila. Piuttosto come  state voi?” E con un po’ di sforzo mi accarezzò la pancia ancora non molto visibile.
“Noi stiamo bene. Ogni tanto ho un po’ di nausea, ma è tutto sotto controllo. Anche la nonna l’ha confermato”
“Sono così felice A Xian...l’unica cosa che veramente conta è che voi stiate bene.”
Volevo dirgli che io non sarei mai stata bene se l’avessi perso per sempre, perché lo amavo, ma le parole si fermarono in gola. Dovevo aspettare.
“L’unica cosa che conta è che stiamo qui insieme.” Riuscii a sussurrare stringendomi più vicina a lui. Lo vidi sorridere e finalmente si rilassò. Dopo un attimo però sembrò agitarsi di nuovo. “Xian Pu...non posso far altro che pensare che per colpa ia tu ti sia sentita male.”
“No, non è vero! Ho avuto un capogiro sono caduta. Ma ero tranquilla Mu Si, aspettavo solo che tu tornassi a casa per chiederti scusa del mio comportamento. Ero...gelosa, e sono stata stupida, è colpa mia se è successo tutto questo.”
Lui scosse la testa “Non avrei dovuto arrabbiarmi con te.”
“Mu Si ti ho detto delle cose orribili. Cose che non penso. Ti prego. Perdonami e riposiamo, insieme. Non dubiterò mai più di qualsiasi cosa tu mi dirai, io so che posso fidarmi di te.”
“Butterò quelle lettere. Non ne ho bisogno. Ho te e sono felice.”
Mi sentii il cuore stretto in una morsa. Avrei voluto confessargli ciò che provavo ma potei solo baciarlo con delicatezza.
“E io ho te. Mu Si, lasciamoci tutto questo alle spalle. Voglio solo vederti guarire. Mi prometti di non darti colpe che non hai?”
Lui annuì, accusando la stanchezza.
Lo abbracciai e ci addormentammo tranquillamente, passando tutta la giornata a riposare e a coccolarci in silenzio. Lui a volte si agitò nel sonno, ma i miei abbracci lo fecero calmare. Più volte gli sussurrai nell'orecchio che lo amavo, mentre era profondamente addormentato. Facevo le prove, per quando sarebbe arrivato il momento.
 
Arrivò il giorno dopo, e dormimmo fino a che il sole non fu alto nel cielo. Avevamo recuperato tutti e due energie e ore di sonno, era stata la più bella notte da quelli che mi sembravano secoli, e invece erano pochi giorni. 
Nonna arrivò nel pomeriggio, e benedii quel momento. Mu Si era visibilmente nervoso e agitato, come era normale che fosse. Io cercavo di mantenere la calma per il suo bene e quello del bambino, ma avevo un groppo in gola che quasi mi faceva male.
Con un po’ di dolore riuscì a sedersi su una sedia mentre la nonna arrivava.
Pratica come sempre, non si perse in convenevoli ma disse solo: “Bene ragazzo, credo sia arrivato il momento della verità..” Gli tolse la benda lentamente, e notai stupita che le ferite erano quasi del tutto sparite, tranne nelle parti del viso dove lei non aveva passato l’unguento, preferendo concentrare tutto sugli occhi. 
Senza dire nulla passai l’altra fiala alla nonna accanto a me.
“Sei pronto?” gli chiese mentre tenevo gli occhiali in una mano e la mano di Mu Si nell'altra.
Lui cominciò a sbattere gli occhi. Le palpebre sembravano mobili e senza problemi, un miracolo rispetto al giorno prima, dove erano gonfie e in pratica inapribili. “Xian..Pu..”
“Allora?”
“T..ti..vedo…” e alzandosi mentre sbatteva le palpebre nuovamente, mi attirò a sé e cominciò a baciarmi. “Vedo le tue labbra” bacio. “I tuoi capelli” bacio. “Le tue mani” le prese e vi pose un bacio. “Il nostro bambino..” e non potendosi piegare si accontentò di baciarsi la punta delle dita e accarezzarmi la pancia senza smettere di guardarla.  “E’ un miracolo.” Sussurrò guardandomi negli occhi. 
“Scusami se ti ho aggredito così…” aggiunse dopo poco, notando la mia aria basita. “non essere stupido!” dissi abbracciandolo con forza. “A-ahi..”
“Ayaaa!Scusa!!E’ che sono così felice.”
“Anche io.”
Ci abbracciamo per qualche altro secondo, prima che la nonna ci interruppe.
“Sono felice anche io ragazzi miei ma..gli occhiali? Non ti servono?”
Mu Si strizzò di nuovo gli occhi, aspettandosi miope,  e poi mi guardò sgomento. “Xian..ci vedo. Cioè, ci vedo un po’ sfocato, e da lontano non vedo tutto benissimo..ma..ci vedo come mai ho visto in vita mia.”
“Mi stai dicendo che non sei più praticamente cieco??” mia nonna era allibita.
“A quanto pare..no!” Ma Mu Si lo era molto, molto più di lei.
 
 
Mu Si
 
La vita dopo quel giorno divenne almeno un po’ più chiara. Non avevo quasi più bisogno degli occhiali, anzi sarei dovuto andare a cambiarli al più presto in città, e tutto per  me era un esperienza nuova.  Vedere Xian Pu nitidamente, senza fondi di bottiglia in mezzo, era un premio fin troppo esagerato sebbene avessi rischiato di passare a miglior vita.  Una settimana dopo mi ripresi quasi del tutto, grazie alle cure amorevoli di Xian Pu e alla mia impellente voglia di tornare ad allenarmi e vedere com'era il mondo senza gravi problemi di vista. L’unico mio rimpianto erano le cicatrici dell’artiglio del demone rimasti sull'addome e soprattutto sul mio volto: due sulla fronte, uno sul naso e uno sulla guancia. Erano ancora molto visibili e anche se forse un giorno si sarebbero attenuate, avevo paura che Xian Pu mi trovasse ancora più brutto. 
Stavo lasciando crescere la frangetta più lunga, in modo che si nascondessero il più possibile, ma tutte le sere non potevo far altro che guardarmi nello specchio di Xian Pu e trovarmi veramente orribile. La pelle era tesa, gonfia, assurdamente in contrasto con i miei occhi grazie al cielo sani e con la pelle circostante completamente rimarginata, come se nulla fosse accaduto. Ero davvero felice di non essere più orbo, e soprattutto vivo, ma il pensiero che la mia A Xian mi avrebbe trovato rivoltante mi gettava spesso nello sconforto. Fu così che una sera mi trovò Xian Pu, seduto sul letto con lo specchio in mano e una mano sul volto. Non feci in tempo a nascondere l’oggetto incriminato della mia vanità e mi sentii uno stupido, vergognoso come un bambino colto a rubare la marmellata.
“Che fai ailen?” chiese con uno sguardo interrogativo mentre si avvicinava, rimanendo in piedi vicino a me e mettendomi un braccio intorno alle spalle.
Ogni volta che mi chiamava così le orecchie mi diventavano rosse, non riuscivo davvero a farci l’abitudine. Abbassai un po’ lo sguardo e diedi un bacio leggero alla bella pancia rigonfia davanti a me. Adoravo sentire i calci di nostro figlio, e Xian Pu diventava ogni giorno più bella.
“Allora?” insistette lei mentre mi passava un dito sotto il mento, costringendomi a guardarla. Istintivamente mi ritrassi ma la carezza dolce di Xian Pu sulla mia guancia mi fece fermare.
“N-non...non stavo facendo niente di che. Mi stavo solo.. specchiando.” Cosa potevo dirle? Che mi facevo ribrezzo da solo? Non avevo intenzione di mostrarmi così debole.
“Non mentirmi.” mi disse semplicemente, accarezzandomi i capelli. Non riuscivo a capacitarmi del cambiamento così radicale di Xian Pu, così attenta, così dolce, così.. no... non poteva essere. Anzi.
Aspettavo da un momento all’altro che tutto la gratitudine da lei dimostrata svanisse, e tornasse a essere come prima. Perchè era solo gratitudine. Sapevo che tutto quello che aveva detto o fatto era dovuto all’affetto che provava per me,certo ormai era chiaro, ma non per il suo amore. Era una finzione a fin di bene. Vivevo quindi in attesa dell’esecuzione che mi avrebbe strappato dal Paradiso e riportato sulla Terra. Era passato un mese ormai, ma niente dava cenno di cambiare. Anzi, sì, ma in meglio. Xian Pu aveva ritrovato il sorriso che non le vedevo da troppo tempo,  
 
Trovai Xian Pu piangente nella nostra stanza e il mio cuore smise di battere.
“Amore mio, che succede?” accorsi da lei mentre vidi che mi scansava con la mano. 
Era arrivato quel momento. Lo sapevo che sarebbe arrivato, ma speravo che quella parentesi di felicità durasse fino alla nascita del bambino. 
Lei non poteva farcela. Non mi amava, non l’avrebbe mai fatto.
“Stai bene, amore? Dimmi solo se stai bene.” Avevo il cuore impazzito, avendo paura che stesse male.
“No, non sto bene!Non resisto più!”
“M-mi dispiace.”
“No.. a me dispiace Mu Si...io.. ci ho provato..”
Rimasi ammutolito mentre pensavo che il dolore delle ferite che mi avevano quasi ucciso era nulla in confronto al dolore che mi procuravano le parole di Xian Pu. Non potevo neanche biasimarla. Lei ci aveva davvero provato ad amarmi.
“Ho provato a tenermi tutto dentro, a seppellire tutto ciò almeno finché non fosse arrivato il bambino..ma non ce la faccio più..” 
“Tranquilla Xian Pu, va bene lo capisco... non devi preoccuparti...”
Xian Pu si girò di scatto guardandomi allibita. “No no no no...” cominciò a sussultare come se mi vedesse allora per la prima volta, e mi preoccupai davvero di quella reazione. “Non è così.. non è quello.. non è quello che pensi!”
Mi abbraccio di scatto,accarezzandomi il volto subito dopo, fronte a fronte, sebbene un po’ impacciata dal pancione mi disse l’ultima cosa che mi sarei mai aspettato: 
“Io ti amo Mu Si!Ti amo così tanto e non voglio più che tu possa pensare il contrario!”
Rimasi di sasso, non sapevo cosa dire. “Tu..tu mi ami A Xian?”
Ormai piangeva senza ritegno e cominciai ad asciugarle le lacrime copiose mentre annuiva.
“E allora perché piangi, amore mio?” non volevo ancora gioire. Non ancora.
“Sono gli stupidi ormoni!” mi spiegò calmandosi un po’. “Vedi, quel giorno.. quel maledetto giorno quando abbiamo litigato, io.. io ho capito di amarti davvero. Sei diventato l’unica persona che per me conta nel mondo e io non me ne ero accorta fino a che non ho davvero paura di perderti. Volevo solo che tu tornassi a casa, urlarti contro fino a che non avremmo fatto pace e poi ti avrei detto ciò che provavo.” Riprese un attimo fiato e si rese conto che le lacrime erano sgorgate spontanee dai miei occhi, anche se cercavo di nasconderle. Mi rialzò il viso. “Poi è successo tutto quello che è successo. Hai rischiato di morire, morire senza aver mai saputo che io mi ero finalmente innamorata di te. E quando te l’ho detto quando tu stavi per.. davvero quasi per abbandonarmi.. tu non mi hai creduto...”
“N-non ricordo tutto chiaramente A Xian... io..” mi mise un dito sulle labbra scuotendo la testa.
“Lo so.. ma in quel momento ho giurato che quando ti avrei detto i miei sentimenti tu mi avresti creduto. Tu saresti sopravvissuto e io ti avrei detto tutto..ma avevo paura..paura che tu non mi credessi ancora una volta. Volevo aspettare che nascesse..” e abbassò la testa e sorrise, felice e io con lei, fra le lacrime. “ma oggi.. oggi quando eravamo fuori in giardino e ti ho visto allenare, vedevo che stavi finalmente bene e tutto era perfetto.. ma.. ho avuto paura. Paura che se te l’avessi detto tu avresti pensato che tutto ciò che provo è solo gratitudine. E non lo è. Io ti amo.”
Ormai le lacrime scorrevano copiose, e mi nascosi il viso cercando di asciugarmi con la manica della tunica, vergognandomi come un ladro di non avere abbastanza autocontrollo per non commuovermi.
“D-dimmi qualcosa..ti prego.”
L’aria stessa sembrava essersi fermata.
Sospirai a lungo e mi ricomposi passandomi le mani sul viso prima di girarmi verso di lei. 
“Xian Pu, tu.. mi hai lasciato senza parole. Ti credo, te lo giuro. E’ solo che per tutta la mia  vita, mai e ripeto ,mai, avrei pensato  di sentirti dire queste parole. Anche quando abbiamo fatto l’amore, anche quando ci siamo divertiti insieme, anche quando hai smesso di piangere per Ranma” avevo finalmente pronunciato il nome di quello spauracchio dopo più di un anno. “mai, mai , ho anche solo sperato di poterti fare innamorare di me. Tutto ciò che volevo era starti vicino, renderti il più dolce possibile la punizione che ti aveva inflitto il villaggio, farti tornare il sorriso. Non ti sono mai piaciuto amore mio, e solo ora che sono maturato ho capito perché io me la sia voluta essendo stato così asfissiante nei tuoi confronti. Volevo solo rimediare e mai avrei pensato che tu arrivassi veramente a volermi come tuo marito in tutto e per tutto.. E dopo questo” e indicai con una mano gli sfregi sul viso e con l’altra quello nascosto dalla tunica, “mai avrei pensato che tu osassi ritoccarmi ancora.”
La vidi arrossire mentre mi zittiva ancora con quel ditino impertinente che tanto amavo. “Mi.. piaci.. molto.. invece. L-lo sai..” e poi improvvisamente serissima aggiunse. “E per me quelle cicatrici non sono altro che il simbolo del fatto che sei un guerriero che ha salvato la sua famiglia. Io ne vado fiera e dovresti farlo anche tu.”
Sorrisi mentre non riuscivo proprio a ricacciare ancora le lacrime. Era davvero tanto quello che mi stava dicendo. Non solo mi amava, era fiera di me.
“Quale guerriero piange di fronte a sua moglie dopo che gli ha detto che lo ama, A Xian?” dissi mentre avvicinavo di nuovo la mia fronte alla sua, tenendole le mani.
“Tu.”
 
Quando Xian Mei venne alla luce il sole splendeva alto nel cielo sereno. Per me, ogni forma di vita nella natura si era ridestata dall'inverno per rendere omaggio alla mia bellissima, meravigliosa, perfetta, figlia, nata il primo giorno di primavera.
Con amore infinito, vedevo i raggi del sole lambire la mia splendida moglie che allattava per la prima volta quella creatura nata dal nostro amore improbabile, ma reale.
“Xian Pu...ti amo. Anzi...vi amo” dissi guardandola con i miei rinnovati occhi quasi sani pieni di un amore che avrebbe potuto muovere le montagne.
Lei mi guardò, felice. Quella notte di pioggia di Nerima sembrava ormai appartenere a un altra vita.
“Ti amo, Mu Si. Anzi, vi amo.” quel sorriso non era mai stato così bello e io mi sentii l’uomo più fortunato dell’intero Universo.
 
 
 

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